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Assunzione nelle Ferrovie dello Stato con Contratto di Formazione e Lavoro (CFL) per i profili di:
Nei primi mesi
del '95 è emesso un bando di concorso per la assunzione con Contratto di
Formazione e Lavoro (CFL), che rappresenta una delle forme di accesso
privilegiate per la fascia di età 16-32 anni, per 50 posti di operatore
della circolazione ed operatore della
manutenzione del 2° livello stipendiale. Era prevista una
prima fase di preselezione che doveva ammettere alle prove di esame/colloquio un
numero di candidati pari al numero dei posti a concorso moltiplicato per tre. I
requisiti per essere ammessi a preselezione erano dati dai seguenti titoli: n
anzianità nelle liste di
collocamento n
curriculum scolastico n
biennio di scuola
industriale o triennio di professionale con specializzazioni varie a seconda
della qualifica da ricoprire, per es. elettronica, elettrotecnica ecc. E'
evidente che quest' ultimo requisito, richiesto come indispensabile per
l'ammissione all'esame, rappresentava uno sbarramento per le donne già dalla
prima fase, essendo risaputo che la percentuale di donne che hanno seguito quel
corso di studi è infinitamente inferiore a quella maschile. Ed inoltre il
contratto nazionale collettivo di lavoro prevedeva per le assunzioni in quelle
qualifiche il titolo di studio di licenza media inferiore, quindi non si capiva
perchè per un contratto di formazione e lavoro, dove per giunta si deve avere
formazione in cambio di lavoro, venisse richiesto un titolo di studio più alto. Il CFL è un
contratto a termine, preordinato ad acquisire formazione; quindi da un lato non
richiede il preventivo possesso di una qualificazione professionale, dall' altro
è strumento temporaneo (dura al massimo 24 mesi) orientato proprio
all'incremento della formazione professionale.
Al proposito si veda Cass. N.11310 del 23.11.1990 secondo la quale la
causa del contratto è mista: "scambio tra lavoro retribuito e
addestramento finalizzato all'acquisizione della professionalità necessaria al
lavoratore per immettersi nel mondo del lavoro". b)
dall' analisi delle graduatorie delle liste di collocamento dei territori
interessati, la disoccupazione femminile risultava di gran lunga superiore a
quella maschile, ma le donne, anche quelle scolarizzate, possedevano altri
titoli di studio; paradossalmente non sarebbero mai state ammesse a selezione le
ragazze diplomate al liceo scientifico ma anche laureate in qualsiasi disciplina
che non fossero passate attraverso il biennio di scuola industriale. In realtà
vi era qualche ragazza iscritta al collocamento e che aveva questo requisito, ma
la sua anzianità di permanenza in disoccupazione era notevolmente inferiore
rispetto ai colleghi maschi, perchè le donne solo da poco tempo si iscrivono a
quei corsi di studio. Quindi,
secondo la nostra analisi, nessuna donna sarebbe stata ammessa a selezione. c)
alle obiezioni di tipo meritocratico secondo cui eliminare il biennio di scuola
industriale tenderebbe ad abbassare il livello culturale e professionale dei
candidati, abbiamo contrapposto l'argomentazione che proprio la natura del
contratto di formazione lavoro consente alle Aziende di valutare successivamente
le capacità professionali di ognuno e di adottare le scelte che ne conseguono,
tant'è che nella procedura di assunzione il rilievo dei titoli iniziali svolge
un ruolo assai scarso. Invece nella
loro disomogeneità i punti attribuiti per l'ammissione non possono essere
considerati come assolutamente indicativi del possibile livello di
professionalità. Alla
luce di queste considerazioni il Comitato Pari Opportunità Regionale Sardegna
ha chiesto che venisse elaborato nuovamente il bando di concorso ed abolito il
requisito scolastico in quanto inutile, immotivato, incongruente ed incoerente
oltrechè fonte di discriminazione per le donne. In caso di non
accettazione della proposta (il clima si era fatto rovente) il Comitato chiedeva
che perlomeno venisse garantita una quota del 30% da assegnare alle candidate. Questa proposta
ha creato delle tensioni, si parlava di discriminazioni dei disoccupati
ingiustamente puniti e scavalcati dalle donne, o ai pericoli insiti nella
rivisitazione del bando di concorso, già passato al vaglio delle Commissioni
Regionali per l'Impiego (CRI), e che avrebbe forse portato al
blocco delle assunzioni tanto attese. La responsabilità sarebbe ricaduta
tutta sul Comitato P.O. Ma
nonostante questo clima, la proposta del Comitato divenne oggetto di
contrattazione tra la dirigenza FS e le Organizzazioni sindacali, con questo
risultato:
Grazie a queste
misure sono state assunte un numero significativo di manovratrici ed un numero
più modesto di operaie ( complessivamente 24). Nella analisi e
nella successiva proposta del Comitato sono stati presi a riferimento i seguenti
elementi : 1) che la
percentuale di lavoratrici nel compartimento di Cagliari era del 9% sul totale
degli occupati, e che la maggioranza era collocata sul settore degli uffici. 2) che in base alla L. 125/91 bisogna promuovere l' inserimento delle donne dove sono sottorappresentate, bisogna intraprendere azioni positive al fine di rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione delle pari opportunità. 3) che il disequilibrio nella consistenza per sesso del personale occupato nelle F.S. venga accentuato dalle assunzioni di agenti provenienti dal Genio Ferroviario, canale di accesso finora precluso alle donne, e che alla discussione sulle quote "femminili" non si è ancora accompagnata una riflessione sull'incidenza di ben più radicate ed accettate "quote maschili". Innovare per migliorare è un programma attraverso il quale si intendono premiare le esperienze più significative di miglioramento del servizio alla clientela, nate dalla creatività e dalla capacità di iniziativa del personale delle Ferrovie dello Stato. Tutte le iniziative presentate sono valutate secondo un processo di selezione con una Commissione interna e una giuria esterna. I criteri di valutazione dei progetti tengono conto di numerosi fattori tra i quali l'autonomia operativa e gestionale, la coerenza con le politiche aziendali, il miglioramento dei processi interni, miglior inserimento e sviluppo delle risorse femminili in azienda ecc. Gli ideatori dei 50 progetti vincitori ricevono in premio 20 computer portatili e 30 computer palmari, oltre ad un attestato di partecipazione e ad una targa di riconoscimento. La descrizione del progetto deve essere sviluppata sulla seguente griglia e contenuta in due pagine:
PROBLEMA Le
Ferrovie dello Stato sono una Azienda a dominanza maschile dove il potenziale
femminile non sempre è
valorizzato. Il
difficile processo di trasformazione aziendale, funzionale ad obiettivi di
maggior produttività deve responsabilizzare e coinvolgere le risorse umane
verso un nuovo modello aziendale improntato alla modernità, efficienza ed
orientamento al cliente. Non
si può pensare di non utilizzare in questo processo le competenze, le abilità
ed i “saperi” femminili, funzionali ad una visione meno gerarchica e più
dinamica della nuova Azienda. E’
necessario quindi un cambiamento culturale ed organizzativo che renda più
efficace l’organizzazione con una nuova cultura di genere vista non come
rivendicazione ma come cooperazione tra donne e uomini e che si esplichi in una
ricerca di sinergie. Per far questo, bisogna operare interventi pragmatici
rivolti non solo alle donne ma insieme agli uomini, creando nuove motivazioni,
un clima aziendale sereno e valorizzante delle differenze di ciascuno. E’
necessario, inoltre, identificare un nuovo modello di competenze rivolte alla
valorizzazione del patrimonio ferroviario ( vedi stazioni dismesse) e del
prodotto-treno legato al turismo, vero perno dello sviluppo sostenibile e
compatibile con la salvaguardia dell' ambiente. PROGETTO
Il
progetto, nella sua prima fase attualmente in corso di realizzazione, prevede
una indagine conoscitiva sulle condizioni di lavoro nelle Ferrovie in Sardegna,
con particolare riguardo ai ruoli delle donne
partendo dal dato di fatto che esse rappresentano appena il 10% della
forza lavoro e sono ancora marginali all'interno del ciclo lavorativo: in genere
sono collocate nelle qualifiche medio-basse e sono concentrate soprattutto nel
settore amministrativo.Si intende pertanto verificare questa ipotesi e
formulare, ove necessario, proposte di rinnovamento tese al raggiungimento di
una effettiva pari opportunità tra donne e uomini. L’indagine,
basata sull’intervista-questionario, intende indagare su tre momenti della
vita lavorativa: l’accesso al lavoro, l’ambiente lavorativo e
l’utilizzazione del personale. La ricerca è condotta facendo ricorso sia a
criteri di analisi quantitativi che qualitativi, per il rapporto di
complementarietà che esiste fra i due livelli. Partendo da questa impostazione si farà ricorso alla somministrazione di
questionari strutturati, ma anche a tecniche di rilevazioni non
strutturate (interviste libere, osservazione) allo scopo di raccogliere
informazioni dirette su alcuni comportamenti e opinioni. L'universo
dell'indagine è l'insieme dei lavoratori e lavoratrici delle Ferrovie sarde ed
il campione (10%) sarà scelto secondo un criterio di proporzionalità diretta.
