Trimestrale di Poesia Arte e Cultura fondato da Angelo Manitta
Via Pietramarina – Verzella 66 95012 Castiglione di Sicilia(CT) Italia
Anno I numero 2 Luglio – Settembre 2000

 


 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

Misticismo e realtà in Anna Maria Bertola (I sentieri della vita, Libroitaliano 1997, pp.88, L.18.000)

    La silloge di poesie “I sentieri della vita” di Anna Maria Bertola, poetessa bergamasca dal soave sentire umano, si apre con una dedica del tutto particolare: «A Colui da cui ogni cosa deriva e alla fine ritorna». Questa espressione diventa quasi un programma per la poetessa. Una profonda sensibilità religiosa e mistica, infatti, pervade ogni poesia, benché la sua non sia una poesia esclusivamente religiosa, sensibilità espressa attraverso l’introspezione personale, ma a volte anche attraverso il contatto con la natura, con gli altri uomini e con il creato in genere: «Se vuoi cercare Dio / devi uscire nelle strade, / solo lì lo puoi trovare. / Lo devi cercare nelle sembianze / delle persone che ami, / nel volto della gente che incontri, / nel povero che ti tende la mano». E in senso mistico-religioso può essere interpretata anche l’ultima poesia della silloge, dal titolo “La triade”, un piccolo poemetto in cui una Signora, il Cuore e la Coscienza discutono davanti alla morte sulla pace, sull’amore, sul dolore.
    La poesia della Bertola sfiora tematiche e toni diversi. Passa dalla problematica esistenziale ad accenti più pacati, dalle espressioni elegiache alla negatività dell’essere, dalla trascendenza filosofica e spirituale all’intimità più cocente: concetti che spesso riaffiorano attraverso il ricordo; e in tal senso la propria terra di origine, la campagna bergamasca, assume un valore straordinario, evidenziando una tensione tra uomo e natura che a volte si tramuta in una introspezione accorata o in una contemplazione mistica.
    Nella silloge “I sentieri della vita” si nota pure un tono narrativo ed epico fin dalla prima lirica, forse una delle più belle, in cui il fiume e il ruscello, parlando tra di loro del bene e del male che entrambi possono recare, concludono che «sovente è meglio essere piccoli e far del bene, che essere grandi e far del male». In effetti l’acqua, quale elemento vitale, nella poesia della Bertola assume un valore emblematico e simbolico, e non poteva essere diversamente dal momento in cui il suo paese di nascita, Ciserano, è posto tra due dei più grandi fiumi della Lombardia: il Brembo e il Serio.
    Molta poesia della Bertola scaturisce in effetti dall’amore per la sua terra, lei che ama definirsi contadina, e con la sua semplicità e genuinità riesce a conquistare il lettore. Forte è la presenza della natura e dell’ambiente familiare: la luna, il vento, la primavera, la luce, la terra, il fiume, la città, la casa…, ma la realtà contingente non è elemento avulso e a sé stante, bensì sempre in continuo rapporto con l’uomo, quasi in una comunicazione biunivoca. Significativa è la poesia “Bergamo”, la bella città, la città dei giardini, la città che vive in un’aura festosa e allegra, la città che si è tramutata da contadina in una fiera Signora; ma… «quando mi attardo e scende la sera / lascia che io torni, / o madre, col cuore al mio amato paese / dove sempre mi attende / umile e silente / la paterna mia casa».
    L’intento della poetessa è quello di penetrare l’animo umano e voler capire il perché delle cose attraverso un’espressione pacata e discorsiva, senza intoppi e senza esagerazioni lessicali, frutto di una conquista linguistica non indifferente, come si nota anche nei suoi scritti in prosa. La Bertola, infatti, è pure narratrice. Ha al suo attivo due romanzi: “Planta alta” e “La valle della speranza”. Quest’ultimo è un viaggio fino al centro della terra, nelle inquietanti e insieme affascinanti vastità africane, dove tutto il dolore sembra purificarsi nella saggezza dei vecchi.

