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Indice:

  1. un caso di azione positiva.
  2. "Innovare per migliorare": programma attraverso il quale si premiano le esperienze più significative di miglioramento del servizio F.S.
  3. Intervista alla Ministra Laura Balbo.
  4. Convegno Nazionale Comitato Pari Opportunità Ferrovie dello Stato - Roma 1° marzo 2000.
  5. La 125 non è una strada statale: un commento alla legge 125 del 1991.
  6. Recensione del libro "il lavoro come valore" di Maria Maimone.
  7. Potere, lavoro e azioni positive, i Comitati pari opportunità delle Ferrovie dello Stato.
  8. Sicurezza sul lavoro delle lavoratrici nel decreto legislativo 25 novembre 1996 n° 645.
  9. Insieme per cambiare  importanti risultati al convegno  del 23 settembre 1998 organizzato nella sede delle   Ferrovie dello Stato.
  10. legislazione in materia di pari opportunità

 

    UN CASO DI AZIONE POSITIVA

Assunzione nelle Ferrovie dello Stato con Contratto di Formazione e Lavoro (CFL) per i profili di:

operatore della circolazione  ( ex manovratore)

operatore della manutenzione  (ex operaio).

Nei primi mesi del '95 è emesso un bando di concorso per la assunzione con Contratto di Formazione e Lavoro (CFL), che rappresenta una delle forme di accesso privilegiate per la fascia di età 16-32 anni, per 50 posti di operatore della circolazione ed operatore della manutenzione del 2° livello stipendiale.

Era prevista una prima fase di preselezione che doveva ammettere alle prove di esame/colloquio un numero di candidati pari al numero dei posti a concorso moltiplicato per tre. I requisiti per essere ammessi a preselezione erano dati dai seguenti titoli:

 n     anzianità nelle liste di collocamento

n     curriculum scolastico

n     biennio di scuola industriale o triennio di professionale con specializzazioni varie a seconda della qualifica da ricoprire, per es. elettronica, elettrotecnica ecc.

 E' evidente che quest' ultimo requisito, richiesto come indispensabile per l'ammissione all'esame, rappresentava uno sbarramento per le donne già dalla prima fase, essendo risaputo che la percentuale di donne che hanno seguito quel corso di studi è infinitamente inferiore a quella maschile.

Ed inoltre il contratto nazionale collettivo di lavoro prevedeva per le assunzioni in quelle qualifiche il titolo di studio di licenza media inferiore, quindi non si capiva perchè per un contratto di formazione e lavoro, dove per giunta si deve avere formazione in cambio di lavoro, venisse richiesto un titolo di studio più alto.

Il CFL è un contratto a termine, preordinato ad acquisire formazione; quindi da un lato non richiede il preventivo possesso di una qualificazione professionale, dall' altro è strumento temporaneo (dura al massimo 24 mesi) orientato proprio all'incremento della formazione professionale.  Al proposito si veda Cass. N.11310 del 23.11.1990 secondo la quale la causa del contratto è mista: "scambio tra lavoro retribuito e addestramento finalizzato all'acquisizione della professionalità necessaria al lavoratore per immettersi nel mondo del lavoro".

b) dall' analisi delle graduatorie delle liste di collocamento dei territori interessati, la disoccupazione femminile risultava di gran lunga superiore a quella maschile, ma le donne, anche quelle scolarizzate, possedevano altri titoli di studio; paradossalmente non sarebbero mai state ammesse a selezione le ragazze diplomate al liceo scientifico ma anche laureate in qualsiasi disciplina che non fossero passate attraverso il biennio di scuola industriale. In realtà vi era qualche ragazza iscritta al collocamento e che aveva questo requisito, ma la sua anzianità di permanenza in disoccupazione era notevolmente inferiore rispetto ai colleghi maschi, perchè le donne solo da poco tempo si iscrivono a quei corsi di studio.

Quindi, secondo la nostra analisi, nessuna donna sarebbe stata ammessa a selezione.

c) alle obiezioni di tipo meritocratico secondo cui eliminare il biennio di scuola industriale tenderebbe ad abbassare il livello culturale e professionale dei candidati, abbiamo contrapposto l'argomentazione che proprio la natura del contratto di formazione lavoro consente alle Aziende di valutare successivamente le capacità professionali di ognuno e di adottare le scelte che ne conseguono, tant'è che nella procedura di assunzione il rilievo dei titoli iniziali svolge un ruolo assai scarso.

Invece nella loro disomogeneità i punti attribuiti per l'ammissione non possono essere considerati come assolutamente indicativi del possibile livello di professionalità.

Alla luce di queste considerazioni il Comitato Pari Opportunità Regionale Sardegna ha chiesto che venisse elaborato nuovamente il bando di concorso ed abolito il requisito scolastico in quanto inutile, immotivato, incongruente ed incoerente oltrechè fonte di discriminazione per le donne.

In caso di non accettazione della proposta (il clima si era fatto rovente) il Comitato chiedeva che perlomeno venisse garantita una quota del 30% da assegnare alle candidate.

Questa proposta ha creato delle tensioni, si parlava di discriminazioni dei disoccupati ingiustamente puniti e scavalcati dalle donne, o ai pericoli insiti nella rivisitazione del bando di concorso, già passato al vaglio delle Commissioni Regionali per l'Impiego (CRI), e che avrebbe forse portato al  blocco delle assunzioni tanto attese. La responsabilità sarebbe ricaduta tutta sul Comitato P.O.

Ma nonostante questo clima, la proposta del Comitato divenne oggetto di contrattazione tra la dirigenza FS e le Organizzazioni sindacali, con questo risultato:

per il profilo di operatore della circolazione (manovratore) venne finalmente abolito il requisito scolastico in questione

per il profilo di operatore della manutenzione (operaio) venne invece mantenuto, invocando  motivi di pericolosità negli impianti elettrici ed elettronici. In compenso, per questi profili venne riservata una quota  per le donne pari al 20% (e non il 30% come richiesto dal CPO).

 

Grazie a queste misure sono state assunte un numero significativo di manovratrici ed un numero più modesto di operaie ( complessivamente 24).

Nella analisi e nella successiva proposta del Comitato sono stati presi a riferimento i seguenti elementi :

1) che la percentuale di lavoratrici nel compartimento di Cagliari era del 9% sul totale degli occupati, e che la maggioranza era collocata sul settore degli uffici.

 2) che in base alla L. 125/91 bisogna promuovere l' inserimento delle donne dove sono sottorappresentate, bisogna intraprendere azioni positive al fine di rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione delle pari opportunità.

3) che il disequilibrio nella consistenza per sesso del personale occupato nelle F.S. venga accentuato dalle assunzioni di agenti provenienti dal Genio Ferroviario, canale di accesso finora precluso alle donne, e che alla discussione sulle quote "femminili" non si è ancora accompagnata una riflessione sull'incidenza di ben più radicate ed accettate "quote maschili".

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  Innovare per migliorare

Innovare per migliorare è un programma attraverso il quale si intendono premiare le esperienze più significative di miglioramento del servizio alla clientela, nate dalla creatività e dalla capacità di iniziativa del personale delle Ferrovie dello Stato.

 Tutte le iniziative presentate sono valutate secondo un processo di selezione con una Commissione interna e una giuria esterna.

I criteri di valutazione dei progetti tengono conto di numerosi fattori tra i quali l'autonomia operativa e gestionale, la coerenza con le politiche aziendali, il miglioramento dei processi interni, miglior inserimento e sviluppo delle risorse femminili in azienda ecc.

 Gli ideatori dei 50 progetti vincitori ricevono in premio 20 computer portatili e 30 computer palmari, oltre ad un attestato di partecipazione e ad una targa di riconoscimento.

 La descrizione del progetto deve essere sviluppata sulla seguente griglia e contenuta in due pagine:

   Il problema

   Il progetto

   I risultati

   I punti di forza

  Il Comitato Pari Opportunità Regionale Sardegna ha partecipato al concorso nell’anno 2000 con il progetto che segue:

 PROBLEMA

 Le Ferrovie dello Stato sono una Azienda a dominanza maschile dove il potenziale femminile non sempre  è valorizzato.

Il difficile processo di trasformazione aziendale, funzionale ad obiettivi di maggior produttività deve responsabilizzare e coinvolgere le risorse umane verso un nuovo modello aziendale improntato alla modernità, efficienza ed orientamento al cliente.

