La
meteorologia della tradizione annuncia una
pioggia di coriandoli e un venticello di
follia: ecco il primo carnevale del
nuovo secolo e del nuovo millennio. Dopo
che i re Magi hanno ripreso la via dell’oriente
per tornare alle loro dimore, e fino
all’inizio della penitenziale Quaresima,
cioè al Mercoledì delle Ceneri, che in
questo 2000 cade l’8 Marzo (e va a
coincidere con la festa della donna). Poi, quaranta
giorni dopo, come stabilisce la
liturgia, sarà Pasqua: domenica 23
Aprile. Una “Pasqua alta”, così si
usa dire, quando tale festività variabile
cade ad aprile avanzato: perciò il periodo
di carnevale risulta quest’anno piuttosto
lungo.
Noi,
però, della diocesi di Milano in cui
si segue la liturgia del rito ambrosiano
introdotto da S. Ambrogio nel IV secolo
d.C., quest’anno festeggiamo il carnevale
sabato 11 Marzo. Tra le caratteristiche
che differenziano il rito ambrosiano dal
rito romano, le principali riguardano la
durata dell’ Avvento, che inizia dopo
l’11 novembre e dura sei settimane, e la
durata della Quaresima, che non inizia il
mercoledì delle Ceneri ma la domenica
seguente, sicché il carnevale ambrosiano
dura quattro giorni più di quello romano.
Nelle
vetrine è avvenuto l’ avvicendamento; via
i panettoni, via gli addobbi colorati, gli
alberi di natale, le lucine a intermittenza,
e avanti le prime maschere, le stelle
filanti, i coriandoli, i gadget-scherzi.
Carnevale
è già qui: come ogni anno da duemila anni,
per quanto trasformato, adatto ai tempi. Eh
sì, perché l’origine di questi giorni di
pazzia affonda sicuramente le radici in un
periodo storico precedente al Cristianesimo:
un filo di continuità si trova, ad esempio,
con la festa dei saturnali (in onore del dio
Saturno) che nell’antica Roma si
celebravano al solstizio d’inverno. C’era
un “re” della festa, un pupazzo, che
prima di venire condannato a morte e
bruciato al rogo, rivelava al popolo
sghignazzante tutte le malefatte del potere:
affari sporchi, tradimenti, compromessi,
disonestà.
Per
quanto riguarda l'etimologia della parola
“carnevale”, la più accreditata
interpretazione si rifà al latino: “CARNEM
LEVARE” cioè “ togliere la carne”,
come poi in effetti avviene durante i
digiuni quaresimali. Il carnevale, insomma,
sarebbe una lunga e festosa preparazione al
periodo della penitenza: faccio oggi all’eccesso
(compreso il mangiare) quanto mi sarà
vietato fare durante la quaresima.
Dopo
l’antica Roma, arrivò il Medioevo,
durante il quale, sempre nello stesso
periodo, si celebrava la “festa dei folli”,
che prevedeva mascheramenti e comportamenti
che definire solo trasgressivi è poco. Si
mangiava (fino alla nausea) adoperando come
mense gli altari delle chiese.
Nel
XV secolo molta gente, protetta dalla
maschera, approfittò dell’occasione per
lasciarsi andare ad atti criminali: furti e
addirittura omicidi. Tant’è che da allora
intervenne pesantissima la censura: a forza
di minacciosi editti si vietò di coprirsi
il volto.
Poi
arrivò l’epoca del Barocco, il Seicento,
quando i riti del carnevale raggiunsero il
massimo dello splendore e dell’eleganza.
Stavano per nascere, in tempi diversi, le
tradizioni delle maschere regionali, quasi
tutte mutuate dalla commedia dell’Arte.
Il
bolognese dott. Balanzone era nato già dal
1500. Il piemontese Giaduia arriverà nel
primo Ottocento, il veneziano Pantalone
nasce in pieno barocco, un po' dopo il
bergamasco Arlecchino, a fine '700 vede la
luce il fiorentino Stenterello. A Napoli
imperava Pulcinella, destinato poi ad
emigrare nel mondo intero, mentre in Francia
si asciugava una lacrima Pierrot romantico e
triste innamorato (anche lui nato dalla
commedia dell'Arte).
Carnevale:
abbiamo detto un po' di trasgressione e un
pizzico di follia. Balli, cotillon, cene…