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A.G.E.S.C.I. Tropea I° - Analisi della realtà esterna -

ANALISI DELLA REALTÀ ESTERNA

 

Scenario generale 

La nostra analisi della realtà dei ragazzi e giovani, alla soglia del 2000, non vuole essere un elenco di dati che abbiamo pur dovuto verificare e analizzare, ma vuole andare in profondità cercando di cogliere anzitutto la complessità della società con tutti gli effetti che essa pone sulla condizione dei nostri ragazzi e adolescenti.

Se dovessimo sintetizzare i tratti tipici della società complessa, nella quale i ragazzi si trovano a vivere, potremmo così elencarli:

·       Provvisorietà

·       Reversibilità

·       Presentismo

·       Perdita del centro

·       Molteplicità di appartenenze deboli

·       Domanda di soggettivismo

·       Consumismo e complesso di onnipotenza

 

Provvisorietà

Il cambio e la rapidità delle trasformazioni ha fatto si che non si consideri più normale la stabilità, ma la variabilità, non più il duraturo, il coerente, il costante, ma il provvisorio, il mutevole, l’occasionale.

Anche i rapporti umani e sociali sono vissuti in base a questa logica, diventando così superficiali, senza una prospettiva di durata. Sempre meno si sentono espressioni come per sempre, per l’eternità, fino alla morte.

 

Reversibilità

Molte scelte, sia nell’ambito professionale, come nella sfera affettiva o nell’ambito delle relazioni umane, lavorative e formative, se prima erano considerate irreversibili ora possono essere ritrattate o sospese.

 

Presentismo

L’unica attenzione è al presente e alla vita quotidiana, senza alcun interesse per il futuro. Viene cosi ridotta la tensione alla progettualità, anche perché è forte l’incertezza del domani soprattutto nei giovani.

La realtà è legata al qui ed ora, al mio corpo, al mio presente, a tutto ciò che si può controllare con le mie potenzialità. Ne consegue una frammentazione della vita, delle relazioni, una visione utilitaristica della vita dove ciò che conta e soddisfare i desideri e bisogni più immediati.

La vita quotidiana sembra risolvere la ricerca della felicità umana esclusivamente all’interno dei gesti che connotano il consumismo quotidiano delle informazioni, dei beni materiali e delle relazioni sociali. La cultura del piacere sembra aver sostituito la cultura della felicità. Il futuro appare più spesso come una minaccia che una promessa di felicità.

Rispetto al passato sono aumentate le possibilità di scelta, ma in proporzione non sempre cresce la reale libertà e capacità di scegliere bene. Vi sono più ampi margini di libertà di azione, minore controllo sociale e maggiori opportunità di decisione, accompagnata però assai spesso dalla lacerazione dei legami e dei vincoli preesistenti. Nasce cosi una frammentazione delle scelte ed uno svuotamento delle stesse per l’assenza di valori di riferimento.

Perdita del centro e molteplicità di appartenenze deboli

Non esiste più un unico centro di riferimento, ma si creano moltissimi centri, ciascuno per conto proprio e autonomo. Un risultato di questa situazione è il pluralismo educativo. Un giovane oggi fa molta fatica a mettere insieme, per farne una sintesi, che crederà personale, quello che gli viene trasmesso dalla famiglia, dalla scuola o dagli educatori in genere, perché è un concerto non sempre armonico, anzi spesso mosso da obiettivi e finalità diverse e contraddittorie.

Inoltre si viene a creare una sorta di policentrismo esistenziale, per cui non c’è più un solo gruppo o associazione che monopolizza e totalizza l’esperienza personale di vita, ma bisogna fare i conti con una molteplicità di appartenenza e di riferimento, spesso contrastanti tra di loro e addirittura contraddittori.

