La
nostra analisi della realtà dei ragazzi e giovani, alla soglia del 2000, non
vuole essere un elenco di dati che abbiamo pur dovuto verificare e analizzare,
ma vuole andare in profondità cercando di cogliere anzitutto la complessità
della società con tutti gli effetti che essa pone sulla condizione dei nostri
ragazzi e adolescenti.
Se
dovessimo sintetizzare i tratti tipici della società complessa, nella quale i
ragazzi si trovano a vivere, potremmo così elencarli:
·
Provvisorietà
·
Reversibilità
·
Presentismo
·
Perdita del centro
·
Molteplicità di appartenenze deboli
·
Domanda di soggettivismo
·
Consumismo e complesso di onnipotenza
Provvisorietà
Il
cambio e la rapidità delle trasformazioni ha fatto si che non si consideri più
normale la stabilità, ma la variabilità, non più il duraturo, il coerente, il
costante, ma il provvisorio, il mutevole, l’occasionale.
Anche
i rapporti umani e sociali sono vissuti in base a questa logica, diventando
così superficiali, senza una prospettiva di durata. Sempre meno si sentono
espressioni come per sempre, per
l’eternità, fino alla morte.
Molte
scelte, sia nell’ambito professionale, come nella sfera affettiva o nell’ambito
delle relazioni umane, lavorative e formative, se prima erano considerate
irreversibili ora possono essere ritrattate o sospese.
L’unica
attenzione è al presente e alla vita quotidiana, senza alcun interesse per il futuro.
Viene cosi ridotta la tensione alla progettualità, anche perché è forte
l’incertezza del domani soprattutto nei giovani.
La
realtà è legata al qui ed ora, al mio corpo, al mio presente, a tutto ciò che
si può controllare con le mie potenzialità. Ne consegue una frammentazione
della vita, delle relazioni, una visione utilitaristica della vita dove ciò che
conta e soddisfare i desideri e bisogni più immediati.
La
vita quotidiana sembra risolvere la ricerca della felicità umana esclusivamente
all’interno dei gesti che connotano il consumismo quotidiano delle
informazioni, dei beni materiali e delle relazioni sociali. La cultura del
piacere sembra aver sostituito la cultura della felicità. Il futuro appare più
spesso come una minaccia che una promessa di felicità.
Rispetto
al passato sono aumentate le possibilità di scelta, ma in proporzione non
sempre cresce la reale libertà e capacità di scegliere bene. Vi sono più ampi
margini di libertà di azione, minore controllo sociale e maggiori opportunità
di decisione, accompagnata però assai spesso dalla lacerazione dei legami e dei
vincoli preesistenti. Nasce cosi una frammentazione delle scelte ed uno
svuotamento delle stesse per l’assenza di valori di riferimento.
Perdita del centro e molteplicità di
appartenenze deboli
Non
esiste più un unico centro di riferimento, ma si creano moltissimi centri,
ciascuno per conto proprio e autonomo. Un risultato di questa situazione è il
pluralismo educativo. Un giovane oggi fa molta fatica a mettere insieme, per
farne una sintesi, che crederà personale, quello che gli viene trasmesso dalla
famiglia, dalla scuola o dagli educatori in genere, perché è un concerto non
sempre armonico, anzi spesso mosso da obiettivi e finalità diverse e
contraddittorie.
Inoltre
si viene a creare una sorta di policentrismo esistenziale, per cui non c’è più
un solo gruppo o associazione che monopolizza e totalizza l’esperienza
personale di vita, ma bisogna fare i conti con una molteplicità di appartenenza
e di riferimento, spesso contrastanti tra di loro e addirittura contraddittori.
