IL PARCO NATURALE DI FONTE AVELLANA: STORIA DI UN IMPEGNO SECOLARE

L'intero massiccio del Monte Catria presenta una straordinaria concentrazione di tutti i caratteri botanico-vegetazionali, geologici, storico-culturali che costituiscono i cosiddetti beni territoriali. Analizzati questi valori, nel 1990, il Piano Paesistico Ambientale Regionale inserisce il Catria tra i Parchi Naturali Regionali, inoltre riconosce a Fonte Avellana, e al territorio circostante, uno specifico "Ambito di Tutela".
Eppure tali norme di salvaguardia appaiono in ritardo di nove secoli. Fonte Avellana nasce come eremo, luogo di preghiera e isolamento, intorno al Mille. Per quanto selvaggio, la prima preoccupazione degli eremiti è quella di salvaguardare la solitudine del territorio circostante le celle. A metà del XI secolo, signori e proprietari di quel territorio sono quattro Conti della città di Luceoli, da questi, nell'agosto del 1059, il priore Pietro detto "de Rodulfo", ottiene la promessa che impediranno a chiunque di costruire abitazioni, specialmente di donne, nelle vicinanze dell'eremo e che, se necessario, demoliranno quelle abusive scacciandone gli abitatori. A monte dell'attuale Croce di Rave, tutta l'alta valle del Cesano risulta così salvaguardata da questo impegno che i Conti contraggono, anche a nome dei propri eredi, "in perpetuum".
L'abbandono della vita eremitica per la cenobitica nel 1325 non sembra derogare dagli antichi impegni. Tra XV e XVI secolo, il monastero di Fonte Avellana si erge isolato e come una fortezza tra boschi, prati e campicelli coltivati. La preoccupazione dei monaci riguarda la tutela delle selve e la limitazione dei dissodamenti. Intorno al 1565 l'abate commendatario Giulio Feltri della Rovere vieta di affittare a "cassettari" e "concari" le "selve grandi" che circondano il monastero e ottiene dal fratello Guidubaldo, Duca di Urbino, un bando che minaccia la pena di tre tratti di corda e la multa di cento Scudi a chiunque avesse tagliato piante nelle selve dell'abbazia senza speciale permesso del Commendatario.
Neanche la cessione dei beni abbaziali ai padri della Compagnia del Gesù, nel 1579, e l'apertura di un lungo contenzioso sulla proprietà delle montagne con i monaci di Fonte Avellana, modificano la tutela ormai secolare dell'alto Cesano.
Solo alla fine del secolo scorso quella salvaguardia viene meno. In seguito alla soppressione del 1866, i monaci abbandonano il monastero. Il nuovo proprietario del territorio circostante, il Conte Vincenzo Cresci di Ancona, fa aprire un'ampia strada e fa abbattere i boschi, tanto che, già nel 1892, delle secolari "selve grandi" non restano che poche capitozze.
Un secolo dopo il rientro dei monaci a Fonte Avellana, avvenuto nel 1897, il Piano Paesistico Ambientale Regionale trova un territorio ancora ricco di natura e di storia da continuare a salvaguardare.

 

BADIA DI SITRIA

S. Maria di Sitria, prima come eremo poi con a fianco un cenobio, sorge per opera di S. Romualdo nella prima metà del secolo XI. "Secolo d'oro!", scrive nella biografia del fondatore di Camaldoli, S. Pier Damiani. Quest'ultimo, eletto priore di Fonte Avellana nel 1043, intendendo restaurare e perfezionare l'esperienza romualdina e le sue fondazioni, nell'ambito più ambizioso di un rinnovamento generale della Chiesa e della società civile, conduce Sitria nell'orbita avellanita.
A Sitria "fioriscono" molti uomini illustri per santità, tra i quali Leone, discepolo di S. Romualdo e S. Pier Damiani; Mainardo, fondatore dell'abbazia di Sassovivo; il beato Tommaso da Costacciaro; Sigismondo, vescovo di Senigallia; gli abati Ermanno e Pandolfo degli Atti. Inoltre, per sottolineare la ricchezza e la potenza raggiunte, la tradizione cita numerose chiese e parrocchie dipendenti, i monasteri incorporati, i castelli dominati nonché le rendite ottenute.
I monaci rimangono a Sitria fino al 1451 quando papa Nicolò V dà l'abbazia in commenda. Nel 1580 perde anche la cura delle anime, trasferita al pievano di Isola Fossara.
La crisi definitiva giunge con le soppressioni, napoleonica (1810) e del governo italiano (1861), per cui i beni e i diritti di Sitria sono definitivamente smembrati: parte passano a Fonte Avellana, parte a privati.