Ferrovie del Sud-Est |
Un
bagagliaio postale a terrazzini
Sulle FSE circolavano, fino a qualche anno fa,
classici rotabili a due assi e terrazzini di estremità, ultime vestigia del
parco di vetture della prima dotazione di queste ferrovie (meno di una trentina
di unità, fra vetture passeggeri e bagagliai-postali). Alcuni di questi
esemplari sono pervenuti sin quasi ai nostri giorni: demolite nei primi anni
ottanta le ultime carrozze passeggeri a due assi, ormai poco più che relitti
accantonati in gran parte nello
scalo di Galatina, il loro posto – in attesa dello stesso triste destino –
è stato preso nel 1985 da quattro bagagliai-postali a cassa in legno rivestita
di lamiera e copertura del tetto nella classica tela Olona impermeabilizzata,
con terrazzini chiusi dalla caratteristica (e, credo, anche un po’ artistica)
inferriata. Questi rotabili rimasero alla mercé delle intemperie fino al 1995,
quando vennero demoliti assieme ad altri carri da tempo radiati dal servizio. Di rotabili a terrazzini oggi esiste un solo
sopravvissuto, fuori servizio ed a
mio avviso da salvare quanto prima dalla demolizione: la carrozza V8205 un tempo
adibita a ricovero delle squadre operai per lavori in linea (spogliatoio,
cuccette e refettorio, con ringhiere dei terrazzini di tipo semplificato),
derivata da una vecchia carrozza passeggeri a passo lungo; questa unità dopo
l’accantonamento prima a Novoli e poi a Carmiano-Magliano, dovrebbe
essere stata in effetti preservata a fini museali da parte di un’associazione
locale di appassionati. Cito anche l’esistenza della ex-vettura di servizio
V8401 per la verifica della geometria dei binari, un
tempo attrezzata con l’apparecchiatura di rilevamento “Hallade”,
ricavata da un rotabile passeggeri a passo corto mediante la chiusura dei
terrazzini in vestiboli di accesso; sempre conservato nella rimessa di Nardò
Centrale, questo rotabile (utile a fini modellistici per il rilevamento delle
misure delle vecchie carrozze) ora attende il compimento del proprio destino fra
i binari di ricovero della stazione di Zollino. Decisa l’autocostruzione di uno di questi
cimeli, anche per esserne stato testimone nei tempi andati del loro servizio
(ricordo infatti i lunghi treni merci di una volta sulla Lecce-Gagliano via
Novoli con servizio collettame e il capotreno ospitato a bordo di una di queste
carrozze) e per averne previdentemente conservato le immagini (ricordo la faccia
del capostazione di Galatina quando, una mattina, mi presentai alle 6 nello
scalo chiedendo di fare qualche foto, “povero pazzo”, credo pensò), ho
scelto il DUT 851 del 1911, con il passo da 5,50 m e la lunghezza fuori
respingenti di 11.100 mm; a differenza degli altri esemplari, più compressi, il
modello prescelto di presenta di aspetto più gradevole e slanciato, grazie
anche alle balestre sulle sale di tipo allungato. Come al solito, mi sono ripromesso di
utilizzare per l’autocostruzione solo i consueti materiali (plasticard in
fogli, fili, tubicini e listelli), limitando le parti di produzione commerciale
al minimo indispensabile (respingenti, cinematismi di allontanamento per i
ganci, assi). Ho strutturato la riproduzione in due sole
parti principali: il telaio e la cassa; il primo reca con sé tuta la struttura
inferiore nonché i terrazzini, le relative ringhiere e l’arredamento interno,
mentre il secondo pezzo racchiude l’intera sovrastruttura, tetto compreso. Ho provveduto altresì a realizzare
l’illuminazione interna. Per l’esecuzione della cassa ho utilizzato il
mio personalissimo metodo, che adotto quando le finestrature da riprodurre non
richiedono la presenza dei vetri a filo con il contorno circostante; dovendo
incassare i finestrini di 0,3-0,5 mm, ho costruito le fiancate con una lastrina
da 0,5 mm di spessore e le ho irrobustite incollando – dall’interno –
un’altra lastrina di dimensioni analoghe di 1,0 mm di spessore, differente
