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MAMMA
ROMA
All'inizio degli anni '60 un poeta si affaccia a Cinecitta': lo ha sempre
interessato la borgata romana, e'convinto che la realta'drammatica del
sottoproletariato non sia soltanto una piaga sociale da discutere in parlamento,
ma che possa fornire un buon materiale di poesia; una poesia che non disdegna
gli elementi astratti, gli accostamenti alla perfezione naturalistica dei
maestri della pittura, ma anzi, sono proprio questi elementi a rendere
ancor piu'compatto il discorso che vuole portare avanti.
La seconda provocazione e'Mamma Roma, che apre un sodalizio artistico con la Magnani durato ben poco, un solo film. Un vero peccato, a giudicare da come il regista bolognese era riuscito a valorizzarla, mostrando ancora una volta quanto il modello femminile italiano-nei suoi pregi e difetti-dovesse identificarsi nel volto-e nell'anima della grande attrice romana classe 1908. Figure di battone col cuore grande il cinema italiano ne aveva gia'descritte: basti pensare alla Masina de "Le notti di Cabiria", che nelle mani del marito Fellini tratteggia una figura dai risvolti socio-psicologici non indifferenti: ma la "Mamma Roma"proposta dalla Magnani e'tutta un'altra cosa. Ha quel tanto di femminilita', di spontaneita'che ogni momento sembra si voglia ribellare alle convenzioni registiche...diciamoci la verita', quel tanto di Magnani in piu'!!!. Mamma Roma non e'piu'una ragazzina: ha un figlio di sedici anni, ed
e'giunto il momento di dire addio all'ambiente delle retate, per cercare-finalmente-di
trovarsi un posto di tutto rispetto nella piccola borghesia. E'un sogno
che perseguita da sempre, ma ora e'giunto il momento di svezzarsi dal pappone,
di divenire una onesta lavoratrice che non ha piu'bisogno della protezione
di quegli uomini laidi che caratterizzano gli ambienti piu'retro', ma anche
l'anima pulsante della capitale.
Ritrovera'il figlio sedicenne denutrito, rozzo, ignorante, con una compagnia di ribaldi dei quali ha assorbito ogni peggior difetto: il maggiore desiderio della madre e'farlo diventare qualcuno, strapparlo dalla feccia della societa'che da tempo ha imparato ad aborrire e catapultarlo in una realta'per lui tutta nuova. Il rapporto fra madre e figlio rappresenta l'elemento piu'interessante, nonche'il piu'commovente di tutto il film: in tutta la sua ingenuita'Mamma Roma e'convinta di far del bene al proprio figlio, ma in realta'lo sforzo che richiede al proprio figlio-integrarsi in una realta'che non gli e'congeniale in modo drastico-rappresentera'la causa primaria del fallimento. Ettore e'un ragazzo disincantato, a cui e'mancato l'affetto del padre
e che ha sempre tenuto dentro di se'il risentimento di una madre troppo
assente: e'un figlio della strada, che non ha mai nutrito riverenza nei
confronti della madre.
Ora Mamma Roma e'disperata: tenta il suicidio, ma la bloccano. E'la fine di un sogno, ma forse l'inizio di un'autocoscienza che sempre era stata piegata dalla restrizione mentale delle borgate. Degli elementi pittorici che tendono a completare il discorso pasoliniano ne ho gia'parlato. E'importante pero'citare quanto la descrizione della morte di Ettore ricordi il Cristo Morto del Mantegna Tanto si e'detto e tanto si dira'sull'universo pasoliniano.
Mamma Roma (1962)
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