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“Nell’autunno
dell’89, quando crollava il muro, abbiamo abbandonato il teatro. Da
allora viviamo e lavoriamo in campagna, nel podere Le Ariette a Castello
di Serravalle (Bo), nel cuore di una valle umida e fredda. Nel silenzio di
questa valle è cresciuta in noi una riflessione sulla nostra storia. Era
necessario parlare, raccontare i nostri pensieri, ed era ormai urgente
condividere la nostra esperienza di sette anni di esilio. Con gli amici
incontrati in questi anni di silenzio abbiamo creato il Teatro delle
Ariette per produrre e promuovere un teatro popolare e civile che racconti
storie ed esperienze, che si nutra delle vite di quelli che lo fanno e lo
guardano, alla ricerca di un senso, di un riscontro collettivo, della
voglia di capire. Un teatro che chiama tutti a una nuova responsabilità,
attori e pubblico. In questi anni abbiamo provato, realizzato |
Teatro Memoria Utopia |
Teatro
Memoria Utopia
nasce dalla
collaborazione tra Ente Teatrale Italiano e Accademia Amiata e grazie
all’investimento e alla partecipazione attiva della Fondazione Toscana
Spettacolo e del Comune di Arcidosso, insieme alla Comunità Montana e
alla Regione Toscana per Porto Franco.
Il
tema dell’Utopia è un portato storico dell’Amiata, a cui in passato
sono stati dedicati incontri, conferenze e convegni, promossi dal Comune
di Arcidosso e dal Centro Studi David Lazzaretti, spesso con l’adesione
di Ernesto Balducci. Per noi questa parola non ha mai rappresentato una
meta malinconicamente irraggiungibile, ma piuttosto l’espressione di
picchi di coscienza che indicano un obiettivo lontano, profondamente
giusto, uno scarto tra quello che siamo e quello che potremmo essere: un
motore di energie creative. Le Utopie come visioni profetiche di futuro,
che suscitano scelte di vita, mettono in discussione vecchi modi di fare e
ne fanno nascere di nuovi.
Attraverso
l’Utopia le culture e i linguaggi dello spettacolo si legano ad una
ricerca sui fini ultimi, sulla spiritualità di uomini e donne che vivono
in mezzo al mondo compiendo lo sforzo della coerenza.
Un’altra
guida è il rinnovato interesse per la Parola, portatrice di senso e di
Memoria. In un’epoca che ci porta ad ascoltare frettolosamente tutto e
troppo - rumori di fondo più che segni - e dove l’organo che più viene
stimolato è la vista, occorre riappropriarsi dell’ascolto, che
non riguarda il solo udito, ma coinvolge tutto l’apparato psicofisico;
la comunicazione orale come riconquista di una memoria arcaica che
appartiene alla specie, e che rischiamo di perdere.
Storia
orale e storia ufficiale, memoria e storia devono essere sempre in
rapporto: dobbiamo raccontare e raccontarci.
“Una
cultura che abbia perso la capacità di raccontare è incomprensibile. Per
elaborare le nostre esperienze di vita, riconoscere e farci riconoscere,
non possiamo che affidarci ai racconti. Ma raccontare è anche creare una
distanza con la vita e la realtà,
aprirsi
all’immaginazione”.
Il
teatro, in questo processo, è prima di tutto relazione tra persone e
culture, strumento di autosviluppo e di crescita; noi vorremmo che Teatro
Memoria Utopia
diventasse un terreno
di
incontro
per vasti strati della popolazione dell’Amiata, intorno a temi cari e
riconosciuti, coinvolgendo i ragazzi delle Scuole, i giovani e arrivando
su su fino alla popolazione anziana. Perché l’arte assuma il suo valore
di apertura dinamica di una società legata alla tradizione. Tra Memoria e
Utopia.
Questi
sono i valori a cui l’Accademia Amiata ha sempre legato il suo impegno
di Centro Interculturale della Regione Toscana.
