OssigenOnLine: Viaggio nell'umanesimo

L'Umanesimo europeo: Tommaso Moro

Per cominciare, è necessario fare una distinzione tra Umanesimo italiano e quello europeo di Erasmo da Rotterdam e Tommaso Moro.

Mentre gli italiani si occuparono prevalentemente della riscoperta dei valori laici della vita, i due grandi umanisti europei si interessarono soprattutto di problematiche religiose, in un epoca travagliata per la Chiesa ufficiale, durante la quale si vide la nascita dei grandi movimenti scismatici protestanti.

Se a noi possono interessare relativamente poco le diatribe che riguardarono i dogmi religiosi (alcuni temi, però, furono di grande interesse, basti pensare alla polemica tra Erasmo e Lutero sul problema del libero arbitrio), troveremo comunque encomiabile, da parte dei due grandi umanisti, la loro sincera e profonda religiosità e indipendenza di pensiero.

Tommaso Moro (1478-1535) era inglese e operò nella corte di Enrico VIII Tudor, un re che amava circondarsi di intellettuali e artisti. Sebbene Tommaso criticasse aspramente la caduta di religiosità della Chiesa cattolica, tuttavia non approvò l’azione del re, volta a creare una chiesa indipendente da Roma giustificata però più da ragioni politiche che religiose. Rimasto fedele all’ortodossia religiosa, fu condannato e decapitato da Enrico.

Ciò che può interessarci di più del suo capolavoro letterario, cioè Utopia (dal greco ou topos, luogo che non esiste), è la sensibilità sociale dimostrata dall’autore, addirittura rivoluzionaria per l’epoca. A quel tempo l’Inghilterra stava attraversando la prima fase di privatizzazione e sfruttamento capitalistico della terra. I grandi proprietari si dedicarono all’allevamento di pecore per la produzione laniera e cominciarono a recintare i pascoli impedendone l’uso comunitario permesso dalle regole del feudalesimo. Fu un colpo mortale alla povera economia dei contadini, che furono costretti ad abbandonare le campagne per mendicare nelle città. E’ il tema della prima parte dell’opera di Tommaso Moro, scritta con la vivacità della forma dialogica. L’autore denuncia le conseguenze del fenomeno e i metodi polizieschi con cui furono affrontate dal potere politico, poiché era consuetudine considerare i vagabondi come fossero dei delinquenti. L’attualità di queste pagine appare in maniera evidente: anche ora si tende a trasformare ogni problema sociale in una questione di ordine pubblico, come, per esempio, nella gestione dell’immigrazione extracomunitaria, dove spesso vengono calpestati  i più elementari diritti umani.
 

Nella seconda parte dell’opera il narratore passa alla descrizione (ovviamente immaginaria) dell’isola di Utopia, dei suoi abitanti con le loro leggi e costumi. Oltre che per l’anticipazione di alcune tematiche che saranno tanto care ai pensatori socialisti, questa parte della trattazione è degna di attenzione soprattutto per la sua finalità polemica.

L’autore, descrivendo quella che, secondo lui, dovrebbe essere una società perfetta, aveva l’intenzione di mettere in evidenza la disumanità della società a lui contemporanea. Quest’aspetto rende molto vicino Tommaso Moro al nostro punto di vista, perché anche nelle nostre proposte è presente un intento fortemente polemico e provocatorio nei confronti di questo sistema, tanto lontano dagli ideali del Nuovo Umanesimo. La grossa differenza sta nel fatto che Tommaso Moro visse e morì solo con le sue convinzioni e la sua coerenza, mentre noi puntiamo a realizzare un progetto che necessita di un’influenza sociale sempre crescente.

Bibliografia consigliata

Tommaso Moro: Utopia, trad. di Tommaso Fiore, ed. Universale Laterza.

Tommaso Fiore: Saggio su Tommaso Moro, ed. Universale Laterza.

Karl Mannheim: Ideologia e utopia, trad. di A. Santucci, Bologna 1957.