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Città nascoste

TDM-68-Mag 2000

 

Scelta di campi

 

Servizio di Massimo Acanfora

 

Il piccolo popolo degli Elfi

Roccamurata è poco più di una stazione sul Passo della Cisa. Se attraversi il Taro e sali un po' sulle colline ti trovi di fronte un pianoro di erba verdissima e un gruppo di case. Sei arrivato, come me, a Granara. Davanti a una casa di pietra con il tetto tegolato di fresco gente scamiciata sta tagliando e assemblando furiosamente tavole e pezzi di legno. "Il cantiere di Granara è come la fabbrica del Duomo -scherza, ma non troppo Gaetano, milanese e cittadino per sua stessa ammissione, che con la sua compagna Laura e la minuscola Eva è uno dei fautori del villaggio ecologico di Granara-Valmozzola, casette di pietra e legno sull'appennino parmense. E' anche la prima tappa del viaggio nelle "comunità rurali", che mi farà conoscere un "piccolo popolo", contadino e artigiano non per tradizione ma per scelta. Gaetano e Laura hanno deciso cinque anni fa con altri amici che la città era un vestito troppo scomodo e hanno intrapreso una sinuosa ricerca su e giù per valli e colline. Poi si sono innamorati di questa piana, dei declivi di bosco di cerro a perdita d'occhio e delle case di pietra. Hanno comprato tutti insieme. Il loro progetto ha camminato con lenta determinazione: ogni fine settimana case da ristrutturare, terreni da dissodare e pulire prima che il degrado e la rosa canina ne prendessero possesso. E la settimana a fare il proprio lavoro in città. Oggi le prime case sono pronte. "E' stata dura: abbiamo dovuto imparare a fare tutto". Ma Granara non è una torre d'avorio da cui guardare il mondo. E' invece un progetto complesso: lavorare la terra con criteri biologici per l'autosostentamento e la vendita in un piccolo circuito ma non per fare eco-business. Realizzare un centro di tecnologie appropriate, che ospiti seminari e scolaresche (tra pochi giorni arrivano i bambini di una scuola elementare). Diventare un campo permanente di educazione ambientale. Gaetano precisa: "Non abbandoniamo la città 'cattiva', ma piuttosto lavorare per mettere in contatto metropoli e campagna. Resta a Milano, per esempio il gruppo d'acquisto solidale 'Maltrainsema'". E dalla città arrivano tanti amici. La mattina dopo siamo in 20 a lavorare per il teatro all'aperto. Estirpiamo chiodi, seghiamo assi, incistiamo viti nel legno. Una trentina di panche prendono forma. La terra è bassa e dura. Me ne accorgo quando impugniamo la vanga per scavare le docce all'aperto. Tecnologie appropriate al mal di schiena. Alziamo i pali per le docce, prepariamo gli strati per il deflusso dell'acqua, usiamo pallets per isolare dal suolo. L'acqua arriverà calda grazie all'impianto solare montato lì a due passi. Qui a Granara non si spreca nulla. I bagni sono costruiti in modo che il "solido" vada a finire...in cantina, dove uno speciale cassone lo trasforma nel tempo in ottimo concime per l'orto e i campi. Le acque di rifiuto (con poco o nessun detersivo, please) defluiscono verso una zona incassata della valletta, dove sarà preparato il "lagunaggio", ovvero un sistema naturale di depurazione delle acque che sfrutta le piante acquatiche. La sera quando la pasta bolle sulla cucina a legna la tavolata è calda e allegra come brace: poi intorno a un fuoco ci si organizza: all'ordine della notte i preventivi per il teatro e a chi tocca il ruolo della fatina nel bosco.

La collina degli Elfi

Collina di Treppio è in pieno sole. Sulle montagne pistoiesi vivono gli Elfi. Persone in carne e ossa, i primi dei quali sono saliti su queste colline 15 anni fa: piccoli insediamenti, da due a 20 persone in antiche case in pietra e legno con la classica struttura, cucina in basso, soppalco-notte in alto. Quanti sono? Forse un centinaio. Molti raggiungibili, alcuni più nascosti. "Casetta bruciata" sorge a lato di una mulattiera settecentesca che collega due valli. Quando compaio con i miei abiti cittadini, Giovanna, pancia di sette mesi all'aria, resta con la zappa a metà. Anche Diego diffida. Ma se i giornalisti non sono molto amati, le persone comuni sono ben accette. Condividere la giornata con loro è la mossa più indicata. Eccomi allora a girare la polenta sulla cucina a legna. Niente luce elettrica, bagno en plein air: qui vivono in 6 più i bimbi, coltivando l'orto, scambiando prodotti con gli altri della valle. Alcuni si sono comprati casa e terra, altri l'hanno occupata, in alcuni casi con il consenso dei vecchi proprietari che non ne usufruivano più. Daniela, universitaria convertita alla terra, e il suo bambino sono qui solo da pochi mesi. E' una persona consapevole e tranquilla. Per pranzare planano da "Casetta delle Aquile" anche Angelo e Cisca, elfi di lungo corso, artigiani di cuoio, legno e vimini. Bruno, ex-elfo che vive a Lecco, è tra gli ospiti della tavolata e ha nostalgia di queste parti: in poche parole rappresenta il suo desiderio: "La vita in una città, anche piccola, ha ritmi, rumori, odori insostenibili. Sento il bisogno di altri tempi e altra aria, di persone con cui condividere idee e valori". Per digerire erbe cotte e polenta, lenticchie e insalata niente di meglio di un po' di lavoro. Mi ero sempre chiesto come si innestassero le travi nel muro. Ecco. In sei solleviamo il tronco e lo infiliamo nel muro scavato, prima da una parte e poi dall'altra. Quando riparto scendo verso Treppio, e Diego, con un piccolo elfo sulla schiena, si scioglie un po' e mi racconta una minaccia incombente. "I cacciatori. Già adesso sparano vicino alle case. E verranno ad organizzare proprio qui partite di caccia al cervo. Per ogni capo abbattuto pagano milioni all'ente preposto. Un vero business".