Non si può pensare di non utilizzare in questo processo le competenze, le abilità ed i “saperi” femminili, funzionali ad una visione meno gerarchica e più dinamica della nuova Azienda.

E’ necessario quindi un cambiamento culturale ed organizzativo che renda più efficace l’organizzazione con una nuova cultura di genere vista non come rivendicazione ma come cooperazione tra donne e uomini e che si esplichi in una ricerca di sinergie. Per far questo, bisogna operare interventi pragmatici rivolti non solo alle donne ma insieme agli uomini, creando nuove motivazioni, un clima aziendale sereno e valorizzante delle differenze di ciascuno.

E’ necessario, inoltre, identificare un nuovo modello di competenze rivolte alla valorizzazione del patrimonio ferroviario ( vedi stazioni dismesse) e del prodotto-treno legato al turismo, vero perno dello sviluppo sostenibile e compatibile con la salvaguardia dell' ambiente.

 PROGETTO

 Prima fase

 Il progetto, nella sua prima fase attualmente in corso di realizzazione, prevede una indagine conoscitiva sulle condizioni di lavoro nelle Ferrovie in Sardegna, con particolare riguardo ai ruoli delle donne  partendo dal dato di fatto che esse rappresentano appena il 10% della forza lavoro e sono ancora marginali all'interno del ciclo lavorativo: in genere sono collocate nelle qualifiche medio-basse e sono concentrate soprattutto nel settore amministrativo.Si intende pertanto verificare questa ipotesi e formulare, ove necessario, proposte di rinnovamento tese al raggiungimento di una effettiva pari opportunità tra donne e uomini.

 L’indagine, basata sull’intervista-questionario, intende indagare su tre momenti della vita lavorativa: l’accesso al lavoro, l’ambiente lavorativo e l’utilizzazione del personale. La ricerca è condotta facendo ricorso sia a criteri di analisi quantitativi che qualitativi, per il rapporto di complementarietà che esiste fra i due livelli. Partendo da questa impostazione  si farà ricorso alla somministrazione di  questionari strutturati, ma anche a tecniche di rilevazioni non strutturate (interviste libere, osservazione) allo scopo di raccogliere informazioni dirette su alcuni comportamenti e opinioni. L'universo dell'indagine è l'insieme dei lavoratori e lavoratrici delle Ferrovie sarde ed il campione (10%) sarà scelto secondo un criterio di proporzionalità diretta. Tutte le categorie verranno classificate ulteriormente in base al sesso perchè è opportuno individuare le differenze di condizione e  di interessi tra i generi.

 La realizzazione del progetto è stata possibile grazie ad un finanziamento che il Comitato Pari Opportunità sardo ha ottenuto dalla Regione Sardegna ed è curato da un sociologo esterno che opera in stretto contatto con il CPO.

Vi è stata disponibilità del management aziendale a collaborare all’iniziativa mettendo a disposizione risorse umane, informazione e locali per pubblicizzare gli esiti in un pubblico convegno.

 Seconda fase

 Attraverso il ricorso al finanziamento del Fondo Sociale Europeo su proposta del CPO, i cui bandi regionali sono in prossima scadenza,  si intende fare formazione di elaborazione action learning a gruppi di progetto che lavorino intorno a:

progetti di miglioramento dell’attuale situazione con la creazione di nuove figure di consulenti interni di sviluppo, ossia capi intermedi di motivazione del personale

progetti di valorizzazione del patrimonio ferroviario in chiave turistica con riqualificazione e/o valorizzazione del personale nelle nuove qualifiche richieste.

 I metodi utilizzati saranno:

studi di casi reali

visite guidate e studio e rilevazione ricerche sul campo

confronti con esperienze interessanti nazionali ed internazionali

project management, action learning, bilancio delle competenze e counseling

 RISULTATI

 Dopo un primo bilancio degli effetti prodotti dalla ricerca sociale, attraverso gli interventi di formazione e sviluppo organizzativo previsti, ci si aspetta di valorizzare il potenziale inscritto nella diversità, in particolare quella delle donne.

L’Azienda trarrà vantaggio dagli investimenti in formazione, utili a progettare nuovi futuri gestionali interessanti sia per gli obiettivi individuali che per quelli organizzativi.

L’offerta di sostanziale pari opportunità e la messa in gioco delle competenze  a connotazione “femminile” riscontrabili non solo nelle donne, saranno leve utili per conseguire una maggior produttività, innovazione e adattamento rapido alle mutevoli domande del mercato, specie quello legato al turismo.

 PUNTI DI FORZA

 L’accoglienza positiva che ha avuto la ricerca sociale da parte di diversi rappresentanti aziendali che hanno offerto il loro contributo di riflessione e progettazione, testimonia una buona sensibilità al problema delle pari opportunità.

 Si ritiene che vi sia una convenienza aziendale al massimo utilizzo della sinergia derivante dall’incontro delle diversità di genere ed alla creazione di un clima aziendale in cui vi sia cooperazione e non conflitto o competitività  tra uomini e donne.

 Il ricorso ai contributi esterni ( Regione Sardegna - Fondo Sociale Europeo) fa sì che l’Azienda non debba affrontare costi non sostenibili.

 La valorizzazione del patrimonio ferroviario, che potrà avvenire anche attraverso accordi con terzi pubblici o privati, darà la possibilità di perseguire l'obiettivo di un maggior e miglior utilizzo del prodotto-treno, nell'ottica di uno sviluppo sostenibile dal punto di vista turistico e ambientale, in una regione come la Sardegna vocata al turismo ed interessata alla salvaguardia del patrimonio ambientale.

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  INTERVISTA ALLA MINISTRA LAURA BALBO

                                                           

                                                                   di LUISA MARILOTTI

 

Al tailleur d’ordinanza  preferisce il cardigan e rifugge come la peste i luoghi comuni : Laura Balbo, Ministra come ama farsi chiamare delle pari opportunità, è sicuramente una donna fuori dal coro. Sin dalle prime battute vien fuori il piglio di chi non si lascia incantare da sterili slogan per privilegiare l’impegno concreto. A Cagliari per un convegno sulla città multietnica, va a ruota libera su welfare, orari flessibili e rappresentanza femminile, con una attenzione nuova a quel mondo maschile, che insieme alle donne contesta sentenze borboniche tipiche di una cultura dura a morire.

 

D. Uomini e donne sono diversi eppure ci dev’essere l’uguaglianza di diritti. Come fare a mettere insieme uguaglianza e differenza, parità e pari opportunità?

 

R. E’ difficile metterle insieme  perché si mettono in moto meccanismi molto contraddittori: l’obiettivo è di aumentare le possibilità di uguaglianza , di parità  valorizzando le differenze, ma il percorso è molto complicato. In realtà nessuna società ha realizzato ancora questo obiettivo  quindi io credo che il riferimento alle pari opportunità  stia proprio  nella consapevolezza di un percorso che nella società moderna si mette in moto ma è anche tutto da inventare, da realizzare.

 

D. Il dibattito sul Welfare  sembra indirizzarsi verso le  nuove politiche familiari, la,riforma dei congedi parentali e degli orari. Siamo di fronte a un modello radicale finalmente a misura di donna?

 

R. Non mi pare che si possa definire radicale una forma molto a tentoni di  messa sotto accusa del modello tradizionale senza che ce ne sia uno nuovo. Mi preoccupano le nuove proposte molto parziali, fatte di piccoli adattamenti che mi convincono che non abbiamo ancora una visione complessiva della società del Welfare  e del post Welfare futura. .  In effetti lo definirei al massimo una fase di sperimentazione di un modo nuovo di far funzionare la società, rispettando l’esigenza di orari flessibili, con un’attenzione alle modalità specifiche del vivere femminile, in un’ottica di “ family friendly”.

 

D. Ma come trovare orari più flessibili per le donne senza cadere nella trappola del part-time?

 

R. In Europa ci sono decine e decine di modalità diverse di orari, si tratta di mettere insieme in modo consapevole formule di presenza sul lavoro e sulle altre attività della vita. La costruzione della vita delle donne e degli uomini in futuro, assolutamente non potrà rispettare l’orario tradizionale sia nell’arco della giornata, della settimana, dell’anno, di tutta la vita. Quindi questa è una delle grandi scommesse del futuro.