Tutte le categorie verranno classificate ulteriormente in base al sesso perchè
è opportuno individuare le differenze di condizione e di interessi tra i generi. La
realizzazione del progetto è stata possibile grazie ad un finanziamento che il
Comitato Pari Opportunità sardo ha ottenuto dalla Regione Sardegna ed è curato
da un sociologo esterno che opera in stretto contatto con il CPO. Vi
è stata disponibilità del management aziendale a collaborare all’iniziativa
mettendo a disposizione risorse umane, informazione e locali per pubblicizzare
gli esiti in un pubblico convegno. Seconda fase Attraverso
il ricorso al finanziamento del Fondo Sociale Europeo su proposta del CPO, i cui
bandi regionali sono in prossima scadenza,
si intende fare formazione di elaborazione action learning a gruppi di
progetto che lavorino intorno a:
I metodi
utilizzati saranno:
RISULTATI Dopo
un primo bilancio degli effetti prodotti dalla ricerca sociale, attraverso gli
interventi di formazione e sviluppo organizzativo previsti, ci si aspetta di
valorizzare il potenziale inscritto nella diversità, in particolare quella
delle donne. L’Azienda
trarrà vantaggio dagli investimenti in formazione, utili a progettare nuovi
futuri gestionali interessanti sia per gli obiettivi individuali che per quelli
organizzativi. L’offerta
di sostanziale pari opportunità e la messa in gioco delle competenze
a connotazione “femminile” riscontrabili non solo nelle donne,
saranno leve utili per conseguire una maggior produttività, innovazione e
adattamento rapido alle mutevoli domande del mercato, specie quello legato al
turismo. PUNTI DI FORZA L’accoglienza
positiva che ha avuto la ricerca sociale da parte di diversi rappresentanti
aziendali che hanno offerto il loro contributo di riflessione e progettazione,
testimonia una buona sensibilità al problema delle pari opportunità. Si
ritiene che vi sia una convenienza aziendale al massimo utilizzo della sinergia
derivante dall’incontro delle diversità di genere ed alla creazione di un
clima aziendale in cui vi sia cooperazione e non conflitto o competitività
tra uomini e donne. Il
ricorso ai contributi esterni ( Regione Sardegna - Fondo Sociale Europeo) fa sì
che l’Azienda non debba affrontare costi non sostenibili. La valorizzazione del patrimonio ferroviario, che potrà avvenire anche attraverso accordi con terzi pubblici o privati, darà la possibilità di perseguire l'obiettivo di un maggior e miglior utilizzo del prodotto-treno, nell'ottica di uno sviluppo sostenibile dal punto di vista turistico e ambientale, in una regione come la Sardegna vocata al turismo ed interessata alla salvaguardia del patrimonio ambientale.
INTERVISTA
ALLA MINISTRA LAURA BALBO
di LUISA MARILOTTI Al tailleur d’ordinanza preferisce il cardigan e rifugge come la peste i luoghi comuni : Laura Balbo, Ministra come ama farsi chiamare delle pari opportunità, è sicuramente una donna fuori dal coro. Sin dalle prime battute vien fuori il piglio di chi non si lascia incantare da sterili slogan per privilegiare l’impegno concreto. A Cagliari per un convegno sulla città multietnica, va a ruota libera su welfare, orari flessibili e rappresentanza femminile, con una attenzione nuova a quel mondo maschile, che insieme alle donne contesta sentenze borboniche tipiche di una cultura dura a morire. D. Uomini e donne
sono diversi eppure ci dev’essere l’uguaglianza di diritti. Come fare a mettere insieme uguaglianza e differenza, parità e pari
opportunità? R. E’ difficile metterle insieme perché si mettono in moto meccanismi molto contraddittori: l’obiettivo è di aumentare le possibilità di uguaglianza , di parità valorizzando le differenze, ma il percorso è molto complicato. In realtà nessuna società ha realizzato ancora questo obiettivo quindi io credo che il riferimento alle pari opportunità stia proprio nella consapevolezza di un percorso che nella società moderna si mette in moto ma è anche tutto da inventare, da realizzare. D. Il dibattito sul Welfare sembra indirizzarsi verso le nuove politiche familiari, la,riforma dei congedi parentali e degli orari. Siamo di fronte a un modello radicale finalmente a misura di donna? R. Non mi pare che si possa definire radicale una forma molto a tentoni di messa sotto accusa del modello tradizionale senza che ce ne sia uno nuovo. Mi preoccupano le nuove proposte molto parziali, fatte di piccoli adattamenti che mi convincono che non abbiamo ancora una visione complessiva della società del Welfare e del post Welfare futura. . In effetti lo definirei al massimo una fase di sperimentazione di un modo nuovo di far funzionare la società, rispettando l’esigenza di orari flessibili, con un’attenzione alle modalità specifiche del vivere femminile, in un’ottica di “ family friendly”. D. Ma come trovare
orari più flessibili per le donne senza cadere nella trappola del
part-time? R. In Europa ci sono decine e decine di modalità diverse di orari, si tratta di mettere insieme in modo consapevole formule di presenza sul lavoro e sulle altre attività della vita. La costruzione della vita delle donne e degli uomini in futuro, assolutamente non potrà rispettare l’orario tradizionale sia nell’arco della giornata, della settimana, dell’anno, di tutta la vita. Quindi questa è una delle grandi scommesse del futuro. D. Si tende a colpevolizzare le donne per la bassa natalità. Come far smettere i demografi di parlare dell’egoismo femminile? R. Più che i demografi sono i giornali che spesso banalizzano problemi e “ trend” frutto di studi e ricerche portati avanti molto seriamente dai demografi. D. E’ prevista la parola delle donne in tutti i luoghi in cui si discute di patto sociale? R. Spesso la presenza delle donne, nella cultura politica italiana è solo di rito, un riconoscimento dovuto a raccomandazioni europee spesso rituali anch’esse. Invece la loro presenza è necessaria per valutare le ricadute sulle donne di ogni decisione assunta nel patto sociale . Anche se è difficile, questo è quello che in prospettiva si dovrebbe fare. D. La proposta del suo ministero di una legge sulle statistiche di genere, troverà terreno fertile in ambienti come la Pubblica Amministrazione e soprattutto in coloro che queste statistiche dovranno gestire? R. C’è molta disponibilità dell’ ISTAT a collaborare, molta consapevolezza di questo