Direzione
Artistica
Wanda Nazzari
Ufficio Stampa
Rita Atzeri
consulenza
scientifica
Mariolina Cosseddu
Organizzazione
Stefano Grassi
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STANZE
2001
progetto
espositivo multimediale
Centro
Culturale Man Ray:
Cagliari,
28 settembre - 17 dicembre 2001
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23
novembre - 3 dicembre 2001 |
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LEONARDO BOSCANI
titolo:
Helfer
der Volkspolizei
Installazione performativa: stampa plotter su tela con interventi
a olio e a pastello, luminarie, mortadella imbustata e affrancata
Colonna sonora: Marlene Dietrich, "Lili Marleen"
Performer: Aldo Cavalletti
Dimensione: ambiente
Leonardo Boscani parte dal "basso" e affonda la sua
lama nella più scottante attualità con un trittico
fotografico circondato da un'allegra quanto beffarda cornice di
luminarie rosse e ampiamente manipolato da interventi pittorici
a olio e a pastello. Metafora visiva del potere e delle sue distorsioni,
Helfer der Volkspolizei illustra, icasticamente, l'operato di
due assistenti della polizia del popolo, i famigerati Vopos della
Repubblica Democratica Tedesca, intenti a compiere il rito dell'unzione
del maiale, usanza contadina benaugurale e legata alla riproduzione
degli animali, ricontestualizzata dall'artista in un'atmosfera
claustrofobica in cui affiora una fosca matrice fassbinderiana.
Con l'algida ferocia di automi eterodiretti, i due, trasformatisi
in boia privi di identità, adempiono il rito che, nell'intervento
performativo, rivela la sua vera natura: uno dei carnefici, col
cranio rasato, inquietante nel suo asettico camice bianco e nei
suoi pesanti stivali in cuoio, si aggira tra il pubblico offrendo
fette di mortadella imbustate e affrancate. Un invito a partecipare
al banchetto, una chiamata in correo che rende complici gli spettatori
nel momento in cui "degustano" la vittima sacrificale.
Tra ironia e denuncia Boscani celebra l'orgia del potere e dei
suoi riti, dei suoi simboli ridotti a vuoti simulacri eppure latori
di una violenza ottusa e cieca. Il rito dell'unzione, apparentemente
innocente, quasi di stampo evangelico ma blasfemo e dai risvolti
antropofagici se rapportato alla figura di Cristo e della sua
unzione prima della sepoltura, evoca, in realtà, il più
strisciante e pervasivo controllo sociale che riduce tutti, allo
stesso tempo, al ruolo di vittime e carnefici e, tutti, indistintamente,
a colpevoli Helfers der Volkspolizei. Tale controllo, caratteristico
di ogni regime, richiama il passato e prefigura un cupo futuro:
un tragico filo rosso che avviluppa la dimensione più intima
degli individui e le più complesse dinamiche storico-sociali,
in un coacervo di soprusi e prevaricazioni.
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WANDA
NAZZARI
titolo:
Fessura di tempo
Installazione perfomativa: terra, ottone, bronzo, acrilico
Dimensione: ambiente
Attori: Rita Atzeri; Ivo Serafino Fenu; Rossella Serri; Fausto
Siddi; Nicola Stocchino
Sonorizzazione: Alessandro Olla
Video: Stefano Grassi
Con l'opera Fessura di tempo Wanda Nazzari prosegue e arricchisce
la sua ricerca irrompendo nei territori totalizzanti delle installazioni
performative, già sfiorati nel suo lungo percorso artistico
e, in qualche modo, da sempre potenzialmente presenti nelle sue
produzioni. E vola alto in termini contenutistici e formali creando
un vero e proprio tableau vivant in cui convivono corpi nudi di
uomini e di donne fragili e incomunicanti, suoni e voci che talvolta
diventano poesia, luci e bagliori dalla forte aura sacrale. Se,
formalmente, è palese la continuità con i precedenti
Polittici, i cui legni feriti eruttavano magmi arroventanti e
pulsanti, è pur vero che in Fessura di tempo gli stessi
divengono cellule, monadi che respirano, parlano, si interrogano
e si contorcono, vibrano di una vita incerta alla quale pare negato,
per dirla con Andrea Zanzotto, anche "il lucignolo di un
verso". Eppure è quel "lucignolo" che anima
l'opera: alla sua base insiste un pensiero di John Steinbeck,
perfettamente in linea con la ricerca dell'artista da sempre interessata
a scandagliare le più complesse tematiche esistenziali.
"Magari uno non ha un'anima sua, ma solo un pezzo di una
sola grande anima: l'unica anima che appartiene a tutti"
suggerisce Steinbeck e la Nazzari rilancia creando un'installazione
nella quale il tempo, quello reale, il tempo fisico di ciascuno,
viene riletto, appunto, come "fessura di tempo", parte
infinitesima di un tempo che va a coincidere con una Mente Universale
che comprende presente, passato e, probabilmente, un eterno futuro.
L'artista individua parole essenziali per esprimere tanta complessità,
passando da Salvemini a Rilke, dalla Bettarini all'albanese Mimoza
Ahmeti, dalla Morante a se stessa che, riconducendo all'immobilità
e al silenzio il transeunte pulsare dei corpi, constata, con amarezza
e ai margini del disinganno, quanto "lo spazio è breve
/ troppo breve" mentre "la goccia infinita / scivola
/sui costati/ già friabili". Un fluire continuo dal
quale affiorano incerte domande per impossibili risposte.
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