Domanda di soggettivismo

Siamo in presenza di una eccessiva centralità e rivendicazione dell’istanza soggettiva della persona individuale. Ne consegue una cultura della singolarità, dell’effimero, dell’inafferrabile. L’esperienza personale diventa il metro della valutazione di sé e della realtà. L’individuo diventa l’unico e insindacabile giudice che le dà valore. Le regole debbono saltare o relativizzarsi per permettere l’irruzione della personalità singolare. Gli atteggiamenti dominanti sono la rottura, la creatività individuale, l’innovazione. Il comportamento personale e sociale tende a liberarsi del fardello delle abitudini e delle norme. Ha valore ormai non ciò che promuove il progresso del mondo e della storia, ma ciò che corrisponde alle attese e alle rivendicazioni del soggetto. In questa pluralità di valori e di eventi, che la società offre in eccedenza, viene smarrito il senso della continuità e della durata, viene accentuata e stimolata l’ansia di cogliere al volo la successiva esperienza che si rende possibile, ma che spesso resta frammentata, occasionale, limitata, isolata, fine a se stessa, senza storia nè progetto.

Però l’individuo che diventa norma a se stesso e taglia ogni rapporto con un riferimento oggettivo, rende più difficile il rapporto con gli altri, venendogli a mancare quella piattaforma comune di linguaggio e di criteri di giudizio, necessari per una almeno iniziale intesa di base.

Tuttavia accanto a questi esiti problematici, la soggettività può aprire anche altre prospettive. Su questo terreno si può sviluppare e stimolare la ricerca più profonda e responsabile di una personale autonomia, che sappia assumersi la responsabilità delle proprie scelte con le sue conseguenze, che sappia impegnarsi in modo più esplicito per superare il disincanto e la banalità dell’appiattimento sul quotidiano, che rafforzi il necessario processo dell’autonoma differenziazione dagli altri, accettati come non distruttivi.

Consumismo e complesso di onnipotenza

Di fronte alle numerose offerte della società consumistica nell’uomo viene fuori un irreale sentimento di onnipotenza che però viene a scontrarsi con il più realistico senso del limite, quotidianamente riproposto dalla condizione umana.

Lo slogan del consumismo è chiaro: “tutto ciò che esiste può essere consumato, e a buon diritto: guai a non consumarlo. E’ nella società consumistica si consuma tutto e dismisura: cibo, vestiti, automobili, informazioni, spettacoli, cultura, sentimenti, persino l’ambiente naturale. Ne consegue che le persone non selezionano più le offerte di consumo, facendo nascere nella loro coscienza la convinzione che è lecito consumare tutto: è infatti l’esistenza stessa dell’offerta che legittima il consumo. Basta possedere le risorse economiche necessarie e ogni desiderio può essere legittimamente e prontamente soddisfatto.

A questi aspetti sintomatici della complessità della società si aggiungono altri fattori come la prevalenza della razionalità tecnico scientifica, la crisi della comunicazione intergenerazionale, la perdita del senso della tradizione, la relativizzazione dei sistemi di significato (relativismo culturale ed etico).

Tenendo come punto di riferimento e sfondo generale quanto suddetto, possiamo inquadrare meglio alcune affermazioni circa i giovani di oggi, così come viene fuori da una serie di statistiche, ricerche e indagini che abbiamo analizzato.

Anche se il giovariilismo impera su tutti i fronti, i giovani sembrano, in realtà, scomparsi dalla scena: non più soggetto sociale, protagonisti del cambiamento della società, come è stato nel passato e come dovrebbe naturalmente essere, ma, molto più semplicemente, oggetto di mercato.

Ormai fanno notizia più per i singoli episodi di cui sono protagonisti, spesso in negativo, senza avere la capacità di affermarsi sulla scena sociale.

I giovani oggi sono “invisibili”: non ci sono, cioè, tratti precisi che li possono definire e la tendenza più evidente è il nascondersi. In questo modo sfuggono anche agli “osservatori” adulti.

 

Quali le note caratteristiche?

