Appendice I - Le reti neurali(368)

 

Le radici dell’Artificial Life(369), possono essere rinvenute negli automi di John Von Neumann e Arthur W. Burks. Nelle parole dello stesso Burks, che fu il continuatore della sua opera, Von Neumann si chiedeva:

 

"Quale tipo di organizzazione logica è sufficiente ad un automa per riprodurre se stesso? Questa domanda non è precisa ed ammette sia una risposta banale che una interessante. Von Neumann aveva in mente il fenomeno naturale dell’autoproduzione quando la pose, ma non tentò di simulare l’autoproduzione di un sistema naturale a livello genetico e biochimico. Egli voleva astrarre dal problema naturale dell’autoproduzione la sua forma logica"(370).

 

Il formalismo che permise la realizzazione di un tale sistema, fu proposto da un suo collega, Stan Ulam, con il nome di Automa Cellulare. Una automa cellulare è semplicemente un sistema che può avere un numero finito di stati ed il cui stato è determinato dallo stato di altri automi che lo circondano. Il comportamento degli automi cellulari diventa interessante proprio perché formano una rete di interazioni, il cui comportamento globale, nel tempo, non è prevedibile; anche se le leggi che governano i passaggi di stato per ogni singolo automa sono semplici e ben determinate. Lo stato di ogni automa di questa rete, in ogni istante di tempo, è determinato dallo stato posseduto, nell’istante precedente, dagli automi che lo circondano. Con gli automi cellulari, Von Neumann impostò un sistema capace di autoreplicarsi e stabilì che qualunque sistema capace di fare ciò, doveva fare uso delle informazioni contenute nella sua descrizione in due modi fondamentalmente differenti: sia interpretando che non interpretando. Interpretate le informazioni dovevano tradursi in azioni da compiere per realizzare il replicante, non interpretate dovevano essere soltanto copiate, perché sarebbero state l’analoga descrizione per il replicante. Quando in seguito si scoprì la struttura e il funzionamento del DNA emerse che erano proprio i modi in cui la cellula fa uso delle informazioni contenute in esso durante i suoi processi di trascrizione e traduzione da una parte e replicazione dall’altra.

La storia delle reti neurali inizia con Warren S. McCulloch e Walther Pitts(371) e poi con il perceptron(372) di Frank Rosenblatt(373). Fino agli anni ottanta l’unico filone di ricerca sulla Artificial Life è stato quello degli automi cellulari. In seguito vari settori scientifici si interessano alla Artificial Life. Proprio per unificare gli sforzi e fare il punto della situazione, nel settembre del 1987 si è tenuta a Santa Fe la prima conferenza sulla Artificial Life (considerato l’atto di nascita ufficiale di questa nuova scienza), organizzata da Chris Langton del Santa Fe Institute. Ad essa parteciparono non solo scienziati che in varia misura lavoravano sulla robotica e sulla cibernetica, ma anche filosofi, chimici e biologi. Oggi possiamo distinguere già due filoni, quello della robotica e quello delle simulazioni. Nelle simulazioni che si fanno in questo campo, si utilizzano in genere alternativamente strategie che possono essere considerate ispirate all’apprendimento in vita (tramite backpropagation(374), principalmente, ma anche con l’apprendimento competitivo); oppure all’apprendimento su base genetica, che si compie di generazione in generazione (tramite algoritmi genetici(375)).

Le reti hanno oggi trovato utilizzazione soprattutto nei vari campi che richiedono una percezione artificiale in qualche modo paragonabile a quella umana; oppure alla necessità di trovare collegamenti o categorizzare situazioni difficilmente definibili. I principali campi di applicazione sono infatti: visione e riconoscimento de forme grafiche; interpretazione di segnali; robotica e veicoli autonomi; riconoscimento della voce; linguaggio naturale; sistemi di supporto alle decisioni; diagnosi; previsioni; problemi di ottimazione; controllo di processi.

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