 

D. Si tende a colpevolizzare le donne per la bassa natalità. Come far smettere i demografi di parlare dell’egoismo femminile?   

 

R. Più che i demografi sono i giornali che spesso banalizzano problemi e “ trend” frutto di studi e ricerche portati avanti molto seriamente dai demografi.

 

D. E’ prevista la parola delle donne in tutti i luoghi in cui si discute di patto sociale?

 

R. Spesso la presenza delle donne, nella cultura politica italiana è solo di rito,  un riconoscimento dovuto a raccomandazioni europee spesso rituali anch’esse. Invece la loro presenza è necessaria  per valutare le ricadute sulle donne di ogni decisione assunta nel patto sociale . Anche se è difficile, questo è quello che in prospettiva si dovrebbe fare.

 

D. La proposta del suo ministero di una legge sulle statistiche di genere, troverà terreno fertile in ambienti come la Pubblica Amministrazione e soprattutto in coloro che queste statistiche dovranno gestire?

 

R. C’è molta disponibilità dell’ ISTAT a collaborare, molta consapevolezza di questo problema anche in tutta Europa dove questa è considerata una modalità importante, che naturalmente ha senso solo insieme a molte altre. Infatti  di per sé avere le statistiche non cambia niente, ma sono un tassello importante nel formare sia questa cultura del monitoraggio, sia nel creare una attenzione specifica sul fatto che uomini e donne sono diversi , quindi abituarci a pensare in questo modo è davvero un passo avanti

 

D. Riforma della legge 125  sulle pari opportunità. Quale è il suo giudizio sulle novità introdotte nella finanziaria sulle consigliere di parità?

 

R. Noi sappiamo che l’invenzione delle consigliere di parità è stato un segnale importante, ma non sono state dotate di una strumentazione adeguata. Adesso dopo una un’esperienza iniziale sappiamo che cosa dobbiamo proporre, e di fatto è stata proposta un’autonomia finanziaria  quindi sappiamo benissimo che cosa si potrà realizzare di più concreto e più fattivo.

 

D. Si parla anche di una loro collocazione presso le commissioni regionali per l’impiego

 

La dimensione regionale o comunque decentrata, è importantissima in particolare quando parliamo di risoluzione di problemi legati all’occupazione. E’ ovvio che a livello locale si capisce, si valuta cosa si deve fare, quindi occorre  un’azione molto consapevole delle differenze territoriali, di settore, di contesto. E’ il passaggio che noi forse potremo realizzare adesso  e quindi noi ci impegniamo molto su questa nuova dimensione della regionalizzazione.

 

D. Ma la  regionalizzazione, la Bassanini, quali garanzie offre per uniformare le politiche a favore delle donne in tutto il territorio?

 

R. Dipende da noi e dalla nostra capacità di sfruttare questa dimensione decentrata. Spesso siamo abituati, e questo valga anche per le donne, a ricevere le direttive dal centro.  E invece io credo che dobbiamo approfondire anche da un punto di vista teorico gli studi o quello che noi cerchiamo di fare, le potenzialità insite in questa fase, cioè non vederla come una minaccia per le donne ma vederla come un’occasione in più . Però le donne si devono dare da fare.

 

D.  C’è chi insiste sulla necessità di creare “organismi separati” ( commissioni, comitati, consulte di sole donne) e chi pensa che sia ora di pensare alla rappresentanza delle donne a tutti i livelli della politica.

 

R Servono a volte degli organismi specifici ma allo stesso tempo una forte presenza negli altri. Ma finché la presenza è debole  negli organismi di carattere generale, si pagano dei costi molto elevati, quindi il passaggio fondamentale è di puntare ad avere una maggiore rappresentanza negli organismi di governo a tutti i livelli.  Si tratta però anche di capire quali sono le strategie appropriate a questa fase ed io credo che siamo davvero molto deboli sul piano strategico, stare negli organismi separati può anche servire, ma significa anche stare in un luogo molto “stretto”, di ripetizione e di convincimento tra le donne ma senza rompere questa situazione di separatezza. Bisogna inventare dei modelli organizzativi diversi di presenza forte negli organismi di carattere generale, e questo è tutto da inventare perché possa risultare vincente.

 

D. Donne ed elezioni. Qual’ é il suo giudizio sulle novità introdotte in Francia sulla modifica alla Costituzione, o alla Emily list britannica, non sarebbe meglio pensare a una forma di finanziamento pubblico ai partiti con destinazioni di somme per sostenere le candidature femminili o altro…

 

R. Se n’è discusso eccome,  ma le resistenze in tal senso sono troppo forti quindi è inutile farsi venire delle idee utopistiche o astratte. Anche in Francia le cose non sono andate lisce, ma c’è stata a un certo punto una presa di impegno molto forte perché la proposta è andata avanti e questo è un buon segno.  Si fanno le proposte, i passaggi, le strategie e c’è chi  si fa carico di portarle avanti. Da noi mi sembra che non ci sia questo. Ogni tanto si fanno le proposte più disparate, che spesso non sono pensate fino in fondo oppure sono deboli oggettivamente, e poi si lasciano cadere. Non mi sembra per esempio, che le prossime elezioni ci daranno questa fase di cambiamento, non siamo ancora riusciti, anche perché le condizioni sono molto difficili, a innestare la strumentazione che ci porti verso questo obiettivo, siamo in difficoltà. Io credo che vada detto. E’ ovvio che in una situazione internazionale come questa, in una situazione di economia interna così difficile, poi incalzano anche delle altre priorità e quindi questo è un passaggio stretto in cui ci troviamo.

 

D. Sei donne ministro sono un segnale positivo, ma  i recenti pronunciamenti della Cassazione in caso di stupro, fanno vedere un fronte maschile compatto e restio ai cambiamenti. Siamo in presenza di donne moderne e uomini antichi?

 

R. Siamo in presenza di uomini modernissimi, noi dobbiamo fare i conti con uomini che sanno bene cosa vogliono e che quindi condizionano moltissimo anche l’espressione innovativa che le donne portano avanti. Non so se il fronte maschile sia compatto, non credo proprio, i giornali, i media, moltissima parte dell’opinione pubblica, si son detti  contrari a quella sentenza. Quindi non darei un giudizio che accomuna tutti, certamente i luoghi alti del potere sono quelli più pesantemente occupati non solo da uomini, ma da uomini cresciuti in una cultura tradizionale,  molto spesso di età avanzata e rimasti dentro le loro professioni, molto chiusi rispetto all’insieme della società. E’ questa la vera struttura del sistema italiano. Io credo invece che gli uomini in generale, penso per esempio ai più giovani, avvertono moltissimo i cambiamenti. La responsabilità delle donne è dare voce a questo insieme di cambiamenti e quindi lo scontro naturale esiste,  ma esistono anche opinioni maschili vicine alle nostre e quindi il dialogo è indispensabile.

   

Articolo pubblicato su “ SATURRU- IL BANDITORE DI SELARGIUS” Periodico indipendente di Selargius - anno 4 n:2 del giugno 1999

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  CONVEGNO NAZIONALE SULLE PARI OPPORTUNITA’ 

Roma 1° marzo 2000

Ho partecipato al convegno nazionale sulle pari opportunità che si è tenuto a Roma il 1° marzo 2000 sul tema :”progettare la parità nelle Ferrovie dello Stato: idee e strumenti operativi”. I lavori del convegno sono stati coordinati da Roberto Spingardi, Direttore Comunicazione Interna e Cultura d’Impresa. Hanno partecipato al convegno il Ministro Laura Balbo. Erano presenti i massimi vertici aziendali: Giancarlo Cimoli, Amministratore Delegato F.S. spa., Francesco Forlenza Direttore Generale Risorse Umane, Gabriele Panizzi Responsabile della Funzione Formazione, Giuseppe Depaoli, Direttore Relazioni Industriali. Sono intervenuti inoltre rappresentanti regionali, sindacali e dei CPO.

Finora il discorso sulle pari opportunità sembrava fermarsi ai soli “addetti ai lavori”. Ma ora qualcuno al vertice sembra che abbia iniziato a recepirne l’utilità e la portata innovativa. Un piccolo segnale in questa direzione si è sentito in questo Convegno Nazionale

 I massimi vertici aziendali, che hanno partecipato ai lavori, hanno accennato al ruolo della donna, e dei CPO in particolare, come portatori di valori positivi e soprattutto innovativi. L’ing. Cimoli, a conclusione del suo discorso si è impegnato a portare avanti le proposte dei Comitati, riconoscendone il ruolo strategico.

