1.8- La ristrutturazione del 1988 e l’uscita di scena dell’Ingegner Orlandi

Nel 1988 viene portato a termine il piano di ristrutturazione avviato due anni prima. Tale piano venne studiato dalla Fiat Engineering di Torino dietro pagamento della somma di tre miliardi di lire ed eseguito dalla ditta Neri. Tale processo si era reso indispensabile per consentire alla Orlandi di utilizzare le più moderne tecnologie produttive migliorando la propria competitività.

Al momento dell’intervento il complesso industriale occupava un’area di circa 33.000 metri quadri dei quali 11.000 coperti. Il processo di lavoro era impostato essenzialmente sul ricevimento e sulla preparazione delle scocche lastrate eseguiti dall’indotto esterno su autotelaio completo di organi meccanici proveniente da altri stabilimenti Iveco, sulla verniciatura della scocca in un apposito impianto, sull’assemblaggio dei particolari di finizione su una linea non meccanizzata ed infine su operazioni di collaudo, revisione e ritocco prima della consegna del veicolo al cliente.

La struttura impiantistica a disposizione al momento della ristrutturazione era caratterizzata da una capacità produttiva di 0,6 unità/giorno su un turno centrale di lavoro, da una rigidità del flusso produttivo basato su due linee di prodotto ben distinte (interurbano e gran turismo) a causa del ricevimento dall’esterno delle scocche lastrate, da un’inidoneità alla produzione di tali scocche lastrate per mancanza degli impianti necessari. La struttura degli impianti a disposizione sarebbe stata ottimizzata con cadenze produttive vicino alla capacità nominale massima e con prodotti che, nell’ambito della linea di appartenenza, si fossero presentati con allestimenti fortemente standardizzati. Le previsioni per gli anni seguenti, viceversa, confermavano un incremento di volumi di produzione/vendita con un mix variabile sia sulle due linee di prodotto che sugli allestimenti della clientela, sempre più standardizzati e diversificati.

L’impiantistica dello stabilimento non risultava quindi idonea a rispondere adeguatamente alle esigenze del mercato, rendendo pertanto necessaria una riformulazione globale dei mezzi di lavoro e dell’organizzazione produttiva.

Le finalità di questo processo di ristrutturazione sono fondamentalmente cinque. La prima è l’aumento della flessibilità produttiva, ossia la capacità di reagire produttivamente in tempi brevi e variazione di modelli programmati sia nel mix produttivo sia nei volumi. Si è poi cercato, e questo è un secondo obiettivo, di migliorare l’efficienza operativa, intendendo con questo termine la capacità di produrre con minore capitale di funzionamento impegnato nel flusso produttivo; si è cercato di ridurre il valore intrinseco del capitale impiegato in ciascuna stazione di lavoro e di adeguare la capacità produttiva riducendo così taluni costi fissi dovuti ad ammortamenti non assorbiti del prodotto. Si è, come terzo obiettivo, poi mirato ad un completamento e ad un arricchimento della tecnologia produttiva dello stabilimento che si è reso indispensabile a causa dello sviluppo dei prodotti; in questo caso la ristrutturazione è stata uno strumento indispensabile per consentire allo stabilimento la lavorazione e l’assemblaggio delle scocche lastrate, nonché l’ottimizzazione di tutti i reparti di produzione con particolare riferimento al reparto verniciatura. La quarta finalità di questa ristrutturazione è l’incremento della capacità produttiva massima in un turno di lavoro a 0,65 autobus completi al giorno. Si è infine cercato di ottenere miglioramenti qualitativi del prodotto attraverso una migliore organizzazione del lavoro ed un adeguamento della forza lavoro.

Questo importante processo di ristrutturazione dello stabilimento della Orlandi ha portato alla creazione di un nuovo reparto di ferrolastratura di sette nuove postazioni con l’inserimento di attrezzature specifiche per la lavorazione dei grandi gruppi (fiancate, padiglione, ecc.…) e conseguente lamieratura della scocca. Fu inoltre realizzata una nuova impiantistica per

la verniciatura in sostituzione della precedente linea con l’installazione di cinque nuove cabine forno. Furono interamente ristrutturati il reparto sellatura ed il reparto finizione e collaudo con creazione di nuove postazioni di lavoro “a modulo”.

Con il nuovo lay-out le tradizionali linee di lavorazione furono sostituite da un sistema “a modulo” con prestazioni di lavoro idonee a consentire fasi di produzione complete. Inoltre, dopo questo processo, non esisterà più una movimentazione “a scatti” del prodotto ma le varie fasi di lavoro saranno approntate in una situazione statica.

La ristrutturazione ha inoltre avuto effetti positivi sull’occupazione sia per quanto riguarda il numero complessivo degli addetti (il numero totale degli occupati nella Orlandi è infatti passato dai 153 del 1987, ai 158 del 1988, ai 200 del 1989), sia perché ha consentito il miglioramento qualitativo della forza lavoro.

