È
stata celebrata tra preghiere e polemiche la
festa del Sacrificio. 100 mila dei musulmani
residenti in Italia, il 16 aprile hanno
preso d’ assalto le 180 moschee della
penisola, trasformando in santuari anche i
Palasport, per sgozzare pecore e montoni
destinati al sacrificio.
E
proprio l’uccisione di centinaia di
animali, che secondo la liturgia islamica
vengono macellati senza il preventivo
stordimento previsto dalla legge italiana,
ha provocato le proteste della Lav ( Lega
antivivisezione) e della Peta (People for
Ethical Treatment of Animals, cioè Lega per
il trattamento etico degli animali).
La
Lav ha presidiato in segno di protesta la
moschea di Roma e ha denunciato tre albanesi
sorpresi a sgozzare un montone nel parco
della periferia sud della città; ma,
soprattutto, ha inviato al Ministro della
Sanità Rosy Bindi un video sulle tremende
uccisioni girato in Francia, chiedendo al
nostro governo di allinearsi a Germania,
Austria, Svezia e Olanda, dove il principio
dello stordimento è esteso a tutti gli
animali, anche a quelli macellati secondo
particolari riti religiosi.
Non
è una richiesta esagerata di pochi maniaci
protettori degli animali, anzi, è
addirittura richiesto dalle norme
sanitarie in vigore in Italia, norme che
a quanto pare solo i musulmani non
rispettano. E se lo Stato italiano lo
tollera, dice l’antropologa Ida Magli, lo
fa «in nome dell’integrazione e della
libertà di culto». Ma, è solo
«falsa tolleranza», dice la Peta, e la
famosa antropologa Ida Magli è d’accordo
e aggiunge: «Basta con le bugie
politico-culturali» e si unisce alla
richiesta di imporre morti meno cruente.
Dopo
tutto, nel 2000, forse è possibile
rinunciare a riti nati per popoli di alcuni
millenni fa.