Cap. VI

VITA DI COMUNITÀ

 
I - Amarci come Lui ci ha amati
Figli della Carità 143. Gesù, giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. E mentre cenava, lavati loro i piedi, ci comandò di amarci gli uni gli altri come Lui ha amato noi.
Dall'amore con cui ci amiamo, ci riconosceranno per suoi discepoli e Figli della Carità: forse a nessun Istituto come al nostro è chiesta questa testimonianza.
generati dal medesimo sangue 144. È lo Spirito di Cristo che ci ha uniti e da lontani quali eravamo ci ha resi vicini e fratelli, generati dal medesimo sangue. Ci ha chiamati a vivere in comunità condividendo abitazione e cibo, beni e progetti, gioie e dolori, lavoro e preghiera, e soprattutto testimoniando lo stesso spirito.
la carità non conosce confini 145. Con la generosità che si ispira a Cristo amiamoci sinceramente come fratelli, intensamente e di vero cuore, e cerchiamo di superare tra noi le divisioni provenienti dalle diversità di origine e di ceto sociale, di mentalità e di cultura, di talento e di carattere.
La carità, infatti, non conosce confini e ci spinge ad amare senza limiti ad imitazione del Padre.
la carità è umile e paziente 146. Cercando di costruire la comunità sperimenteremo inevitabilmente difficoltà e conflitti, ma l'amore che Dio ha effuso nei nostri cuori è paziente e benigno, umile e sincero; vuole il bene dell'altro e non tiene conto del male ricevuto, e ci dà la forza di portare i pesi gli uni degli altri.
Nello sforzo di ogni giorno vivremo così in comunione tra noi con umiltà, mansuetudine e pazienza, conservando l’unità dello spirito e comportandoci in maniera degna della vocazione ricevuta.
Maria Santissima, nostra madre sotto la croce, ci aiuterà a vivere come fratelli nello spirito di Cristo e nell’abbandono in Dio.
 
II - Una comunità riconciliata
Dio, ricco di misericordia 147. Gesù sulla croce ha manifestato come vertice dell'amore gratuito il perdono, rivelandoci il Padre come Dio ricco di misericordia per il grande amore con il quale ci ha amati.
accoglierci come peccatori 148. Infatti, quando eravamo ancora peccatori, Dio ha mandato il suo Figlio che è morto per noi. A maggior ragione noi, riconciliati nel suo sangue, dovremo accoglierci poveri o ignoranti, immaturi o limitati, difettosi o anche peccatori.
Perdoniamoci quindi a vicenda come Dio ha perdonato a noi in Cristo. Non lasciamo che tramonti il sole sopra la nostra ira e che un fratello resti solo con il suo peccato senza che alcuno lo aiuti.
perdono comunitario 149. Viviamo anche comunitariamente il perdono: nei limiti suggeriti dalla prudenza cristiana e dalla carità fraterna, confessiamo spontaneamente i nostri errori gli uni agli altri nella revisione fatta periodicamente di fronte alla Parola di Dio, con rispetto reciproco e serena umiltà, nella disponibilità sincera a scoprire il nostro peccato e ad accogliere chi è debole nella fede, senza mai costituirci giudici.
correzione fraterna 150. Cerchiamo di crescere assieme nella carità e secondo verità, sentendoci responsabili ognuno della crescita dell'altro.
Usiamo dunque della correzione fraterna quando qualcuno si allontana dalla verità, sapendo che se lo riconduciamo dall'errore salveremo noi stessi dalla morte. Correggiamo il fratello con dolcezza, senza sentirci a lui superiori, ma unicamente spinti dal desiderio sincero del suo bene spirituale; e agiamo per gradi secondo il sapiente metodo suggerito da Cristo e dalla prima Chiesa.
morte e risurrezione della comunità 151. Cristo nella sua passione conobbe la delusione nell'abbandono dei suoi amici e nel fallimento della sua prima comunità. Ma sulla croce, dal suo cuore aperto è nata la Chiesa.
Non c'è infatti comunione senza croce, né comunità senza riconciliazione in Cristo: anche la nostra comunità sperimenterà la morte e la risurrezione, perché possiamo comprendere che non siamo noi a farla vivere, ma Dio solo.
gioia d’una comunità riconciliata 152. Rallegriamoci quindi e facciamo festa, poiché siamo una comunità riconciliata.
Nella serenità della vita d'ogni giorno, nei tempi di fraterna allegria, nella comune soddisfazione per i frutti dell'apostolato, nei momenti di preghiera come nei pasti condividiamo la gioia dello stare insieme con una semplicità che ci caratterizzi; perché della sovrabbondanza della nostra gioia godano anche gli altri fratelli.
 
