Comitato per la Difesa dei Referendum Elettorali e del Collegio Uninominale

Requiem per il proporzionale
Progetto referendario per difendere il sistema elettorale
uninominale maggioritario e sgominare la congiura di Casa Letta

1. Introduzione
2. Il nuovo quesito elettorale per la Camera dei Deputati
3. Analogie con il referendum elettorale del 1993
4. Proiezioni '96 sul meccanismo di recupero dei migliori perdenti

1. Introduzione

Il progetto referendario elettorale del Comitato per la difesa dei referendum elettorali e del collegio uninominale si propone di:

1) abolire le liste e la scheda proporzionali nel sistema elettorale per la Camera dei Deputati;

2) lasciare immutato il meccanismo (uninominale-maggioritario) di elezione del 75% dei deputati e dei senatori;

3) IMPORTANTE: eleggere il restante 25% di deputati recuperando i migliori dei candidati sconfitti nei collegi uninominali, a livello di singole circoscrizioni;

I vantaggi del nuovo quesito elettorale, che dimostreremo essere possibili e in accordo con l'attuale e consolidata giurisprudenza costituzionale, sono presto detti:

1) il sistema risultante è MAGGIORITARIO e UNINOMINALE, nonché, costringendo all'aggregazione i poli, necessariamente anche bi-tripartitico. E la ragione è semplice: diversamente da quanto disposto dalla vigente legge elettorale per il Senato, qui il residuo 25 per cento di seggi sarebbe attribuito non a "gruppi" di candidati, ma singolarmente ai cd. "migliori perdenti" nei collegi uninominali della circoscrizione, per meriti propri e non di lista, ogni non eletto concorrendo in quanto tale all'attribuzione dei seggi vacanti. Conseguentemente, il terzo, o quarto, o quinto, o sesto, etc. candidato in ogni collegio, non avrebbe alcuna speranza di essere recuperato: la competizione, per ragioni meramente aritmetiche, sarebbe naturalmente circoscritta ai secondi arrivati in un terzo dei collegi uninominali della circoscrizione (essendo di 3 a 1 il rapporto tra i collegi uninominali e i seggi da attribuire con il metodo residuale);

2) consentirebbe alla Corte costituzionale una decisione non equivoca (quale che essa sia), poiché è chiaro, univoco e omogeneo, e la normativa di risulta sarebbe immediatamente applicabile. Infatti, la Consulta dovrà o ammettere il nuovo quesito, dando quindi seguito alla propria giurisprudenza consolidata, o rigettarlo, dovendo però definitivamente vietare, sic et simpliciter, lo svolgimento di qualsivoglia referendum elettorale.

Cosí, ad esempio, secondo il sistema elettorale derivante dai referendum, in Abruzzo, che ha 14 deputati, di cui 11 eletti col maggioritario e 3 col proporzionale, passerebbero i vincenti degli 11 collegi piú i 3 candidati che abbiano perso con la percentuale di voti piú alta.

Va rilevato che il referendum non comporterebbe neanche la rinuncia al doppio turno su base uninominale; anzi, renderebbe la scelta del Parlamento molto piú semplice, riducendo le opzioni a due: sistema elettorale uninominale anglosassone (di fatto suffragato dal risultato del referendum) o sistema elettorale uninominale a doppio turno francese.

Milano, li 14 febbraio 1997-1° dicembre 1998

Emilio Colombo
Marco Nardinocchi

 


Indice del Requiem

 

2. Il nuovo quesito elettorale per la Camera dei Deputati

1. Funzionamento della vigente legge elettorale per la Camera dei deputati

1.1. Attualmente, il 75 per cento circa dei deputati è eletto in 475 collegi uninominali. La distribuzione del restante 25 per cento di seggi avviene in 26 circoscrizioni tra liste proporzionali, previo scomputo di una quota variabile dei voti ottenuti nei collegi uninominali dai candidati eletti e ad esse collegati (meccanismo principale). Qualora una lista, esauriti i propri candidati, abbia diritto ad altri seggi, sono recuperati i candidati uninominali ad essa collegati nella circoscrizione, e risultati non eletti nei collegi, secondo l'ordine delle percentuali di voto da essi conseguite (meccanismo secondario). Peraltro, il secondo meccanismo non è una semplice norma di chiusura di utilizzo soltanto eventuale: poiché il numero dei candidati di una lista proporzionale non può eccedere la misura di un terzo dei seggi da attribuire nella circoscrizione, esso è stato spesso utilizzato per assegnare tutti i 630 seggi.

