Riferimenti astronomici


LE COSTELLAZIONI

Il cielo è suddiviso in 88 settori, detti costellazioni, che gli astronomi utilizzano come modo facile e conveniente per ubicare e denominare gli oggetti celesti. Le principali costellazioni furono ideate agli albori della storia dai popoli mediorientali, che immaginarono di poter vedere, nel modo in cui erano disposte le stelle in cielo, certe creature favolose e certi eroi della mitologia. Nei tempi più antichi erano particolarmente importanti le dodici costellazioni dello zodiaco, che sono quelle costellazioni che vengono attraversate dal Sole nel corso dell'anno. Nella maggioranza dei casi, le stelle di una costellazione non hanno tra di loro nessuna connessione reale; la loro distanza dalla Terra può essere anche molto diversa ed è per pura coincidenza che formano una specie di disegno più o meno riconoscibile. Alcune costellazioni, infatti, risultano essere particolarmente facili da individuare ( si pensi ad Orione, a Cassiopea, all'Orsa Maggiore, ecc ) mentre altre, come la Lince ed il Telescopio sono deboli ed oscure.
Le costellazioni moderne derivano da un elenco di 48 costellazioni riconosciute dall'astronomo greco Tolomeo, nel 150 a.C. Tale elenco venne di seguito ampliato da navigatori e disegnatori di carte celesti, come il tedesco Johann Bayer, il polacco Johannes Hevelius ed il francese Nicolas Luis de Lacaille. Quest'ultimo introdusse 14 nuove costellazioni in zone dell'emisfero australe non visibili dalle latitudini mediterranee. Altri astronomi inventarono poi nuove costellazioni per riempire i vuoti esistenti tra le figure riconosciute dai greci.


I NOMI DELLE STELLE

Le stelle più importanti di ogni costellazione vengono identificate con una lettera dell'alfabeto greco. In genere, ma non sempre, la stella più brillante è individuata con la lettera alfa. Esistono notevoli eccezioni a questa regola, come le costellazioni di Orione e dei Gemelli, nelle quali sono le stelle beta ad essere le più luminose. Decisamente confusa è la situazione delle costellazioni Vela e Puppis che una volta formavano, assieme a Carina, la costellazione dell'Argo Navis. Questa trisezione ha fatto sì che né Vela, né Puppis hanno stelle contrassegnate dalle lettere alfa e beta ed esistono delle lacune nella sequenza delle lettere greche in Carina.
Questo sistema di denominazione delle stelle fu introdotto da J.Bayer e, per indicare una stella all'interno di una certa costellazione, viene usato il caso genitivo del nome di tale costellazione. Ad esempio, individuare la stella alfa della costellazione del Cane Maggiore ( Canis Major ) si utilizza la dicitura " a (alfa ) Canis Majoris ". Inoltre, tutte le costellazioni hanno delle abbreviazioni standard: nel caso appena visto, Canis Majoris è abbreviato in CMa.
In certe costellazioni, alle stelle più deboli sono state assegnate delle lettere dell'alfabeto latino, come L Puppis e P Cygni. Un altro sistema di identificazione delle stelle è quello dei numeri di Flamsteed, basato sul numero d'ordine in un catalogo compilato dall'astronomo inglese John Flamsteed.
Prima della decisione dell'Unione Astronomica Internazionale del 1930, le costellazioni non avevano confini definiti in modo ufficiale; le stelle di una costellazione potevano quindi sovrapporsi a parti di un'altra costellazione. Dopo il 1930, alcune stelle assegnate dal sistema di Flamsteed ad una certa costellazione si sono venute a trovare in una costellazione confinante. Tuttavia esse hanno mantenuto il loro numero originale.
Le stelle più importanti e famose hanno anche dei nomi propri: ad esempio, la stella alfa del Cane Maggiore è meglio nota col nome di Sirio. I nomi propri delle stelle derivano da molteplici fonti. Infatti, nomi come Sirio, Castore e Polluce risalgono ai tempi dell'antica Grecia. Altri nomi invece, come ad esempio Aldebaran, sono di origine araba. Altri ancora vennero aggiunti da astronomi di origine europea, che presero in prestito parole arabe in una forma corrotta: l'esempio più noto è quello di Betelgeuse che, così scritta, non ha alcun significato in arabo.
Altri oggetti del cielo, come ammassi stellari, nebulose e galassie, hanno un sistema di identificazione completamente diverso. Alle più importanti vengono assegnati dei numeri preceduti dalla lettera M, da un catalogo compilato dal francese Charles Messier. M1 è la Nebulosa del Granchio, posta nella costellazione del Toro, M31 è la galassia in Andromeda e così via. Il catalogo di Messier conteneva originariamente 103 oggetti, alcuni altri vennero di seguito aggiunti da altri astronomi. Un elenco decisamente più esteso, che comprende parecchie migliaia di oggetti, è il New General Cathalogue
( NGC ) che fu compilato da J. L. E. Dreyer. Questo catalogo possiede due supplementi, detti Index Cathalogues ( IC ).