III - Una comunità serva
comunità apostolica 153. Cristo Gesù ci ha donato il suo Spirito perché non viviamo più per noi stessi, ma per Lui che è morto e risorto per noi.
Quando celebriamo assieme l'Eucaristia, comprendiamo che la nostra comunità non ha per fine se stessa, ma è apostolica, costituita a servizio dei poveri e dei giovani.
Non cerchiamo pertanto i nostri interessi, le comodità e neppure in primo luogo la stessa soddisfazione dello stare insieme, perché siamo chiamati ad essere una comunità che dà la vita, e con il sacrificio di sé raduna i figli di Dio che erano dispersi.
in comunione con la Chiesa… 154. Siamo chiesa a servizio della Chiesa. Tendiamo quindi a una vera comunione con tutta la comunità cristiana e con i pastori che la reggono, non per servilismo né per adulazione, ma come servizio all'unità.
…coi poveri 155. Dio non fa preferenza di persone, e anche noi non mescoliamo la nostra fede a favoritismi personali. Lavoriamo quindi con la carità che non fa distinzione tra poveri e ricchi, ignoranti e dotti, rozzi e beneducati, malati e sani; preferiamo se mai i più deboli ed emarginati.
comunità accogliente 156. Nella misura in cui sapremo accettarci tra noi potremo essere una comunità accogliente e ospitale, e promuovere, come i primi Padri, la partecipazione dei laici al nostro apostolato. Favoriamo la loro comunione con noi, per suscitare in loro la testimonianza della fede, l’amore ai poveri e la speranza in Dio solo.
unione degli spiriti 157. La comunità dà il suo primo servizio alla Chiesa quando testimonia una gioia piena, con l'unione degli spiriti.
Non facciamo quindi nulla per rivalità, per vana gloria o per invidia: non conserviamo rancori, non mormoriamo né accusiamoci l'un l'altro per gli insuccessi e le debolezze.
Consideriamo invece gli altri superiori a noi stessi, cerchiamo il bene e maturiamo in noi gli stessi sentimenti di Cristo, perché con un solo animo e una sola voce rendiamo gloria al Padre.
testimonianza della gioia 158. Esultiamo quindi nel Signore. La nostra affabilità sia nota a tutti e crei il clima di accoglienza festosa, perché chi entra nella comunità senta che il Signore è vicino.
Non rallegriamoci tanto per i nostri successi nell'apostolato, ma rendiamo lode a Dio solo perché ci associa al dono della sua gloria.
 
IV - Camminiamo nell'amore
"non vi chiamo più servi, ma amici" 159. Cristo ora ci chiama amici e non più servi perché siamo entrati nella sua intimità con il Padre: da Lui infatti siamo stati scelti per avere parte a questa vocazione.
Camminiamo perciò nell'amore nel modo in cui anche Cristo ci ha amati e ha dato se stesso per noi, e non soltanto nelle grandi cose, ma pure e soprattutto nelle circostanze ordinarie della vita.
in cammino verso l’unità 160. Siamo una comunità fatta ad immagine di Dio Trinità, in cammino verso l’unità: impariamo ad accoglierci, con doni e personalità diversi, nell’amicizia e nella fratellanza nel dialogo sincero, nella stima e nella collaborazione.
Sentiamo il dovere di prendere parte in modo attivo e significativo ai momenti centrali della vita comunitaria, recando ognuno il proprio apporto insostituibile di carità e creatività.
Camminiamo verso la comunione dei beni e delle capacità personali, assieme cercando la volontà del Padre e la salvezza dei fratelli, fatti uno perché il mondo creda.
autorità al servizio della carità 161. Chi ha il compito dell'autorità nella comunità, considerandosi fratello tra fratelli, è anche il primo responsabile nel costruirla.
unità di vocazione, varietà di ministeri 162. Attraverso la diversità dei ministeri partecipiamo in modo complementare, come fratelli, diaconi o sacerdoti, dell'unico nostro spirito, sia incarnandoci profondamente nelle povertà del mondo, sia servendo nella carità i fratelli, sia annunciando la Parola e costruendo la Chiesa.
come in una famiglia… 163. Vivendo assieme, anziani e giovani, come in una famiglia, testimoniamo che quanto ci unisce non viene dalla carne e dal sangue, ma da Dio. L'esperienza degli anziani e la vitalità dei giovani, unite in un confronto sereno, arricchiscono il nostro stare assieme e il nostro annuncio, in un quotidiano impegno di fedeltà dinamica al nostro carisma.
Abitiamo nella nostra casa religiosa osservando la vita comune e non ce ne allontaniamo senza licenza del superiore.
clausura Una parte della casa religiosa sia riservata sempre ai soli religiosi e nessuna persona vi sia ammessa senza il permesso del superiore per giuste cause.
mezzi di comunicazione L'uso prudente dei mezzi di comunicazione sociale serva a favorire una corretta informazione e il giusto inserimento nel contesto sociale ed ecclesiale.
ruolo di chi soffre 164. Non ci siano tra noi emarginati per incapacità, per malattia o per età, ma ciascuno scopra il suo ruolo tanto più prezioso quanto più nascosto nell'umiltà e nella sofferenza della croce di Cristo. La crescita della comunità consiste nella pienezza dell'amore più che nella ricchezza dei doni.
Circondiamo di particolare attenzione i religiosi che vivono nella difficoltà e nel dolore, perché solo con l'amore passiamo dalla morte alla vita e la tristezza si tramuta in gioia.
ricordo dei fratelli defunti 165. Il nostro amore fraterno si deve estendere anche oltre la morte.
Ricordiamo dunque con venerazione i fratelli che Dio ha chiamato a sé; offriamo per loro i suffragi, secondo le indicazioni del Regolamento, e custodiamo nel cuore il loro esempio, perché possiamo continuare nello spirito che ci è stato tramandato e che essi hanno vissuto.
la nostra famiglia di origine 166. Conserviamo l'affetto più vero e riconoscente verso i nostri genitori. Facciamo loro sentire che la nostra offerta a Dio non ci allontana da loro, ma approfondisce ed esalta il nostro sentimento filiale, e chiede loro un sacrificio che il Padre gradisce e ricompensa fin d'ora.
Manifestiamo dunque loro il nostro amore, ed esprimiamo pure la nostra benevolenza e simpatia verso i familiari dei nostri fratelli di comunità. Tenendo conto della nostra scelta di vita, visitiamo i nostri cari, testimoniando sempre e dovunque la bontà di Dio per noi.
"se rimanete nel mio amore" 167. Se rimaniamo nell'amore di Cristo la sua gioia sarà in noi e la nostra gioia sarà piena.