problema anche in tutta Europa dove questa è considerata una modalità importante, che naturalmente ha senso solo insieme a molte altre. Infatti di per sé avere le statistiche non cambia niente, ma sono un tassello importante nel formare sia questa cultura del monitoraggio, sia nel creare una attenzione specifica sul fatto che uomini e donne sono diversi , quindi abituarci a pensare in questo modo è davvero un passo avanti D. Riforma della legge 125 sulle pari opportunità. Quale è il suo giudizio sulle novità introdotte nella finanziaria sulle consigliere di parità? R. Noi sappiamo che l’invenzione delle consigliere di parità è stato un segnale importante, ma non sono state dotate di una strumentazione adeguata. Adesso dopo una un’esperienza iniziale sappiamo che cosa dobbiamo proporre, e di fatto è stata proposta un’autonomia finanziaria quindi sappiamo benissimo che cosa si potrà realizzare di più concreto e più fattivo. D. Si parla anche di una loro collocazione presso le commissioni regionali per l’impiego La dimensione regionale o comunque decentrata, è importantissima in particolare quando parliamo di risoluzione di problemi legati all’occupazione. E’ ovvio che a livello locale si capisce, si valuta cosa si deve fare, quindi occorre un’azione molto consapevole delle differenze territoriali, di settore, di contesto. E’ il passaggio che noi forse potremo realizzare adesso e quindi noi ci impegniamo molto su questa nuova dimensione della regionalizzazione. D. Ma la regionalizzazione, la Bassanini, quali garanzie offre per uniformare le politiche a favore delle donne in tutto il territorio? R. Dipende da noi e dalla nostra capacità di sfruttare questa dimensione decentrata. Spesso siamo abituati, e questo valga anche per le donne, a ricevere le direttive dal centro. E invece io credo che dobbiamo approfondire anche da un punto di vista teorico gli studi o quello che noi cerchiamo di fare, le potenzialità insite in questa fase, cioè non vederla come una minaccia per le donne ma vederla come un’occasione in più . Però le donne si devono dare da fare. D. C’è chi insiste sulla necessità di creare “organismi separati” ( commissioni, comitati, consulte di sole donne) e chi pensa che sia ora di pensare alla rappresentanza delle donne a tutti i livelli della politica. R Servono a volte degli organismi specifici ma allo stesso tempo una forte presenza negli altri. Ma finché la presenza è debole negli organismi di carattere generale, si pagano dei costi molto elevati, quindi il passaggio fondamentale è di puntare ad avere una maggiore rappresentanza negli organismi di governo a tutti i livelli. Si tratta però anche di capire quali sono le strategie appropriate a questa fase ed io credo che siamo davvero molto deboli sul piano strategico, stare negli organismi separati può anche servire, ma significa anche stare in un luogo molto “stretto”, di ripetizione e di convincimento tra le donne ma senza rompere questa situazione di separatezza. Bisogna inventare dei modelli organizzativi diversi di presenza forte negli organismi di carattere generale, e questo è tutto da inventare perché possa risultare vincente. D. Donne ed elezioni. Qual’ é il suo giudizio sulle novità introdotte in Francia sulla modifica alla Costituzione, o alla Emily list britannica, non sarebbe meglio pensare a una forma di finanziamento pubblico ai partiti con destinazioni di somme per sostenere le candidature femminili o altro… R. Se n’è discusso eccome, ma le resistenze in tal senso sono troppo forti quindi è inutile farsi venire delle idee utopistiche o astratte. Anche in Francia le cose non sono andate lisce, ma c’è stata a un certo punto una presa di impegno molto forte perché la proposta è andata avanti e questo è un buon segno. Si fanno le proposte, i passaggi, le strategie e c’è chi si fa carico di portarle avanti. Da noi mi sembra che non ci sia questo. Ogni tanto si fanno le proposte più disparate, che spesso non sono pensate fino in fondo oppure sono deboli oggettivamente, e poi si lasciano cadere. Non mi sembra per esempio, che le prossime elezioni ci daranno questa fase di cambiamento, non siamo ancora riusciti, anche perché le condizioni sono molto difficili, a innestare la strumentazione che ci porti verso questo obiettivo, siamo in difficoltà. Io credo che vada detto. E’ ovvio che in una situazione internazionale come questa, in una situazione di economia interna così difficile, poi incalzano anche delle altre priorità e quindi questo è un passaggio stretto in cui ci troviamo. D. Sei donne ministro sono un segnale positivo, ma i recenti pronunciamenti della Cassazione in caso di stupro, fanno vedere un fronte maschile compatto e restio ai cambiamenti. Siamo in presenza di donne moderne e uomini antichi? R. Siamo in presenza di uomini modernissimi, noi dobbiamo fare i conti con uomini che sanno bene cosa vogliono e che quindi condizionano moltissimo anche l’espressione innovativa che le donne portano avanti. Non so se il fronte maschile sia compatto, non credo proprio, i giornali, i media, moltissima parte dell’opinione pubblica, si son detti contrari a quella sentenza. Quindi non darei un giudizio che accomuna tutti, certamente i luoghi alti del potere sono quelli più pesantemente occupati non solo da uomini, ma da uomini cresciuti in una cultura tradizionale, molto spesso di età avanzata e rimasti dentro le loro professioni, molto chiusi rispetto all’insieme della società. E’ questa la vera struttura del sistema italiano. Io credo invece che gli uomini in generale, penso per esempio ai più giovani, avvertono moltissimo i cambiamenti. La responsabilità delle donne è dare voce a questo insieme di cambiamenti e quindi lo scontro naturale esiste, ma esistono anche opinioni maschili vicine alle nostre e quindi il dialogo è indispensabile. Articolo pubblicato su “ SATURRU- IL BANDITORE DI SELARGIUS”
Periodico indipendente di Selargius - anno 4 n:2 del giugno 1999 CONVEGNO NAZIONALE SULLE PARI OPPORTUNITA’ Roma 1° marzo 2000 Ho partecipato al convegno
nazionale sulle pari opportunità che si è tenuto a Roma il 1° marzo 2000
sul tema :”progettare la parità nelle Ferrovie dello Stato: idee e
strumenti operativi”. I lavori del convegno sono stati coordinati da
Roberto Spingardi, Direttore Comunicazione Interna e Cultura d’Impresa.