Angelo Manitta

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Il lirismo nella poesia di Walter Nesti (Antes del poder, Save As, Barcellona 2000)

     “Antes del Poder” (Prima del potere) è l’ultima silloge di liriche pubblicata da Walter Nesti, poeta e scrittore, oltre che studioso di storia locale. L’universalità del libretto, agile e snello, si nota innanzitutto nel bilinguismo: italiano-spagnolo. La traduzione, che ripropone la musicalità e l’espressività del testo originale, è curata da Teresa Albasini Legaz, in copertina un disegno di Oscar Astromujoff, la pubblicazione è a cura della “Save As”, in una collana diretta da Carlos Vitale. La più parte delle poesie, escluse alcune pubblicate su riviste italiane, erano inedite.
    La silloge si apre con una epigrafe, quasi una presentazione programmatica, tratta dal “Canto di me stesso” di Walt Whitman: «I giovani fluttuano sul dorso, il bianco ventre si aderge sotto il sole / e non si chiedono chi s’è afferrato a essi, / ignorano chi ansima e cede in pendulo arco ricurvo, / non pensano chi stanno irrorando di spruzzi». Il poeta americano, il cantore della nuova America, dell’America forte e potente, delle conquiste e dei genocidi, è pure il poeta della gente comune. Il suo canto si tramuta in canto per gli altri e degli altri, quasi in un sistema filosofico e sociale, in un raffronto continuo con chi incontra. E in “Antes del poder” è il potere, quale funzione sociale, a diventare il centro dell’attenzione: «Il potere potrebbe sorprenderci / in un attimo stupito di attenzione». Ma il potere degli uomini diventa spesso simbolo dei concetti che ruotano attorno alla sua esistenza: religiosità, misticismo, politica, filosofia, emozione, poesia, sensualità, ragione: concetti astratti che formano il nucleo essenziale della poetica del Nesti, attento conoscitore e scandagliatore dell’animo umano. La poesia di questa silloge, infatti, può definirsi lirica e filosofica insieme, perché per mezzo di essa l’uomo acquisisce speranze ed evade dal suo mondo contingente, pur attraverso il dolore e la sofferenza: «Fu inutile forse saperlo ma intanto la rosa / evadeva dal tono ristretto assegnato al suo ruolo / il cardo effondeva lamenti per l’arida terra / toccata da un getto improvviso di un fiume di luce».
    La poesia del Nesti corre su un filo molto sottile, attraverso una criptica scrittura che alla fine manifesta comunque un profondo senso emotivo e lirico. Il lirismo, che a mio avviso è molto poco distante dall’estasi e dalla catarsi, pervade per intero la silloge. «Ho provato l’aroma di una libertà acquistata / con l’esercizio della mente e le membra sciolte / in fontane di azzurro dove pesci di giada / inviavano teneri segni oltre il cristallo / opaco dell’ultimo muro che divide il mio regno». Il lirismo non è comunque fine a se stesso. È l’uomo, con le sue capacità intellettive e creative, ad essere il centro dell’attenzione. Anche quando una descrizione paesaggistica raggiunge il culmine dell’espressività e della delicatezza, la figura umana appare con la sua personale coscienza e il suo «grido imploso che non dà vittoria».
    Chiara spesso appare la mitizzazione dei concetti. Il sesso, ad esempio, diventa simbolo dell’esistenza: il fallo, datore di vita, assomiglia al campanile del paese che raccoglie i fedeli. La sensualità è quindi un elemento che pervade la poesia del Nesti, sensualità intesa in senso fisico ed emotivo. «E il sesso – oh ecco il sesso! – pratica dimenticata in fondo allo stanzino». Ma è la giovinezza ad esprimere la sensualità più profonda, sia attraverso il corpo fantastico dell’adolescente, sia attraverso il cuore aperto all’incontro, sia attraverso l’odore del muschio, cioè attraverso tutto ciò che circonda l’essere umano. Se la sofferenza è parte essenziale dell’esistenza, come emerge a chiare lettere dalla silloge di Walter Nesti, la felicità che pervade l’animo spesso sprizza dai suoi versi. Il poeta con questa breve silloge raggiunge forse l’apice della sua espressività e della sua poeticità, quasi in una inappagata aspettativa. «Tu mi imponi l’attesa / ai districati refoli spumeggi / e pigro si dibatte / impertinente il pesce nell’anfratto».

Angelo Manitta

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