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Città nascoste

TDM#09-Ago 1995

 

I monti di pietà

 

di Umberto Di Maria

In ogni città una strada così

Sono 63 in tutta Italia e godono di ottima salutegli istituti di credito che hanno preso il posto dei Monti di Pietà. Per quest'anno l'Assopegno, associazione che rappresenta 60 istituti, prevede che il giro d'affari superi i 1800 miliardi. Duecento in più dell'anno scorso. Fino ad un decennio fa nessuno avrebbe scommesso sul settore, invece l'incremento delle attività dei banchi di pegno è inarrestabile. Un istituto dei pegni è una normale agenzia con sportelli e impiegati. Scordatevi luoghi cupi di cinematografica memoria. In passato i caveau traboccavano di mercanzie: gioielli, pietre preziose, tappeti, argenti. Oggi gli oggetti non ritirati alla fine del prestito non superano il 3-4 per cento e le aste si svolgono al massimo una volta al mese. Il tasso di interesse è quello fissato dalla Banca d'Italia (con qualche punto percentuale di differenza tra banca e banca). A condurre questo settore in ascesa c'è proprio la Banca di Roma che controlla il 54 per cento del mercato. Nel 1994 contava 24 sportelli, oggi ne ha32. Ha tagliato le gambe alla concorrenza: stime ai prezzi di mercato, efficienza, ampia tipologia di oggetti accettati in pegno, presenza sulle più importanti piazze nazionali. Persino il Banco dei Pegni di Napoli ha dovuto cedere il primo posto dopo l'apertura di uno sportello napoletano della Banca di Roma. Ogni grande città comunque ha il suo antico banco dei pegni. In genere tutti domiciliati da minimo trecento anni proprio in "Via Monte di Pietà". E' il caso di Milano con la Banca del Monte di Lombardia, di Torino con l'Istituto San Paolo e di Roma.

Chi frequenta il monte

Belle signore abbronzate e uomini in giacca e cravatta. "Buon giorno signora come sta? Non è ancora partita per Forte dei Marmi?". Scene da Monte di Pietà. Snob anche quando nel portafogli rimane poco. Le borse nere di plastica sono un classico. Dentro ci sono le pellicce che durante il periodo estivo, ma non solo quello, le signore depositano al Monte di Pietà. Così magari riescono a pagare la vacanza. Nessuno lo saprà mai. I Monti di Pietà sono lì da quattro secoli. Certo le cose sono cambiate: non si portano più le lenzuola in pegno. Oggi il settore ha i numeri dell'economia e non più quelli della solidarietà come quando San Bernardino da Feltre (il fondatore), nel 1462 aveva fondato il primo Monte. A guardarli da vicino, spente le luci dello sportello bancario, qualcosa tradisce il passato e un presente di vera povertà. Il Monte di Pietà è uno di quei luoghi che non fa piacere visitare. Un po' come l'ospedale: se proprio uno ha bisogno ci va. Le facce sono sempre le stesse. C'è ancora lo stimatore, che in alcuni banchi percepisce percentuali sulle stime (e l'imparzialità?), ci sono quelli che aspettano fuori dal banco per comprare l'oro o le polizze dei clienti. E infine ci sono quelli alla canna del gas, disperati alla ricerca dei soldi per pagare una cambiale o l'affitto. Sono i protagonisti di 500 anni di pegni. Per qualcuno, come Attilio, uno dei nostri venditori, i Monti di Pietà sono tra le ultime risorse. Occhio comunque alle condizioni; se avete un amico in difficoltà consigliategli comunque di confrontare gli interessi, la durata della polizza, i diritti fissi, la percentuale prevista per la mora. E di fronte all'offerta vantaggiosa di chi, fuori dal banco, si offre magari di comprare l'oro, preferite un banco: così c'è infatti una possibilità di tornare in possesso dell'oggetto. Che talvolta è un pezzo della propria storia

