IL MONDO SOTTERRANEO

Si dice che una lunga galleria collegasse la badia di S. Angelo di Chiaserna al M. Petria, come quella che a Cagli unisce il torrione di Francesco di Giorgio Martini alla Rocca sul colle dei Cappuccini. Questa certamente esiste, ma l' altra sa di leggenda: analoghe gallerie infatti collegherebbero Frontone al castello di Capitale, il castello di Colmatrano alla rocca di Cantiano e l' eremo di S. Salvatore della Foce al M. Mezzano, attraversando tutto il Campifobio!
In una cripta o in una cantina abbandonate, la tradizione popolare vede le porte di accesso al ventre della montagna. Così le numerose cavità naturali del massiccio sono conosciute spesso con nomi che evocano pericoli e tesori, oppure che ne evidenziano un carattere sacro o diabolico. Mitiche la grotta del Brigante presso Leccia e quella dell' Oro all' Avellana. Vere le grotte di S. Pier Damiani, della Ghiesòla, il Grottone dedicato alla Madonna presso Petrara; veri anche i buchi del Diavolo uno presso Pontedazzo e l'altro sotto le Balze degli Spicchi. Prima che per archeologi o speleologi, le cavità, artificiali o naturali che siano, hanno esaltato l'immaginazione della gente del posto, sollevando un'affascinata curiosità. Molte grotte sono conosciute -si potrebbe dire censite- ognuna con il proprio nome, dai generici: Grottone, Bugone e Grotticciole, ai più specifici: dell' Ellero, dei Ciambotti, del Gallo, della Margherita, del Vaccarile, del Fornello, dell' Obice, tanto per citarne alcune. Questo grande interesse non trova fondamento, allo stato attuale delle conoscenze, nella realtà ipogea del Catria, più modesta rispetto ai vicini Nerone e Cucco. Le cavità conosciute del massiccio sono infatti quasi tutte di scarsa estensione, sono spesso di difficile localizzazione e di arduo accesso, inoltre la maggior parte di esse è penetrabile quasi esclusivamente con adeguata attrezzatura speleologica. Alcune richiedono perfino attrezzature subacquee essendo risorgenti carsiche spesso allagate. Tra queste: la buca del Diavolo a Pontedazzo, la risorgenza dei Tre pozzi nella valle della Tenetra e la risorgenza della Giana a monte di Chiaserna.
All'interno di queste cavità e nei loro dintorni vive un interessante anfibio: il geotritone italiano (Hidromantes italicus). Lungo al massimo 11/12 cm è una sorta di piccola salamandra di colore giallo-marrone, e dalle maculature e punteggiature molto variabili. Caratteristica è la forma dei piedi: dalle dita arrotondate e tronche all'apice e con una membrana interdigitale alla base. Ha occhi molto sviluppati in grado di vedere anche in condizioni di luce estremamente scarsa. Si ciba di piccoli insetti che cattura proiettando contro di essi la lingua e invischiandoli con la saliva. Pur prediligendo l'ambiente sotterraneo il geotritone, soprattutto se le condizioni di umidità sono adeguate, può trascorrere parte della sua vita fuori dalle grotte.

 

IL CERRO

La roverella (Quercus pubescens), che con maestosi esemplari caratterizza e abbellisce il paesaggio agricolo marchigiano, è, semplicemente, la "cerqua", la quercia per eccellenza.
Praticamente scomparse rovere (Q. petrea) e farnia (Q. robur), l'unica altra quercia a foglie caduche che potrebbe insidiarle il titolo è il cerro (Q. cerris). Grande albero che può raggiungere i 20-35 m, il cerro ha foglie poco coriacee a lobi piuttosto profondi, la ghianda ha una caratteristica cupola molto sviluppata, dalle squame lunghe e sottili, arricciate all' infuori.
Le cerrete più vaste delle Marche sono quelle del Sasso di Simone in provincia di Pesaro e Urbino e della Madonna del Piano a Colfiorito in provincia di Macerata. Nel comprensorio del Catria, se è decisamente rara nei versanti nord orientali della catena principale, si rinviene più frequentemente nei boschi sovrastanti le valli di Chiaserna. Presente nella zona dell' orno-ostrieto, il cerro è spesso associato alla roverella e a volte mostra popolazioni particolarmente ricche dove appare come specie dominante. Sul versante Sud Ovest del Catria-Acuto raggiunge i 1200 m di quota, giungendo a contatto con le sovrastanti faggete. Simmetricamente: raggiunge la cima del Petria e le aree più elevate del Pian delle Serre e del Forcello.