Sono cresciuti con maestri e adulti completamente disillusi dal fallimento degli ideali in cui avevano creduto e si sono ritrovati cosi senza padri, senza maestri e senza fratelli maggiori. L’unico legame forte resta quello con la famiglia in cui vivono ben custoditi per lungo tempo, stabilendo un legame ambiguo che molte volte non fa crescere né i genitori né loro stessi. Sono spesso figli unici e hanno vissuto una situazione di benessere all’ombra delle famiglie. Hanno intensi legami di gruppo, meglio se piccolo; sono capaci di grandi slanci per cose concrete. Non vivono di grandi ideali per il futuro, ma sembrano ben addestrati a navigare nelle incertezze di un mare aperto; sono flessibili nel lavoro e sono costretti a registrare una certa distanza tra le aspettative di lavoro e di vita e le reali possibilità che offre il mercato del lavoro. Vivono una situazione di ritardo nel senso che entrano tardi sul mercato del lavoro, tardi lasciano la famiglia per giungere a un legame stabile, tardi completano gli studi, tardi raggiungono l’autonomia, tardi assumono un proprio molo nella società C’è però un aspetto importante, una specie di filo rosso che attraverso l’universo giovanile e che necessita una sottolineatura particolare. Colpisce, infatti, una certa estraneità, che è facile riscontrare nella realtà si tutti i giorni, a progettare e a muoversi in un orizzonte ideale. I giovani sembrano protesi all’immediato, al raggiungimento di obiettivi pratici. Si tratta sicuramente di un fatto positivo in quanto la politica e il sociale vengono vissuti in maniera più laica e distaccata; ciò consente di prestare attenzione alle questioni concrete della vita di ogni giorno e giustifica l’interesse per le esperienze di volontariato, considerato più attento alle reali e concrete esigenze delle persone. Vi è però il rovescio della medaglia:disinteresse, che spesso è la conseguenza più vistosa, porta a trascurare la politica in un gioco ambiguo per cui i giovani il si disinteressano della politica che però incide e determina le loro scelte e i comportamenti. Dal punto di vista personale, invece la mancanza di prospettive ideali e di progetti a medio — lungo termine porta ad un atteggiamento secondo cui tutto è , dovuto e subito, a bruciare tutte le esperienze e a ridurle a consumo immediato. E’ lontana ogni esperienza che implica la conquista sforzo e il sacrificio. A partire da un serio impegno nella scuola, nello studio per poi passare anche alla , lo costruzione di progetti impegnativi per la vita. Questo modo di essere è uno dei tratti fondamentali delle nuove generazioni; probabilmente dipende soprattutto dai modelli di comportamento proposti dalla società degli adulti i quali, a loro volta, hanno investito la loro vita tutta sul raggiungimento di obiettivi di consumo e di benessere materiale. Del resto basta provare a chiedere cosa per un ragazzo e la risposta è, nella gran parte dei casi scontata: il motorino, il cellulare, la è importante discoteca con gli amici cioè, del consumo.. I simboli, Risulta invece difficile proporre modelli di più ampio respiro; arduo presentare valori per i quali vivere e impegnarsi. Non a caso la maggior parte dei giovani considera la propria esistenza chiusa dentro la prospettiva storica e autoreferenziale, che non prevede un senso alla propria vita, al di fuori di questa esperienza storica. Ciò spiega anche perché vi è una certa difficoltà da parte degli adulti a fare una proposta religiosa alle giovani generazioni e, quando la si fa, spesso il linguaggio e le modalità sono inadeguate. E’ necessario e urgente pertanto indicare direzioni di marcia impegnative, proporre dimensioni che sappiano offrire un senso alla propria esistenza al di là dell’immediato e una bussola per orientarsi nel mare della vita.

La Realtà di Tropea 

All’interno di questo quadro generale che in modo sintetico abbiamo cercato di tracciare, sottolineando solo alcune emergenze, consideriamo ora la realtà della nostra città di Tropea, che per alcuni aspetti si differenzia dalla realtà generale.

Riguardando i progetti educativi del nostro gruppo scout dal 1984 ad oggi, nelle parti dedicate alla ricognizione della realtà esterna al gruppo, possiamo notare che alcuni aspetti sono stati ogni volta evidenziati e spesso individuati come situazioni che sollecitavano una specifica azione educativa, per l’entità delle problematiche che contenevano e per le implicazioni nei processi educativi dei bambini, ragazzi e giovani a Tropea. L’aspetto preferito, se così si può dire, dagli educatori scout a Tropea, dalla riapertura del gruppo fino ad oggi, è quella di una sorta di dualismo vissuto dalla nostra città che da cittadina calabrese tutto sommato tranquilla, viene catapultata in una dimensione internazionale, almeno dal mese di giugno a settembre. Il fenomeno ha assunto negli ultimi anni caratteristiche diverse, rispetto agli anni Ottanta, per ragioni quantitative (un maggior numero di presenze si è registrato in questi ultimi anni) e per un maggior coinvolgimento della popolazione locale in termini economici e sociali. Si può dire che il turismo rappresenti la principale fonte economica della città e che ha portato benessere, lavoro e sviluppo a Tropea e alla costa tirrenica della provincia di Vibo Valentia.