Il sax di Attilio

Adesso Attilio il sax non lo suonerà più. Eppure una nostra lettrice ci aveva spedito i soldi per riscattare lo strumento musicale impegnato al Monte di Pietà. Lo avevamo anche accompagnato con l'euforia delle storie che finiscono bene. "Non avrei immaginato di rivedere il mio sassofono" ci confessava Attilio mentre andavamo in Via Piranesi allo sportello pegni della Banca di Roma a Milano. Alla generosità lui aveva già smesso di credere da tempo. Attilio è uno di quelli che il destino sbatte al margine della società. Non possiamo neanche definirlo senza fissa dimora, perché grazie all'assistente sociale è riuscito ad avere una casa popolare. Al massimo "un senza luce": non ha mai avuto i soldi e la voglia di firmare un contratto con l'Enel e vive al buio. Eppure in quella mattina di febbraio la generosità gli aveva riacceso gli occhi. "E' bello il mio sassofono ... vedrai" e già lo sentiva tra le dita. Lo aveva comprato quando aveva un po' di soldi da sbatter via. Alla morte di suo padre ricevette una discreta eredità e lui che aveva il pallino della musica aprì una piccola sala d'incisione per gruppi emergenti. Non andò bene e chiuse. Nel frattempo aveva comprato il sax perchè gli piacevano il colore, la pesantezza del metallo, i meccanismi nobili dello strumento a fiato. Attilio è uno di poche parole. "Le scriverò una lettera"; intendeva alla lettrice generosa che gli aveva spedito le 400 mila lire per il sax impegnato. In Via Piranesi c'era arrivato su suggerimento di altri senza fissa dimora frequentati in giro tra un bicchiere di vino e l'altro. Nessun problema per la polizza: pochi minuti per la stima ed eccola pronta. Valore un milione e mezzo. Prende i soldi, un terzo della stima circa, e se ne va. "Terre di mezzo" lo incontra come altri come lui, per strada. Lui alla ricerca di un lavoro e noi alla ricerca di strilloni. Ma neanche con "Terre di mezzo" Attilio riprende quota. "E' difficile stare per strada". Ogni tanto viene in redazione, così ci confida del sax e della voglia di toccarlo di nuovo. Mettiamo l'annuncio sul giornale, la lettrice risponde ed eccoci qui al Monte di Pietà in Via Piranesi. Conduce lui, sa dove andare. Documenti e soldi alla mano davanti allo sportello 7. Prima di noi, gente con grandi borse di plastica scura con dentro pellicce da impegnare. L'impiegato controlla veloce le carte poi picchietta sulla tastiera del terminale ed emette il responso: "Fanno 520 mila lire; c'è anche la mora perché la polizza è scaduta da quasi un mese". Non bastano i soldi. Attilio ascolta. "E' meglio riscattarlo - consiglia l'impiegato - il sax è ben valutato sennò tra tre giorni va all'asta". Centoventimilalire non le abbiamo. Nei tre giorni successivi Attilio tenta di vendere il giornale per racimolare i soldi di differenza. Ma la strada e i suoi abitanti non sanno del sax, e non comprano il giornale. Il sax va all'asta. Ogni tanto Attilio ritorna a salutarci. Al bar una mattina confida: "sai ... io il sassofono non lo so suonare ... mi piaceva però".

Quelli che ti comprano l'oro

"L'oro lo pago più della banca e non sono un cravattaro, non presto soldi; non ne ho neanche per me figuriamoci per prestarli". Dice di chiamarsi Carlo ed è uno di quelli che fuori dal Monte di Pietà ti ferma per comprarti l'oro. In una giornata qualsiasi di luglio se ne contano una decina sparpagliati sui marciapiedi. Si riconoscono dalla faccia come di chi aspetta, di chi perde tempo. Ci siamo incontrati all'entrata del banco in via Monte di Pietà a Milano. Sussurra "Oro... compro oro". Basta fermarsi e ascoltare quello che ha da dire; ti studia un po' con gli occhi e poi offre sette o otto mila lire al grammo magari anche dieci, dipende dall'oggetto. La Banca del Monte di Lombardia (da quest'anno Banca Regionale Europea) dietro di noi, lo stima 5 mila lire al grammo. Mi segue stando al passo per non perdere la preda. "Guarda che ci vogliono 200 grammi d'oro al banco", anticipa "io prendo anche il braccialetto di poca cosa". Spiego che sono un giornalista e rimane seduto a parlarmi di sé. "Qui non si guadagna niente perché non viene più nessuno, non conviene più ai clienti, altro che cravattari e usurai ...". Fino all'inizio del 1994 in via Monte di Pietà accettavano di tutto e le opportunità per Carlo non mancavano; adesso accettano solo preziosi. Ma da quando a Milano ha aperto anche lo sportello pegni della Banca di Roma rimane poco da fare per quelli come Carlo. Le stime della Banca di Roma sono quelle di mercato (11 mila lire al grammo per l'oro) e non lasciano spazi per le speculazioni. "Sono rari i veri poveri come una volta, quando si veniva al banco per impegnarsi la dote". Carlo ha un accento siciliano "... di Catania precisamente" dice. La camicia slacciata incornicia una collana a maglia pesante e un ciondolo tondo zeppo di rubini e diamanti. "L'oro buono lo riconosco subito - spiega - per le pietre vado qui di fianco al bar che c'è un amico gioielliere, bisogna stare attenti". L'oro che acquista lo rivende: "C'è sempre qualche conoscente con una cresima o una comunione in famiglia". Vive di espedienti, due volte alla settimana viene al Monte di Pietà. "Qui ogni volta che vengo racimolo quelle 50-60 mila lire. Per fortuna i figli sono grandi e ognuno pensa a sé ... altrimenti non potrei campare con questi lavoretti". Veste di jeans e una camicia in cotone rosso, niente di costoso. I suoi colleghi: fresco lana e camicie in seta. Uno solo è attorno ai trent'anni. Gli altri sono più vicini ai cinquanta. In comune hanno tanto oro addosso. "La Polizia che deve sapere? - sbotta a una domanda sulla ricettazione -. Noi non è che facciamo male a nessuno. E poi, se devi far scomparire qualcosa che scotta lo fondi e non hai più problemi". Entra uno con gli occhiali: "C'è uno che cerca una machinicchia, sai niente tu?" rivolgendosi a Carlo. "Ora no. Posso chiedere ... ti faccio sapere oggi pomeriggio". Le parole suonano come contratti scritti sull'onore.

