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I - Amarci come Lui ci ha amati |
Figli
della Carità |
143.
Gesù, giunta la sua ora di passare da questo mondo al
Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò
sino alla fine. E mentre cenava, lavati loro i piedi, ci
comandò di amarci gli uni gli altri come Lui ha amato
noi.
Dall'amore con cui ci amiamo, ci riconosceranno per suoi
discepoli e Figli della Carità: forse a nessun Istituto
come al nostro è chiesta questa testimonianza. |
generati
dal medesimo sangue |
144.
È lo Spirito di Cristo che ci ha uniti e da lontani
quali eravamo ci ha resi vicini e fratelli, generati dal
medesimo sangue. Ci ha chiamati a vivere in comunità
condividendo abitazione e cibo, beni e progetti, gioie e
dolori, lavoro e preghiera, e soprattutto testimoniando
lo stesso spirito. |
la
carità non conosce confini |
145.
Con la generosità che si ispira a Cristo amiamoci
sinceramente come fratelli, intensamente e di vero cuore,
e cerchiamo di superare tra noi le divisioni provenienti
dalle diversità di origine e di ceto sociale, di
mentalità e di cultura, di talento e di carattere.
La carità, infatti, non conosce confini e ci spinge ad
amare senza limiti ad imitazione del Padre. |
la
carità è umile e paziente |
146.
Cercando di costruire la comunità sperimenteremo
inevitabilmente difficoltà e conflitti, ma l'amore che
Dio ha effuso nei nostri cuori è paziente e benigno,
umile e sincero; vuole il bene dell'altro e non tiene
conto del male ricevuto, e ci dà la forza di portare i
pesi gli uni degli altri.
Nello sforzo di ogni giorno vivremo così in comunione
tra noi con umiltà, mansuetudine e pazienza, conservando
lunità dello spirito e comportandoci in maniera
degna della vocazione ricevuta.
Maria Santissima, nostra madre sotto la croce, ci aiuterà
a vivere come fratelli nello spirito di Cristo e nellabbandono
in Dio. |
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II - Una comunità riconciliata |
Dio,
ricco di misericordia |
147.
Gesù sulla croce ha manifestato come vertice dell'amore
gratuito il perdono, rivelandoci il Padre come Dio ricco
di misericordia per il grande amore con il quale ci ha
amati. |
accoglierci
come peccatori |
148.
Infatti, quando eravamo ancora peccatori, Dio ha mandato
il suo Figlio che è morto per noi. A maggior ragione noi,
riconciliati nel suo sangue, dovremo accoglierci poveri o
ignoranti, immaturi o limitati, difettosi o anche
peccatori.
Perdoniamoci quindi a vicenda come Dio ha perdonato a noi
in Cristo. Non lasciamo che tramonti il sole sopra la
nostra ira e che un fratello resti solo con il suo
peccato senza che alcuno lo aiuti. |
perdono
comunitario |
149.
Viviamo anche comunitariamente il perdono: nei limiti
suggeriti dalla prudenza cristiana e dalla carità
fraterna, confessiamo spontaneamente i nostri errori gli
uni agli altri nella revisione fatta periodicamente di
fronte alla Parola di Dio, con rispetto reciproco e
serena umiltà, nella disponibilità sincera a scoprire
il nostro peccato e ad accogliere chi è debole nella
fede, senza mai costituirci giudici. |
correzione
fraterna |
150.
Cerchiamo di crescere assieme nella carità e secondo
verità, sentendoci responsabili ognuno della crescita
dell'altro.
Usiamo dunque della correzione fraterna quando qualcuno
si allontana dalla verità, sapendo che se lo
riconduciamo dall'errore salveremo noi stessi dalla morte.
Correggiamo il fratello con dolcezza, senza sentirci a
lui superiori, ma unicamente spinti dal desiderio sincero
del suo bene spirituale; e agiamo per gradi secondo il
sapiente metodo suggerito da Cristo e dalla prima Chiesa. |
morte
e risurrezione della comunità |
151.