Domanda di soggettivismo
Siamo
in presenza di una eccessiva centralità e rivendicazione dell’istanza
soggettiva della persona individuale. Ne consegue una cultura della
singolarità, dell’effimero, dell’inafferrabile. L’esperienza personale diventa
il metro della valutazione di sé e della realtà. L’individuo diventa l’unico e
insindacabile giudice che le dà valore. Le regole debbono saltare o
relativizzarsi per permettere l’irruzione della personalità singolare. Gli atteggiamenti
dominanti sono la rottura, la creatività individuale, l’innovazione. Il
comportamento personale e sociale tende a liberarsi del fardello delle
abitudini e delle norme. Ha valore ormai non ciò che promuove il progresso del
mondo e della storia, ma ciò che corrisponde alle attese e alle rivendicazioni
del soggetto. In questa pluralità di valori e di eventi, che la società offre
in eccedenza, viene smarrito il senso della continuità e della durata, viene
accentuata e stimolata l’ansia di cogliere al volo la successiva esperienza che
si rende possibile, ma che spesso resta frammentata, occasionale, limitata,
isolata, fine a se stessa, senza storia nè progetto.
Però
l’individuo che diventa norma a se stesso e taglia ogni rapporto con un
riferimento oggettivo, rende più difficile il rapporto con gli altri,
venendogli a mancare quella piattaforma comune di linguaggio e di criteri di
giudizio, necessari per una almeno iniziale intesa di base.
Tuttavia
accanto a questi esiti problematici, la soggettività può aprire anche altre
prospettive. Su questo terreno si può sviluppare e stimolare la ricerca più
profonda e responsabile di una personale autonomia, che sappia assumersi la
responsabilità delle proprie scelte con le sue conseguenze, che sappia
impegnarsi in modo più esplicito per superare il disincanto e la banalità
dell’appiattimento sul quotidiano, che rafforzi il necessario processo
dell’autonoma differenziazione dagli altri, accettati come non distruttivi.
Consumismo e complesso di
onnipotenza
Di
fronte alle numerose offerte della società consumistica nell’uomo viene fuori
un irreale sentimento di onnipotenza che però viene a scontrarsi con il più
realistico senso del limite, quotidianamente riproposto dalla condizione umana.
Lo
slogan del consumismo è chiaro: “tutto ciò che esiste può essere consumato, e a
buon diritto: guai a non consumarlo. E’ nella società consumistica si consuma
tutto e dismisura: cibo, vestiti, automobili, informazioni, spettacoli,
cultura, sentimenti, persino
A
questi aspetti sintomatici della complessità della società si aggiungono altri
fattori come la prevalenza della razionalità tecnico scientifica, la crisi
della comunicazione intergenerazionale, la perdita del senso della tradizione,
la relativizzazione dei sistemi di significato (relativismo culturale ed etico).
Tenendo
come punto di riferimento e sfondo generale quanto suddetto, possiamo
inquadrare meglio alcune affermazioni circa i giovani di oggi, così come viene
fuori da una serie di statistiche, ricerche e indagini che abbiamo analizzato.
Anche
se il giovariilismo impera su tutti i fronti, i giovani sembrano, in realtà,
scomparsi dalla scena: non più soggetto sociale, protagonisti del
cambiamento della società, come è stato nel passato e come dovrebbe
naturalmente essere, ma, molto più semplicemente, oggetto di mercato.
Ormai
fanno notizia più per i singoli episodi di cui sono protagonisti, spesso in
negativo, senza avere la capacità di affermarsi sulla scena sociale.
I
giovani oggi sono “invisibili”: non ci sono, cioè, tratti precisi che li
possono definire e la tendenza più evidente è il nascondersi. In questo modo
sfuggono anche agli “osservatori” adulti.
Quali
le note caratteristiche?
Sono
cresciuti con maestri e adulti completamente disillusi dal fallimento degli
ideali in cui avevano creduto e si sono ritrovati cosi senza padri, senza
maestri e senza fratelli maggiori. L’unico legame forte resta quello con la famiglia
in cui vivono ben custoditi per lungo tempo, stabilendo un legame ambiguo che
molte volte non fa crescere né i genitori né loro stessi. Sono spesso figli
unici e hanno vissuto una situazione di benessere all’ombra delle famiglie.