Una storia lunga

I Monti (di Pietà) nascono all'ombra di pestilenze e guerre. Per l'esattezza il primo a essere fondato fu in Italia, a Perugia nel 1462, ad opera di un frate francescano in seguito santificato, Bernardino da Feltre, noto per le sue prediche durissime contro gli usurai. La povertà di quei tempi era proprio nera risultato anche di prolungati periodi di carestie. Il ricorso all'usura era la normalità. A prestare denaro sulla piazza c'erano ebrei (che storicamente non possono fare molto altro: sempre cacciati da una terra all'altra avevano come unica proprietà il proprio denaro) e cristiani. Questi ultimi commettevano peccato grave. Per avere a che fare con i denari ds prestare bisognava essere signori, ebrei o peccatori. Ci voleva una svolta teologica. San Bernardino da Siena mise le basi spirituali affermando all'incirca che: "un capitale monetario può dare frutti legittimi se è fecondato dall'industria umana, cioé dal lavoro anche il più umile". In pratica autorizzava i cristiani ad occuparsene purchè a fin di bene. E così fu. Anzi donare al Monte di Pietà, che non riconosceva interesse ai benefattori, si pensava aprisse le porte del paradiso. Al Monte di Pietà si rivolgeva chiunque. All'inizio non era previsto alcun tasso di interesse per chi chiedeva prestiti su pegno, ma puntualmente i costi per la gestione del Monte arrivarono, e ricorrere al pegno iniziò a comportare il pagamento di interesse. In alcune situazioni i costi e la disonestà dei conduttori del Monte di Pietà portarono al fallimento. Ma in generale l'esperimento riuscì. Forse per capacità di adattamento, come nel caso del Monte di Pietà di Firenze nel 1494. Mancavano i seimila ducati necessari alla fondazione, allora tutti gli ordini religiosi della città toscana organizzarono una grande processione. Raccolsero 3 mila ducati, l'altra metà la aggiunse, dopo quattro anni, l'amministrazione della città confiscandola ai beni confiscati ai ribelli pisani. Monte di Pietà, Mon Christi, Mamma Pauperum Christi, Monte d'oro, Monte della Carità, Monte de' Pegni, Monte dei Poveri, Presto o Camera de' poveri: sono alcuni dei nomi dati ai banchi di pegno. Accanto a questi con lo scopo di elargire denaro senza, o con basso, interesse nacquero altre istituzioni benefiche di mutua assistenza. I Monti frumentari o granatici che prestavano grano e farina al posto del denaro; i Monti dotis invece alla nascita di un figlio raccoglievano un versamento dei familiari che con gli anni (e con gli interessi maturati) si trasformava in una dote. Esistevano anche i Monti mortuorum che dietro versamento di una somma pensavano alle esequie. Sembrano storie di oggi.

L'idea francescana del Monte di Pietà venne esportata all'estero e in Austria e in Spagna prese il sapore di un'arma della Controriforma contro l'avanzare protestante che non opponeva, al contrario dei cattolici, alcun veto all'attività di prestito dietro interesse.

 

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