Cristo nella sua passione conobbe la delusione nell'abbandono
dei suoi amici e nel fallimento della sua prima comunità.
Ma sulla croce, dal suo cuore aperto è nata la Chiesa.
Non c'è infatti comunione senza croce, né comunità
senza riconciliazione in Cristo: anche la nostra comunità
sperimenterà la morte e la risurrezione, perché
possiamo comprendere che non siamo noi a farla vivere, ma
Dio solo. |
gioia
duna comunità riconciliata |
152.
Rallegriamoci quindi e facciamo festa, poiché siamo una
comunità riconciliata.
Nella serenità della vita d'ogni giorno, nei tempi di
fraterna allegria, nella comune soddisfazione per i
frutti dell'apostolato, nei momenti di preghiera come nei
pasti condividiamo la gioia dello stare insieme con una
semplicità che ci caratterizzi; perché della
sovrabbondanza della nostra gioia godano anche gli altri
fratelli. |
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III - Una comunità serva |
comunità
apostolica |
153.
Cristo Gesù ci ha donato il suo Spirito perché non
viviamo più per noi stessi, ma per Lui che è morto e
risorto per noi.
Quando celebriamo assieme l'Eucaristia, comprendiamo che
la nostra comunità non ha per fine se stessa, ma è
apostolica, costituita a servizio dei poveri e dei
giovani.
Non cerchiamo pertanto i nostri interessi, le comodità e
neppure in primo luogo la stessa soddisfazione dello
stare insieme, perché siamo chiamati ad essere una
comunità che dà la vita, e con il sacrificio di sé
raduna i figli di Dio che erano dispersi. |
in
comunione con la Chiesa
|
154.
Siamo chiesa a servizio della Chiesa. Tendiamo quindi a
una vera comunione con tutta la comunità cristiana e con
i pastori che la reggono, non per servilismo né per
adulazione, ma come servizio all'unità. |
coi
poveri |
155.
Dio non fa preferenza di persone, e anche noi non
mescoliamo la nostra fede a favoritismi personali.
Lavoriamo quindi con la carità che non fa distinzione
tra poveri e ricchi, ignoranti e dotti, rozzi e
beneducati, malati e sani; preferiamo se mai i più
deboli ed emarginati. |
comunità
accogliente |
156.
Nella misura in cui sapremo accettarci tra noi potremo
essere una comunità accogliente e ospitale, e promuovere,
come i primi Padri, la partecipazione dei laici al nostro
apostolato. Favoriamo la loro comunione con noi, per
suscitare in loro la testimonianza della fede, lamore
ai poveri e la speranza in Dio solo. |
unione
degli spiriti |
157.
La comunità dà il suo primo servizio alla Chiesa quando
testimonia una gioia piena, con l'unione degli spiriti.
Non facciamo quindi nulla per rivalità, per vana gloria
o per invidia: non conserviamo rancori, non mormoriamo né
accusiamoci l'un l'altro per gli insuccessi e le
debolezze.
Consideriamo invece gli altri superiori a noi stessi,
cerchiamo il bene e maturiamo in noi gli stessi
sentimenti di Cristo, perché con un solo animo e una
sola voce rendiamo gloria al Padre. |
testimonianza
della gioia |
158.
Esultiamo quindi nel Signore. La nostra affabilità sia
nota a tutti e crei il clima di accoglienza festosa,
perché chi entra nella comunità senta che il Signore è
vicino.
Non rallegriamoci tanto per i nostri successi nell'apostolato,
ma rendiamo lode a Dio solo perché ci associa al dono
della sua gloria. |
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IV - Camminiamo nell'amore |
"non
vi chiamo più servi, ma amici" |
159.
Cristo ora ci chiama amici e non più servi perché siamo
entrati nella sua intimità con il Padre: da Lui infatti
siamo stati scelti per avere parte a questa vocazione.
Camminiamo perciò nell'amore nel modo in cui anche
Cristo ci ha amati e ha dato se stesso per noi, e non
soltanto nelle grandi cose, ma pure e soprattutto nelle
circostanze ordinarie della vita. |
in
cammino verso lunità |
160.