Hanno partecipato al convegno il Ministro Laura Balbo. Erano presenti i
massimi vertici aziendali: Giancarlo Cimoli, Amministratore Delegato F.S.
spa., Francesco Forlenza Direttore Generale Risorse Umane, Gabriele Panizzi
Responsabile della Funzione Formazione, Giuseppe Depaoli, Direttore
Relazioni Industriali. Sono intervenuti inoltre rappresentanti regionali,
sindacali e dei CPO. Finora il discorso sulle pari
opportunità sembrava fermarsi ai soli “addetti ai lavori”. Ma ora
qualcuno al vertice sembra che abbia iniziato a recepirne l’utilità e la
portata innovativa. Un piccolo segnale in questa direzione si è sentito in
questo Convegno Nazionale I massimi vertici aziendali,
che hanno partecipato ai lavori, hanno accennato al ruolo della donna, e dei
CPO in particolare, come portatori di valori positivi e soprattutto innovativi.
L’ing. Cimoli, a conclusione del suo discorso si è impegnato a
portare avanti le proposte dei Comitati, riconoscendone il ruolo
strategico. Un altro piccolo segnale si è
sentito quando i CPO quest’anno per la prima volta sono stati chiamati a
partecipare attivamente, presentando dei progetti, al concorso “innovare
per migliorare”. Questi concetti a poco a poco stanno entrando nella mentalità dei vertici Aziendali e non solo nelle Ferrovie dello Stato. Il Sole 24 ore ha pubblicato, il 24 ottobre 99, un articolo col titolo “più spazio alle donne in azienda nuova arma di competitività” e riporta nello stesso alcune affermazioni di Cesare Romiti: “se vuoi che qualcosa venga detto chiedilo ad un uomo, se vuoi che qualcosa venga fatto chiedilo ad una donna”. Romiti nella sua analisi arriva addirittura ad affermare : “ogni passo verso la pari opportunità è un passo verso la maggiore competitività delle aziende “ e aggiunge : “le donne non devono partire dal presupposto di una presunta diversità, devono convincesi di essere più brave dell’altro sesso” e ricorda che alla Fiat, azienda tradizionalmente maschilista, l’amministratore delegato Vittorio Valletta per i bilanci si fidava più delle donne che degli uomini.” Alla FIAT hanno riconosciuto il contributo delle donne e le loro qualità: “flessibilità, fantasia, dedizione allo scopo, concretezza.” Queste qualità nella nostra società divengono sempre più importanti in quanto il mondo del lavoro è in continua evoluzione e ha bisogno di stimoli maggiori e di innovazione. Il mio sindacato, in un’ottica estremamente moderna ha precorso i tempi nominando un uomo come componente del CPO regionale. E’ stato una decisione simbolica a dimostrare che il discorso non è destinato alle sole donne, ma riguarda tutto il mondo del lavoro e la società in generale- Il fatto di essere l’unico uomo a far parte di un CPO mi riempie di orgoglio e devo ammettere che le donne hanno visto la presenza maschile come un fatto positivo. Essere componente del CPO mi ha fatto acquisire maggiore consapevolezza e sensibilità nei confronti di queste tematiche. Considerato che la nostra Azienda è composta al 97% da personale maschile mi sembra normale che anche gli uomini debbano partecipare attivamente al cambiamento in direzione di un modo di lavorare più equo e soddisfacente per tutti. Jimmy Fanzecco componente CPO F.S. SardegnaArticolo pubblicato sul Notiziario FISAFS Cagliari aprile 2000.
LA 125 NON E'
UNA STRADA STATALE Sempre più spesso gli
organi di informazione evidenziano che negli ultimi vent'anni è aumentata
l'occupazione femminile in Italia e che questo fenomeno è legato a
dinamiche che hanno interessato sfere diverse della vita sociale, dalla
istruzione , al mercato del lavoro, ai mutamenti avvenuti all'interno della
famiglia, al controllo della fecondità. Ma se è bene considerare i
progressi registrati, tanti sono ancora i nodi irrisolti. Ad un incremento di
donne istruite nel mercato del lavoro corrisponde una fuoriuscita di donne
non scolarizzate nelle età centrali, per non parlare delle collocazioni
professionali medio basse della componente femminile pressochè in tutti i
settori lavorativi. Queste dinamiche
tenderanno a rafforzarsi se gli interventi delle imprese nell'organizzazione
del lavoro e quelli del legislatore nell'ambito del Welfare, continueranno a
rimanere imperniati sulla figura del maschio adulto capofamiglia e a non
considerare il lavoro come diritto universale dell'individuo. Esistono pertanto dei
problemi aperti che richiedono una riflessione ed occorre che le proposte
frutto dell'elaborazione politica dei movimenti ed associazioni femminili si
traducano in operatività. Per questo è
fondamentale il ruolo degli organismi di parità previsti dalla legge
125/91, tra cui i comitati per le pari opportunità che dovrebbero essere
istituiti in tutte le Aziende e il cui compito è quello di analizzare la
propria realtà lavorativa e proporre interventi volti al riequilibrio della
forza lavoro maschile e femminile. Un formidabile strumento
di analisi che, se verrà saputo gestire, inciderà notevolmente sul
mutamento del mercato del lavoro
è senza dubbio il rapporto biennale che le Aziende devono fornire sulla
situazione del personale maschile e femminile, in virtù dell'art. 9 della
legge 125/91. L'art. 9 è un perno senza il quale la 125 potrebbe risultare
priva di efficacia ed è il corollario che doveva dare impulso all'aspetto
promozionale della legge stessa, è quindi cruciale se si vuole che la legge
sulle pari opportunità non venga vanificata. E' cruciale perché
permette di rilevare le informazioni di natura statistica sulla situazione
del personale, che consentono di adottare strumenti effettivi per combattere
la discriminazione sia individuale che collettiva e che possono anche essere
portate come prova in giudizio. Il giudice che dovrà
valutare il ricorso avrà elementi per dire :” Questa impresa pone in atto
fenomeni discriminatori o no?” E' previsto infatti che
”le imprese pubbliche e private che occupano oltre cento dipendenti sono
tenute a redigere almeno ogni due anni un rapporto sulla situazione del
personale maschile e femminile in ognuna delle professioni ed in relazione
allo stato delle assunzioni, della formazione, della promozione
professionale, dei livelli, dei passaggi di categoria o di qualifica, di
altri fenomeni di mobilità, dell'intervento della cassa integrazione
guadagni, dei licenziamenti, dei prepensionamenti e pensionamenti, della
retribuzione effettivamente corrisposta”. Un limite della legge è
l'esonero delle aziende con meno di cento dipendenti, pertanto rimane fuori
un ampio settore della piccola impresa, in genere meno rispettoso delle pari
opportunità. Che anche la grande impresa non sia stata favorevole verso la
legge e la abbia a lungo disattesa, si rileva dai numerosi ricorsi innescati
contro il decreto del Ministero del Lavoro del 8 luglio 1991 che
regolamentava l'applicazione dell'art. 9 in questione. Tale decreto conteneva
una serie di informazioni di natura così varia ed approfondita, da
suscitare il panico in chi doveva redigerlo; il vincolo dei due anni ed il
decentramento delle informazioni erano i punti di maggiore frizione. Il
resto è ormai cosa nota, perlomeno per chi ha seguito l'iter contrastato
del decreto, il ricorso di Confindustria non è stato accolto dal TAR con
