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Franco Cambi e la filosofia delleducazione. Da aspirazione a
disciplina inquieta
di Giacomo Cives |
Centralità dellarticolato e tormentato discorso educativo
Cambi
riprende e approfondisce quindi, nel cap. V a cui abbiamo accennato, le dimensioni
epistemologiche e valoriali con cui ha oggi a che fare la filosofia delleducazione.
Quanto alle prime rileva aspetti che si riconfermano nella valorizzazione odierna del
rapporto di unità-articolazione del sapere delleducazione: importanza delle scienze
umane, istanza di scientificità della pedagogia, ancora complessità, pluralità di tipi
di discipline, compatibilità reciproca di logiche diverse, legame di comprensione delle
tensioni e dei vari tipi di costruzione dei progetti educativi ora più ora meno rigorosi,
o scientifici, o informali ecc.
Osserva
Cambi al riguardo (p. 114): Il caso italiano è stato sul fronte
della rigorizzazione del discorso pedagogico esemplare dellevoluzione dei
paradigmi, del principio di criticità aperta che ha guidato tale evoluzione, del bisogno
di delineare un approccio comprendente a un tipo di discorso che non può né
deve essere semplificato.
Complessità,
asimmetria, pluralità, continua Cambi, costitutivi del discorso pedagogico, sono la
caratteristica distintiva (il tormento, e anche lampiezza straordinaria di possibili
riferimenti) della sua tensione-ricchezza di elaborazione pedagogica sia sul piano del
sapere che di quello della prassi.
Conclude
Cambi: La successione dei paradigmi neopositivismo, filosofia analitica,
empirismo critico, razionalismo aperto, ermeneutica critica è stata esemplare
anche di un decantarsi dellidentità pedagogica (o del discorso pedagogico) e
dellaffermarsi di unidea di rigore che si è scandita come passaggio, appunto,
dallanalisi alla critica.
Lelaborazione
dunque italiana di epistemologia delleducazione è stata notevole nel fare ordine
coerente con un magma così variegato di apporti, senza sacrificarli e stravolgerli, ma
dirigendoli nel rispetto reciproco ed anche nella collaborazione alla costruzione di una
educazione veramente degna delluomo.
E
proprio qui si salda la riflessione cruciale portata avanti dalla filosofia
delleducazione intorno ai valori, quali quelli di emancipazione, libertà, dialogo,
autoeducazione, che ben considerati e valutati tendono a ribaltare la pedagogia dalla sua
condizione tradizionale retorica e velleitaria ad una di precisa centralità
rispetto a tutti i saperi e rispetto allo stesso soggetto che li elabora, come pure
rispetto alla società (p. 127).
Un
ribaltamento, aggiungiamo noi, certo non facile da realizzare per le molte resistenze, i
molti preconcetti che accompagnano limmagine della teoria e della pratica
delleducazione (non senza corresponsabilità, va pur detto, di un tradizionale
pressappochismo di pedagogisti e insegnanti con cui è stata presentata e portata avanti).
Certo teoria e pratica pedagogica potranno come meriterebbero fare molta strada se anche
per merito della filosofia delleducazione, e del rigore e della criticità che
vengon qui da questa proposte, sapranno rendere più coerente e chiaro il loro
congegno e sapranno maturare la consapevolezza per se stesse e anche per
lesterno di quel che realmente sono, incluse anche le costitutive tensioni e
problematicità implicitamente vitali e non negative.
Ecco,
è questo, notiamo, un punto importante su cui riflettere. Il sapere-agire
delleducazione, se anche ha uno statuto fluido e poco definito, che lha spesso
indotto a dubitare di se stesso e sulla sua identità, è segnato intrinsecamente dai suoi
molti legami coi diversi rami della cultura delluomo, dalla filosofia alla scienza,
dalla storia alla tecnologia, dalle scienze umane alla letteratura e così via, con al
centro le più specifiche scienze delleducazione che da sé sole sarebbero sterili e
vuote, senza questa intensità e continuità inesauribile di rapporti. In tal modo
contiene in sé purchè se ne faccia intelligentemente consapevole la possibilità di
rovesciare radicalmente questo rapporto, rendendo la sua debolezza la sua forza.
La
ricchezza di legami con i vari tipi di operare, essere e sentire delluomo rende a
guardar bene la dimensione pedagogica e educativa una delle più vive, variegata e
suggestiva, un punto veramente nodale del divenire delluomo e della società,
spaziando dallo scientifico allimmaginario, dalletica alla tecnica didattica,
dalla costruzione interiore della personalità alla progettualità e fattualità politica,
e così via. Importante è che quella dimensione sfugga tanto da un lato alla depressione,
la mancanza di fiducia in sé, lautodenigrazione, come dallaltro
lautoesaltazione enfatica e retorica.
