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  STANZE 2001
progetto espositivo multimediale
Centro Culturale Man Ray: Cagliari, 28 settembre - 17 dicembre 2001
 
   
   
 
23 novembre - 3 dicembre 2001
 
 
LEONARDO BOSCANI
..... WANDA NAZZARI
 
 
 

LEONARDO BOSCANI


titolo: Helfer der Volkspolizei
Installazione performativa: stampa plotter su tela con interventi a olio e a pastello, luminarie, mortadella imbustata e affrancata
Colonna sonora: Marlene Dietrich, "Lili Marleen"
Performer: Aldo Cavalletti
Dimensione: ambiente


Leonardo Boscani parte dal "basso" e affonda la sua lama nella più scottante attualità con un trittico fotografico circondato da un'allegra quanto beffarda cornice di luminarie rosse e ampiamente manipolato da interventi pittorici a olio e a pastello. Metafora visiva del potere e delle sue distorsioni, Helfer der Volkspolizei illustra, icasticamente, l'operato di due assistenti della polizia del popolo, i famigerati Vopos della Repubblica Democratica Tedesca, intenti a compiere il rito dell'unzione del maiale, usanza contadina benaugurale e legata alla riproduzione degli animali, ricontestualizzata dall'artista in un'atmosfera claustrofobica in cui affiora una fosca matrice fassbinderiana. Con l'algida ferocia di automi eterodiretti, i due, trasformatisi in boia privi di identità, adempiono il rito che, nell'intervento performativo, rivela la sua vera natura: uno dei carnefici, col cranio rasato, inquietante nel suo asettico camice bianco e nei suoi pesanti stivali in cuoio, si aggira tra il pubblico offrendo fette di mortadella imbustate e affrancate. Un invito a partecipare al banchetto, una chiamata in correo che rende complici gli spettatori nel momento in cui "degustano" la vittima sacrificale. Tra ironia e denuncia Boscani celebra l'orgia del potere e dei suoi riti, dei suoi simboli ridotti a vuoti simulacri eppure latori di una violenza ottusa e cieca. Il rito dell'unzione, apparentemente innocente, quasi di stampo evangelico ma blasfemo e dai risvolti antropofagici se rapportato alla figura di Cristo e della sua unzione prima della sepoltura, evoca, in realtà, il più strisciante e pervasivo controllo sociale che riduce tutti, allo stesso tempo, al ruolo di vittime e carnefici e, tutti, indistintamente, a colpevoli Helfers der Volkspolizei. Tale controllo, caratteristico di ogni regime, richiama il passato e prefigura un cupo futuro: un tragico filo rosso che avviluppa la dimensione più intima degli individui e le più complesse dinamiche storico-sociali, in un coacervo di soprusi e prevaricazioni.

 
   
     
 

WANDA NAZZARI

   

titolo: Fessura di tempo
Installazione perfomativa: terra, ottone, bronzo, acrilico
Dimensione: ambiente
Attori: Rita Atzeri; Ivo Serafino Fenu; Rossella Serri; Fausto Siddi; Nicola Stocchino
Sonorizzazione: Alessandro Olla
Video: Stefano Grassi


Con l'opera Fessura di tempo Wanda Nazzari prosegue e arricchisce la sua ricerca irrompendo nei territori totalizzanti delle installazioni performative, già sfiorati nel suo lungo percorso artistico e, in qualche modo, da sempre potenzialmente presenti nelle sue produzioni. E vola alto in termini contenutistici e formali creando un vero e proprio tableau vivant in cui convivono corpi nudi di uomini e di donne fragili e incomunicanti, suoni e voci che talvolta diventano poesia, luci e bagliori dalla forte aura sacrale. Se, formalmente, è palese la continuità con i precedenti Polittici, i cui legni feriti eruttavano magmi arroventanti e pulsanti, è pur vero che in Fessura di tempo gli stessi divengono cellule, monadi che respirano, parlano, si interrogano e si contorcono, vibrano di una vita incerta alla quale pare negato, per dirla con Andrea Zanzotto, anche "il lucignolo di un verso". Eppure è quel "lucignolo" che anima l'opera: alla sua base insiste un pensiero di John Steinbeck, perfettamente in linea con la ricerca dell'artista da sempre interessata a scandagliare le più complesse tematiche esistenziali. "Magari uno non ha un'anima sua, ma solo un pezzo di una sola grande anima: l'unica anima che appartiene a tutti" suggerisce Steinbeck e la Nazzari rilancia creando un'installazione nella quale il tempo, quello reale, il tempo fisico di ciascuno, viene riletto, appunto, come "fessura di tempo", parte infinitesima di un tempo che va a coincidere con una Mente Universale che comprende presente, passato e, probabilmente, un eterno futuro. L'artista individua parole essenziali per esprimere tanta complessità, passando da Salvemini a Rilke, dalla Bettarini all'albanese Mimoza Ahmeti, dalla Morante a se stessa che, riconducendo all'immobilità e al silenzio il transeunte pulsare dei corpi, constata, con amarezza e ai margini del disinganno, quanto "lo spazio è breve / troppo breve" mentre "la goccia infinita / scivola /sui costati/ già friabili". Un fluire continuo dal quale affiorano incerte domande per impossibili risposte.