solo per le aperture dei finestrini, ampliate di 1 mm su ogni lato
(un’apertura di 8x10 mm è stata portata a 10x12 mm, per intendersi); in
questo modo ho potuto incollare, sempre dall'interno, un pezzetto di polistirene
trasparente delle stesse dimensioni dell’apertura più grande, rivestito sui
bordi con una maschera di lastrina da 0,15 mm, a simulazione dei telaietti di
legno dei finestrini. Con un sottilissimo filo di acciaio da 0,3 mm di diametro
(corda di chitarra) è stato poi ottenuto il sostegno a mezz’altezza esterno
alle aperture. Questa lavorazione non si è invece resa
necessaria per i vetri sulle porte scorrevoli laterali e su quelle a battente
che si aprono sui terrazzini; in questi casi porte scorrevoli e testate di
estremità sono state realizzate con plasticard da 1,0 mm ed i vetri sono stati
semplicemente incastrati ed incollati dall’interno. Il tetto, anche in questo caso come di
consuetudine, è composto da più lastre di polistirene da 1,0 mm sovrapposte,
incollate e infine sagomate sui bordi e sulle estremità per ottenere i ricaschi
e per realizzare le concavità che sormontano i terrazzini; non c’è bisogno
di sottolineare l’esigenza di una perfetta esecuzione di questo pezzo, per non
compromettere la resa estetica generale del modello. Nel mio caso, essendo
l’interno illuminato, ho dovuto predisporre – all’interno dello
scompartimento – una “culla” nella quale “annegare” il listello di
plexiglass che, con una piccola lampada da 12V al centro, diffonde la luce
nell’ambiente; ho dovuto studiare altresì altri piccoli alloggiamenti per
ospitare i condensatori da 10 microfarad, 63V collegati in antiserie resi
necessari dall’utilizzo dell’alimentatore Arnold 7097, oltre ad un sistema
di contatti fra cassa e telaio per consentire la conduzione elettrica dalle
ruote alle lampade eliminando fastidiosi fili saldati o morsetti. Ovvio che,
facendo a meno dell’illuminazione interna, molte complicazioni risultano
superflue; si rinuncia però – a mio avviso – ad un pizzico di fascino in più
che normalmente non guasta. Ai lati del tetto, longitudinalmente, ho
incollato lungo l’intera lunghezza un listello di sezione 0,3x0,5 mm per
simulare la grondaia vicino l’attacco della tela Olona all’intelaiatura di
legno. Con l’unione fra cassa e tetto e
l’apposizione delle modanature orizzontali e verticali sulle fiancate (plasticard
da 0,15 mm), si può passare alla verniciatura della sovrastruttura (verde
vagone, io ho usato la tinta acrilica Mo-Lak M13GREEN) ed alla definitiva
sistemazione dei vetri ai finestrini. Si passa ora al telaio, che è la parte più
impegnativa soprattutto per la presenza dei numerosi particolari da realizzare e
per le ringhiere (per queste sarà meglio fare un discorso a parte). La struttura del telaio si compone delle due
fiancate, complete di parasale, unite al centro da alcune piastre sagomate
sovrapposte ed incollate mentre, alle estremità, sono congiunte dalle traverse
di testa, già munite dei fori per i respingenti e il gancio centrale. La parte del telaio rivolta verso il basso va
lavorata in modo da riprodurre l’aspetto dei listelli di legno affiancati che
– al vero – compongono il pavimento, congiunti da piattine di lamiera;
queste ultime vengono ricavate dalle solite striscioline di plasticard di
spessore 0,15 mm. L’impianto frenante è stato da me riprodotto in forma
sommaria (in pratica, solo il serbatoio quasi al centro della cassa) dato che
non dispongo né di foto né di disegni del sottocassa; posto che tutti gli
elementi dovrebbero essere solo incollati, ho preferito non procedere “a
tentoni”, ma solo riservarmi un futuro completamento del modello, non
difficile del resto. I parasala vengono completati con le boccole a
strisciamento e le molle a balestra. Queste ultime si ottengono sovrapponendo
strisce di plasticard da 0,15 mm, larghe 1,3 mm, di lunghezza progressivamente
minore (da 17,5 mm a 8,5 mm, riducendo di un millimetro striscia dopo striscia)