Passaggio ad Avalon

Avalon si vede prima attraverso gli ulivi. Mario è nell'orto e mi accoglie con un grido da capo Sioux. Avalon è un casolare dove vivono in comune circa 25 persone, oltre ai frequenti visitatori. Oggi gli ospiti più numerosi sono quelli di "Makhnovicina", gruppo itinerante che passa di comunità in cascina occupata, dovunque ci sia bisogno di un lavoro, che sia potatura o ristrutturazione di un tetto. Uno scambio è tra spese di viaggio e ospitalità e il lavoro. Il denaro in questo caso come in altri circola il meno possibile. Giovanissimi si mescolano a persone di mezza età che magari in città erano fuori dal circuito produttivo e che hanno trovato qui una loro dimensione.

Avalon fornisce l'olio a tutte le comunità vicine a Pistoia e ne riceve a sua volta farine e altri prodotti. Qui come altrove l'ospitalità è del tutto gratuita o ripagata con il lavoro. E c'è parecchio da fare. Gli orti, gli animali e gli ulivi assicurano l'autosostentamento. Mario intinge con gioia le mani nella terra: è un vero elfo, d'aspetto e di fatto: non alza mai la voce, dice quello che pensa. E' lui che mi ha invitato a venirlo a trovare tanti anni fa, quando lui ha lasciato il suo orticello (e io la mia città) per chiedere insieme pace in Bosnia.

"E' importante che oggi tanta gente che fa agricoltura o artigianato lavori insieme -mi dice piantando una melanzana-. Solo così possiamo creare una nostra piccola economia, basata sulla gratuità e sullo scambio, lontana dalla logica di produrre e consumare. Il giornale "Corrispondenze e informazioni rurali" è il nostro modo di stare in rete, così come i "cerchi", le assemblee in cui chi ha il bastone parla e gli altri ascoltano. Un esempio di economia alternativa? Le ore in cui la nostra redazione ha usato computer e stampanti di Rel, rete di scambio di Mag6, sono state pagate on vino biologico dei ragazzi di Olevano Romano". Fa buio. Il desco a lume di candela è semplice e sentito. Poi, lavati i piatti con la cenere, saluto e riattraverso gli ulivi.

Il mercoledì del villaggio

Per arrivare a Villaggio Segutano devi avere un'incrollabile fiducia nella strada che ti porta da Sarsina (Forlì) a questo sperone d'argilla affacciato sulla valle. Qui vivono da circa tre anni Sandra e Matteo e altre due coppie oltre a Lupo, ospite e lavoratore. La visita dei luoghi è immediata. Case di pietra con stanze comuni al piano terra e letti sui soppalchi. "Dai -dice Sandra- qui si sta troppo bene". Abbiamo messo insieme i soldi e abbiamo comprato cinque case, di cui una già in buone condizioni e i terreni che vedete tutto intorno per 200 milioni- ci spiega- scendendo il ripido sentiero che porta nella piana e mollando i sandali. La terra della comunità di Segutano è a perdita d'occhio, prati, boschi e pianori dove coltivare, il silenzio totale. Incontriamo una sorgente con una vasca di pietra dove nuotano piccoli tritoni. "Vuole dire che l'acqua è pulita". Sandra ci mostra erbette, melanzane, pomodori, e patate: "Noi qui si mangia tanto, e poi, dai, c'è sempre un sacco di gente". La casa è calda, ristrutturata con cura essenziale. L'elettricità, prodigio della tecnica, illumina l'ambiente e la musica di Cheb Kaled lo fa vibrare. Sandra non è nata contadina: "Fino a un certo punto ho fatto l'università, pensavo di insegnare, poi, dai, non ce la facevo più e ho deciso di andare via". Come facciamo a tirare avanti? Semplice, oltre a lavorare la nostra terra, facciamo scambi con gli altri contadini della zona e se c'è bisogno di soldi facciamo lavori agricoli, puliamo un bosco, raccogliamo le fragole, cose che nessuno vuole più fare". Sono pochi quelli che hanno ancora voglia di lavorare a un palmo da terra. Le stagioni danno il ritmo. Adesso c'è tanto da fare nei campi, in inverno c'era da mettere a posto le case". L'informalità è un programma di vita. "Allora -si organizza Sandra- adesso vado a fare il bagno che lo scaldabagno a legna è carico, dai". E io? "Cucina, c'è la roba sul tavolo. Ah, raccogli un po' d'insalata nell serra". Come si raccoglie l'insalata? Con il coltello? A che altezza? Chi come me ha visto la scarola solo dentro il cellophan può capire il dramma ma alla fine mi cavo d'impaccio e cucino per tutti. E riparto lasciando il saluto di chi tornerà.

 

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