La realtà turistica di Tropea, in quanto concentrata nei mesi da giugno a settembre, sottopone la popolazione ad un profondo cambiamento delle abitudini, dei ritmi di vita e degli interessi. E’ come se in estate tutto debba cambiare look. Per gli adulti questo spesso si traduce in un porre la sua attenzione 24 ore su 24 sull’attività lavorativa senza sosta e distrazioni, o subire il fascino delle metropoli nelle sue performance di consumi e di diversivi. Per i giovani spesso significa respirare a pieni polmoni l’aria del sabato sera, di cui tanto ha sentito parlare durante i mesi invernali in televisione. E’ il fascino delle grandi discoteche, dove la parola d’ordine è divertirsi con metodi naturali o di sintesi. Ad Agosto ogni cosa può andare in vacanza: la fidanzata, la famiglia, la messa, lo studio, l’impegno. Lo scenario offerto da Tropea in abbigliamento estivo è quindi quello della metropoli con alcune differenze sostanziali. La prima è quella legata al fatto che la stessa metropoli viene a villeggiare a Tropea con i consumi e i soldi e lascia a casa le contraddizioni sociali, il disagio e l’emarginazione. La seconda è rappresentata da un errore di interpretazione. Il giovane del sabato sera della grossa città, infatti, si concede normalmente una o due settimane di vacanza in estate, per fare una scorpacciata di « sabati sera”, per poi ritornare a ritmi meno sostenuti. Il giovane di Tropea, invece, spesso, vive con questo ritmo l’intera stagione ed è così portato a pensare che questo sia il ritmo normale delle grandi città; le conseguenze di questo modo di affrontare la realtà è che a fine stagione gli riesce difficile riprendere il ritmo normale, continua a vivere con in testa il sogno di una metropoli che probabilmente non esiste, riceve una proposta consumistica ben strutturata, senza però la possibilità di cogliere gli aspetti contraddittori, le conseguenze sociali o personali.

Questa idea della vita metropolitana che viene implicitamente veicolata ai nostri ragazzi è fortemente contraddittoria e fuorviante, non solo per quanto suddetto, ma anche perché la vita dei giovani in città non è caratterizzata solo dai divertimenti del sabato sera, ma presenta anche forti esperienze culturali e sociali. Probabilmente il processo della conoscenza della realtà è più difficile e più difficile è individuare i condizionamenti.

Diverso poiché cambiata in meglio, rispetto agli anni passati, è la capacità della città di inserirsi in percorsi di legalità e la disponibilità a rispettare le regole della normale convivenza civile; non ci sembra più dilagante la sfiducia dei giovani verso la politica, anche se questo non è accompagnato da un maggiore interesse e da una maggiore partecipazione.

Dobbiamo anche constatare che gravissima è la percezione del futuro, come in molte altre parti del Mezzogiorno d’Italia. Il futuro appare come un grosso punto interrogativo per l’enorme difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro e di conseguenza della possibilità di una piena autonomia che faciliti il costituire di nuovi nuclei familiari. La gravità del problema diviene una vera emergenza educativa, se si pensa che è risaputo che la via d’uscita è offerta spesso solo dalla raccomandazione.

Di fronte a questo scenario, forse per la difficoltà intrinseca del problema, la scuola e le associazioni ci sembrano in difficoltà e non sempre nelle condizioni di raccogliere le sfide educative che provengono dalla realtà giovanile; con grande fiducia e speranza guardiamo invece alla chiesa locale, in modo particolare al clero giovane, da coinvolgere in un impegno educativo che sappia dare risposte concrete alle attese dei nostri giovani, rendendo visibile e concreto il Regno di Dio.



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