TDM#46-Ago
1998
Piccolo
molo antico
di Massimo
Acanfora
Il mostro
era vinto ma ghignava ancora: Antonello ne scardina le fauci
acuminate con un coltello, lo scuoia e rivolta come un
guanto, scaraventa le sue spoglie a grossi uccelli urlanti.
Non è un romanzo di Stephen King ma una scena
consueta al porticciolo di La Maddalena, Sardegna al ritorno
delle barche da pesca. Ora la pregiata rana pescatrice
è pronta per il mercato. Antonello D'Agostino e suo
padre, Maddalenini dal secolo scorso ma d'origine puteolana
appartengono a una famiglia di pescatori da una decina di
generazioni. A Maddalena ci sono 25-30 barche alla fonda a
Cala Gavetta, stipate come un gregge marino: se il ponente o
il maestrale lo consentono salpano nel pomeriggio a posare
le reti o le lenze prima che il sole cali e riprendono il
mare al mattino verso le 4, per ritirare le reti piene ed
essere in porto per le 8. Antonello, "smagliato" il pesce
più prezioso, sprona l'Ape car verso il mercato, dove
su un piccolo rettangolo di marmo espone scorfani e triglie
come gioielli unici. Poi torna alla barca per il lavoro
sporco, la pulizia delle reti. "Qui solo pietre si prendono"
scherza, mentre ne sbriciola una porosa sotto lo stivale. La
premiata ditta individuale D'Agostino, di cui il babbo Luigi
è l'unico dipendente, porta a riva ogni giorno dai 20
ai 30 chilogrammi di pesce, a seconda della stagione, della
tecnica utilizzata e della fortuna. Un bottino che
può fruttare dalle 300 alle 700 mila lire, tante o
poche, se si vuole, tenuto conto delle spese per la barca e
le reti del numero di bocche da sfamare e soprattutto
dell'alea cui si naviga incontro. La domanda, d'estate,
quando la popolazione passa da 12 a 40 mila unità,
è pressoché infinita, ma d'inverno langue e i
prezzi si abbassano. I pescatori sono poi lavoratori
metereopatici: in media si resta con gli ormeggi a terra per
3-4 mesi all'anno. Alle burrasche si va ad aggiungere un
periodo di fermo obbligatorio imposto dalla Regione per
permettere la riproduzione delle specie ittiche. Con il
tempo avverso Antonello si dedica ai polpi. La gelosia per i
segreti di famiglia è totale: "Qui il giornale non
arriva? Allora t'insegno il modo di prendere 30-40
chilogrammi al giorno di polpi: lenza, un pezzo di legno con
piombo, due ami innescati di pesce e due sacchetti di
plastica legati sopra per attirare. Irresistibile". In
questa stagione Antonello usa il tremaglio, una rete alta
circa un metro, composta da maglie più larghe
all'esterno e una trama più fitta al centro,
così che il pesce "s'insacca". In basso i piombi
poggiano al fondale e i galleggianti la tengono sollevata
per la sua altezza. "Ho 43 reti, unite fra loro a gruppi,
per una lunghezza complessiva di 2 chilometri e mezzo".
Parole come pesci volanti. "Nel tremaglio finiscono dentici,
pagelli, ricciole, scorfani, se si è fortunati astici
e aragoste, e poi razze e se sono 'mbriaghete pure le orate.
Quelle al mercato sono tutte di allevamento". "Insieme ai
pesci poi c'è la monnezza...". Quella che Antonello
sta districando con abissale pazienza dal tremaglio:
conchiglie, oloturie (stronzi di mare, per riferirvi la
forma) e grosse torpedini che bisogna stivalare a morte per
evitare la scossa. E dagli stivali Antonello si toglie
qualche sassolino: "Hanno creato il parco marino
dell'arcipelago e l'hanno diviso in zone vietate e permesse
ma non a misura di pescatore. Si son fatti belli con
l'ecologia, ma al lavoro chi ci pensa?". Non a caso
Antonello parla da avvocato della categoria: infatti si sta
laureando in giurisprudenza a Sassari. "A suo tempo mi sono
dato da fare per organizzare i pescatori di qui; ma non
è stato possibile, come non è possibile creare
una cooperativa. Ognuno tende a fare per sé, come i
pesci "scacciati" dai delfini: così si finisce nelle
reti". Il cartello "Vendesi" sulla barca è più
l'augurio di tempi migliori che una scelta definitiva. "Mi
stanno per arrivare i permessi per fare pesca-turismo e
portarmi un po' di milanesi in barca...". Sempre Ponente
permettendo.
Una barca
di problemi
I dati di
Federcopesca Quasi 80 mila addetti, una produzione di 610
mila tonnellate annue, per un fatturato di 3400 miliardi (e
700 miliardi quello dell'acquacoltura); un consumo
pro-capite di 23 chilogrammi di pesce all'anno per il 62 per
cento di nostra produzione e per il 38 importato. Sono i
dati nazionali di Federcopesca -Federazione coooperative di
pesca- contestati da Greenpeace. "Non ci sono statistiche
attendibili -sostiene Alessandro Giannì
dell'associazione ambientalista- perché l'ufficio
deputato non ha mai funzionato". E quanto all'ambiente il
Mare Nostrum ha i suoi problemi. "Le norme le pone l'Unione
Europea e dovrebbero essere recepite dagli Stati membri, ma
i pescatori italiani mettono la testa sott'acqua". E' il
caso delle norme sulla pesca a strascico e soprattutto delle
spadare, le reti "derivanti" che ammagliano specie protette,
contro cui si batte Greenpeace. "L'Ue le metterà al
bando nel 2002 e ha offerto incentivi per dismetterle: 500
milioni a barca: hanno rifiutato pescatori che dichiarano un
fatturato di 120 milioni l'anno! E allo stesso modo hanno
contestato le 'quote-tonno' assegnate all'Italia dall'Ue
sulla base del pescato dichiarato, sostenendo che se ne
prendono molti di più". I pescatori lamentano che le
norme restrittive si applichino ai Paesi dell'Ue ma non ai
Paesi terzi che affacciano sul Mediterraneo; capita pure che
grossisti con pochi scrupoli mettano sul mercato pesce
congelato che arriva da Argentina, Uruguay, Ghana, a prezzi
ovviamente assai inferiori. E che il compratore ignaro
spesso prende per fresco.