1.2. Sull'asserita obbligatorietà del collegamento - Tra l'altro, la legge Mattarella ha disposto il divieto di candidature indipendenti, dovendo i candidati uninominali essere collegati, a pena di nullità della candidatura, con una lista proporzionale. Tuttavia, secondo la lettera del Testo Unico n. 361/57 e l'interpretazione costante e uniforme data dagli Uffici elettorali circoscrizionali e dall'Ufficio centrale nazionale, il collegamento deve sussistere solo al momento della presentazione delle candidature, scindendosi da quel momento i destini delle candidature uninominali da quelli delle liste collegate. Il decreto legislativo di coordinamento 20 dicembre 1993, n. 534 (a firma anche del prof. Leopoldo Elia), infatti, ha omesso di includere, tra le competenze dell'Ufficio elettorale circoscrizionale, l'accertamento della sussistenza di un attuale ed effettivo collegamento dei candidati uninominali con liste validamente presentate nella circoscrizione. In altre parole, se la lista proporzionale è ricusata, il candidato uninominale collegato solo ad essa non ne segue le sorti.

 

2. IL NUOVO QUESITO ELETTORALE PER LA CAMERA DEI DEPUTATI

2.1. Condizioni di ammissibilità costituzionale dei referendum elettorali - La Corte costituzionale (sent. n. 32/1993), ammettendo il secondo referendum cd. Segni sulla legge elettorale per il Senato (la precedente analoga richiesta di referendum era stata dichiarata inammissibile con Sent. n. 47 del 1991), ha confermato che "Sono assoggettabili a referendum popolare anche le leggi elettorali relative ad organi costituzionali o di rilevanza costituzionale, alla duplice condizione che i quesiti siano omogenei e riconducibili ad una matrice razionalmente unitaria, e ne risulti una coerente normativa residua, immediatamente applicabile, in guisa da garantire, pur nell'eventualità di inerzia legislativa, la costante operatività dell'organo. Quando siano rispettate tali condizioni, è di per sé irrilevante il modo di formulazione del quesito, che può anche includere singole parole o singole frasi della legge prive di autonomo significato normativo, se l'uso di questa tecnica è imposto dall'esigenza di "chiarezza, univocità e omogeneità del quesito" e di "una parallela lineare evidenza delle conseguenze abrogative", sí da consentire agli elettori l'espressione di un voto consapevole (sent. n. 47 del 1991)."

2.2. Obiettivi del nuovo quesito referendario - Il quesito referendario non fa altro che abrogare il primo meccanismo di assegnazione del 25% dei seggi lasciando in piedi il secondo (cfr. 1.1.), che pertanto diviene norma generale per la copertura dei 155 seggi restanti. Per dirla con la Corte, le norme relative al secondo meccanismo si espandono fisiologicamente per colmare il vuoto lasciato da quelle relative al primo.

L'operazione referendaria è resa possibile e chiara dall'univocità e dall'omogeneità del quesito che, abolendo le liste proporzionali e la relativa scheda, copre il conseguente vuoto legislativo appoggiandosi sulla previsione di cui all'art. 77 (recupero dei candidati uninominali non eletti nella quota maggioritaria per coprire i seggi conquistati in eccedenza dalla lista proporzionale ad essi collegata), rendendo quindi il principio del recupero dei migliori dei non eletti nel maggioritario norma generale per la copertura del residuo 25 per cento di seggi. Non operando piú il vincolo di collegamento -preordinato al funzionamento del cd. scorporo nel sistema proporzionale-, risulterebbero quindi eletti i migliori perdenti, collegio per collegio (artt. 1, comma 4, 77, comma 1, numeri 3) e 4), 84, comma 1).

