ANGELICA PALLI: una poetessa a Fauglia


Sulla facciata dell’edificio contrassegnato dal numero civico 47 del Corso della Repubblica a Fauglia è apposta una targa in marmo, ancora in buono stato, in onore di Angelica Palli. Su questa lapide si legge:

In questa casa
dimorò per alcuni anni
nei mesi autunnali
ANGELICA PALLI - BARTOLOMMEI
nata a Livorno di stirpe greca
letterata e poetessa
che meritò lode
dai più grandi ingegni
del suo tempo
________________
Il popolo di Fauglia
a onorare il nome dell’egregia donna
pose questa memoria
l’anno 1892


Ma chi era Angelica Palli? Il nome originario, naturalmente greco, era Anghelikì Pallis, che poi lei stessa italianizzò in Angelica Palli, figlia di Panaghiotis Pallis, che tenne per molti anni la direzione della scuola greca di Livorno. Egli era un membro influente della colonia greca, che ebbe la sua maggiore fioritura e importanza nella città toscana a cavallo tra il 1700 e il 1800. Grande cultore della cultura classica, profuse ingenti risorse economiche per aiutare i movimenti di liberazione greci dall’oppressione turca fino alla rivoluzione vittoriosa del 1821.
Angelica Palli, nata a Livorno nel 1798, fu, come il padre, appassionata della cultura classica e fu molto apprezzata sia come scrittrice che come poetessa, tanto da essere denominata “novella Saffo”. Sposò Giovan Paolo Bartolomei (non Bartolommei come appare nella lapide), appartenente ad una delle più importanti famiglie livornesi dell’epoca, e, come il padre, convinta assertrice della libertà e dell’autodeterminazione dei popoli, profuse ingenti mezzi per aiutare il risorgimento italiano. Fu infatti l’animatrice del salotto di Palazzo Bartolomei sugli Scali del pesce nel quartiere di Venezia, che fu il maggior centro della propaganda mazziniana negli anni compresi tra il 1820 e il 1840. Il salotto fu frequentato da illustri personaggi, tra i quali spiccano i nomi di Domenico Guerrazzi, Carlo Bini, Alessandro Manzoni e Lamartine.
Fu anche una femminista “ante litteram”: nei suoi scritti frequentemente fa delle osservazioni sulla condizione femminile, denunciando le colpe degli uomini e le ingiustizie di cui la donna era vittima. Per esempio scrive: "l’uomo considera le mogli come cosa sua siccome il cane, il cavallo, la casa, i terreni”. Pur tuttavia Angelica non ebbe stima delle donne di agiata condizione e che si accontentavano di ciò che avevano senza cercare di elevarsi culturalmente, mentre apprezzava le donne del popolo che combattevano la vita giorno dopo giorno. Così ritrae le popolane nella sua opera Cenni sopra Livorno e i suoi contorni del 1856: “Buone, generose, pronte a dare aiuto e affetto, ma non hanno rispetto, deridono per la strada i minorati e i malvestiti, alzano la voce, imprecano”.
Dopo le lotte risorgimentali Angelica Palli si dedicò all’attività di educatrice. Morì nel 1875 mentre stava per realizzare una scuola superiore femminile. Le sue spoglie riposano nel cimitero greco di via Mastacchi. Livorno, per onorarla, intitolò a suo nome l’Istituto Magistrale e una strada. Poiché, come ricorda la lapide, dimorò per alcuni anni a Fauglia nei mesi autunnali, i caldi colori delle nostre campagne e la dolcezza dei nostri tramonti saranno stati ispiratori di alcune delle sue liriche che le valsero la lode dei più grandi ingegni del suo tempo.


Ivo Bacci

("Il Quadro", ottobre 1998)

 

 

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