Pescare
duro: una giornata di pesca 1
La "S.
Luigi" si avvia brontolando come malrisvegliata. Il lenzuolo
della notte si solleva su La Maddalena, le tazzine
tintinnano nel bar Sport, Antonello scioglie le cime e punta
al largo. La barca sembra una chicchera azzurra. A prua il
casottino di pilotaggio, sulla tolda le reti rosse
ammucchiate. A poppa il padre di Antonello è in
piedi, fiero come la statua di un insorto. Oggi è il
suo onomastico (e quello del peschereccio), giorno speciale
e orario altrettale. Antonello timona e quando l'arcipelago
ci si spalanca e il sole emerge dietro Caprera, si rivolge
al babbo: "Dove andiamo?". L'augusto genitore scruta, tace e
infine indica un punto all'orizzonte con un cenno del mento.
Prua a Nord, un occhio al timone e uno allo scandaglio. "Se
butti qui -(40 metri)- non prendi nulla". Lo scandaglio non
è la corda con il peso coperto di grasso dei tempi
andati, ma una sorta di videogame appeso in cabina.
Antonello vuole stupire: guarda la costa e dice "Qui il
fondo dovrebbe alzarsi". Istantaneamente il profilo sullo
scandaglio si inerpica; siamo alla profondità giusta,
dai 20 ai 30 metri. Ma non basta: sul monitor, come in un
vecchio "fish invaders" compaiono dei pesci stilizzati.
"Questi sono pesci grossi, forse dentici, e quello -indica
una macchia scura- è un branco di triglie". Luigi
afferra un galleggiante collegato alle reti, lo getta in
mare: comincia il ballo. Antonello inizia a descrivere
curve, prima più larghe poi a raggio minore. Suo
padre svolge in mare le reti con gesti tra il giocoliere e
il torero; sbroglia matasse gordiane, smoccola, insulta
professionalmente il figlio, e getta, getta, getta.
Antonello mi dice sotto voce "Sta facendo il lavoro di due
persone!". Fine del primo tremaglio, il secondo galleggiante
è a mare. Il gioco si ripete altre tre volte, poi si
cambia "posta", con la mano al binocolo per vedere se
qualcuno ci ha preceduti ("Chi primo arriva meglio
alloggia"). Il sole si fa cocente, Luigi districa l'ultimo
tremaglio e poi rileva Antonello al timone. Sulla via del
ritorno incontriamo il "malu pesciu", l'innominabile, il
delfino. Sono in quattro e giocano, mentre le reti si stanno
riempendo di "fish invaders"; o almeno si spera.
Pescare
duro: una giornata di pesca 2
Il
verricello è una frusta di metallo, due imbuti
rovesciati che si incontrano. "E' la ruota della fortuna"
-dice Antonello. "Noi guardiamo che cosa esce da lì".
La "S. Luigi" beccheggia -direbbe Salgari- paurosamente.
Mare carogna oggi. Il ponente lo solleva come un fantasma
d'ombra e poi soffia via la cresta dell'onda. Il primo sole
coglie Antonello con la cerata gialla. "Oggi bisogna salpare
le reti col vento in poppa, con il tempo bello è
meglio di prua". Compaiono i galleggianti. Antonello e suo
padre gridano per sentirsi da un capo all'altro della barca.
Antonello monta il timone di emergenza a poppa, munito di
una lunga barra. A centro barca dovrà
contemporaneamente tenere la giusta direzione e separare le
reti che suo padre gli passa, le vuote, le piene, quelle con
la "monnezza". 30 metri, spunta il rosso della rete, si
strappa al mare la sua preda. Luigi recupera, Antonello
spartisce, facendo appello al suo "piede marino". Io mi
aggrappo al bordo. "Mì, la cernia". Il pesce compare
sopra il verricello, Luigi tira insieme il filo dei piombi e
quello dei galleggianti. La cernia, con gli occhi fuori per
l'embolia, inaugura il mucchio del mercato. Seguono metri di
pietre e alghe, poi dei grossi caponi, scorfani stupiti, una
rabbiosa murena. "Ferma, ferma", una grancèola
(grosso granchio) si è ammagliata solo per le zampe e
rischia di staccarsi. Antonello zompa a prua, la smaglia con
cura e delicatezza "a questa e agli astici bisogna stare
attenti. Se ti prendono un dito te lo troncano". Il sole
sopra la bruma. Scorrono dentici rassegnati, un'aragosta
arresa a zampe larghe. "Attento alla razza babbo". Un disco
di oltre un metro di diametro, lunga spina sulla coda e
bocca squaliforme. Finisce nella monnezza. Si salpa ancora,
poi poppa al vento facendo a gara con le onde e con gli
orari del mercato comunale. Antonello ammucchia il pesce
buono, bastona sulla schiena la murena, "sennò ti
striscia per tutta la barca". Guardo la razza che respira e
muore e ha partorito, per salvali, 7-8 piccole creature. Da
questa razza c'è da imparare.
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