Un altro piccolo segnale si è sentito quando i CPO quest’anno per la prima volta sono stati chiamati a partecipare attivamente, presentando dei progetti, al concorso “innovare per migliorare”.

 Questi concetti a poco a poco stanno entrando nella mentalità dei vertici Aziendali e non solo nelle Ferrovie dello Stato. Il Sole 24 ore ha pubblicato, il 24 ottobre 99, un articolo col titolo “più spazio alle donne in azienda nuova arma di competitività” e riporta nello stesso alcune affermazioni di Cesare Romiti: “se vuoi che qualcosa venga detto chiedilo ad un uomo, se vuoi che qualcosa venga fatto chiedilo ad una donna”. Romiti nella sua analisi arriva addirittura ad affermare : “ogni passo verso la pari opportunità è un passo verso la maggiore competitività delle aziende “ e aggiunge : “le donne non devono partire dal presupposto di una presunta diversità, devono convincesi di essere più brave dell’altro sesso” e ricorda che alla Fiat, azienda tradizionalmente maschilista, l’amministratore delegato Vittorio Valletta per i bilanci si fidava più delle donne che degli uomini.”  Alla FIAT hanno riconosciuto il contributo delle donne e le loro qualità: “flessibilità, fantasia, dedizione allo scopo, concretezza.”

Queste qualità nella nostra società divengono sempre più importanti in quanto il mondo del lavoro è in continua evoluzione e ha bisogno di stimoli maggiori e di innovazione.

 Il mio sindacato, in un’ottica estremamente moderna ha precorso i tempi nominando un uomo come componente del CPO regionale. E’ stato una decisione simbolica a dimostrare  che il discorso non è destinato alle sole donne, ma riguarda tutto  il mondo del lavoro e la società in generale- Il fatto di essere l’unico uomo a far parte di un CPO mi riempie di orgoglio e devo ammettere che le donne hanno visto la presenza maschile come un fatto positivo.

Essere componente del CPO mi ha fatto acquisire maggiore consapevolezza e sensibilità nei confronti di queste tematiche. Considerato che la nostra Azienda è composta al 97% da personale maschile mi sembra normale che anche gli uomini debbano partecipare attivamente al cambiamento in direzione di un modo di lavorare più equo e soddisfacente per tutti.

Jimmy Fanzecco componente CPO F.S. Sardegna

Articolo pubblicato sul Notiziario FISAFS Cagliari aprile 2000.

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                         LA 125 NON E' UNA STRADA STATALE

 

Sempre più spesso gli organi di informazione evidenziano che negli ultimi vent'anni è aumentata l'occupazione femminile in Italia e che questo fenomeno è legato a dinamiche che hanno interessato sfere diverse della vita sociale, dalla istruzione , al mercato del lavoro, ai mutamenti avvenuti all'interno della famiglia, al controllo della fecondità. Ma se è bene considerare i progressi registrati, tanti sono ancora i nodi irrisolti.

Ad un incremento di donne istruite nel mercato del lavoro corrisponde una fuoriuscita di donne non scolarizzate nelle età centrali, per non parlare delle collocazioni professionali medio basse della componente femminile pressochè in tutti i settori lavorativi.

Queste dinamiche tenderanno a rafforzarsi se gli interventi delle imprese nell'organizzazione del lavoro e quelli del legislatore nell'ambito del Welfare, continueranno a rimanere imperniati sulla figura del maschio adulto capofamiglia e a non considerare il lavoro come diritto universale dell'individuo.

Esistono pertanto dei problemi aperti che richiedono una riflessione ed occorre che le proposte frutto dell'elaborazione politica dei movimenti ed associazioni femminili si traducano in operatività.

Per questo è fondamentale il ruolo degli organismi di parità previsti dalla legge 125/91, tra cui i comitati per le pari opportunità che dovrebbero essere istituiti in tutte le Aziende e il cui compito è quello di analizzare la propria realtà lavorativa e proporre interventi volti al riequilibrio della forza lavoro maschile e femminile.

Un formidabile strumento di analisi che, se verrà saputo gestire, inciderà notevolmente sul mutamento del mercato del  lavoro è senza dubbio il rapporto biennale che le Aziende devono fornire sulla situazione del personale maschile e femminile, in virtù dell'art. 9 della legge 125/91. L'art. 9 è un perno senza il quale la 125 potrebbe risultare priva di efficacia ed è il corollario che doveva dare impulso all'aspetto promozionale della legge stessa, è quindi cruciale se si vuole che la legge sulle pari opportunità non venga vanificata.

E' cruciale perché permette di rilevare le informazioni di natura statistica sulla situazione del personale, che consentono di adottare strumenti effettivi per combattere la discriminazione sia individuale che collettiva e che possono anche essere portate come prova in giudizio.

Il giudice che dovrà valutare il ricorso avrà elementi per dire :” Questa impresa pone in atto fenomeni discriminatori o no?”

E' previsto infatti che ”le imprese pubbliche e private che occupano oltre cento dipendenti sono tenute a redigere almeno ogni due anni un rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile in ognuna delle professioni ed in relazione allo stato delle assunzioni, della formazione, della promozione professionale, dei livelli, dei passaggi di categoria o di qualifica, di altri fenomeni di mobilità, dell'intervento della cassa integrazione guadagni, dei licenziamenti, dei prepensionamenti e pensionamenti, della retribuzione effettivamente corrisposta”.

Un limite della legge è l'esonero delle aziende con meno di cento dipendenti, pertanto rimane fuori un ampio settore della piccola impresa, in genere meno rispettoso delle pari opportunità. Che anche la grande impresa non sia stata favorevole verso la legge e la abbia a lungo disattesa, si rileva dai numerosi ricorsi innescati contro il decreto del Ministero del Lavoro del 8 luglio 1991 che regolamentava l'applicazione dell'art. 9 in questione.

Tale decreto conteneva una serie di informazioni di natura così varia ed approfondita, da suscitare il panico in chi doveva redigerlo; il vincolo dei due anni ed il decentramento delle informazioni erano i punti di maggiore frizione. Il resto è ormai cosa nota, perlomeno per chi ha seguito l'iter contrastato del decreto, il ricorso di Confindustria non è stato accolto dal TAR con conseguente obbligo di redazione dei rapporti da parte delle aziende in attesa della pronuncia di merito.

Confindustria e Assocredito fecero circolare tra gli associati un modulo aggregato e di difficile interpretazione. Nel novembre 1994 il ministro del lavoro Mastella eliminò la efficacia del provvedimento con una sospensione dei termini in attesa di un decreto risolutivo.

Questo fatto, avvalorato da una sentenza favorevole della magistratura verso un ricorso presentato da una azienda, rincuorò le varie imprese e già si vociferava sulla possibile revisione delle tabelle.

Finalmente il 17.7.96 il ministro del lavoro Treu, con nuovo decreto, pose fine al contenzioso chiarendo in modo inequivocabile come devono essere redatti i rapporti, chi deve compilarli, quali sono le scadenze per i bienni di riferimento a partire dal “92-”93. L'obbligo riguarda la compilazione di otto tabelle, riferite ai lavoratori suddivisi nella quattro qualifiche previste dal codice civile cioè dirigenti, quadri, impiegati ed operai (vanno fatte le giuste equiparazioni per le altre qualifiche analoghe quali ad esempio infermieri, piloti ed altri).

La macroscopica novità consiste nel fatto che il rapporto è articolato su base di Unità Produttiva e le aziende con cento dipendenti devono redigerlo a parte anche se l'Azienda ha dimensioni nazionali. I destinatari sono le rappresentanze sindacali aziendali e la consigliera di parità, che di fronte ad eventuali disparità di trattamento per le lavoratrici possono intervenire nell'ambito delle loro competenze:

le prime, anche su proposta dei comitati pari opportunità, per proporre alle imprese modifiche dell'organizzazione del lavoro, azioni positive da inserire nei contratti collettivi, finalizzate a riequilibrare la presenza femminile in termini quantitativi e qualitativi quali ad esempio percorsi formativi mirati per il personale femminili; la consigliera di parità per promuovere ricorsi anche collettivi presso la magistratura amministrativa portando come prova proprio gli indici statistici. Ma questi ultimi, se ricavati da dati nazionali non sono indicativi, da qui l'importanza delle informazioni su base locale.