conseguente obbligo di redazione dei rapporti da parte delle aziende in
attesa della pronuncia di merito. Confindustria e
Assocredito fecero circolare tra gli associati un modulo aggregato e di
difficile interpretazione. Nel novembre 1994 il ministro del lavoro Mastella
eliminò la efficacia del provvedimento con una sospensione dei termini in
attesa di un decreto risolutivo. Questo fatto, avvalorato
da una sentenza favorevole della magistratura verso un ricorso presentato da
una azienda, rincuorò le varie imprese e già si vociferava sulla possibile
revisione delle tabelle. Finalmente il 17.7.96 il
ministro del lavoro Treu, con nuovo decreto, pose fine al contenzioso
chiarendo in modo inequivocabile come devono essere redatti i rapporti, chi
deve compilarli, quali sono le scadenze per i bienni di riferimento a
partire dal “92-”93. L'obbligo riguarda la compilazione di otto tabelle,
riferite ai lavoratori suddivisi nella quattro qualifiche previste dal
codice civile cioè dirigenti, quadri, impiegati ed operai (vanno fatte le
giuste equiparazioni per le altre qualifiche analoghe quali ad esempio
infermieri, piloti ed altri). La macroscopica novità
consiste nel fatto che il rapporto è articolato su base di Unità Produttiva
e le aziende con cento dipendenti devono redigerlo a parte anche se
l'Azienda ha dimensioni nazionali. I destinatari sono le rappresentanze
sindacali aziendali e la consigliera di parità, che di fronte ad eventuali
disparità di trattamento per le lavoratrici possono intervenire nell'ambito
delle loro competenze: le prime, anche su
proposta dei comitati pari opportunità, per proporre alle imprese modifiche
dell'organizzazione del lavoro, azioni positive da inserire nei contratti
collettivi, finalizzate a riequilibrare la presenza femminile in termini
quantitativi e qualitativi quali ad esempio percorsi formativi mirati per il
personale femminili; la consigliera di parità per promuovere ricorsi anche
collettivi presso la magistratura amministrativa portando come prova proprio
gli indici statistici. Ma questi ultimi, se ricavati da dati nazionali non
sono indicativi, da qui l'importanza delle informazioni su base locale. Storicamente le donne
non vanno in giudizio per le insormontabili difficoltà a portare elementi
di prova, ma adesso il contenzioso sarà meno impari e scoraggiante. I numeri forniti dalle
maggiori aziende di trasporto, su pressante richiesta dei comitati pari
opportunità, dicono che la percentuale di lavoratrici nelle Ferrovie dello
Stato è del 7,6% (Cagliari ha il 9%), mentre in Alitalia è del 25,6%.
Questo scarto tra le due maggiori Società di Trasporto è ancora legato a
stereotipi culturali: la “hostess” ed il “capo stazione” continuano
ad essere figure a forte connotazione di genere. Chi discrimina in un modo e
chi in un altro. Per esempio ai vertici le stesse percentuali si
capovolgono: 6,5% di donne dirigenti in FS e solo il 5,9% in Alitalia. E che dire della
contrazione in FS di personale di tutte le qualifiche tranne che per i
dirigenti dove, guarda caso, si ha la percentuale più alta di presenza
maschile? E nel campo formativo
dove l'Alitalia non attua nessuna discriminazione di genere, interessando
tutte le qualifiche senza distinzione a seconda del sesso, mentre nelle
Ferrovie la percentuale delle partecipanti è solo del 6% sul totale delle
ore di formazione? Questi esempi sono
ricavati dall'analisi di quattro anni di attività relativi ai bienni 92-93
e 94-95. Con la consegna dei rapporti del biennio 96-97 si avrà un quadro
più preciso perché si potrà avere una visione globale sull'andamento del
lavoro femminile nell'arco temporale di sei anni, che permetterà di
studiare fenomeni di più lunga durata. Questa ed altre
considerazioni ci spingono ad andare avanti nella analisi della realtà
lavorativa nella quale operiamo come lavoratrici e come componenti dei
Comitato Pari Opportunità che dal 1991 porta avanti proposte di azioni
positive riguardanti l'accesso, la valorizzazione e la permanenza al lavoro
delle donne inserite in un ambiente tipicamente e tradizionalmente maschile,
dove per i più la 125 è solo una strada statale che collega Olbia con
Cagliari. LUISA MARILOTTI Presidente del CPO F.S. Sardegna Pubblicato su “Tempistretti” Rivista semestrale della Commissioni per le Pari opportunità fra uomini e donne della Regione Autonoma della Sardegna - anno I n. 2 del dicembre 1997
Presentazione
del libro il
lavoro come Valore
di Maria Maimone E’ con vero piacere che ho
raccolto la proposta del mio Sindacato di presentare il libro della collega
Maria Maimone intitolato : “il lavoro come valore: verso la
difficile parità”. Ritengo che la scelta per questo compito sia ricaduta sulla mia persona in quanto faccio parte del Comitato Regionale delle Pari Opportunità dal 1991. Il fatto che la presentazione del libro avvenga nel corso di una riunione da tenersi in una data simbolica per le donne: l’8 marzo del 2000 anche questo non è una semplice coincidenza. Infatti il saggio di Maria Maimone è stato “etichettato” sulle pari opportunità. Ma dopo aver letto il libro e ho scoperto che definirlo in tal modo sarebbe estremamente riduttivo. Ha invece una portata molto più ampia, in quanto parte dall’assunto che “il concetto di pari opportunità debba necessariamente estendersi oltre il rapporto uomo-donna” infatti “il mondo del lavoro discrimina non solo la donna, ma anche l’uomo e lo fa, seppur in modi diversi, per le stesse motivazioni”. Questo in sintesi il concetto che afferma l’autrice nell’introduzione. Il fatto che mi ha piacevolmente sorpreso è che questi argomenti, nella mia attività di istruttrice sulle pari opportunità, ho sempre utilizzato per introdurre il discorso su un uditorio spesso completamente o quasi maschile. Nella mia analisi ho allargato il concetto affermando che la discriminazione, che abbraccia anche l’uomo, si allarga anche al di fuori del mondo del lavoro. E mi piace ricordare con orgoglio che sempre più spesso gli allievi, salvo rare eccezioni, si sono trovati d’accordo nell’ammettere che se si applicassero le regole delle pari opportunità ci troveremo in un mondo migliore e con un modo di lavorare perfino più produttivo. I colleghi uomini si trovano sempre più spesso a rendersi conto attraverso le esperienze di moglie e figlie come le discriminazioni dirette ed indirette facciano ancora parte della nostra società che ancora deve liberarsi da stereotipi culturali e condizionamenti mentali. Maria Maimone non si è addentrata in questi dettagli, peraltro già ampiamente trattati su innumerevoli testi sull’argomento. Ha trattato il ruolo della donna e il concetto di pari opportunità in maniera non demagogica e soprattutto al di fuori dei soliti stereotipi. L’approccio seguito è veramente efficace perché parte dal un’angolazione diversa apportando nuovi stimoli. Quali siano non voglio rivelarveli per non togliervi il gusto di scoprirli da soli. Nel convegno nazionale che si è
tenuto a Roma il primo marzo 2000 ho conosciuto la collega autrice del
testo, componente il CPO regionale di Milano. Mi ha confidato di essere
piacevolmente sorpresa del successo del suo libro. Ritengo che la ricetta di