Siamo una comunità fatta ad immagine di Dio Trinità, in
cammino verso lunità: impariamo ad accoglierci,
con doni e personalità diversi, nellamicizia e
nella fratellanza nel dialogo sincero, nella stima e
nella collaborazione.
Sentiamo il dovere di prendere parte in modo attivo e
significativo ai momenti centrali della vita comunitaria,
recando ognuno il proprio apporto insostituibile di carità
e creatività.
Camminiamo verso la comunione dei beni e delle capacità
personali, assieme cercando la volontà del Padre e la
salvezza dei fratelli, fatti uno perché il mondo creda. |
autorità
al servizio della carità |
161.
Chi ha il compito dell'autorità nella comunità,
considerandosi fratello tra fratelli, è anche il primo
responsabile nel costruirla. |
unità
di vocazione, varietà di ministeri |
162.
Attraverso la diversità dei ministeri partecipiamo in
modo complementare, come fratelli, diaconi o sacerdoti,
dell'unico nostro spirito, sia incarnandoci profondamente
nelle povertà del mondo, sia servendo nella carità i
fratelli, sia annunciando la Parola e costruendo la
Chiesa. |
come
in una famiglia
|
163.
Vivendo assieme, anziani e giovani, come in una famiglia,
testimoniamo che quanto ci unisce non viene dalla carne e
dal sangue, ma da Dio. L'esperienza degli anziani e la
vitalità dei giovani, unite in un confronto sereno,
arricchiscono il nostro stare assieme e il nostro
annuncio, in un quotidiano impegno di fedeltà dinamica
al nostro carisma.
Abitiamo nella nostra casa religiosa osservando la vita
comune e non ce ne allontaniamo senza licenza del
superiore. |
clausura |
Una
parte della casa religiosa sia riservata sempre ai soli
religiosi e nessuna persona vi sia ammessa senza il
permesso del superiore per giuste cause. |
mezzi
di comunicazione |
L'uso
prudente dei mezzi di comunicazione sociale serva a
favorire una corretta informazione e il giusto
inserimento nel contesto sociale ed ecclesiale. |
ruolo
di chi soffre |
164.
Non ci siano tra noi emarginati per incapacità, per
malattia o per età, ma ciascuno scopra il suo ruolo
tanto più prezioso quanto più nascosto nell'umiltà e
nella sofferenza della croce di Cristo. La crescita della
comunità consiste nella pienezza dell'amore più che
nella ricchezza dei doni.
Circondiamo di particolare attenzione i religiosi che
vivono nella difficoltà e nel dolore, perché solo con l'amore
passiamo dalla morte alla vita e la tristezza si tramuta
in gioia. |
ricordo
dei fratelli defunti |
165.
Il nostro amore fraterno si deve estendere anche oltre la
morte.
Ricordiamo dunque con venerazione i fratelli che Dio ha
chiamato a sé; offriamo per loro i suffragi, secondo le
indicazioni del Regolamento, e custodiamo nel cuore il
loro esempio, perché possiamo continuare nello spirito
che ci è stato tramandato e che essi hanno vissuto. |
la
nostra famiglia di origine |
166.
Conserviamo l'affetto più vero e riconoscente verso i
nostri genitori. Facciamo loro sentire che la nostra
offerta a Dio non ci allontana da loro, ma approfondisce
ed esalta il nostro sentimento filiale, e chiede loro un
sacrificio che il Padre gradisce e ricompensa fin d'ora.
Manifestiamo dunque loro il nostro amore, ed esprimiamo
pure la nostra benevolenza e simpatia verso i familiari
dei nostri fratelli di comunità. Tenendo conto della
nostra scelta di vita, visitiamo i nostri cari,
testimoniando sempre e dovunque la bontà di Dio per noi. |
"se
rimanete nel mio amore" |
167.
Se rimaniamo nell'amore di Cristo la sua gioia sarà in
noi e la nostra gioia sarà piena. |