Storicamente le donne non vanno in giudizio per le insormontabili difficoltà a portare elementi di prova, ma adesso il contenzioso sarà meno impari e scoraggiante.

I numeri forniti dalle maggiori aziende di trasporto, su pressante richiesta dei comitati pari opportunità, dicono che la percentuale di lavoratrici nelle Ferrovie dello Stato è del 7,6% (Cagliari ha il 9%), mentre in Alitalia è del 25,6%. Questo scarto tra le due maggiori Società di Trasporto è ancora legato a stereotipi culturali: la “hostess” ed il “capo stazione” continuano ad essere figure a forte connotazione di genere. Chi discrimina in un modo e chi in un altro. Per esempio ai vertici le stesse percentuali si capovolgono: 6,5% di donne dirigenti in FS e solo il 5,9% in Alitalia.

E che dire della contrazione in FS di personale di tutte le qualifiche tranne che per i dirigenti dove, guarda caso, si ha la percentuale più alta di presenza maschile?

E nel campo formativo dove l'Alitalia non attua nessuna discriminazione di genere, interessando tutte le qualifiche senza distinzione a seconda del sesso, mentre nelle Ferrovie la percentuale delle partecipanti è solo del 6% sul totale delle ore di formazione?

Questi esempi sono ricavati dall'analisi di quattro anni di attività relativi ai bienni 92-93 e 94-95. Con la consegna dei rapporti del biennio 96-97 si avrà un quadro più preciso perché si potrà avere una visione globale sull'andamento del lavoro femminile nell'arco temporale di sei anni, che permetterà di studiare fenomeni di più lunga durata.

Questa ed altre considerazioni ci spingono ad andare avanti nella analisi della realtà lavorativa nella quale operiamo come lavoratrici e come componenti dei Comitato Pari Opportunità che dal 1991 porta avanti proposte di azioni positive riguardanti l'accesso, la valorizzazione e la permanenza al lavoro delle donne inserite in un ambiente tipicamente e tradizionalmente maschile, dove per i più la 125 è solo una strada statale che collega Olbia con Cagliari.                                                                                                                

LUISA MARILOTTI Presidente del CPO F.S. Sardegna

Pubblicato su “Tempistretti” Rivista semestrale della Commissioni per le Pari opportunità fra uomini e donne della Regione Autonoma della Sardegna - anno I n. 2 del dicembre 1997

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  Presentazione del libro il lavoro come Valore di Maria Maimone

E’ con vero piacere che ho raccolto la proposta del mio Sindacato di presentare il libro della collega  Maria Maimone intitolato : “il lavoro come valore: verso la difficile parità”.

Ritengo che la scelta per questo compito sia ricaduta sulla mia persona in quanto faccio parte del Comitato Regionale delle Pari Opportunità dal 1991.

 Il fatto che la presentazione del libro avvenga  nel corso di una riunione da tenersi in una data simbolica per le donne: l’8 marzo del 2000 anche questo non è una semplice coincidenza. Infatti il saggio di Maria Maimone è stato “etichettato” sulle pari opportunità. Ma dopo aver letto il libro e ho scoperto che definirlo in tal modo sarebbe estremamente riduttivo. Ha invece una portata molto più ampia, in quanto parte dall’assunto che “il concetto di pari opportunità debba necessariamente estendersi oltre il rapporto uomo-donna” infatti “il mondo del lavoro discrimina non solo la donna, ma anche l’uomo e lo fa, seppur in modi diversi, per le stesse motivazioni”. 

Questo in sintesi il concetto che afferma l’autrice nell’introduzione. Il fatto che mi ha piacevolmente sorpreso è che questi argomenti, nella mia attività di istruttrice sulle pari opportunità, ho sempre utilizzato per introdurre il discorso su un uditorio spesso completamente o quasi maschile. Nella mia analisi ho allargato il concetto affermando che la discriminazione, che abbraccia anche l’uomo, si allarga anche al di fuori del mondo del lavoro. E mi piace ricordare con orgoglio che sempre più spesso gli allievi, salvo rare eccezioni, si sono trovati d’accordo nell’ammettere  che se si applicassero le regole delle pari opportunità ci troveremo in un mondo migliore e con un modo di lavorare perfino più produttivo. I colleghi uomini si trovano sempre più spesso a rendersi conto attraverso le esperienze di moglie e figlie come le discriminazioni dirette ed indirette facciano ancora parte della nostra società che ancora deve liberarsi da stereotipi culturali e condizionamenti mentali.

Maria Maimone non si è addentrata in questi dettagli, peraltro già ampiamente trattati su innumerevoli testi sull’argomento.

Ha trattato il ruolo della donna e il concetto di pari opportunità  in maniera non demagogica e soprattutto al di fuori dei soliti stereotipi. L’approccio seguito è veramente efficace perché parte dal un’angolazione diversa apportando nuovi stimoli. Quali siano non voglio rivelarveli per non togliervi il gusto di scoprirli da soli.

 Nel convegno nazionale che si è tenuto a Roma il primo marzo 2000 ho conosciuto la collega autrice del testo, componente il CPO regionale di Milano. Mi ha confidato di essere piacevolmente sorpresa del successo del suo libro. Ritengo che la ricetta di tale affermazione derivi dal fatto che chi lo legge scopre che in realtà non è utopistico pensare di cambiare il mondo del lavoro. Uomini e donne ne avrebbero vantaggio.  Il lavoro come valore  e non come luoghi di privilegi e di antagonismi personali diviene il presupposto da cui partire per operare quella trasformazione utile non solo all’uomo che lavora, ma allo stesso mondo del lavoro globalmente inteso”. Precisa l’autrice nelle sue conclusioni.

 Consiglio  la lettura di questo  libro a donne e uomini, e ritengo che ne trarrebbero maggiormente vantaggio coloro che rivestono ruoli di potere con l’auspicio che possano essere ispirati ad un nuovo modo di lavorare. Un’ultima osservazione: questo libro vi farà riflettere, potrete forse non essere d’accordo, ma in ogni caso non vi lascerà indifferenti.

 Maria Eugenia Maxia Componente il CPO F.S. Sardegna

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  Potere, lavoro e azioni positive, i comitati pari opportunità delle Ferrovie dello Stato

  IN QUOTA PER VOLARE, PERCHE' NO?

            “Percentuali riservate alle donne, questo resta il solo modo per garantirle”

  E’ giusto riservare alle donne delle quote nei posti di lavoro? Il dibattito è aperto. E mentre in Europa la Corte di Lussemburgo si esprime in modo favorevole dando ragione alla normativa della Regione di Bonn· [i], in Italia sembra che si viaggi a corrente alternata: il Ministro  Anna Finocchiaro in uno dei primi interventi dopo la sua nomina, chiarisce a quanti avessero ancora qualche dubbio di essere contraria, ma azioni sperimentali attuate nelle Imprese ne dimostrano la validità. 

E’ il caso delle Ferrovie dello Stato dove è stato introdotto per via contrattuale il sistema delle percentuali sulle assunzioni, progressione in carriera, formazione, commissioni d’ esame.

  Da qui l’ importanza delle azioni concrete.

  E’ vero che vi sono apprezzabili analisi  che tendono a rifiutare le percentuali perché ritenute di volta in volta poco dignitose, insufficienti, confligenti con la differenza di genere.

  Ma mentre, soprattutto a livello filosofico, si elaborano queste riflessioni, i dati sulla presenza femminile nei luoghi di lavoro o istituzionali ci rivelano, impietosamente, la condizione di minorità cui sono inchiodate le donne.

Per fare qualche esempio la mancata introduzione delle quote nelle liste elettorali ha prodotto, a causa del maggioritario, il macroscopico arretramento delle donne nella composizione del Parlamento o del governo delle Regioni o Comuni nell’ ultima legislatura, e sappiamo che la presenza femminile nelle qualifiche dirigenziali della Pubblica Amministrazione è inspiegabilmente esigua nonostante dal 1966 la donna abbia avuto il libero accesso a tutti gli impieghi pubblici.