tale affermazione derivi dal fatto che chi lo legge scopre che in realtà
non è utopistico pensare di cambiare il mondo del lavoro. Uomini e donne ne
avrebbero vantaggio. “Il lavoro come valore e non come luoghi di privilegi e di antagonismi personali
diviene il presupposto da cui partire per operare quella trasformazione
utile non solo all’uomo che lavora, ma allo stesso mondo del lavoro
globalmente inteso”. Precisa
l’autrice nelle sue conclusioni. Consiglio
la lettura di questo libro
a donne e uomini, e ritengo che ne trarrebbero maggiormente vantaggio coloro
che rivestono ruoli di potere con l’auspicio che possano essere ispirati
ad un nuovo modo di lavorare. Un’ultima osservazione: questo libro vi farà
riflettere, potrete forse non essere d’accordo, ma in ogni caso non vi
lascerà indifferenti. Maria Eugenia Maxia Componente il CPO F.S. Sardegna
Potere,
lavoro e azioni positive, i comitati pari opportunità delle Ferrovie dello
Stato “Percentuali riservate alle donne, questo resta il solo modo per garantirle” E’ il caso delle Ferrovie dello Stato dove è stato introdotto per via contrattuale il sistema delle percentuali sulle assunzioni, progressione in carriera, formazione, commissioni d’ esame. Per fare qualche esempio la mancata introduzione delle quote nelle liste elettorali ha prodotto, a causa del maggioritario, il macroscopico arretramento delle donne nella composizione del Parlamento o del governo delle Regioni o Comuni nell’ ultima legislatura, e sappiamo che la presenza femminile nelle qualifiche dirigenziali della Pubblica Amministrazione è inspiegabilmente esigua nonostante dal 1966 la donna abbia avuto il libero accesso a tutti gli impieghi pubblici. Se questo avviene ancora a distanza di trent’ anni è evidente che occorrono dei correttivi mirati a rimuovere gli ostacoli possibilmente senza aspettare che ne passino altri trenta, ma intervenendo subito. Non basta dunque vigilare sull’ applicazione delle leggi di parità, ma se si vuole che questi concetti non rimangano belle parole, è necessario fornire ad un solo sesso interventi di vantaggio temporaneo, così come è previsto dalla L. 125/91 che si propone di “promuovere l’ inserimento delle donne nelle attivita’, nei settori e nei livelli nei quali esse sono sottorappresentate”. Ma questo è lo scopo delle azioni positive, che secondo la definizione del Consiglio d’ Europa sono “strategie destinate a ristabilire l’ uguaglianza delle opportunità grazie a misure che permettano di contrastare o correggere discriminazioni che sono il risultato di pratiche o sistemi sociali. Ma proprio perché non sono codificate, le azioni positive possono agire a tutto campo: anche come progetti non finanziati che dovrebbero marciare da soli, quali ad esempio gli accordi contrattuali tra imprese e sindacati, che prevedano anche riserve di percentuali per il personale femminile. Nel luglio ‘95 viene sottoscritto a Roma tra Società FS e Sindacati un accordo relativo alle procedure di accesso al mercato del lavoro con contratto di formazione e lavoro, in base al quale “ nel rispetto dei principi di non discriminazione diretta ed indiretta di cui alla L. 125/91 devono essere individuate le percentuali di accesso uomo-donna facendo riferimento alla consistenza femminile nelle liste di collocamento della regione nonché a quella dei settori di destinazione”[ii]. E l’ intervento ha una portata notevole se si pensa che è stato effettuato in un settore tradizionalmente maschile e restio a favorire interventi di pari opportunità. Che fine avesse fatto il 2° comma dello stesso articolo, non è dato saperlo (guarda caso era proprio quello che impegna la Repubblica a rimuovere gli ostacoli per raggiungere l’ uguaglianza fra i cittadini), ma tanto bastò per bloccare le assunzioni di 21 donne a Genova e per scatenare una serie di reazioni a colpi di diffide, ricorsi e volantini deliranti contro gli scandalosi privilegi delle donne. Queste reazioni e la sentenza del pretore maturavano in un momento in cui erano intervenute le due sentenze della Corte Costituzionale sulla bocciatura delle quote in materia di candidature elettorali[iv] e della Corte di Giustizia europea sul caso “ Kalanke” che dichiarava illegittima l’ assunzione di una donna al posto di un uomo a parità di punteggi[v]. Ma nonostante l’ enfasi data alla illegittimità delle quote da una stampa più attenta a dare notizie sensazionali piuttosto che a riportare i fatti rigorosamente, né l’ una né l’ altra sentenza avevano relazione alcuna con il caso delle FS perché l’ oggetto aveva carattere legislativo e non contrattuale, ma anzi, a ben vedere ne avvaloravano le azioni . La prima perché dichiarava le quote elettorali illegittime solo in quanto imposte per legge, non escludendo però che i partiti politici liberamente decidessero di stabilire percentuali, la seconda perché contestava la misura rigida ed incondizionata delle quote ritenendo invece legittimi i sistemi di quote privi della rigidità ed automaticità. Per dirimere la controversia erano stati richiesti dalle FS dei pareri al Ministero del Lavoro[vi] e ad un collegio di giuristi di comprovata autorevolezza[vii]. Questi pareri hanno entrambi ritenuto pienamente compatibili con i principi della L. 125 e della Costituzione le azioni positive applicate nelle quote. Tuttavia il sistema delle quote è il più efficace e rapido per conquistare quelle posizioni tutte al maschile. A meno che non si trovi un altro metodo altrettanto rapido ed efficace. O a meno che non ci si illuda che gli uomini, in un eccesso di galanteria, cedano cavallerescamente il posto. ·[i] In data 11.11.1997 la Corte Europea a Lussemburgo, confermando la legge del Land della Renania-Westfalia, ha stabilito che in caso di parità di titoli e qualifiche, le candidature femminili possano aver diritto di precedenza nelle promozioni rispetto agli uomini, a condizione che non ci sia un automatismo a danno di questi ultimi. [iv] sentenza n° 422 del 12.9.1995. La Corte Costituzionale ha dichiarato la incostituzionalità dell’ art. 5 comma 2° della legge 25 marzo 1993, n° 81, secondo cui “ nelle liste dei candidati al Consiglio Comunale nessuno dei due sessi può essere di norma rappresentato in misura superiore ai due terzi”. La Corte ha dichiarato illegittime le quote quando queste vengano imposte per legge”, ma al contrario “ possono essere valutate positivamente ove liberamente adottate dai partiti politici, associazioni o gruppi che partecipano alle elezioni, anche con apposite previsioni dei rispettivi statuti o regolamenti concernenti la presentazione delle candidature”. [vii] “Parere pro veritate sulla legittimità della riserva di quote in favore delle donne , nelle procedure di assunzione” reso dai prof. R. De Luca Tamaio, B. Veneziani, L. Ventura in data 20.12.1996. Ne risulta la legittimità della clausola “ perchè volta a porre in essere un’ azione positiva che le parti hanno promosso avvalendosi della loro autonomia contrattuale. Essa non può essere considerata discriminatoria nei confronti dei candidati di sesso maschile... perchè la differenziazione di trattamento posta in essere appare giustificata... ed attuata con ragionevolezza”.
