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Falsa solidarietà

TDM#43-Mag 1998

 

Le copertine di giornali "solidali" occultano attività lucrative? "Gatto e volpe" editori

 

servizio di Carlo Giorgi

L'abito non fa il monaco, predica la saggezza popolare. Ma tace sul fatto che il finto saio a volte è tessuto in iuta, altre invece è stampato su carta patinata. I due giornali di cui parliamo in queste pagine, "Vivi, vocazioni e volontariato" e l'"Annuario dei diritti dell'infanzia nel mondo", sono tra loro molto diversi: uno graficamente curato, l'altro meno; uno un mensile, l'altro un annuario. Uno prodotto da uno staff di giornalisti, l'altro copiato da cima a fondo. Li accomuna però il fatto che ci sono arrivati sulla scrivania allo stesso modo. Due lettori che ci chiamano per raccontare la loro delusione: pensavano di avere a che fare con riviste benefiche e invece adesso hanno il dubbio, fastidioso, di essere stati fregati. Così "Terre di mezzo" ha condotto una piccola indagine. E ha scoperto i meccanismi di vendita non proprio "ineccepibili" su cui si reggono i due fogli. I responsabili delle riviste spiegano che gli episodi venuti a galla sono solo delle eccezioni, che in realtà è tutto chiaro e legale. Ma sono eccezioni da raccontare, magari anche solo perché non accadano più.

L'"Annuario dei diritti dell'infanzia" diffidato dall'Unicef

Prendono piede i pezzi di seconda mano

Il segreto della seduzione sta negli occhi. L'"Annuario per i diritti dell'infanzia nel mondo" porta in copertina due bambini di colore, teneri e sofferenti. Abbracciati tra loro nella disperata ricerca di protezione. Due piccini sporchi e impauriti. Il più piccolo ha lo sguardo perso nel vuoto. L'altro ti fissa serio. Occhi che fanno compassione e non lasciano scampo. E tu cosa fai? Non dai 50 mila lire alla signorina che cerca di rifilartelo? Ovviamente apri il portafoglio. Quindi, ma solo dopo, apri anche l'annuario. Lo sfogli, lo leggi e incomincia a tormentarti l'antipatico sospetto di essere stato fregato. L'"Annuario dei diritti dell'infanzia nel mondo" è una rivista di 58 pagine, supplemento del "Notiziario della salute oggi", editrice "Diffusione Nazionale." La grafica è spartana: copertina a colori, interno in bianco e nero; poche foto e di bassa qualità. Viene venduto di porta in porta in molte città italiane da incaricati che propongono libere sottoscrizioni, con tanto di ricevuta. I soldi, si spiega sulla rivista, rimangono all'Annuario stesso. Fin qui niente di male. Il fatto è però che tutti, ma proprio tutti i testi riportati, sono di "seconda mano": a pagina 32 una nota microscopica, modello "coda di paglia", confessa che i redattori hanno colto a man bassa (e in modo arbitrario) dalle pubblicazioni dell'Unicef. Gli unici 3 articoli firmati, che avrebbero potuto far pensare a un qualche lavoro redazionale, sono invece copiati dal quotidiano "Il Giorno" (maggio '95 e febbraio '96, ndr). La parola Unicef, tranquillizzante come la camomilla per chi deve decidere se comprare l'Annuario, ricorre a caratteri cubitali nei titoli per 5 volte; e compare negli articoli decine di volte, riportata sempre in maiuscolo. Insomma, un sandwich "bambini fuori-Unicef dentro" capace di tentare chiunque a versare un'offerta. Una ricetta mai autorizzata dall'Unicef. "E' un'operazione assolutamente falsa -spiega Roberto Salvan, dell'Unicef Italia. Non li abbiamo mai autorizzati e a noi, dei soldi che raccolgono, non va nemmeno una lira. Abbiamo fatto una denuncia a livello nazionale ormai alcuni anni fa. Abbiamo diffidato il responsabile ma questo risponde addirittura che sbagliamo, che la pubblicazione fa del bene all'Unicef perché diffonde le nostre idee! Ogni tanto li becchiamo a vendere in una città diversa: in Umbria, Campania, Roma, Milano. Ma appena i venditori sentono puzza di bruciato si spostano. Di solito viene fatto pagare 50 mila lire e viene consegnata una ricevuta in cui c'è scritto in piccolo che i soldi rimangono all'editore". La cosa curiosa dell'Annuario? Ben 7 pagine pubblicitarie che rendono la rivista in qualche modo "normale". Tra gli inserzionisti coop, Anlaids, associazione nazionale lotta all'aids, e Lega nazionale della difesa del cane. Interrogati sulla vicenda hanno detto di non sapere come la loro pubblicità sia finita lì dentro.