LA LUMIOSITA' DELLE STELLE

Le stelle appaiono nel cielo con diversa luminosità per due fondamentali motivi. In primo luogo, non tutte emettono la stessa quantità di luce; in secondo luogo, esse si trovano a distanze diverse dalla Terra. Gli astronomi chiamano magnitudine ( o grandezza ) la luminosità di una stella. Stelle molto brillanti hanno magnitudini basse ( prossime allo zero oppure, addirittura, negative come ad esempio Sirio, che ha una magnitudine di -1.46 ). Le stelle deboli hanno invece valori di magnitudine via via crescenti. Il nostro occhio riesce a scorgere senza strumenti, in condizioni ideali di vista del soggetto e di limpidezza del cielo da osservare, stelle fino alla sesta magnitudine. Quando questo termine è usato senza altre specificazioni, esso si riferisce alla magnitudine apparente ed è perciò riferito alla luminosità con cui una stella appare nel cielo. Siccome la distanza gioca un ruolo fondamentale nella brillantezza delle stelle, la magnitudine apparente ha ben poca relazione con la quantità di luce effettivamente emessa da una stella, cioè con la sua magnitudine assoluta. Questa grandezza è definita come la luminosità con cui essa apparrebbe se si trovasse alla distanza standard di 10 parsec ( 32.6 anni-luce ) da noi. La magnitudine assoluta è utile quando si necessita di voler calcolare la luminosità intrinseca delle stelle. Ad esempio, il Sole ha una magnitudine apparente di -26.8 ed una assoluta di 4.8. Al contrario, Deneb ( la stella alfa della costellazione del Cigno ) ha una magnitudine apparente di 1.3, ma un valore di magnitudine assoluta di -7.5. Ciò significa che Deneb emette una quantità di luce 80000 volte maggiore di quella del Sole. Quindi, se Deneb si trovasse ad una distanza inferiore rispetto a quella che effettivamente possiede, questo astro sarebbe decisamente molto più luminoso.


LA DISTANZA DELLE STELLE

Nell'Universo, le distanze sono così enormi che le unità di misura comunemente adottate sulla Terra risultano essere inadeguate e di conseguenza se ne utilizzano altre. La più nota è l'anno-luce, che rappresenta la distanza percorsa dalla luce in un anno ( equivale a 9.46 miliardi di Km ). La distanza delle stelle può essere misurata in diversi modi. Ad esempio si può determinare accuratamente la posizione in cielo di una stella quando la Terra si trova da un lato del Sole e poi, a distanza di 6 mesi, si ripete tale misurazione. Quando una stella vicina viene osservata in questo modo da due punti molto diversi dello spazio, la sua posizione sembra essere leggermente cambiata rispetto a quella degli astri più lontani. Un simile effetto è detto parallasse. Lo spostamento parallattico di una stella è così piccolo da essere trascurabile per i fini più generali. La stella che risulta essere più vicina alla Terra ha uno spostamento parallattico pari al diametro di una monetina vista a 2 Km di distanza.