Sicurezza
sul lavoro delle lavoratrici nel decreto legislativo 25 novembre 1996 n°
645. di
Maria Eugenia Maxia Il decreto legislativo 645 del 1996 recepisce la direttiva Comunitaria del 19 ottobre 1992 che riguarda l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento. La normativa integra le disposizioni del decreto legislativo 626/94, in materia di sicurezza sul lavoro, che continua ad applicarsi per quanto non diversamente disposto dal Decr. Leg. 645. Quest’ultimo estende il suo campo di applicazione fino a sette mesi dopo il parto e a tutto il periodo della gravidanza. La normativa ha imposto al Datore di Lavoro e agli altri organismi preposti alla sicurezza di effettuare la valutazione dei rischi avendo riguardo alla tutela della maternità e fissa un elenco, non esaustivo, di agenti fisici, chimici e biologici, di processi e di condizioni di lavoro che devono essere comunque valutati, individuandone le misure di prevenzione e protezione da adottare. L’art. 5, intitolato “misure di prevenzione e protezione, descrive la procedura che il Datore di Lavoro deve adottare qualora i risultati della valutazione rivelino un rischio per la sicurezza e la salute delle lavoratrici. E’ infatti previsto che lo stesso Datore di Lavoro proceda ad una modifica temporanea delle condizioni o dell’orario di lavoro al fine di evitare l’esposizione a rischio delle lavoratrici. Il C.C.N.L. dei ferrovieri, approvato il 7 gennaio 98, all’art. 59 “ambiente e sicurezza sul lavoro” punto 8) prevede: “la Società si impegna ad emanare tempestivamente le necessarie disposizioni applicative in merito al decreto legislativo 25 novembre 1996 n° 645 per quanto riguarda la tutela della sicurezza e della salute delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento”. Attualmente tali disposizioni non sono state ancora emanate. A questo proposito si ricorda che l’art. 33 del decreto legislativo 626/94 prevede che le donne incinte e le madri che allattano devono avere la possibilità di riposarsi in posizione distesa e in condizioni appropriate. La stessa disposizione era prevista nella Direttiva CEE n° 89/654 del 30 novembre 1989 art. 12. L’adeguamento a tale precetto, per ora non attuato, comporta per i Datori di lavoro la necessità di creare negli impianti ferroviari un ambiente attrezzato per il riposto della lavoratrice incinta o in allattamento. L’aspetto più
significativo del decreto 645 di recepimento della Direttiva Comunitaria
riguarda l’art. 7 che sancisce il diritto della lavoratrice a poter
usufruire permessi, senza perdita della retribuzione, per poter effettuare
visite mediche specialistiche e/o esami prenatali durante l’orario di
lavoro. La lavoratrice ha l’onere di presentare al Datore di Lavoro la
certificazione sulla data e l’orario di svolgimento degli esami. L’art.
52 del C.C.N.L. dei lavoratori delle Ferrovie dello Stato riprende al punto
6) detta disposizione legislativa. Per concludere è importante precisare
che l’art. 2 del d.l. 645 prevede che con Decreto Interministeriale
saranno stabilite le linee guida riguardo la valutazione degli agenti
chimici, fisici e biologici, nonché dei processi industriali ritenuti
pericolosi per la sicurezza o la salute delle lavoratrici._ Valutazione dei rischi ai sensi del decreto Legislativo 645:
(articolo pubblicato su CPO News Anno II del settembre 1998) IMPORTANTI RISULTATI AL CONVEGNO ORGANIZZATO NELLA SEDE DELLE FERROVIE DELLO STATO Settembre '98:
la sala convegni delle Ferrovie dello Stato si riempie di un profumo inconsueto.
Bouquet di fiori al centro, ficus benjamin ai lati, c'è una speciale atmosfera
e la sala si anima di colori improbabili fino al giorno prima, gonne rosse e
bluse gialle contrastano con i doppiopetto grigi e le cravatte blu che la sala
è abituata ad ospitare. Per noi del
Comitato Pari Opportunità delle Ferrovie dello Stato è il primo convegno ed il
momento è importante. Quando Giovanna Colombo ci ha proposto di organizzare
insieme alla Commissione Regionale, un incontro sugli organismi e le politiche
di parità,ci siamo sentite molto lusingate di poter ospitare i gruppi presenti
nell' Isola per poter ragionare, scambiare idee, opinioni,informazioni, e
spendere così il sapere acquisito in questi anni. E in questo clima di
coinvolgimento si è affermata, prepotente, la voglia di protagonismo, quello
positivo, dinamico, che nasce dal desiderio di misurare e verificare il senso e
l'efficacia delle nostre azioni. La nostra esperienza l'abbiamo raccontata un po' per incoraggiare le altre, un po' per rassicurare noi stesse: per convincerci di avere comunque inciso con azioni positive in un contesto particolare per la complessità di aspetti organizzativi,tecnici e culturali qual'è il mondo ferroviario, tradizionalmente chiuso alle donne. Prima di tutto è stata affrontata la questione delle
assunzioni perché non consideriamo più accettabile una presenza femminile così
inconsistente (9%). Le cause? Discriminazioni nei requisiti richiesti per le
ammissioni, presentati come neutri, in realtà
fortemente penalizzanti per le donne,oltre alla continua immissione di personale
maschile proveniente dal Genio Ferrovieri. Ma per queste
“quote maschili”, a differenza di quelle “femminili”, nessuno ha mai
invocato l'incostituzionalità, ravvisandone il privilegio. Dopo l'intervento
sulle quote nelle assunzioni e nelle promozioni, e dopo aver frequentato un
corso all'Ifold per operatrici di parità, abbiamo maturato la consapevolezza
che bisognava porsi l'obiettivo di incidere con fermezza sulle strategie
organizzative, vere chiavi di volta per il cambiamento. Investire solo
sulle quote, sulle discriminazioni, non ci avrebbe portato molto lontano perchè
la rivendicazione continua, la forma questuante crea effetti di ritorno di
grande debolezza su chi la propone. Crea problemi e non da risorse. ,
Il problema è allora quello di rovesciare le posizioni e non rivendicare
solamente, ma proporre iniziative con autorità cercando di far coincidere
l’interesse delle donne a migliorare la propria condizione con quello
dell’Azienda di utilizzare al meglio le risorse umane. Vanno in questa
direzione sia gli interventi sulla formazione (vista come momento centrale per
promuovere lo sviluppo delle capacità relazionali, di comunicazione e di
mediazione delle donne) sia un progetto firmato con i fondi dell'Unione Europea
per rafforzare e qualificare
la presenza femminile nelle relazioni industriali e nella negoziazione. Certamente la
direzione di marcia non sarà unidirezionale, occorrerà ancora richiedere le
quote ed intervenire sulle discriminazioni se sarà necessario, ma il cammino
compiuto fin qui ci fa considerare che si è aperta la stagione del “meanstreaming”,