Il bilancio del 1988 si è chiuso con una perdita di £ 841.877.669. In tale anno si manifesta un rallentamento della produzione il cui trend non accenna ad invertirsi neppure nei primi mesi dell’anno successivo. Questa tendenza richiede l’avviamento di un programma di lavoro differenziato per evitare ancora risultati negativi per l’anno seguente.

Nel 1989, al termine di incarichi specifici assegnatigli al momento dell’ingresso della Fiat nel pacchetto azionario, Angelo Orlandi, anche in virtù di un’età ormai avanzata, prende in considerazione un’offerta fattagli per il suo 30% della ditta ed esce dalla Orlandi. La decisione fu sofferta e meditata; il rammarico più grosso derivava dal fatto che l’Ingegnere rappresentava così l’ultimo di una dinastia, vendendo un qualcosa durato dal 1859 al 1989. Successivamente Angelo Orlandi è rimasto soddisfatto della decisione presa in quanto oggi la Orlandi è una forza, anche se purtroppo è una forza che sfrutta più il nome che le potenzialità interne in quanto ultimamente è divenuta più una grossa azienda commerciale che una vera e propria carrozzeria. Questa scelta fatta dalla Fiat non è stata a suo tempo condivisa dall’Ingegner Orlandi, anche se tuttavia la salute dell’azienda è tuttora ottima. Angelo Orlandi ritiene che forse questo processo è figlio della moda del momento di avvalersi di designers famosi, mentre lui rimane legato ad una mentalità in cui il produttore conosce personalmente le problematiche e le esigenze del cliente. Il 1989, oltre che dall’uscita di scena dell’Ingegner Angelo Orlandi, si caratterizza per il consolidamento dell’industrializzazione della gamma “370 Domino”, veicolo prodotto su telaio “370” di 12 metri. Il mercato ha risposto positivamente al prodotto, nonostante la presenza nel segmento della concorrenza estera che ha utilizzato la leva prezzi/sconti impedendo all’azienda di recuperare per intero sui prezzi l’incremento dei costi di produzione. Nell’area gestionale è stato avviato un programma di revisione e di miglioramento organizzativo che ha prodotto effetti positivi già nell’ultimo trimestre dell’anno. Durante il 1989 la società ha raggiunto una quota di penetrazione del 24% consuntivando 378 unità vendute contro le 274 del 1988. Le relazioni aziendali si sono mantenute su un livello soddisfacente: l’introduzione dei tempi predeterminati previsti dall’accordo aziendale e del premio efficienza e qualità, ha consentito di realizzare una migliore organizzazione del lavoro, una più corretta rilevazione dei costi ed un miglioramento della produttività. L’organico era di 200 persone di cui 150 operai, 48 impiegati e 2 dirigenti con un aumento di 16 unità rispetto l’anno precedente. L’esercizio si è chiuso con una perdita di £ 1.183.268.023.

Il 1990 vede il definitivo consolidamento dell’industrializzazione degli autobus della gamma “370 Domino”, ormai al secondo anno di produzione a regime normale, e dal riequilibrio costi/ricavi che ha consentito di riportare il risultato economico in positivo. L’esercizio 1990 è stato influenzato positivamente dalle commesse scaturite in occasione dei campionati del mondo di calcio disputati in Italia, attraverso le quali sono stati immatricolati 47 “Domino GTS” e 22 “Minibus A45.10”. Il “Domino GTS” si differenzia dai precedenti per la modifica strutturale dell’autotelaio la cui parte centrale viene fatta con doppia struttura per avere un bagagliaio più capiente. Il “Minibus A45.10”, veicolo da 16-19 posti, dopo il grande successo ottenuto a “Italia ‘90”, è stato successivamente studiato in una forma più lussuosa caratterizzata da una migliore abitabilità interna, finestre maggiorate per una maggiore visibilità, aria condizionata, televisione e frigorifero. Questa versione, denominata “Daily A45.12”, viene tuttora prodotta in attesa di intraprendere la realizzazione del “Daily 2000”. Il livello produttivo globale (372 unità) nel 1990 è rimasto sui valori dell’anno precedente (375 unità), ma con un mix più favorevole per gli autobus carrozzati da Orlandi. Il livello delle fatturazioni è calato di circa 30 unità interamente imputabili alla minor vendita di “By Orlandi” ad un importante cliente, in parte compensata dalla vendita di 24 “Minibus” precedentemente non previsti nella gamma. La riduzione delle fatturazioni ha avuto ripercussioni negative sulla quota di penetrazione nel segmento interurbano finanziato (dal 15,6% al 10%) e sul totale (15,2% anziché 20%). Nel segmento turistico non finanziato, che rappresenta il mercato naturale della Orlandi, si è invece registrato un incremento di quota dal 25% al 30,6% nonostante la vivacità della concorrenza. L’organico in forza nel 1990 era di 187 persone di cui 140 operai, 46 impiegati ed 1 dirigente, con una riduzione di 13 unità rispetto l’anno precedente. L’utile d’esercizio prima delle imposte ammontava a 447 milioni di lire che dopo le imposte si è ridotto a £ 373.512.951.