Il mio André
prima parte
Di Claudine
"Il mio Andrè
". Quelle parole che le erano sfuggite
continuavano a tormentarla. Si toccò la benda sulla fronte. Si sentiva ancora indolenzita
per i colpi ricevuti durante l'assalto alla carrozza. Ma non era il dolore fisico a
tormentarla. "Il mio Andrè
". Per un attimo aveva creduto di averlo perso,
ed aveva provato una paura folle, disperata. Neanche quando in varie occasioni aveva
temuto per la sua stessa vita si era sentita così. Mille immagini, mille ricordi le si
affollavano in mente. Era un bambino un po timido ed impaurito, la prima volta in
cui l'aveva visto. Era stato portato in un luogo sconosciuto, strappato alla sua
famiglia
ma lei allora queste cose non poteva capirle, aveva solo cinque anni.
"Ciao, io sono Andrè" aveva detto lui serio porgendole la piccola mano. Lei
l'aveva stretta come fanno i grandi, e le era scappato da ridere. Anche lui aveva sorriso,
per la prima volta. "E' bello" aveva pensato lei sentendosi sorpresa. Era
diventato il suo compagno. Insieme avevano imparato tutto. Tutto su come si comporta un
giovane nobile destinato alla vita militare. Lei sapeva, sapeva che ovunque, in qualunque
circostanza, voltandosi avrebbe trovato il suo sguardo a proteggerla. Il suo
sguardo
pensò con dolore a quel terribile momento in cui Bernard l'aveva ferito.
Quando era toccato a lei proteggerlo, aveva fallito. Si era sentita impazzire. In quel
momento provava troppa rabbia per riuscire ad analizzare i suoi sentimenti, sapeva solo
che avrebbe voluto uccidere Bernard, fargli del male. Ancora una volta André glielo aveva
impedito. Doveva soffrire molto, in quel momento, eppure il suo unico pensiero era stato
per lei. "Sono contento che non sia successo a te
" le aveva detto,
trovando la forza di sorridere. Sentì una lacrima scenderle sul viso. Forse non meritava
di essere amata tanto da lui. Gli aveva procurato solo sofferenza. La sofferenza sul suo
viso quella notte
Lei l'aveva schiaffeggiato con rabbia, desiderando ferirlo, e lui
l'aveva baciata. Le aveva strappato la camicia, e per un attimo aveva avuto paura di lui,
del suo amico, di colui che era stato sempre al suo fianco. Quanta disperazione nel suo
sguardo
era quello che le faceva male più di tutto. "Io ti amo
"
aveva detto lui. In fondo lei l'aveva sempre saputo, ma non aveva mai compreso quanto.
L'aveva sempre saputo, eppure l'aveva quasi odiato per averglielo detto, come se avesse
violato un tacito accordo. Non era ancora pronta ad analizzare i suoi sentimenti per lui.
Erano sempre stati lì, chiusi in fondo al suo cuore. L'unica cosa che forse non sarebbe
cambiata mai in quella sua vita che ora sembrava sfuggirle dalle mani. Aveva cercato di
allontanarlo, ma se lo era ritrovato tra i soldati della Guardia. Lui, che era stato
educato come un nobile, che aveva frequentato la Corte assieme a lei
ora si trovava
tra quegli uomini così diversi, ostili, e tutto pur di continuare a starle accanto.
Pensò con una fitta di dolore a quando era stato aggredito dai suoi compagni.
"Quest'uomo darebbe la sua vita per voi" aveva detto Alain "Ma a voi sembra
non importare
". Come si sbagliava. Avrebbe voluto prenderlo tra le sue braccia,
in quel momento, ma c'era qualcosa che la tratteneva. Non era preparata a questo. A
quell'amore che sentiva crescere dentro di sé, nonostante i suoi sforzi per negarlo. Non
assomigliava a quello che aveva creduto di provare per Fersen. Fersen
quando dopo
l'aggressione se lo era ritrovato davanti aveva provato solo il sollievo di vedere un
volto amico davanti a sé. Il suo unico pensiero era stato per André. Quando aveva visto
la folla trascinarlo via aveva creduto di impazzire. In un attimo aveva compreso che la
vita senza di lui non avrebbe avuto alcun significato. Non poteva vivere senza André. In
fondo, era stato sempre così. Era la sua ombra, l'eco della sua voce, il riflesso della
sua anima. E proprio perché era così da sempre, era stato così difficile capirlo. Ma
per lui no. L'aveva seguita comunque, nonostante gli avesse detto di non volerlo più
accanto a sé. Come se sapesse che il legame tra loro era così forte che nulla al mondo
l'avrebbe mai potuto spezzare. Nulla
solo la morte. Rabbrividì, come scossa da un
presentimento. Doveva vederlo. Entrò nella sua stanza, silenziosamente. Dormiva. Una
vistosa fasciatura gli avvolgeva il braccio. Guardò il suo viso così familiare, così
bello. "Lo amo" pensò sentendosi invadere da una sensazione quasi dolorosa.