La direttrice: "50 mila lire per articoli copiati? Che c'è di strano?"

Lunedì 27 aprile abbiamo raggiunto telefonicamente Maria Sonia Fumagalli, direttrice responsabile dell'"Annuario dei diritti dell'infanzia nel mondo".

Un nostro lettore ha comprato il suo Annuario per 50 mila lire. Prezzo che gli sembrava eccessivo.

Non è una vendita ma una proposta di sottoscrizione, concordata tra incaricato e signora. Si concorda la cifra per telefono e passa l'incaricato a ritirare. Nessuno ha obbligato la signora.

Si, ma il valore della sottoscrizione sembrava esagerato.

Non capisco; se la signora era rimasta scontenta, poteva telefonarci in redazione; l'avremmo rimborsata. Che bisogno c'era di montare questa storia. Se le ha telefonato significa che è una persona che non vale niente.

Che rapporti avete con l'Unicef?

Rapporti normali.

L'Unicef però vi ha diffidati dal vendere la rivista, fatta in gran parte di brani tratti da rapporti Unicef.

Quando riporto dei brani, cito le fonti e le prendo sempre da riviste in cui c'è scritto che si può citare. Altrimenti non lo farei. Non sono così stupida.

All'Unicef sembrava scorretto.

A me non sembra; se non vogliono che succeda allora smettano di pubblicare le riviste.

Gli incaricati che diffondono l'annuario quanto sono pagati?

Nessuno lavora gratis. Vengono pagati un tot, fatturano con partita Iva.