2.3. Effetti e razionalità intrinseca del quesito - "Il quesito referendario deve "incorporare l'evidenza del fine intrinseco all'atto abrogativo", cioè la puntuale ratio che lo ispira (sent. N. 29 del 1987), nel senso che dalle norme proposte per l'abrogazione sia dato trarre con evidenza "una matrice razionalmente unitaria" (sentt. Nn. 16 del 1978; 25 del 1981), "un criterio ispiratore fondamentalmente comune" o "un comune principio, la cui eliminazione o permanenza viene fatta dipendere dalla risposta del corpo elettorale" (sentt. n. 22, 26, 28 del 1981; 63, 64, 65 del 1990)" [cit. sent. 47/1991].

Il fine intrinseco del nostro referendum è chiaramente incorporato nel quesito: il voto che il corpo elettorale è chiamato a esprimere è inequivocabilmente diretto all'abolizione (o al mantenimento) del meccanismo di recupero proporzionale e di tutti gli istituti ad esso preordinati (collegamento, scorporo e scheda).

2.4. Sulla matrice razionalmente unitaria del quesito - La matrice razionalmente unitaria del quesito è altrettanto chiara: la quota proporzionale, non potendo essere abolita incondizionatamente, sarebbe sostituita con un sistema di recupero fondato sui risultati conseguiti dai singoli candidati non eletti nei collegi uninominali della circoscrizione.

2.5. Sul requisito di "alternatività" del quesito referendario - Il nuovo referendum elettorale, proponendo agli elettori l'instaurazione di un nuovo sistema di elezione del 25 per cento dei deputati, in sostituzione del vigente sistema proporzionale con scorporo, presenta dunque anche il requisito di "alternatività -condizione di chiarezza del quesito- tra la disciplina vigente, di cui si chiede l'abrogazione, e quella che ne residuerebbe." [cfr. Sent. n. 40/1997 (Istruzione pubblica) - Cons. in diritto - 2.].

Esaminando il quesito sull'Istruzione pubblica [sent. n. 40/1997], la Corte osservò invero che il quesito non si proponeva "un intento meramente eliminativo ma, attraverso una abrogazione parziale, mira[va] di per sé all'instaurazione di un sistema diverso, in sostituzione di quello attualmente vigente. Ma, quale sia tale sistema resta obiettivamente e insuperabilmente incerto, mancando l'alternatività [...]".

2.6. Sulla presunta manipolatività del quesito - Non sarà inutile sottolineare come il nuovo quesito referendario non sia manipolativo nel senso considerato come inammissibile dalla giurisprudenza costituzionale.

Come la Corte ha avuto modo di ribadire nella sent. n. 36/1997 [RAI-TV], infatti, "il proprium del referendum abrogativo" è produrre "un effetto di ablazione puro e semplice"; l'eventuale effetto cd. manipolativo del quesito deve dunque derivare "dalla fisiologica espansione delle norme residue, o dai consueti criteri di autointegrazione dell'ordinamento".

È bene chiarire, una volta per tutte, che la sent. 36/97 (pubblicità Rai) riguarda un caso del tutto diverso da quello che abbiamo oggi in esame. Con quella sentenza, infatti, la Corte Costituzionale, chiariva che è vietata la "sostituzione della norma abroganda con altra assolutamente diversa, non derivante direttamente dall'estensione di preesistenti norme o dal ricorso a forme autointegrative, ma costruita attraverso la saldatura di frammenti lessicali eterogenei". E, in effetti, col referendum sulla pubblicità Rai si utilizzava il testo legislativo come fosse un vocabolario, ricavando, attraverso le abrogazioni referendarie, norme del tutto inventate. Tale profilo, invero, poneva in luce "il carattere propositivo del quesito stesso".