Giorgio
Zorcù |
Venerdì
18
aprile,
ore 20 (cena)
Sabato
19
aprile,
ore 13 (pranzo)
Teatro
delle Ariette
Teatro da
mangiare?
Evento
per 26 commensali.
Di
Paola Berselli e Stefano Pasquini.
Con
Paola Berselli, Stefano Pasquini, Maurizio Ferraresi
Su
prenotazione, al Castello Aldobrandesco
Uno
spettacolo autobiografico che racconta le storie vere di questo gruppo
modenese, mentre viene servito un pranzo o una cena: i padroni di casa
sono tre artisti, sia attori che contadini, che offrono agli spettatori i
cibi che hanno coltivato loro stessi, col menu vegetariano per la Vigilia
di Pasqua.
e
presentato i nostri lavori nella casa di campagna dove abitiamo. È stata
una necessità che è diventata una scelta artistica e politica.
Nell’estate del 1999 abbiamo costruito con le nostre mani il Deposito
Attrezzi – Un edificio rurale per il teatro, situato sulla collina,
in mezzo ai campi. |
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Venerdì
25
aprile,
ore 21.15
Leoncarlo
Settimelli
Dal profondo
dell’inferno
ovvero
Canzoni dai lager nazisti
Concerto
Leoncarlo
Settimelli voce e chitarra,
Massimiliano
Cosimi sax e clarino, Stefano Pioli pianoforte
“Una
risposta alta e umanissima alla logica brutale della più spietata
tirannia che la storia dei potenti abbia partorito…” Moni Ovadia
Dal profondo dell’inferno è
il frutto del lavoro di ricerca sulle canzoni nate nei ghetti d’Europa e
nei lager nazisti, una parte delle quali viene riproposta in versione
italiana.
Il recital è stato anche proposto in varie
città della Toscana sotto l’egida della Regione nella giornata della
Shoah. Leoncarlo Settimelli, giornalista, musicologo e regista televisivo,
è stato leader del Canzoniere Internazionale, uno dei più importanti
gruppi musicali e teatrali italiani degli anni ’70, con cui ha creato
spettacoli di canzoni e drammaturgia popolare tra cui l’indimenticabile Vita
profezie e morte di David Lazzaretti. Attualmente cura per la Rai la
serie Ritratti dedicata ai personaggi dello spettacolo italiano. Dal
profondo dell’inferno è anche un suo libro edito da Marsilio. |
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Venerdì
2
maggio,
ore 21.15
Agresta/Ascanio
Celestini
Fabbrica
Di
e con Ascanio Celestini
Torna sull’Amiata il grande narratore
romano, recente Premio Ubu 2002, con il suo ultimo spettacolo, già
considerato un capolavoro.
“La storia di un capoforno alla
fine della seconda guerra mondiale raccontata da un operaio che viene
assunto in fabbrica per sbaglio. Il capoforno parla della sua famiglia.
Del padre e del nonno che hanno lavorato nella fabbrica quando il lavoro
veniva raccontato all’esterno in maniera epica. Dopo un anno di
laboratori in giro per l’Italia - tra cui Santa Fiora per la miniera -
abbiamo raccolto storie isolate, frammenti di racconti che ruotano tutti
attorno al vissuto fisico della fabbrica. Chi racconta il lavoro racconta
qualcosa del proprio corpo. Anche quando parla del cottimo collettivo,
delle vertenze sindacali e dell’articolo 18 usa un immaginario che fa
riferimento al corpo. Come se per parlare di ciò che è accaduto si
dovesse tradurre in un linguaggio i cui riferimenti sono la malattia e la
salute, la bellezza e la deformità, la forza e la debolezza. L’antica
fabbrica aveva bisogno di operai d’acciaio e i loro nomi erano Libero,
Veraspiritanova, Guerriero. L’età di mezzo ha conosciuto
l’aristocrazia operaia con gli operai anarchici e comunisti che neanche
il fascismo licenziava perché essi si rendevano indispensabili alla
produzione di guerra. Ma l’età contemporanea ha bisogno di una fabbrica
senza operai. Una fabbrica vuota dove gli unici operai che la abitano sono
quelli che la fabbrica non riesce a cacciare via. I deformi, quelli che
nella fabbrica hanno trovato la disgrazia. Quelli che hanno sposato la
fabbrica lasciandole una parte del loro corpo, della loro storie e della
loro identità”. |
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Sabato
3
maggio,
ore 10.30 (per
le Superiori)
Agresta/Ascanio
Celestini
Radio
Clandestina
Roma, le fosse Ardeatine, la memoria
Di
e con Ascanio Celestini
A
partire da Roma, le fosse Ardeatine, la memoria
di
Sandro Portelli
Il 23 marzo 1944 i Gruppi d’Azione
Patriottica attaccano una colonna tedesca di polizia in Via Rasella. Il 24
marzo per rappresaglia i nazisti uccideranno 335 persone in una cava sulla
via Ardeatina.