A
superare questi due sterili estremismi è salutare ora lapporto di una
inquieta filosofia delleducazione matura e responsabile, che
allinsegna, come, ripetiamo, propone Cambi, del rigore e della
problematizzazione critica, sappia congiungere e mediare la logica del formale
e quella dellinformale, dando una più fondata consapevolezza dellessere
diciamo la pedagogia zona di confine e crocevia di diverse logiche
e diversi saperi, nel suo carattere costitutivo e nel suo valore positivo. Insomma, anche
qui la filosofia delleducazione reca un grande apporto al discorso educativo, a
rendersi conto della sua collocazione e del suo senso.
I problemi odierni della filosofia delleducazione
Un
cenno ancora allulteriore parte del Manuale di filosofia delleducazione
di Cambi e agli argomenti lì affrontati.
In
primo luogo Cambi affronta i macro-problemi della filosofia
delleducazione, come al solito con numerosi riferimenti alle varie posizioni assunte
dai diversi filosofi, pedagogisti, educatori: da Weber a Dewey, da Herbart a Althusser, da
don Milani a Illich e così via.
Per
cominciare: istruzione, educazione o formazione? Ecco un trinomio inquieto,
coi termini in tensione-opposizione. Il primo, dice Cambi, ha maggior legame con
lazione della scuola, il secondo si riferisce piuttosto allextrascuola
(famiglia, lavoro ecc.) e fa facilmente pensare a atteggiamenti paternalistici o
autoritari. Le sue preferenze vanno allora piuttosto alla formazione. Non a caso del resto
ha intitolato Studi sulla formazione la sua recente bella rivista di teoria e
storia delleducazione. A guardar bene i termini, a nostro avviso, sono piuttosto
intercambiabili: non figura anche, del resto, lautoeducazione accanto a forme di
formazione eterodiretta? Pur ritenendo daltronde la formazione oggi dominante, è
Cambi stesso a avvertire la loro intrinseca problematicità.
In
tensione-opposizione, richiedendo anche qui approfondimento e mediazione, sono i concetti
e le esigenze di fini e mezzi, utopie e senso della realtà, critica delle istituzioni
educative e socializzazione educativa.
Ci
spostiamo così sul terreno delle antinomie educative, particolarmente valorizzate,
osserveremo noi, di recente in Italia dal problematicismo di Bertin, e già ben radicate
nello strumentalismo deweyano di Democrazia e educazione. Si rilevano così nella
pedagogia, scrive Cambi, antinomie formali (come scienza-filosofia e teoria-prassi),
pratico-teoriche (comè il caso di autorità-libertà e cultura-professione),
pratico-educative (vedi il rapporto emblematico maestro-scolaro). Particolarmente
dialettica e complessa è la figura del maestro, tentata dal conformare e viceversa
bisognosa, al di là della stessa nuova proliferazione della professionalità
(p. 152), di realizzare il difficile equilibrio tra delicata azione al confine del
soggetto e inserzione nelloggettività della cultura. Così fortemente dialettico e
critico appare il nesso tra pedagogia e politica, anche se è qui scarso lapporto
dei pedagogisti.
Da
ultimo Cambi indica alcuni temi e problemi di particolare attualità per la filosofia
delleducazione, come lodierno disincanto di fronte alle certezze tradizionali
di uno stabile Mondo-Cosmo, linquietante crisi del soggetto, la tendenziale
prevaricazione della mente rispetto alle ragioni del pathos, linvadenza
dellartificialità della tecnica rispetto allautenticità della natura.
Latteggiamento
suggerito è quello di un ragionevole e paziente impegno critico e operativo evitando
esasperazioni catastrofiche ma cogliendo anche le valenze demistificanti e positive (come
superamento di conformismi e apertura a dimensioni di libertà) delle situazioni difficili
e di crisi, mirando a superare dualismi, ad orientarsi verso dimensioni armoniche, con
ragionevolezza e perseveranza. Così Cambi parla di una dimensione attiva, e quindi
valida, dello stesso nihilismo, di una opportuna visione del soggetto non statica ma
processuale, necessaria alla sua stessa ricostruzione, del valore dellemozione, dei
sentimenti, del pathos da recuperare.
Programma
questultimo avvertito con convinzione e in più occasioni da Cambi, come curando nel
1998 il volume Nel conflitto delle emozioniProspettive pedagogiche (Roma,
Armando, 1998), ove tra laltro scrive (p. 9) che lHomo sentiens o
patiens sta prima dellHomo sapiens e dellHomo faber,
ricollegato comè alle passioni e alle emozioni (più morali le prime, più
biologiche le seconde), senza le quali né la ratio né lactio
si strutturano, si definiscono e si realizzano, in quanto implicano scelte, orientamenti
valoriali, disposizioni soggettive, etc..