Una proposta referendaria è dunque propositiva, e quindi inammissibile, quando abbia un effetto costitutivo di nuove norme. Nel caso del referendum sulla RAI-TV, tale effetto costitutivo si sarebbe realizzato "attraverso l'ipotizzata saldatura tra due elementi lessicali appartenenti a due norme completamente diverse".

La consolidata giurisprudenza costituzionale in materia di referendum elettorali concilia dunque i due principi della non manipolatività e dell'autoapplicatività consentendo il ricorso anche ad abrogazioni parziali, che producano l'espansione del campo di applicazione delle norme residue. In questo caso, gli effetti espansivi di norme preesistenti devono discendere in modo naturale, come conseguenza necessitata, dalla richiesta abrogativa, e non derivare dall'unione artificiosa di frammenti di disposizioni differenti.

Il fatto poi che dopo l'ablazione referendaria si recuperino i migliori perdenti della circoscrizione, e non piú i migliori perdenti collegati alle liste nella circoscrizione, non può far ritenere il quesito manipolativo. La caduta del collegamento, infatti, è una conseguenza necessitata della abrogazione principale che elimina le liste: venute meno queste non può che venire meno pure il collegamento con esse.

In conclusione, non solo il vuoto normativo non viene colmato inventando nuove norme facendo ricorso alla "saldatura tra due elementi lessicali appartenenti a due norme completamente diverse" (sent. 36/97), ma le norme che regolano il secondo meccanismo di attribuzione del 25% non mutano neppure funzione. Sia prima che dopo l'abrogazione, infatti, esse sono volte a consentire la copertura proprio di tale 25% di seggi. Si è semplicemente espanso il loro campo di applicazione.

Se si volesse definire tale operazione manipolativa, non si capirebbe allora come interpretare l'espressione "fisiologica espansione delle norme residue".

2.7. Sulle abrogazioni sussidiarie e sulla teoria del sottoinsieme - La corte costituzionale (sentt. 5/1995 e 26/1997) ha dichiarato che il quesito referendario per l'abolizione incondizionata della quota proporzionale presentava tutti i requisiti richiesti, respingendolo perché non consentiva l'elezione di un quarto dei membri della Camera. Il quesito elettorale opportunista, consentendo per contro l'elezione del restante quarto di deputati, dovrebbe avvalersi (in quanto sottoinsieme di quello respinto con le due citate sentenze) del giudizio di "chiarezza, univocità e omogeneità" espresso dalla Corte costituzionale sul quesito incondizionato. Invero, la sentenza n. 5/1995 dichiara: Non vi è dubbio che il quesito in esame debba ritenersi dotato delle necessarie qualità della chiarezza, univocità e omogeneità. L'insieme delle norme (nonché delle frasi o parole prive di significato normativo autonomo) di cui si chiede l'abrogazione risulta chiaramente rispondente a una matrice razionalmente unitaria, ispirato, cioè, da un principio comune, la cui permanenza o eliminazione viene rimessa al voto del corpo elettorale. Attraverso una attenta opera di "ritaglio" del testo normativo si intende, infatti, scorporare dalla legge in esame tutto il complesso delle disposizioni che disciplinano (o che comunque richiamano) il sistema di attribuzione di un quarto dei seggi con il metodo proporzionale, con la finalità, anch'essa intrinseca all'atto abrogativo proposto, e che costituisce un epilogo evidente della abrogazione, di ottenere un sistema totalmente maggioritario uninominale. Ne deriva, in conclusione, che il quesito referendario risulta indubbiamente fornito dei requisiti idonei ad assicurare agli elettori l'espressione di un voto consapevole.