“Durante la guerra c’era tanta
gente che non sapeva leggere. E tanti andavano al cinema Iris di Porta Pia
da mio nonno Giulio per farsi leggere i proclami dei tedeschi sui
giornali. Il 25 marzo del ‘44 se ne fanno leggere uno che annuncia la
morte di 320 persone: è l’eccidio delle Fosse Ardeatine. Questa dell’Ardeatine
è una storia che uno potrebbe raccontarla in un minuto o in una
settimana. È una storia che comincia alla fine dell’ottocento, quando
Roma diventa capitale e continua negli anni in cui si costruiscono le
borgate, continua con la guerra in Africa e in Spagna, con le leggi
razziste del ‘38, con la seconda guerra, fino al bombardamento di San
Lorenzo, fino all’8 settembre. È la storia dell’occupazione che non
finisce con la liberazione di Roma. È la storia degli uomini sepolti da
tonnellate di terra in una cava sull’Ardeatina e delle donne che li
vanno a cercare, delle mogli che lavorano negli anni ‘50 e dei figli e
dei nipoti che quella storia ancora la raccontano”. |
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Venerdi
23
maggio,
ore 21.15
Sabato
24
maggio,
ore 10,30 (per
le Superiori)
Accademia Amiata Teatro
Ricordo
di David
Lazzaretti
Lettura
in preparazione del secondo studio di
Il
Santo della Montagna
Di
Anita Fornaciari e Giorgio Zorcù. Legge Giorgio Zorcù
Da
David Lazzaretti, il profeta toscano della fine ‘800
di
Anna Innocenti Periccioli.
Produzione
Comune di Castel del Piano, Accademia Amiata
La vicenda di David Lazzaretti e
l’esperienza comunitaria che la gente dell’Amiata visse nei dieci anni
tra il 1868 e il 1878 sono incastonate nella storia nazionale come unico
esempio di “socialismo utopico”, anche se le radici furono piuttosto
il misticismo cristiano, gli Atti degli Apostoli, la vita di San
Francesco.
Ma proprio per questo è sempre un enigma
vivo, e ci può ancora raccontare
molto. Fu costituita una società di uguali, dove si creò nuova
occupazione, dove i contadini misero a disposizione poderi, proprietà e
strumenti di lavoro, furono dissodate nuove terre, presi in affitto poderi
in Maremma, create due scuole e istituita l’assistenza sanitaria e
sociale, fu dato il voto alle donne per la prima volta nella storia
nazionale.
La Società delle Famiglie Cristiane durò
lo spazio di un sogno, e come un sogno è rimasto scolpito nelle memorie e
nelle coscienze, crescendo nel ricordo.
“Anna Innocenti Periccioli, l’autrice
del romanzo David
Lazzaretti, il profeta toscano della fine
‘800, ha vissuto l’infanzia e l’adolescenza con la nonna Bianca,
figlia del profeta amiatino, e ci restituisce un racconto intimo e
tragico, offrendo ritratti vivi e toccanti. David è ripreso nei gesti
della sua quotidianità, nel rapporto con la moglie, con i figli e con i
contadini con cui condivise la ‘costruzione dell’opera’ sul Monte
Labbro.