Hanno intensi legami di gruppo, meglio se piccolo; sono capaci di grandi slanci
per cose concrete. Non vivono di grandi ideali per il futuro, ma sembrano ben
addestrati a navigare nelle incertezze di un mare aperto; sono flessibili nel
lavoro e sono costretti a registrare una certa distanza tra le aspettative di
lavoro e di vita e le reali possibilità che offre il mercato del lavoro. Vivono
una situazione di
La Realtà di Tropea
All’interno di questo quadro generale che in modo sintetico
abbiamo cercato di tracciare, sottolineando solo alcune emergenze, consideriamo
ora la realtà della nostra città di Tropea, che per alcuni aspetti si
differenzia dalla realtà generale.
Riguardando i progetti educativi del nostro gruppo scout dal 1984
ad oggi, nelle parti dedicate alla ricognizione della realtà esterna al gruppo,
possiamo notare che alcuni aspetti sono stati ogni volta evidenziati e spesso
individuati come situazioni che sollecitavano una specifica azione educativa,
per l’entità delle problematiche che contenevano e per le implicazioni nei
processi educativi dei bambini, ragazzi e giovani a Tropea. L’aspetto
preferito, se così si può dire, dagli educatori scout a Tropea, dalla riapertura
del gruppo fino ad oggi, è quella di una sorta di dualismo vissuto dalla nostra
città che da cittadina calabrese tutto sommato tranquilla, viene catapultata in
una dimensione internazionale, almeno dal mese di giugno a settembre. Il
fenomeno ha assunto negli ultimi anni caratteristiche diverse, rispetto agli
anni Ottanta, per ragioni quantitative (un maggior numero di presenze si è
registrato in questi ultimi anni) e per un maggior coinvolgimento della
popolazione locale in termini economici e sociali. Si può dire che il turismo
rappresenti la principale fonte economica della città e che ha portato
benessere, lavoro e sviluppo a Tropea e alla costa tirrenica della provincia di
Vibo Valentia.
La realtà turistica di Tropea, in quanto concentrata nei mesi da
giugno a settembre, sottopone la popolazione ad un profondo cambiamento delle
abitudini, dei ritmi di vita e degli interessi. E’ come se in estate tutto
debba cambiare look. Per gli adulti questo spesso si traduce in un porre la sua
attenzione 24 ore su 24 sull’attività lavorativa senza sosta e distrazioni, o
subire il fascino delle metropoli nelle sue performance di consumi e di
diversivi. Per i giovani spesso significa respirare a pieni polmoni l’aria del
sabato sera, di cui tanto ha sentito parlare durante i mesi invernali in
televisione. E’ il fascino delle grandi discoteche, dove la parola d’ordine è
divertirsi con metodi naturali o di sintesi. Ad Agosto ogni
Questa idea della vita metropolitana che viene implicitamente
veicolata ai nostri ragazzi è fortemente contraddittoria e fuorviante, non solo
per quanto suddetto, ma anche perché la vita dei giovani in città non è
caratterizzata solo dai divertimenti del sabato sera, ma presenta anche forti
esperienze culturali e sociali. Probabilmente il processo della conoscenza
della realtà è più difficile e più difficile è individuare i condizionamenti.
Diverso poiché cambiata in meglio, rispetto agli anni passati, è
la capacità della città di inserirsi in percorsi di legalità e la disponibilità
a rispettare le regole della normale convivenza civile; non ci sembra più
dilagante la sfiducia dei giovani verso la politica, anche se questo non è
accompagnato da un maggiore interesse e da una maggiore partecipazione.
Dobbiamo anche constatare che gravissima è la percezione del
futuro, come in molte altre parti del Mezzogiorno d’Italia. Il futuro appare
come un grosso punto interrogativo per l’enorme difficoltà
Di fronte a questo scenario, forse per la difficoltà intrinseca
del problema, la scuola e le associazioni ci sembrano in difficoltà e non
sempre nelle condizioni di raccogliere le sfide educative che provengono dalla
realtà giovanile; con grande fiducia e speranza guardiamo invece alla chiesa
locale, in modo particolare al clero giovane, da coinvolgere in un impegno
educativo che sappia dare risposte concrete alle attese dei nostri giovani,
rendendo visibile e concreto il Regno di Dio.
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