2.8. Garanzia di indefettibilità del sistema elettorale post-referendario - "Qualora si tratti dell'abrogazione di una legge elettorale relativa alla composizione ed al funzionamento di un organo costituzionale o di rilevanza costituzionale, [deve potersi trarre dal quesito] una parallela lineare evidenza delle conseguenze abrogative, anch'essa indispensabile perché la proposta di cancellazione non esponga un tale organo "all'eventualità, anche soltanto teorica, di paralisi di funzionamento" [sent. n. 29 del 1987]" (sent. 47/1991).

La lesione all'esigenza di indefettibilità del sistema elettorale è l'unico rilievo mosso dalla Consulta ai quesiti per l'abolizione incondizionata del meccanismo proporzionale d'attribuzione del 25 per cento dei seggi, i quesiti rendendo necessario un successivo intervento legislativo per la creazione dei collegi mancanti. Come abbiamo già spiegato dianzi, e dimostreremo in seguito, il nostro quesito non incorre in tale inconveniente, predisponendo un sistema per la copertura di tutti i seggi.

Come è già stato spiegato dianzi, il nuovo quesito referendario non incorre in tale inconveniente, predisponendo un sistema efficiente e coerente (anche sotto il profilo della "sequenza temporale delle operazioni relative all'assegnazione dei seggi" [cfr. sent. n. 47/1991]) per la copertura di tutti i seggi.

2.9. Il meccanismo di attribuzione del 25 per cento dei seggi dopo il referendum - Il meccanismo d'attribuzione dei seggi conseguente al referendum sarebbe incentrato sul combinato disposto dei modificati articoli 1, comma 4, 77, comma 1, numeri 3) e 4), e 84 del DPR n. 361/1957:

Art 1. - 1. [...]
2. Il territorio nazionale è diviso nelle circoscrizioni elettorali indicate nella tabella A allegata al presente testo unico.
3. In ogni circoscrizione, il settantacinque per cento del totale dei seggi è attribuito nell'ambito di altrettanti collegi uninominali, nei quali risulta eletto il candidato che ha riportato il maggior numero di voti.
4. In ogni circoscrizione, il venticinque per cento del totale dei seggi è attribuito a norma degli articoli 77 e 84.
Art. 77. - 1. L'Ufficio elettorale circoscrizionale [...]:
1) proclama eletto in ciascun collegio uninominale, in conformità ai risultati accertati, il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti validi;
3) determina, ai fini di cui all'articolo 84, la cifra individuale di ogni candidato presentatosi in uno dei collegi uninominali della circoscrizione e non proclamato eletto ai sensi del numero 1) del presente comma. Tale cifra viene determinata moltiplicando per cento il numero dei voti validi ottenuti e dividendo il prodotto per il numero complessivo dei votanti nel collegio uninominale;
4) determina la graduatoria dei candidati nei collegi uninominali non proclamati eletti, disponendoli nell'ordine delle rispettive cifre individuali. A parità di cifre individuali prevale il piú anziano di età.
Art. 84. - 1. Il presidente dell'ufficio centrale circoscrizionale proclama eletti, sino a concorrenza del numero dei seggi e seguendo l'ordine delle rispettive cifre individuali, i candidati della graduatoria di cui all'articolo 77, comma 1, numero 4, che non risultino già proclamati eletti.
2. [...]

Nota: Nell'articolo 84 l'espressione "il numero dei seggi" è inequivocabilmente riferibile al 25% dei seggi che, ai sensi dell'art. 1, comma 4, "è attribuito a norma degli articoli 77 e 84".

2.10. Surrogazione dei deputati in seguito al referendum - Anche per la sostituzione dei deputati, il sistema normativo risultante dopo l'abrogazione referendaria funzionerebbe in modo inequivocabilmente efficiente:
1) nel caso di deputati eletti con il sistema di recupero (ex artt. 77 e 84 T.U.), subentrerebbe il primo dei non eletti nella graduatoria di cui all'art. 77, poiché il comma 4 dell'art. 86 rinvia chiaramente alle procedure di cui all'art. 84;
2) nel caso di deputati eletti direttamente nei collegi uninominali, si continuerebbe a ricorrere ad elezioni suppletive, ex art. 86, commi 1-3, T.U.