Schema parallasse


Convenzionalmente, si dice che un oggetto sufficientemente vicino da mostrare uno spostamento parallattico di un secondo d'arco si trova ad una distanza di un parsec. In pratica, non esistono stelle così vicine: la parallasse di quella più vicina alla Terra è di 0.75 secondi d'arco. Un parsec equivale a 3.26 anni-luce e spesso gli astronomi lo utilizzano più spesso di qualsiasi altra unità di misura per la facilità con cui si può convertire la parallasse in una distanza. Infatti, la distanza in parsec di una stella è semplicemente l'inverso della sua parallasse in secondi: una stella distante 2 parsec ha una parallasse di 0.5, mentre se dista 4 parsec ha una parallasse di 0.25, ecc.
Stelle lontane hanno parallassi troppo piccole per essere misurate ed oltre i 50 anni-luce occorre adottare differenti metodi di misurazione delle distanze. Per queste stelle si stima la loro magnitudine assoluta con l'analisi dello spettro della luce emessa ed in seguito, confrontando la magnitudine assoluta con quella apparente è possibile determinare la distanza della stella dalla Terra.


LA POSIZIONE DELLE STELLE

Per determinare la posizione degli oggetti celesti, gli astronomi utilizzano un sistema di coordinate che è simile alla latitudine ed alla longitudine terrestri. L'equivalente celeste della latitudine è chiamato declinazione, mentre col termine ascensione retta si individua l'equivalente della longitudine. La declinazione viene misurata in gradi, minuti e secondi, partendo da zero sull'equatore celeste, sino a 90° ai poli celesti. L'equatore celeste è nient'altro che la proiezione dell'equatore terrestre nel cielo ed i poli celesti si trovano esattamente sopra a quelli terrestri. L'ascensione retta si misura invece in ore, minuti e secondi, da 0 a 24h. La linea di 0h di ascensione retta, che è l'equivalente celeste del meridiano di Greenwich, è definita come il punto in cui il Sole attraversa ogni anno l'equatore celeste dirigendosi verso nord. Tecnicamente, questo punto è detto equinozio di primavera.
Il percorso annuale del Sole intorno al cielo è chiamato eclittica. Questo percorso risulta essere inclinato di 23.5° rispetto all'equatore celeste, dato che l'asse di rotazione della Terra è inclinato della stessa quantità rispetto alla verticale. Il punto più settentrionale raggiunto ogni anno dal Sole è detto solstizio d'estate ( a 23.5° nord dell'equatore ), mentre quello più meridionale ( situato 23.5° a sud dell'equatore ) è detto solstizio d'inverno. Se l'asse di rotazione della Terra fosse perfettamente verticale rispetto all'orbita del nostro pianeta, l'equatore e l'eclittica coinciderebbero: sulla Terra non avremmo le stagioni, perchè il Sole resterebbe sempre esattamente sopra l'equatore. L'eclittica è in realtà il risultato del moto di rivoluzione della Terra. Man mano che il nostro pianeta si sposta lungo la sua orbita, il Sole viene visto in direzioni diverse contro lo sfondo delle stelle.
Un altro fenomeno, che risulta però essere rilevante su lunghi periodi di tempo, è causato dal fatto che l'asse di rotazione della Terra punta verso differenti regioni del cielo. In altre parole, la Terra oscilla leggermente sul suo asse, come la sommità di una trottola. Il suo asse resta sempre inclinato di 23.5° ma le posizioni nel cielo verso cui puntano i poli terrestri si spostano, come già detto, lentamente. In questo modo, i poli descrivono sul cielo un grande cerchio ed impiegano circa 26000 anni per ritornare nella posizione di partenza. Di conseguenza, la posizione dei poli celesti varia in continuazione, anche se in maniera impercettibile, ed altrettanto fanno i punti in cui l'eclittica interseca l'equatore celeste. Questa oscillazione della Terra nello spazio è chiamata precessione. Come effetti di tale fenomeno, mentre ora la stella polare è Polaris ( nell'Orsa Minore ), tra 12000 anni il polo nord celeste si troverà nei pressi di Vega ( nella costellazione della Lira ) e l'equinozio di primavera, che 2000 anni fa si trovava in Ariete, ora si trova nei Pesci. L'effetto della precessione significa che le coordinate degli oggetti celesti si spostano continuamente. Per gli scopi più generali, la precessione non introduce errori significativi, se non dopo circa 50 anni. Le mappe celesti quindi vengono ridisegnate ogni volta che è trascorso un simile periodo di tempo. Il grafico seguente mostra l'effetto della precessione degli equinozi:

