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  STANZE 2001
progetto espositivo multimediale
Centro Culturale Man Ray: Cagliari, 28 settembre - 17 dicembre 2001
 
   
   
 
7 dicembre - 17 dicembre 2001
 
 
STEFANO GRASSI
..... DANILO SINI
 
 
 

STEFANO GRASSI


 

titolo: The time is over
Cortometraggio: supporto DVD, proiezione a tutta parete con videoproiettore
Durata: 5'
Colonna sonora: Amazone (Giyselaers/Overdiyk), "Anphetamine"
Interpreti: Stefano Grassi, Rita Atzeri, Daniela Spissu, Michela Serra


Dopo una lunga e rigorosa ricerca in campo fotografico Stefano Grassi approda a quello della video-art, un esito quasi inevitabile vista la sua propensione allo studio del dinamismo dei corpi e della motilità della luce. Lo fa col cortometraggio The time is over e volge lo sguardo alla guerra e ai suoi orrori. Uno sguardo desolato il suo, cupo e privo di speranza, che parte da un'operazione di memoria, recuperando e attualizzando un passato estremamente prossimo. Il ritmo incalzante e anfetaminico della colonna sonora degli Amazone fa da base alla corsa sempre più affannosa e inutile del protagonista che apre e chiude il video, trasformandosi in un battito cardiaco accelerato e sempre più sordo. Il suo volto, segnato dalla fatica e dal dolore, omaggio a un maestro della v-art del calibro di Bill Viola, del quale fa sua anche la struttura circolare dell'opera, è alternato alle immagini di guerra recuperate durante un viaggio in Bosnia nel 1993, ma il rimando all'Afghanistan di oggi è inevitabile. Sono corpi straziati di soldati, di vecchi, di donne e di bambini riversi sul terreno, impastati di sangue e accomunati da un cieco quanto tragico destino. Clip amatoriali, crudi e sporchi come raramente è dato vedere nei reportage patinati delle televisioni, la cui verità ferisce e restituisce la guerra, "giusta" o meno, e i suoi desastres, all'ambito che gli è proprio, quello della barbarie. Frammenti di immagini digitalizzate dalle quali affiorano volti urlanti ma privi di parola, che vedono e che vorrebbero non avere occhi per vedere, che vorrebbero negare ciò che non possono negare, sottolineano il momento della consapevolezza ma, al contempo, dell'impotenza. Tornano anche i nudi, quelli femminili, da sempre tema topico e gioioso nell'opera fotografica di Grassi, simboli di vita e di fusione panica con la natura ma, qui, messaggeri di morte e disperazione: come fatali figure da tragedia greca, menadi impazzite che fanno strale di corpi innocenti, danzano il loro macabro e funereo rondò.

 
   
     
 

DANILO SINI

titolo: Bambinitopolini
tecnica: olio su tela
dimensione: indicare la dimensione delle opere in catalogo - 6 tele


Il tema dell'infanzia è diventato per l'arte contemporanea il luogo delle idiosincrasie e delle perversioni del singolo e della società. Danilo Sini, dopo la serie dei Cattivibambinipentiti lo riprende nel ciclo dei Bambinitopolini, ancor più inquietante del precedente per i riconoscibili riscontri con un'oggettività che parte dalla rilettura di vecchie foto di personaggi reali. Rappresentati con raffinate pitture a olio, icastici come ritratti ma caricati e resi fumettistici da profonde ombre e da un funereo bianco e nero che li isola dal fondo colorato, aldilà dell'apparente dolcezza e melanconia dello sguardo che cattura e inquieta, i bambini appaiono piuttosto come minacciosi adepti di una setta che trova nell'inflazionata e innocua icona di Mickey Mouse il suo "genio del male". Le sei tele fanno parte, come si evince dalle lettere dipinte sul fondo di alcune, di una serie ben più ampia e in fieri dal titolo VDUMMD, acronimo di VE DEI UEN MICHI MAUS DAID, approssimativa trascrizione fonetica dell'inglese The day when Mickey Mouse died. Partendo dall'improbabile annuncio della morte di Topolino e del conseguente lutto dei suoi seguaci, l'artista fa terra bruciata attorno alle edulcorate e virginali iconografie dell'infanzia proposte dai media, sempre più rassicuranti e prive di quel coacervo di perversioni e conflittualità che invece le sono proprie. Recuperata nella dimensione del ricordo, nei suoi simboli più condivisi e asettici, quali peluche e bluse alla marinara dai larghi baveri, l'infanzia diviene metafora di mondi misteriosi e insondati, oscuri e inconfessabili, secondo una lettura psicanalitica oramai assodata e condivisa. Ma l'opera di Sini apre anche a una prospettiva estremamente allarmante che, attualizzando il passato, pare voglia indicare un futuro in cui i Bambinitopolini di oggi, nel loro omologante trattamento clowunesco che solo a tratti fa affiorare un barlume di individualità, diverranno pericolosi e onnipresenti replicanti, prossimi controllori di una società sempre più eterodiretta.