ATTUALITA' DIAGNOSTICHE

a cura dell' ISTITUTO FIORENTINO ANALISI

LA RIABILITAZIONE FUNZIONALE DEL PAZIENTE ARTERIOPATICO PERIFERICO

Nell’ambito della patologia ostruttiva cronica dei vasi arteriosi, l’arteriopatia obliterante cronica degli arti inferiori (AOCP) costituisce il quadro più frequentemente osservato nel paziente al di sopra dei 60 anni di età.

La reale incidenza di questa patologia risulta tuttavia sottostimata in quanto la malattia può rimanere asintomatica per molto tempo a causa della ridotta attività fisica del paziente anziano ed evidenziarsi in molti casi solamente quando la riduzione della portata ematica agli arti inferiori risulta insufficiente anche per una minima attività muscolare oppure addirittura a riposo. In un alto numero di casi infine la presenza di una patologia ostruttiva delle arterie degli arti inferiori viene diagnosticata in associazione a patologie arteriose di altri distretti (insufficienza cerebro-vascolare, aneurisma dell’ aorta addominale, ecc.).

Nel paziente sintomatico il disturbo più frequentemente riferito è la claudicazione dell’arto con riduzione progressiva nel tempo dell’autonomia di marcia e consensuale allungamento del tempo di recupero tra una sosta e l’altra; tale sintomo è ritenuto invalidante dalla quasi totalità dei pazienti che si rivolgono alla strutture specialistiche.

Una volta accertata la diagnosi, la scelta terapeutica dipende da vari fattori (localizzazione delle lesioni steno/ostruttive, condizioni generali del paziente, presenza o meno di patologie associate, ecc.) e a parte l’ovvia correzione dei fattori di rischio aterosclerotico, si avvale di presidi medici ed in casi selezionati della chirurgia arteriosa ricostruttiva.

Negli anni recenti un valido ausilio alla terapia medica ed anche chirurgica è derivato dalla terapia fisica riabilitativa che sfruttando ed amplificando lo sviluppo di circoli collaterali di compenso ha portato sorprendenti risultati nei pazienti non candidabili ad intervento chirurgico ed anche come terapia di supporto post-chirurgica.

 

La fisioterapia riabilitativa

Le basi fisiopatologiche della terapia fisica riabilitativa si basano sull’osservazione clinico/strumentale della brusca riduzione delle resistenze periferiche che si osserva durante lo sforzo muscolare; Tale riduzione risulta ancora più marcata nel paziente arteriopatico laddove l’aumentata richiesta metabolica non può essere soddisfatta da un aumento della portata ematica a causa di lesioni steno-ostruttive del distretto arterioso a monte.

Il protrarsi nel tempo di tale condizione comporta una riduzione permanente del tono arteriolare con perdita della normale intermittenza della perfusione capillare, la riduzione della viscosità ematica totale (VET) ed il miglioramento della deformabilità eritrocitaria (VRBC) conseguenti alla riduzione delle resistenze periferiche, consentendo in definitiva una migliore utilizzazione dell’ossigeno a livello tissutale.

Diretta conseguenza delle aumentate richieste metaboliche derivanti dall’esercizio muscolare è anche l’apertura di circoli collaterali di compenso (arcata del Riolano, arterie pudende ed emorroidarie, rami arteriosi intramuscolari, ecc.) che normalmente non funzionanti, sono in grado di aumentare in modo significativo la portata ematica agli arti inferiori in caso di stenosi od ostruzione dei tronchi arteriosi principali.

Nella nostra esperienza, il programma di terapia riabilitativa in questi pazienti si articola attraverso una prima fase di valutazione basale, un periodo di riabilitazione fisioterapica ed infine una terza fase di valutazione post-trattamento e di mantenimento.

La valutazione iniziale comprende oltre all’esame clinico, il rilievo strumentale mediante esame ECG ed esame spirometrico, della situazione cardiaca e respiratoria del paziente; successivamente si procede alla valutazione del deficit arterioso periferico mediante esame Tensiometrico Doppler C.W. a riposo e dopo sforzo (Treadmill Test) mediante deambulazione sul tappeto ruotante alla velocità costante di 3 Km/h alla pendenza del 15%.

In tali condizioni siamo in grado di sollecitare soltanto gli arti inferiori senza coinvolgere il consumo di ossigeno generale (che trasformerebbe il test in una prova da sforzo cardiologica) e valutare con precisione l’autonomia di marcia parziale (comparsa del dolore), totale (arresto della marcia) ed il tempo di recupero.

A questa prima fase segue il trattamento fisioterapico vero e proprio a cadenza trisettimanale e con durata variabile da uno a due mesi a seconda dei casi e che prevede per ogni seduta esercizi ginnici di riscaldamento muscolare, di potenziamento selettivo dei distretti muscolari dei due arti ed esercizi ripetuti ed a sforzo progressivamente crescente (ma sempre subliminale) di deambulazione su tappeto ruotante. In questa fase viene generalmente associato un trattamento farmacologico per via e.v. mediante farmaci emoreologici in grado di interferire con l’aggregabilità piastrinica e migliorare la deformabilità eritrocitaria.

L’ultima fase della valutazione dei risultati consente di esprimere un giudizio circa l’efficacia della terapia sia mediante il parere soggettivo del paziente che mediante valutazione oggettiva con test di Treadmill ed esame Doppler C.W..

Lo schema terapeutico domiciliare sarà basato quindi sulle verifiche farmacologiche eseguite e comprenderà uno schema personalizzato di attività fisica controllata consistente in genere nella sola deambulazione programmata.

 

Conclusioni

I punti fondamentali che l’intervento terapeutico nella AOCP deve perseguire sono principalmente :

Tale intervento deve essere sostanzialmente di tipo fisiopatologico, volto ad attivare i meccanismi di compenso in ogni modo possibile, chirurgicamente, farmacologicamente, o (e ciò è ancora troppo raramente applicato) mediante un’attività fisica controllata che, dall’iniziale aspetto riabilitativo ha assunto sempre più un vero ruolo terapeutico.

ATTUALITA' DIAGNOSTICHE

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