Precessione degli equinozi


I MOTI PROPRI

Tutte le stelle visibili nel cielo fanno parte di una grande massa ruotante di stelle chiamata Via Lattea. Le stelle visibili ad occhio nudo sono tra le stelle a noi più vicine e quelle più distanti risultano essere ammassate in una vaga fascia lattiginosa che sembra attraversare il cielo notturno.
Il Sole e le altre stelle orbitano tutte intorno al centro della Galassia, la quale è così grande che il Sole impiega circa 250 milioni di anni per completare una rivoluzione completa. Le altre stelle si spostano con velocità differenti. Il risultato è che tutte le stelle variano lentissimamente le loro posizioni reciproche. Tale movimento di stelle è chiamato moto proprio. Gli astronomi riescono a scoprire i moti propri per mezzo di tecniche di misurazione di precisione, ma questi moti non possono essere rilevati ad occhio nudo nemmeno nell'arco di una vita umana. La stella che, in assoluto, possiede il moto proprio più evidente ed elevato è Arturo, nella costellazione del Boote. Su periodi di tempo molto lunghi, l'effetto dei moti propri è quello di distorcere notevolmente la forma delle costellazioni.


L'ASPETTO DEL CIELO

Tre fattori influiscono sull'aspetto del cielo: l'ora della notte, il giorno dell'anno e la latitudine del luogo di osservazione. Si consideri in primo luogo l'influenza dell'ultimo fattore. Un osservatore che si trovi ad uno dei poli terrestri ( 90° di latitudine ) vebrebbe il polo celeste esattamente sopra la propria testa ( quindi allo zenith ) e, per effetto della rotazione della Terra, tutte le stelle descrivono un cerchio attorno al polo celeste senza sorgere né tramontare. In simili condizioni dunque tutte le stelle situate al di sopra dell'equatore celeste sono circumpolari ( ovvero sempre visibili ), mentre quelle situate al di sotto dell'equatore celeste sono sempre invisibili.

Aspetto del cielo al polo


All'altro estremo, ossia all'equatore terrestre, un osservatore vedrebbe esattamente sopra la propria testa l'equatore celeste mentre i poli celesti nord e sud giacerebbero, rispettivamente, sugli orizzonti settentrionale e meridionale. Di conseguenza, tutte le costellazioni risultano essere visibili e nessuna di loro è circumpolare e, quindi, sorgono tutte ad est e tramontano tutte ad ovest.

Aspetto del cielo all'equatore


In posizioni intermedie tra il polo e l'equatore, il polo celeste è situato ad un'altezza tra l'orizzonte e lo zenith che assume il valore della latitudine del luogo in cui si effettua l'osservazione. Le stelle vicine allo zenith sono circumpolari ( quindi sempre visibili ), quelle prossime all'equatore celeste sorgono e tramontano, mentre quelle lontane da esso sono sempre invisibili. Per l'Italia, il polo nord celeste è posto ad un'altezza media di 42° sopra l'orizzonte settentrionale e tra le costellazioni circumpolari ci sono l'Orsa Maggiore, l'Orsa Minore e Cassiopea.

Aspetto del cielo a 45° N


In secondo luogo, man mano che la Terra ruota su se stessa, le stelle si spostano nel cielo alla velocità di 15° all'ora e perciò l'aspetto del cielo varia nel corso della notte. Ad esempio in agosto, per poter vedere lo sciame meteoritico delle Perseidi occorre attendere la seconda parte della notte, perchè alle nostre latitudini ed in tale periodo dell'anno la costellazione del Perseo sorge a tarda ora ad est.
In ultima analisi, siccome la Terra orbita attrono al Sole, le costellazioni visibili variano con le stagioni. Ad esempio, la costellazione di Orione che domina il cielo invernale, dopo sei mesi si trova nel cielo diurno e risulta essere pertanto invisibile. In occasioni straordinarie quali le eclissi totali di Sole, è però possibile vedere anche quelle costellazioni che appaiono nei cieli diurni in quanto la totalità provoca un oscuramento del cielo. Durante la totalità dell'eclisse dell'11 agosto 1999, è stato così possibile vedere, per breve tempo nei soli luoghi ove il Sole è stato completamente oscurato dalla Luna, proprio la costellazione di Orione.

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