Se questo avviene ancora a distanza di trent’ anni è evidente che occorrono dei correttivi mirati a rimuovere gli ostacoli possibilmente senza aspettare che ne passino altri trenta, ma intervenendo subito.

Non basta dunque vigilare sull’ applicazione delle leggi di parità, ma se si vuole che questi concetti non rimangano belle parole, è necessario fornire ad un solo sesso interventi di vantaggio temporaneo, così come è previsto dalla L. 125/91 che si propone di  “promuovere l’ inserimento delle donne nelle attivita’, nei settori e nei livelli nei quali esse sono sottorappresentate”.

Ma questo è lo scopo delle azioni positive, che secondo la definizione del Consiglio d’ Europa sono  “strategie destinate a ristabilire l’ uguaglianza delle opportunità grazie a misure che permettano di contrastare o correggere discriminazioni che sono il risultato di pratiche o sistemi sociali.

  Si potrebbe obiettare che in nessun testo normativo esistente, né a livello comunitario, nè a livello nazionale viene individuata una qualsiasi tipologia di azione positiva, pertanto si limita l’ intervento alle sole azioni finanziate dal Ministero del Lavoro ( 9 miliardi) o a quelle finanziate dall’ Unione Europea sulla formazione professionale. 

 Ma proprio perché non sono codificate, le azioni positive possono agire a tutto campo: anche come progetti non finanziati che dovrebbero marciare da soli, quali ad esempio gli accordi contrattuali tra imprese e sindacati, che prevedano anche riserve di percentuali per il personale femminile.

  Ed è proprio su questo punto che i Comitati Pari Opportunità nella Ferrovie dello Stato hanno svolto il loro ruolo per l’ attivazione di norme contrattuali che andassero in questa direzione.

Nel luglio ‘95 viene sottoscritto a Roma tra Società  FS e Sindacati un accordo relativo alle procedure di accesso al mercato del lavoro con contratto di formazione e lavoro, in base al quale “ nel rispetto dei principi di non discriminazione diretta ed indiretta di cui alla L. 125/91 devono essere individuate le percentuali di accesso uomo-donna facendo riferimento alla consistenza femminile nelle liste di collocamento della regione nonché a quella dei settori di destinazione”[ii].

  E’ questo uno dei primi esperimenti nel nostro Paese di introduzione, ad opera delle parti sociali, di un meccanismo di riequilibrio tra uomo e donna in un settore produttivo.

 E l’ intervento ha una portata notevole se si pensa che è stato effettuato in un settore tradizionalmente maschile e restio a favorire interventi di pari opportunità.

  A seguito dell’ accordo i Comitati per le Pari Opportunità hanno formulato delle proposte di percentuali in relazione alla situazione specifica e ciò ha dato luogo alla assunzione di un significativo numero di donne operaie e manovratrici ( 24 solo in Sardegna).

  E c’è da scommettere che l’ intervento avrebbe avuto una risonanza in altre realtà produttive, se a Genova un  pretore del lavoro, non avesse a seguito di un ricorso, dichiarata illegittima la norma contrattuale delle quote in quanto contrastante con i diritti di parità tra i sessi sanciti dal 1 comma dell’ art. 3 Costituzione[iii].

Che fine avesse fatto il 2° comma dello stesso articolo, non è dato saperlo (guarda caso era proprio quello che impegna la Repubblica a rimuovere gli ostacoli per raggiungere l’ uguaglianza fra i cittadini), ma tanto bastò per bloccare le assunzioni di 21 donne a Genova e per scatenare una serie di reazioni a colpi di  diffide, ricorsi e volantini deliranti contro gli scandalosi privilegi delle donne.

Queste reazioni e la sentenza del pretore maturavano in un momento in cui erano intervenute le due sentenze della Corte Costituzionale sulla bocciatura delle quote in materia di candidature elettorali[iv] e della Corte di Giustizia europea sul caso “ Kalanke” che dichiarava illegittima l’ assunzione di una donna al posto di un uomo a parità di punteggi[v].

Ma nonostante l’ enfasi data alla illegittimità delle quote da una stampa più attenta a dare notizie sensazionali  piuttosto che a riportare i fatti rigorosamente, né l’ una né l’ altra sentenza avevano relazione alcuna con il caso delle FS perché l’ oggetto aveva carattere legislativo e non contrattuale, ma  anzi,  a ben vedere ne avvaloravano le azioni .

La prima perché dichiarava le quote elettorali illegittime solo in quanto imposte per legge, non escludendo però che i partiti politici liberamente decidessero di stabilire percentuali, la seconda perché contestava la misura rigida ed incondizionata delle quote ritenendo invece legittimi i sistemi di quote privi della rigidità ed automaticità.

  Ma l’ uso strumentale delle due sentenze dimostra ancora una volta come le norme giuridiche, spesso ignorate, misconosciute o trascurate, vengano immediatamente utilizzate in maniera  pretestuosa quando si tratta di difendere posizioni di vantaggio e ci si sente minacciati da azioni che le affievoliscono. Allora gli appelli alla Costituzione, ai giudici, alle “alte corti di giustizia”  si moltiplicano, senza timore alcuno di cadere nel patetico.

Per dirimere la controversia erano stati richiesti dalle FS dei pareri al Ministero del Lavoro[vi] e ad un collegio di giuristi di comprovata autorevolezza[vii].

Questi pareri hanno entrambi ritenuto pienamente compatibili con i principi della L. 125 e della Costituzione le azioni positive applicate nelle quote.

   Queste ultime sono state ritenute legittime come “ misure promozionali rivolte ad eliminare le condizioni presenti nell’ Azienda di sottorappresentazione delle donne ( 7% contro il 93% maschile) e perché hanno il requisito della temporaneità, flessibilità e ragionevolezza ed in quanto accettate dalle parti sociali nel contratto.

  Adesso la strada da percorrere, anche se non è tutta in discesa, almeno ha una direzione di marcia netta. Certamente non tutto può essere affidato alle innovazioni legislative o contrattuali, si tratta di avviare un cambiamento di abiti culturali.

Tuttavia il sistema delle quote è il più efficace e rapido per conquistare quelle posizioni tutte al maschile.

A meno che non si trovi un altro metodo altrettanto rapido ed efficace.

O a meno che non ci si illuda che gli uomini, in un eccesso di galanteria, cedano cavallerescamente il posto.

                           Luisa Marilotti Presidente CPO F.S. Sardegna   

·[i] In data 11.11.1997 la Corte Europea a Lussemburgo, confermando la legge del Land della Renania-Westfalia, ha stabilito che in caso di parità di titoli e qualifiche, le candidature femminili possano aver diritto di precedenza nelle promozioni rispetto agli uomini, a condizione che non ci sia un automatismo a danno di questi ultimi.

  [ii] accordo integrativo sulle procedure di accesso al mercato del lavoro tra Ferrovie dello Stato s.p. a. e le OO.SS. Filt-Fit-Uilt-Fisafs del 7.7.1995.

  [iii] sentenza del 21.6.1996 del pretore di Genova dr. Gelonesi.

[iv] sentenza n° 422 del 12.9.1995. La Corte Costituzionale ha dichiarato la incostituzionalità dell’ art. 5 comma 2° della legge 25 marzo 1993, n° 81, secondo cui “ nelle liste dei candidati al Consiglio Comunale nessuno dei due sessi può essere di norma rappresentato in misura superiore ai due terzi”. La Corte ha dichiarato illegittime le quote quando queste vengano imposte per legge”, ma al contrario “ possono essere valutate positivamente ove liberamente adottate dai partiti politici, associazioni o gruppi che partecipano alle elezioni, anche con apposite previsioni dei rispettivi statuti o regolamenti concernenti la presentazione delle candidature”.

  [v] Sentenza della Corte di Giustizia della comunità Europea del 17.10.1995 sul caso “ Kalanke”. al sig. Kalanke era stata preferita una sua collega per un posto di architetto al Comune di Brema. “ Una normativa nazionale che assicura una preferenza assoluta ed incondizionata alle donne in caso di nomina o promozione, va oltre la promozione della parità delle opportunità ed eccede i limiti della deroga possibile al criterio della parità di trattamento così come previsto dall’ art.2 p. 4 della Direttiva” ( 207/CEE del 1976 n..d.r.).