Una sola"vocazione": chiedere soldi

Vivi e lascia vivere

"Ci aspettiamo la collaborazione di tutti e attendiamo proposte, storie vere da pubblicare e... tante critiche! Buon lavoro e buon anno." Termina così l'editoriale del numero zero di "Vivi, vocazioni e volontariato", rivista della società "Il Seminatore" di Remo Pizzardi. Noi di "Terre di mezzo" abbiamo cercato di non deludere le aspettative. Il primo e unico numero di "Vivi" è uscito lo scorso gennaio: 64 pagine a colori, ricche di fotografie e graficamente molto curate. Prezzo di copertina, 5 mila lire. La rivista racconta "vocazioni religiose e sociali ... che diano un senso alla vita", spiega l'editoriale. Sulla rivista si indica come "consulente" un sacerdote, don Paolino Campus; e il primo servizio, ben 8 pagine, è dedicato al seminario della diocesi di Milano. All'apparenza una rivista di Chiesa. E poi articoli su associazioni di volontariato, organizzazioni non governative, esperienze di vita. "Vivi" ci è capitato in mano su segnalazione di un lettore deluso. Aveva concesso a "Vivi" un'intervista sul Celim, organizzazione non governativa per cui lavora. Dopo alcuni mesi gli arriva per posta un pacco anonimo da ritirare; paga, apre la confezione e trova 10 copie di "Vivi" che non aveva richiesto. Ovviamente protesta. Ma dopo alcune settimane gli arriva un altro pacco con 35 copie; stesso metodo, pagamento in contrassegno. L'amico è indignato. Noi decidiamo di vedere se si tratta di una mosca bianca e telefoniamo a tutte le associazioni che compaiono su "Vivi". Sorpresa: mosche bianche come cavallette. L'Abio, associazione per il bambino in ospedale, ha ricevuto (e pagato) senza averle richieste, 50 copie; il Ceas, Centro ambrosiano di solidarietà, 25 copie; la Casa Gerico, 10 copie; una Ong che preferisce l'anonimato, almeno 100 copie. Molti si sono "salvati" in extremis: il Cav, centro di aiuto alla vita della Mangiagalli, ha rispedito il pacco al mittente; Solidea, come il Celim di Bergamo e il Cisv di Torino, ha rifiutato pacchi da 200 mila lire; l'Aga, associazione genitori antidroga, un pacco da 250 mila lire. Le Missioni don Bosco hanno rifiutato l'invio di 60 copie. Chi ha protestato è stato risarcito. Alle proteste dei volontari, "Vivi" risponde con un piccolo ricatto: "Ma come? Siete usciti sulla rivista e adesso non la volete?"; o assicurando che chi aveva inviato le copie era già stata licenziato. Interessante il caso dell'Osf, Opera san Francesco per i poveri, mensa milanese."Vivi" si presenta a Gianni Gelmuzzi, uno dei responsabili, come "la rivista diocesana per le vocazioni", chiedendo di poter fare un articolo sulla mensa. Detto, fatto. La sorpresa per Gianni arriva qualche mese dopo, leggendo la buona intenzione stampata a lettere cubitali sulla copertina di "Vivi": il 10 per cento all'Opera San Francesco. E chi lo sapeva? "L'hanno scritto senza avvertirmi -trasecola- e per ora non abbiamo visto un soldo". Nel frattempo, con il solito sistema, è arrivato un pacco di 50 riviste ad un convento francescano di Milano. Mai richieste ma pagate e ritirate. Intanto i responsabili della Curia smentiscono che "Vivi" sia la rivista diocesana per le vocazioni.

Il direttore di "Vivi": "Tutta colpa di Michela"

Tirare pacchi in contrassegno

Remo Pizzardi, direttore responsabile di "Vivi", si è prestato a rispondere ad alcune nostre domande. Su segnalazione di un amico abbiamo conosciuto "Vivi".

L'amico era seccato perché, senza richiederli, aveva ricevuto due pacchi del giornale in contrassegno.

Può essere. E' successo qualche problema con una ragazza dell'ufficio vendite, per il settore 'volontariato'. La ragazza si chiama Nicoletta B. ma al telefono si faceva chiamare Michela. Chiamava gli enti, invitando a diffondere il giornale; ma poi inviava copie da pagare. Un equivoco che ha riguardato solo 20/30 enti sulle migliaia che abbiamo contattate; siamo diffusi in quasi tutte le parrocchie d'Italia e abbiamo ricevuto molti consensi sulla rivista. Comunque la ragazza l'abbiamo licenziata.

Come nasce "Vivi"?

La nostra è un'azienda che ha sempre lavorato in campo religioso. Facciamo l'"Agenda cattolica", videocassette di argomento religioso; io ho fatto la Bibbia a fumetti, cose egregie ricevute da tutti, anche dal Papa. "Vivi" nasce con il compito di sensibilizzare sulle vocazioni, così scarse in questo periodo. La rivista è fatta in collaborazione con il seminario di Venegono.

Che rapporti avete con gli uffici diocesani delle vocazioni?

Buoni, abbiamo ricevuto i complimenti del segretario del seminario.

Sa che in qualche caso gli incaricati di "Vivi" si sono presentati come il giornale dell'ufficio diocesano vocazioni?

Queste sono invenzioni, le smentisco categoricamente. Mi dica chi l'ha detto che lo querelo. Lei va a pescare nel torbido, caro signore.

 

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