della rivalutazione del pensiero delle donne nella politica generale. Il convegno ha visto la presenza delle Commissioni provinciali di Cagliari e Sassari, quelle comunali di Quartu, Guspini, Macomer, S.Sperate, Assemini; i Comitati sul lavoro dell' Enel ,delle Poste, dell' Intendenza di Finanza, ma anche di numerose altre donne in procinto di istituire le loro, come il Consiglio di Stato e la Polizia. L’idea che stava alla base dell’iniziativa della Commissione Regionale era quella di coinvolgere queste istituzioni nella discussione oggi in atto sull’evoluzione degli organismi di parità, nati negli anni ‘80, verso una dimensione più funzionale alla situazione attuale e di collegamento con il Ministero di Pari Opportunità. L'argomento è stato affrontato da Giovanna Colombo nella sua introduzione in cui è stata sottolineata la lentezza e le difficoltà con cui in Sardegna sono sorti questi organismi. L' ingresso delle donne nelle Giunte invece, è stato ostacolato da una malintesa interpretazione della sentenza della Corte Costituzionale che abolisce le quote in materia elettorale. In questo modo sono stati disattesi gli Statuti regolarmente approvati,che prevedevano espressamente la presenza in Giunta di una rappresentanza femminile, con i risultati che tutte noi conosciamo. Questo ha comportato una difficile ricaduta sul piano pratico delle previsioni normative in tema di pari opportunità ed è dovuto sicuramente ad un mondo politico fatto a misura d'uomo, ma anche ad un perdurante deficit di soggettività politica delle donne che molte volte sono le prime a non riconoscere che esiste una disuguaglianza all'interno della società e prendono le distanze dagli organismi di parità. Ma che il problema esista lo dimostra l'istituzione di organismi internazionali che sulla base di ricerche effettuate nei paesi della Comunità Europea, hanno rilevato che esistono disparità tra uomini e donne in ambito politico, economico e sociale. Ed è per questo che nei fondi strutturali della UE sono previsti finanziamenti prioritari per le pari opportunità volti a superare le diseguaglianze tra uomini e donne. Nella legge regionale di istituzione della Commissione, ci sono proposte come la scuola, la formazione professionale, la famiglia, settori ritenuti di competenza femminile, ma l’ottica femminile non può essere riservata ad alcune materie. Le donne sanno, infatti, come vorrebbero organizzare i trasporti, gli orari degli uffici pubblici e la vita delle città perché sono le prime a fare i conti con le inefficienze del sistema. Dobbiamo dunque riflettere sul modo in cui andranno rinnovati questi organismi e sul ruolo da attribuire alle donne nelle Giunte. Il dibattito è già aperto a livello nazionale dove è sorto il Ministero delle Pari Opportunità un organismo autorevole di coordinamento delle politiche di parità nella Pubblica Amministrazione. Ma vi è anche una Commissione Nazionale il cui compito è quello di “sentire” quali sono le necessità, i bisogni, le realtà territoriali e di riportare queste esigenze al Ministero. Vi sono conflittualità da risolvere per non sovrapporre funzioni, ma il dialogo è aperto, anche a livello regionale, dove la Commissione opera un collegamento tra le varie realtà, ma dove è più difficile intervenire su decisioni o atti presi dalla giunta o dal consiglio regionale, perché manca l’anello di collegamento. Il dibattito ha
prodotto riflessioni di alto
livello,difficili da riassumere in poche righe, per la ricchezza di interventi. Ma una cosa è
chiara: la determinazione, la forza e la fiducia che traspaiono alimentano la
voglia di una nuova soggettività politica. In conclusione,
è andata bene. Nel salutarci, consideriamo quanto sia utile incrociare le
esperienze tra donne con diversi ruoli, per riflettere e per aprire prospettive
di cambiamento. In un tempo in
cui le donne prendono coscienza dei loro desideri e misurano le loro forze per
attuarli, occorre che si sviluppi tra loro una relazione per trovare il cemento
che le unisca nell’agire e nel “sentire”.
LUISA MARILOTTI Cura degli anziani e ipocrisie italiane
Caltanisetta, Alghero, due storie differenti di vecchiaia, solitudine ed abbandono. Due storie riportate con enfasi dai media regionali e nazionali e che ci costringono ad interrogarci. L’invecchiamento della popolazione diventerà nel giro di qualche anno un argomento politico di assoluta priorità, che toccherà da vicino la vita di tutti noi. Buona parte degli ultra 75 vive da solo con una modesta pensione, alle prese con problemi di non autosufficienza e di salute, tipici della loro età. Chi deve occuparsi di loro? Chi deve far fronte ai loro bisogni materiali, di assistenza sanitaria e di cura, ma anche e soprattutto psicologici di compagnia e di ascolto negli ultimi anni della loro vita? Non può esservi risposta se non si riconosce che il problema è collettivo e che non è un affare privato. Non basta puntare il dito moralista contro presunti figli ingrati per risolvere il problema. Gli istituti pubblici, centri di lungodegenza, interventi di assistenza domiciliare, il modesto compenso di accompagnamento ed il pur prezioso volontariato rispondono solo in piccola parte, col risultato che di questi bisogni se ne occupa la famiglia. Termine in verità usato per indicare le donne che ne fanno parte. Sono loro, perlopiù, a fronteggiare e mettere in moto la macchina organizzativa familiare, dalla somministrazione di farmaci alla gestione di turni e sostituzioni, carichi insostenibili quando sommati al lavoro esterno, a quello domestico, di gestione della casa. E’ un lavoro dato per scontato di cui non si parla e che si finge di non vedere, ma in compenso si è sempre pronti a condannarne l’incuria e la trascuratezza. Questa è la ipocrisia che pervade la società italiana L’attività di cura richiede senso di responsabilità, abilità nel risolvere le emergenze, insieme ad una grande capacità di ascolto, ma viene svalutata e tenuta nascosta se svolta dalle donne: in modo gratuito se interessa le figlie, sommersa e poco retribuita se affidata ad extracomunitarie impropriamente definite badanti. Da tempo in Europa si discute di lavori regolari e di qualità per i servizi alla persona e diversi paesi, persino l’Irlanda ed il Portogallo, hanno mutato la loro politica del welfare: strutture residenziali, centri diurni ed estivi, maggiore assistenza domiciliare, riduzioni fiscali per i costi sostenuti dalle famiglie, pasti a domicilio, servizi di telesoccorso, solo per citare alcuni esempi. Su queste tematiche, invece, l’Italia è fanalino di coda, sebbene alcune Amministrazioni locali, isolatamente, stiano dando vita a importanti innovazioni dimostrando che se si vuole le cose possono cambiare. E questo succede, non a caso, laddove la presenza delle donne è significativa. Perché quando ci sono donne nei centri di decisione la spesa pubblica ha priorità diverse. E spesso favorisce un equilibrato modo di stare con se stessi, il partner, la famiglia e la città. Luisa Marilotti Presidente Comitato Regionale Pari Opportunità FS pubblicato sul Quotidiano "La Nuova Sardegna" del 9 agosto 2003
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