  [vi]Parere del Collegio Istruttorio del Comitato Nazionale di Parità del Ministero del Lavoro e Previdenza Sociale del 12.4.1996.  Il Collegio ritiene che “ la disposizione sia di origine contrattuale, non sia fonte di discriminazione a danno degli uomini, ma sia azione positiva promozionale rivolta ad eliminare le condizioni, presenti nell’ Azienda, di sottorappresentazione delle donne”. 

[vii] “Parere pro veritate sulla legittimità della riserva di quote in favore delle donne , nelle procedure di assunzione” reso dai prof. R. De Luca Tamaio, B. Veneziani, L. Ventura in data 20.12.1996. Ne risulta la legittimità della clausola “ perchè volta a porre in essere un’ azione positiva che le parti hanno promosso avvalendosi della loro autonomia contrattuale. Essa non può essere considerata discriminatoria nei confronti dei candidati di sesso maschile... perchè la differenziazione di trattamento posta in essere  appare giustificata... ed attuata con ragionevolezza”.

  Articolo pubblicato su “Tempistretti” Rivista semestrale della Commissione per le Pari Opportunità fra uomini e donne della Regione Autonoma della Sardegna - anno II n.3 giugno 1998

[1] In data 11.11.1997 la Corte Europea a Lussemburgo, confermando la legge del Land della Renania-Westfalia, ha stabilito che in caso di parità di titoli e qualifiche, le candidature femminili possano aver diritto di precedenza nelle promozioni rispetto agli uomini, a condizione che non ci sia un automatismo a danno di questi ultimi.

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  Sicurezza sul lavoro delle lavoratrici nel decreto legislativo 25 novembre 1996 n° 645.

di Maria Eugenia Maxia

Il decreto legislativo 645 del 1996 recepisce  la direttiva Comunitaria del 19 ottobre 1992 che riguarda l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento. La normativa integra le disposizioni del decreto legislativo 626/94, in materia di sicurezza sul lavoro, che continua ad applicarsi per quanto non diversamente disposto dal Decr. Leg. 645. Quest’ultimo estende il suo campo di applicazione fino a sette mesi dopo il parto e a tutto il periodo della gravidanza. La normativa ha imposto al Datore di Lavoro e agli altri organismi preposti alla sicurezza di effettuare la valutazione dei rischi avendo riguardo alla tutela della maternità e fissa un elenco, non esaustivo, di agenti fisici, chimici e biologici, di processi e di condizioni di lavoro che devono essere comunque valutati, individuandone le misure di prevenzione e protezione da adottare. L’art. 5, intitolato “misure di prevenzione e protezione, descrive la procedura che il Datore di Lavoro deve adottare qualora i risultati della valutazione rivelino un rischio per la sicurezza e la salute delle lavoratrici. E’ infatti previsto che lo stesso Datore di Lavoro proceda ad una modifica temporanea delle condizioni o dell’orario di lavoro al fine di evitare l’esposizione a rischio delle lavoratrici.  Il C.C.N.L.  dei ferrovieri, approvato il 7 gennaio 98, all’art. 59 “ambiente e sicurezza sul lavoro” punto 8) prevede: “la Società si impegna ad emanare tempestivamente le necessarie disposizioni applicative in merito al decreto legislativo 25 novembre 1996 n° 645 per quanto riguarda la tutela della sicurezza e della salute delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento”. Attualmente tali disposizioni non sono state ancora emanate.

A questo proposito si ricorda che l’art. 33 del decreto legislativo 626/94 prevede che le donne incinte e le madri che allattano devono avere la possibilità di riposarsi in posizione distesa e in condizioni appropriate. La stessa disposizione era prevista nella Direttiva CEE n° 89/654 del 30 novembre 1989 art. 12. L’adeguamento a tale precetto,  per ora non attuato, comporta per i Datori di lavoro la necessità di creare negli impianti ferroviari un ambiente attrezzato per il riposto della lavoratrice incinta o in allattamento.

L’aspetto più significativo del decreto 645 di recepimento della Direttiva Comunitaria riguarda l’art. 7 che sancisce il diritto della lavoratrice a poter usufruire permessi, senza perdita della retribuzione, per poter effettuare visite mediche specialistiche e/o esami prenatali durante l’orario di lavoro. La lavoratrice ha l’onere di presentare al Datore di Lavoro la certificazione sulla data e l’orario di svolgimento degli esami. L’art. 52 del C.C.N.L. dei lavoratori delle Ferrovie dello Stato riprende al punto 6) detta disposizione legislativa. Per concludere è importante precisare che l’art. 2 del d.l. 645 prevede che con Decreto Interministeriale saranno stabilite le linee guida riguardo la valutazione degli agenti chimici, fisici e biologici, nonché dei processi industriali ritenuti pericolosi per la sicurezza o la salute delle lavoratrici._

 

Valutazione dei rischi  ai sensi del decreto  Legislativo  645:

Agenti fisici  che comportano lesioni del feto /o rischiano di provocare il distacco della placenta come colpi, vibrazioni meccaniche o movimenti

Movimentazione manuale dei carichi pesanti che comportano rischi soprattutto dorso-lombari;

Rumore, radiazioni ionizzanti e non ionizzanti

Sollecitazioni termiche

Movimenti e posizioni di lavoro, spostamenti , fatica mentale e fisica e altri disagi 

Lavori in atmosfera di sovrapressione elevata, immersione subacquea.

Agenti biologici (toxoplasma, rosolia, )

Agenti  chimici  che mettano in pericolo la salute delle gestanti e del nascituro (sostanze etichettate con R40, R45, R46 e R47, mercurio e suoi derivati , piombo e suoi derivati,  monossido di carbonio, e altri)

 alcuni processi industriali;

Condizioni di lavoro (lavori sotterranei di carattere minerario.)

(articolo pubblicato su CPO News Anno II del  settembre 1998)

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INSIEME PER CAMBIARE

 IMPORTANTI RISULTATI AL CONVEGNO ORGANIZZATO NELLA SEDE DELLE FERROVIE DELLO STATO 

Settembre '98: la sala convegni delle Ferrovie dello Stato si riempie di un profumo inconsueto. Bouquet di fiori al centro, ficus benjamin ai lati, c'è una speciale atmosfera e la sala si anima di colori improbabili fino al giorno prima, gonne rosse e bluse gialle contrastano con i doppiopetto grigi e le cravatte blu che la sala è abituata ad ospitare.

Per noi del Comitato Pari Opportunità delle Ferrovie dello Stato è il primo convegno ed il momento è importante. Quando Giovanna Colombo ci ha proposto di organizzare insieme alla Commissione Regionale, un incontro sugli organismi e le politiche di parità,ci siamo sentite molto lusingate di poter ospitare i gruppi presenti nell' Isola per poter ragionare, scambiare idee, opinioni,informazioni, e spendere così il sapere acquisito in questi anni.

E in questo clima di coinvolgimento si è affermata, prepotente, la voglia di protagonismo, quello positivo, dinamico, che nasce dal desiderio di misurare e verificare il senso e l'efficacia delle nostre azioni.

La nostra esperienza l'abbiamo raccontata un po' per incoraggiare le altre, un po' per rassicurare noi stesse: per  convincerci di avere comunque inciso con azioni positive in un contesto particolare per la complessità di aspetti  organizzativi,tecnici e culturali qual'è il mondo ferroviario, tradizionalmente chiuso alle donne.

Prima di tutto è stata affrontata la questione delle assunzioni perché non consideriamo più accettabile una presenza femminile così inconsistente (9%). Le cause? Discriminazioni nei requisiti richiesti per le ammissioni, presentati come neutri, in realtà fortemente penalizzanti per le donne,oltre alla continua immissione di personale maschile proveniente dal Genio Ferrovieri.

Ma per queste “quote maschili”, a differenza di quelle “femminili”, nessuno ha mai invocato l'incostituzionalità, ravvisandone il privilegio.

Dopo l'intervento sulle quote nelle assunzioni e nelle promozioni, e dopo aver frequentato un corso all'Ifold per operatrici di parità, abbiamo maturato la consapevolezza che bisognava porsi l'obiettivo di incidere con fermezza sulle strategie organizzative, vere chiavi di volta per il cambiamento.