Aveva paura. Sentiva che era qualcosa che sfuggiva al suo controllo, che andava contro
tutto quello che aveva creduto di essere fino a quel momento. Tese una mano con il cuore
in gola e gli sfiorò i capelli, facendo attenzione a non svegliarlo. Che sensazione
strana, quella tenerezza che stava provando adesso, quello struggimento, quell'ansia che
le riempiva il cuore. "Amico mio" pensò "compagno, fratello, unico vero
amore
". Cosa avrebbe dovuto fare, adesso? Non lo sapeva. Per qualunque cosa
c'era stato sempre lui. Ma ora no, ora era sola con questo sentimento di cui avrebbe
voluto parlargli, ma le mancava il coraggio. Lei non aveva mai avuto paura di fronte a
nulla, nemmeno alle imprese più pericolose, ma ora ne aveva. Lui si agitò leggermente e
poi mormorò: "Oscar...". Stava sognando, probabilmente. Anche nei suoi sogni
c'era lei. Avvicinò il viso al suo, fino quasi a sfiorarlo. "Voglio baciarti"
pensò all'improvviso. Anche quando credeva di essere innamorata di Fersen non era mai
riuscita ad immaginarsi mentre lo baciava. Adesso invece sì. Dandosi della folle poggiò
delicatamente le labbra sulle sue. Fu un attimo, ma sufficiente a farle desiderare di
più. Ma non poteva
pensò ritraendosi. Ancora una volta non ne aveva il coraggio.
Lui aprì lentamente gli occhi. "Oscar
" mormorò guardandola. "Come
ti senti?" chiese lei sedendosi accanto a lui. "Meglio
" disse lui
sorridendo "Ma tu? La tua ferita alla testa
cosa ha detto il dottore?".
Come sempre si preoccupava più di lei che di se stesso. "E' solo un graffio, non
preoccuparti" disse lei sentendo un nodo in gola. "Dobbiamo ringraziare il conte
di Fersen" mormorò lui con un'ombra nello sguardo. "Lo farò" rispose lei,
pensando a tutte le volte in cui lui aveva rischiato la sua vita per lei. L'aveva mai
ringraziato? Lui volse la testa dall'altra parte e chiuse gli occhi. Probabilmente era
convinto che lei amasse ancora Fersen. "No!" avrebbe voluto dirgli "Ti
sbagli, non ho mai amato davvero Fersen, ma solo te. Ma io non so
non so cosa fare
con quest'amore. Ti prego, aiutami". "Adesso riposa" disse invece,
maledicendo il suo orgoglio, la sua paura, la sua fragilità. Lui annuì, continuando a
tenere gli occhi chiusi. Com'era pallido
doveva soffrire molto. Oscar immaginò
un'altra se stessa staccarsi dal suo corpo, andare verso di lui e stringerlo tra le sue
braccia. "Perdonami
" avrebbe mormorato, "Ti ho fatto soffrire, ma
avevo paura
io ho amato solo te nella mia vita, adesso l'ho capito". L'immagine
era così vivida che si sentì senza fiato. Le sembrava che qualcosa si stesse spezzando,
dentro di lei. Anni ed anni di dolore, rimpianti, solitudine, sentimenti dimenticati e
desideri inascoltati. Stavano affiorando da chissà quale luogo oscuro in cui erano stati
sepolti accuratamente, ed erano più vivi che mai. "Sono viva", pensò
inaspettatamente "Non mi sono mai sentita così viva in tutta la mia vita, ed anche
questo lo devo a lui
". A lui, che aveva rischiato di perdere per sempre. Lo
guardò ancora una volta: dormiva. Una ciocca scura gli ricadeva sulla fronte. Strano come
ora che aveva compreso di amarlo le sembrava che ogni particolare fosse tanto importante,
si rivestisse di tanti significati. Una ciocca sulla fronte le sembrava la cosa più bella
che avesse mai visto. Sorrise tra sé, scostandola delicatamente. "Ci sarà tempo per
noi
" pensò allontanandosi dal letto. Aprì la porta, gettò un ultimo sguardo
alla figura addormentata e mormorò: "In fondo
abbiamo tutta la vita
davanti".
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