unite al centro da tre piccoli spezzoni di plasticard da 0,5 mm. di spessore per
simulare i dispositivi di serraggio. Ai lati degli assi vengono incollati i ceppi
dei freni ed i loro sostegni (vedi disegno). Il tavolato dei predellini di estremità viene
invece realizzato con un rettangolo di dimensioni 28,5x6 mm, inciso in
superficie per simulare le tavole di legno che lo compongono e incollato nei
pressi delle traverse di testa, avendo cura di lasciare fra telaio e tavolato
una fessura larga 1,0 mm al fine di consentire l’incastro della sovrastruttura
(ciò del resto avviene facilmente rispettando le misure indicate nel disegno). Al di sotto del telaio ho incollato n. 2 timoni
di allontanamento LIMA, leggermente modificati nella struttura del portagancio a
norma NEM al fine di evitare interferenze con la traversa di testa; i
respingenti ad asta piena e molle a bovolo sono G&G RAIL (in metallo bianco,
non perfettamente realistici nei particolari dato che mancano le caratteristiche
“finestre” sulle custodie che lasciano intravedere le molle; tutto sommato,
però, ben dimensionati e non troppo costosi) e il gancio di trazione (non
presente nelle foto) può essere ottenuto rimaneggiando un gancio Rivarossi
avanzato da una confezione di carrozze UIC-X: basterà eliminare maglie e
tenditore a vite, che tra l’altro interferirebbero con il movimenti del gancio
modellistico. Ai lati dei predellini occorre sistemare,
infine, gli scalini di accesso, per i quali si può usare ancora il plasticard
(da 0,5 mm per i gradini, uniti con un tondino dello stesso materiale di 0,6 mm
di diametro) oppure, se si è pratici ed attrezzati per le saldature, l’ottone
in fogli e fili delle stesse dimensioni. Le inferriate, partendo dal disegno (ho
realizzato solo quelle di testa, tralasciando i battenti laterali che – negli
ultimi tempi – questi rotabili non avevano più), si ottengono realizzando
dapprima i montanti verticali con listelli da 1x1 mm ed i longheroni orizzontali
con altri da 0,5x1 mm; all’interno dei riquadri ottenuti si esegue il
montaggio di tutte le decorazioni presenti, incollando pazientemente piccole
strisce di plasticard da 0,15 mm di spessore con colla liquida
per plastica. È, ovviamente, la realizzazione più delicata ed occorre
far attenzione affinché i vari pezzi tagliati siano della misura corretta,
provando e riprovando i vari incollaggi al fine di evitare possibili ritiri di
materiale a collante asciutto con conseguente deformazione della struttura
complessiva. Su una delle ringhiere ottenute si costruisce
il dispositivo del freno a vite e, dopo l’ultima rifinitura, si passa
all’incollaggio dei piccoli e delicati manufatti sulle traverse di testa,
curando la perfetta verticalità del montaggio. Ultima realizzazione da effettuare,
l’arredamento interno, che io ho limitato alle sole tramezzature degli
ambienti realizzate con plasticard da 0,5 mm incollato di taglio su un elemento
del medesimo materiale tagliato a misura del telaio “interno” alle pareti
della vettura; questo pezzo si potrà, poi, o incollare sul telaio stesso
oppure, se si vuole rendere ulteriormente scomponibile la carrozza, incastrarlo
sulla superficie del telaio con piccoli pezzetti di plastica posti ai lati a
mo’ di fermo. La verniciatura del telaio andrebbe eseguita a
spruzzo, in castano (nel mio caso, acrilico Lifecolor); io ho dovuto provvedervi
a pennello per la momentanea indisponibilità del mio aerografo. Se si usano
colori acrilici, normalmente opachi, non guasterebbe al termine dell’opera una
robusta passata di trasparente semilucido sull’intera vettura. Tutto il
sottocassa merita inoltre una robusta sporcatura, che io ho effettuato con il
metodo del pennello asciutto, adoperando un colore “polvere” naturale (va
bene anche “terra”) e insistendo sui parasala, le boccole, le balestre ed i
ceppi dei freni, che guadagnano molto in volume ed in realismo con questa
operazione. Torna a Modellismo
|