 


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3. Analogie con il referendum elettorale del 1993

1. Il funzionamento della legge elettorale per il Senato prima del referendum - La legge elettorale per il Senato operava prima del referendum del 18 aprile 1993, nel modo seguente:
a) fase uninominale-maggioritaria (art. 17, comma 2, legge 6 febbraio 1948, n. 29): per essere eletto, il candidato nel collegio uninominale doveva ottenere almeno il 65 per cento dei voti validamente espressi. Il mancato raggiungimento di tale quorum nella maggior quantità di collegi possibile era divenuta condizione necessaria per il funzionamento della legge, imponendo il passaggio alla:
b) fase plurinominale-proporzionale (art. 19, comma 2, legge 6 febbraio 1948, n. 29): i voti raccolti dai candidati uninominali in ogni collegio nel quale non fosse avvenuta l'elezione del senatore con il 65% dei voti validi, concorrevano a formare, con i voti dei candidati collegati allo stesso gruppo regionale e presentatisi nei collegi in cui parimenti non fosse avvenuta l'elezione, il quoziente elettorale regionale di gruppo. Sulla base di tale quoziente, i seggi ancora da attribuire (di solito, tutti) erano quindi distribuiti, con metodo proporzionale, tra i vari gruppi di candidati; e, all'interno dei vari gruppi, si procedeva all'elezione dei senatori secondo la graduatoria decrescente dei quozienti individuali dei singoli candidati (ovvero, in base alla percentuale conseguita da ogni candidato nel proprio collegio di presentazione). Il passaggio alla seconda fase era indispensabile per consentire l'elezione di tutti i senatori, in quanto, mentre il numero dei membri elettivi del Senato fu nel 1963 costituzionalmente fissato in 315, il numero dei collegi (238) non era stato praticamente piú rivisto dopo la distribuzione avvenuta nel 1948. Infatti, se in tutti i collegi uninominali fosse stato eletto un candidato con il 65 per cento dei voti, non sarebbero rimasti piú voti per calcolare i quozienti elettorali regionali di gruppo, con la conseguente impossibilità di assegnare i 77 seggi residui.

2. La dinamica abrogativa del referendum elettorale del 1993 - Il referendum sulla legge elettorale del Senato, votato il 18 aprile 1993:
a) abolendo il quorum del 65% dei voti, richiesto per l'elezione del candidato nel collegio uninominale,
b) provocava l'inversione delle due fasi di assegnazione dei seggi (maggioritaria-uninominale e proporzionale-plurinominale: la prima, da ipotesi residuale veniva trasformata in regola generale; la seconda diveniva, conseguentemente, norma di chiusura),
c) dovendo però contestualmente manipolare anche la disposizione sul calcolo della cifra elettorale regionale di gruppo (art. 19, comma 2, l. 29/1948), al fine di rendere utilizzabili i voti dei candidati sconfitti nei collegi uninominali (cfr. supra, numero 2.). Infatti, con l'abbattimento del quorum del 65 per cento dei voti alla semplice maggioranza relativa, occorreva abolire anche la norma che rendeva inutilizzabili -ai fini del calcolo del quoziente elettorale regionale di gruppo- i voti dei candidati presentatisi nei collegi dove fosse avvenuta l'elezione maggioritaria, ormai non piú eventuale e estremamente improbabile, ma certa.

3. Minore complessità del nuovo referendum rispetto a quello del 18 aprile 1993 - Il nostro quesito, invece, piú linearmente, lasciando immutato il sistema di elezione del 75 per cento dei deputati, si limita a incidere su tutte le procedure previste per l'assegnazione del residuo 25 per cento di seggi, operando abrogazioni sussidiarie strettamente necessarie e consequenziali all'abrogazione principale, in ossequio ai principi costantemente affermati dalla Corte costituzionale.

 


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Ultimo aggiornamento: 23/12/1998 - 19h00