La riduzione del romanzo per la lettura,
dedicata soprattutto ai ragazzi delle Superiori, fa parte del nostro
percorso artistico verso il secondo episodio del progetto Il Santo
della Montagna”. |
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Venerdì
30
maggio,
ore 21.15
Sabato
31
maggio,
ore 10.30 (per
le Superiori)
Casa
degli Alfieri/Marco Baliani
Kohlhaas
Di
Remo Rostagno e Marco Baliani.
Con
Marco Baliani
Tratto
da Michael Kohlhaas
di Heinrich von Kleist
“È stata una sfida bella e difficile
trasferire in narrazione e parola orale un universo così lontano e
complesso come quello della parola scritta di Kleist. Con Remo Rostagno ci
siamo messi alla ricerca di una nuova forma ove far precipitare l’anima
della vicenda, che fin dall’inizio ci aveva affascinato. Le domande
senza risposta che solleva la storia di Kohlhas (cos’è la giustizia,
quella umana e quella divina, e come può l’individuo ricomporre
l’ingiustizia) fanno parte profondamente dei percorsi della mia
generazione, quella segnata dal numero di riconoscimento ‘68”.
“... Fantasia, libertà,
immaginazione sono gli ingredienti che hanno dato vita alla parabola di un
uomo che conosce la giustizia solo nel momento in cui viene giustiziato e
che ha come antagonista un principe che è pronto ad umiliarsi per
possedere il potere.
Ma la morte non fa del protagonista un
vinto ma un eroe che ha capito che non è il rosso del fuoco e del sangue
che riscatta la giustizia ma lo stabilire un’armonia interna. Questa
deve essere governata non da un diritto legislativo da cui i più sono
esclusi, ma da un credo a cui essere pronti a sacrificarsi con onore
...”. |
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Sabato
7
giugno,
ore 21.15
Mara
Baronti
La Storia del Labirinto
Due musicisti e un narratore per
raccontare
Elaborazione
del testo Mara Baronti
Con
Mara Baronti
Musicisti
in scena:
Enzo
Favata sassofoni, strumenti etnici a fiato, live
electronic,
Alfredo
Laviano percussioni e live electronic
Elementi
scenici e video di Laura Benzi, suono Michele Palmas,
esecuzione
luci e video Francesco Menconi
Spettacolo
a cura di Valerio Binasco
Enzo Favata e Alfredo Laviano interagiscono
nel racconto, creando un universo sonoro a cavallo tra mediterraneo e
musica jazz contemporanea, tra arcaico e moderno. Il magma sonoro fatto di
percussioni di ogni tipo, strumenti etnici a fiato, sassofoni ben si fonde
con la voce, nello stile di improvvisazione che caratterizza il racconto
di Mara Baronti.
Il
mito del Labirinto nei paesi occidentali è in assoluto il più popolare,
ma non ben conosciuto. Le “storie cretesi”, come le chiamarono gli
antichi greci, raccontano la nascita della nostra civiltà. I miti
raccontano vicende che accaddero “tanto tempo fa” e che continuano ad
accadere. Arianna, il Minotauro, Dedalo, Teseo sono in un certo senso i
nostri antenati spirituali, o meglio, le guide che le generazioni che
composero questi poemi ci hanno lasciato per aiutarci a percorrere e
comprendere il labirinto della vita.
Sarà interessante vederli uscire dai libri
e vivere grazie al suono della voce e degli strumenti musicali, così come
quando furono creati. La parola “Mito” e la parola “Fiaba”,
l’una dal greco e l’altra dal latino, hanno lo stesso identico
significato: “Storie da raccontare con la voce”. |
BIGLIETTI
Intero € 6
Ridotto Soci Coop €
5
“Ricordo di David Lazzaretti”
e spettacoli Scuole €
3
“Teatro da mangiare?”
(Spettacolo e cena) €
15
INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI
Accademia Amiata 0564 968205
http://www.accademiaamiata.it/
APT Amiata 0577 775811
http://www.amiataturismo.it/
Il programma può subire variazioni |
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