Investire solo sulle quote, sulle discriminazioni, non ci avrebbe portato molto lontano perchè la rivendicazione continua, la forma questuante crea effetti di ritorno di grande debolezza su chi la propone. Crea problemi e non da risorse. ,   Il problema è allora quello di rovesciare le posizioni e non rivendicare solamente, ma proporre iniziative con autorità cercando di far coincidere l’interesse delle donne a migliorare la propria condizione con quello dell’Azienda di utilizzare al meglio le risorse umane.

Vanno in questa direzione sia gli interventi sulla formazione (vista come momento centrale per promuovere lo sviluppo delle capacità relazionali, di comunicazione e di mediazione delle donne) sia un progetto firmato con i fondi dell'Unione Europea per   rafforzare e qualificare la presenza femminile nelle relazioni industriali e nella negoziazione.

Certamente la direzione di marcia non sarà unidirezionale, occorrerà ancora richiedere le quote ed intervenire sulle discriminazioni se sarà necessario, ma il cammino compiuto fin qui ci fa considerare che si è aperta la stagione del “meanstreaming”, della rivalutazione del pensiero delle donne nella politica generale.

Il convegno ha visto la presenza delle Commissioni provinciali di Cagliari e Sassari, quelle comunali di Quartu, Guspini, Macomer, S.Sperate,  Assemini; i Comitati  sul lavoro dell' Enel ,delle Poste, dell' Intendenza di Finanza, ma anche di numerose altre donne in procinto di istituire le loro, come il Consiglio di Stato e la Polizia.

L’idea che stava alla base dell’iniziativa della Commissione Regionale era quella di coinvolgere queste istituzioni nella discussione oggi in atto sull’evoluzione degli organismi di parità, nati negli anni ‘80, verso una dimensione più funzionale alla situazione attuale e di collegamento con il Ministero di Pari Opportunità.

 L'argomento è stato affrontato da Giovanna Colombo nella sua introduzione in cui è stata sottolineata la lentezza e le difficoltà con cui in Sardegna sono sorti questi organismi.

L' ingresso delle donne nelle Giunte invece, è stato ostacolato da una malintesa interpretazione della sentenza della Corte Costituzionale che abolisce le quote in materia elettorale. In questo modo sono stati disattesi gli Statuti regolarmente approvati,che prevedevano espressamente la presenza in Giunta di una rappresentanza femminile, con i risultati che tutte noi conosciamo.

Questo ha comportato una difficile ricaduta sul piano pratico delle previsioni normative in tema di pari opportunità ed è dovuto sicuramente ad un mondo politico fatto a misura d'uomo, ma anche ad un perdurante deficit di soggettività politica delle donne che molte volte sono le prime a non riconoscere che esiste una disuguaglianza all'interno della società e prendono le distanze dagli organismi di parità.

 Ma che il problema esista lo dimostra l'istituzione di organismi internazionali che sulla base di ricerche effettuate nei paesi della Comunità Europea, hanno rilevato che esistono disparità tra uomini e donne in ambito politico, economico e sociale. Ed è per questo che nei fondi strutturali della UE sono previsti finanziamenti prioritari per le pari opportunità volti a superare le diseguaglianze tra uomini e donne.

Nella legge regionale di istituzione della Commissione, ci sono  proposte come  la scuola, la formazione professionale, la famiglia, settori ritenuti di competenza femminile, ma l’ottica femminile non può essere riservata ad alcune materie.

Le donne sanno, infatti, come vorrebbero organizzare i trasporti, gli orari degli uffici pubblici e la vita delle città perché sono le prime a fare i conti con le inefficienze del sistema. Dobbiamo dunque riflettere   sul modo in cui andranno rinnovati questi organismi e sul ruolo da attribuire alle donne nelle Giunte.

Il dibattito è già aperto a livello nazionale dove è sorto il Ministero delle Pari Opportunità un organismo  autorevole di coordinamento delle politiche di parità nella Pubblica Amministrazione. Ma vi è anche una Commissione Nazionale il cui compito è quello di “sentire”  quali sono le necessità, i bisogni, le realtà territoriali e di riportare queste esigenze al Ministero. Vi sono conflittualità da risolvere per non sovrapporre funzioni, ma il dialogo è aperto, anche a livello regionale, dove la Commissione opera un collegamento tra le varie realtà, ma dove è più difficile intervenire su decisioni o atti presi dalla giunta o dal consiglio regionale, perché manca l’anello di collegamento.

Il dibattito ha prodotto  riflessioni di alto livello,difficili da riassumere in poche righe, per la ricchezza di interventi.

Ma una cosa è chiara: la determinazione, la forza e la fiducia che traspaiono alimentano la voglia di una nuova soggettività politica.

In conclusione, è andata bene. Nel salutarci, consideriamo quanto sia utile incrociare le esperienze tra donne con diversi ruoli, per riflettere e per aprire prospettive di cambiamento.

In un tempo in cui le donne prendono coscienza dei loro desideri e misurano le loro forze per attuarli, occorre che si sviluppi tra loro una relazione per trovare il cemento che le unisca nell’agire e nel “sentire”.

                        LUISA MARILOTTI

  PRESIDENTE DEL COMITATO REGIONALE PARI OPPORTUNITA' FERROVIE DELLO STATO

  Pubblicato su “Tempistretti”- Rivista semestrale della Commissione per le Pari Opportunità tra uomini e donne Regione Sardegna

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Cura degli anziani e ipocrisie italiane

 

Caltanisetta, Alghero, due storie differenti di vecchiaia, solitudine ed abbandono.

Due storie riportate con enfasi dai media regionali e nazionali e che ci costringono ad interrogarci.

L’invecchiamento della popolazione diventerà nel giro di qualche anno un argomento politico di assoluta priorità, che toccherà da vicino la vita di tutti noi.

Buona parte degli ultra 75 vive da solo con una modesta pensione, alle prese con problemi di non autosufficienza e di salute, tipici della loro età.

Chi deve occuparsi di loro? Chi deve far fronte ai loro bisogni materiali, di assistenza sanitaria e di cura, ma anche e soprattutto psicologici di compagnia e di ascolto negli ultimi anni della loro vita?

Non può esservi risposta se non si riconosce che il problema è collettivo e che non è un affare privato. Non basta puntare il dito moralista contro presunti figli ingrati per risolvere il problema.

Gli istituti pubblici, centri di lungodegenza, interventi di assistenza domiciliare, il modesto compenso di accompagnamento ed il pur prezioso volontariato rispondono solo in piccola parte, col risultato che di questi bisogni se ne occupa la famiglia. Termine in verità usato per indicare le donne che ne fanno parte. Sono loro, perlopiù, a fronteggiare e mettere in moto la macchina organizzativa familiare, dalla somministrazione di farmaci alla gestione di turni e sostituzioni, carichi insostenibili quando sommati al lavoro esterno, a quello domestico, di gestione della casa.

E’ un lavoro dato per scontato di cui non si parla e che si finge di non vedere, ma in compenso si è sempre pronti a condannarne l’incuria e la trascuratezza.

Questa è la ipocrisia che pervade la società italiana

L’attività di cura richiede senso di responsabilità, abilità nel risolvere le emergenze, insieme ad una grande capacità di ascolto, ma viene svalutata e tenuta nascosta se svolta dalle donne: in modo gratuito se interessa le figlie, sommersa e poco retribuita se affidata ad extracomunitarie impropriamente definite badanti.

Da tempo in Europa si discute di lavori regolari e di qualità per i servizi alla persona e diversi paesi, persino l’Irlanda ed il Portogallo, hanno mutato la loro politica del welfare: strutture residenziali, centri diurni ed estivi, maggiore assistenza domiciliare, riduzioni fiscali per i costi sostenuti dalle famiglie, pasti a domicilio, servizi di telesoccorso, solo per citare alcuni esempi. Su queste tematiche, invece, l’Italia è fanalino di coda, sebbene alcune Amministrazioni locali, isolatamente, stiano dando vita a importanti innovazioni dimostrando che se si vuole le cose possono cambiare. E questo succede, non a caso, laddove la presenza delle donne è significativa.

Perché quando ci sono donne nei centri di decisione la spesa pubblica ha priorità diverse. E spesso favorisce un equilibrato modo di stare con se stessi, il partner, la famiglia e la città.

Luisa Marilotti

Presidente Comitato Regionale Pari Opportunità FS

pubblicato sul Quotidiano "La Nuova Sardegna" del 9 agosto 2003

 

 

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Ultimo aggiornamento 14 agosto 2003