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  STANZE 2001
progetto espositivo multimediale
Centro Culturale Man Ray: Cagliari, 28 settembre - 17 dicembre 2001
 
   
   
 
19 ottobre - 29 ottobre 2001
 
 
GIULIA SALE
..... GIANFRANCO SETZU
 
 
 

GIULIA SALE



titolo: Estate 2001
Installazione fotografica: stampa su carta, MDF
dimensione: 21 x 21 cm (ciascun elemento)

Le installazioni di Giulia Sale si vanno via via raffreddando. Sempre più minimali, fanno dell'incomunicabilità la loro inequivocabile cifra contenutistica e formale, quest'ultima ottenuta attraverso un uso sapiente di fotografie variamente manipolate e digitalizzate. In Estate 2001, in linea con la sua rarefatta ricerca visiva che si muove per via di "sottrazione", propone una serie di scatti rubati alla quotidianità o, meglio, alla quotidianità vissuta nel momento dell'eccezionalità, quello della vacanza. In quaranta pannelli di piccolo formato estrapola brani di vita vissuta all'ombra di variopinti ombrelloni, su arenili arroventati, tra asciugamani, borse frigo stracolme, secchielli e palette, costumi da bagno di ogni foggia e colore. Microstorie estive di ordinaria normalità che, tuttavia, non documentano e non cronachizzano la realtà, bensì la negano, dopo averla ridotta a mera decorazione e in forma di calcomanie decisamente kitsch. In quel processo sottrattivo anzidetto, l'artista scontorna figure e oggetti privandoli di quel contesto che le renderebbe reali o, per lo meno, probabili. Manca l'azzurro rassicurante del mare e del cielo, la sabbia è ridotta a un'esigua e insufficiente base, manca lo spazio insomma o, meglio, c'è il vuoto, il nulla, e la microstoria che necessita del contesto per vivere, diventa un nonsenso. Del resto l'ambiguità è tutta nel termine: vacanza è in primo luogo assenza. L'atmosfera, se non la poetica pirandelliana, più volte evocata per le sue opere è quanto mai presente in Estate 2001: i personaggi agiscono come vittime inconsapevoli di un perfido teatrino allestito dall'artista, fluttuano come ectoplasmi privi di quel hic et nunc che li renderebbe reali, ma non diverranno mai personaggi perché, appunto, non sanno di avere un autore. L'indifferenza e la casualità con le quali Giulia Sale sceglie di raffrontarsi con la realtà contingente e con la sua vacuità si pone, pertanto, come una sorta di rapporto atarassico fatto di sdegnoso distacco, eppure, come una novella Medusa, il suo voyeurismo pietrifica.

 
   
     
 

GIANFRANCO SETZU

titolo: Conversazione silenziosa
Installazione fotografica: legno, pannolenci, plotteraggio ad alta risoluzione, luminarie
Dimensione: 300 x 100 cm (ciascun elemento)

Gianfranco Setzu si muove in un universo talmente alienante e cupo da lasciare esterrefatti. Tuttavia, grazie a un filtro sottile di lucida ironia, la sua opera sembra offrire anche la possibilità di una lettura catartica ed esorcizzante, un'apparente via di fuga, per quanto insidiosa e per niente rassicurante. Conversazione silenziosa è l'ossimoro che dà il titolo alla sua installazione, nella quale l'impossibilità del comunicare diventa allo stesso tempo impossibilità di vivere e impossibilità di morire. Grandi immagini fotografiche digitalizzate e stampate col plotter propongono un dittico con un ragazzo e una ragazza apatici e afasici, chiusi in un dolore trattenuto ma vistosamente marchiati dai diversi tentativi di suicidio, quasi illustrassero un agghiacciante "piccolo manuale del suicidio mancato". Vere e proprie icone del disagio, esposte alla venerazione e alla pietas popolare, sono segnate da intermittenti lucine rosse che disegnano improbabili aureole intorno ai personaggi. Ridondanti di attributi iconografici indicanti il martirio, i due protagonisti, al posto della canonica palma, sono attaccati a una flebo che centellina un fluido verdastro, venefico quanto l'humour nero di cui è intrisa l'opera di Setzu. Le immagini accuratissime, asettiche, frutto di un maniacale intervento manipolativo, rendono perfettamente il senso di questo limbo dell'impossibile: una sorta di sospensione temporale, una realtà anestetizzata nella quale, "dissacrata" la sacralità della morte, nonostante tutto invocata e in ogni modo cercata, rimane l'inutilità del gesto. Eppure, anche se esorcizzata attraverso l'irrisione delle sue più temute ancelle, malattia e sofferenza, la morte incombe e continua a far paura sbattendoci in faccia la nostra immensa fragilità. Setzu fa sua la poetica del corpo violato e del suo disfacimento, vuoto simulacro di immanente precarietà che da Francis Bacon fino alle ultime esperienze di Damien Hirst percorre, come un inquietante e macabro filo rosso, l'esperienza estetica contemporanea.