Chi
scrive si è laureato in anni lontani con il suo compianto maestro Franco Lombardi con una
tesi sulla filosofia dellirrazionale, redatta in una appassionata difesa della
cultura delle ragioni del cuore, della sensibilità, dei sentimenti (dal secondo Schelling
a Kierkegaard, da Feuerbach a Nietzsche, da Freud a Jung a Thomas Mann...), in un tempo in
cui pesava ancora la coda del dialettismo intellettualistico unilaterale e intollerante
dellAtto e dello Spirito Assoluto. Si può indovinare la profonda assonanza
avvertita ancor oggi da chi scrive per le ragioni del pathos, di fronte a quelle
della Ragione arrogante ed esclusiva.
Quanto
alla tecnica Cambi che aveva già avvertito (p. 24) che non si deve delegare il pensiero
critico alle macchine, rileva che occorre dir no al nuovo Sistema tecnologico esclusivo,
no al Dogma del Presente. Qui la sfida a pensare sempre più in modo critico, rivolta
particolarmente alla filosofia delleducazione. E comunque complessivamente alla
pedagogia. Che in ogni modo, scrive Cambi più avanti, verso la fine del Manuale,
con la sua ricordata carica di umanità, con la vivacità e ricchezza delle sue molte
dimensioni e dei suoi interessi, col suo vitale legame di pensare e agire, ha la
possibilità di valorizzarla, la tecnica, e andar oltre di questa, di porsi come suo
privilegiato interlocutore attivo (cfr. p. 188). E ciò può valere anche per gli altri
drammatici fronti ricordati della crisi del Moderno, ove lapporto della sua ricerca
costruttiva di saggezza e di emancipazione può essere insostituibile.
La
conclusione del Manuale della filosofia delleducazione indica listanza
di fondo di questa di dare legittimazione razionale alla pedagogia, aiutarla ad acquisire
comprensione e giustificazione di sé, a conquistare un adeguato senso di sé,
sostenendola nel suo impegnativo processo di ricostruzione in atto.
Per una filosofia delleducazione inquieta, aperta e complessa
Perché
ci siamo fermati in una esposizione così dettagliata e simpatetica del libro di Cambi
fino a farne quasi una parafrasi? Perché abbiam visto che la sua nutrita, impegnativa
indicazione delle coordinate dei temi e dei problemi della filosofia delleducazione
oggi, sostenuta dal riferimento storico-critico a tante diverse posizioni di pensiero, è
ancorata con acutezza a una chiave di fondo che condividiamo e che è tante volte emersa
nelle pagine precedenti di senso della inquietudine, della pluralità e della tolleranza,
della ragionevolezza e apertura, della perseverante disponibilità critica e della
consapevolezza della complessità (cfr. al riguardo F. Cambi, G. Cives, R. Fornaca, Complessità,
pedagogia critica, educazione democratica, Firenze, La Nuova Italia, 1991)..
Ebbene,
questa rassegna, e riflessione, questa testimonianza han mostrato (lanticipavamo
allinizio) come quella istanza piuttosto confusa e non chiara negli sviluppi da
seguire degli anni 70 di reintegrare la dimensione filosofica in modo intrinseco nel
contesto pedagogico sia andata avanti e abbia raggiunto importanti e avanzati risultati da
trar fuori dalle riduzioni schematiche allora correnti (e contro cui quella istanza
reagiva) a mera ideologia politica, o mera psicologia, o mera sociologia, o mera
tecnologia.
Risultati
propositivi e non trionfalistici, di ricerche e campi di indagine da sviluppare e portare
avanti, ma che pur costituiscono con la loro indicazione una mappa per sviluppare in modo
specifico un campo disciplinare che, quando non coltivato nel settore affine della
pedagogia generale, potrà espandersi felicemente come disciplina autonoma,
particolarmente valida nel raccordo-confronto da rivitalizzare al meglio con il settore
disciplinare dei filosofi tout-court oltre che nella relazione dialogica
trasversale coi più vari livelli del sapere educativo (si potrebbe però dire oltre che
in generale del sapere).
Chi,
come chi scrive, ha creduto e si è battuto a suo tempo per un rilancio dello spazio
filosofico nel complesso terreno del discorso educativo (ecco una conclusione molto breve
per un discorso certo troppo lungo
) non può che profondamente rallegrarsi di un
simile sviluppo, dal quale appaiono le corpose ragioni della costituzione disciplinare
della filosofia delleducazione, perché porti avanti e approfondisca una
problematica così ricca, che potrà essere di forte sostegno per tutto il processo
educativo.
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