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La terapia ormonale sostitutiva ed il rischio cardiovascolare.

Le malattie cardiovascolari, ed in particolare la patologia coronarica ischemica (che comporta quadri clinici quali l'angina pectoris e l'infarto) rappresentano nei paesi occidentali la prima causa di morte. Negli Stati Uniti è stato infatti calcolato che circa mezzo milione di donne ogni anno muoiono a seguito di tali patologie. Mentre nel sesso maschile le malattie cardiovascolari compaiono in età relativamente giovane, nella donna la loro insorgenza aumenta tipicamente dopo la menopausa. Ciò ha suggerito in prima istanza un possibile ruolo protettivo degli ormoni femminili nei confronti di tali patologie.

La patologia ischemica coronarica, le cui manifestazioni cliniche sono rappresentate dalla angina pectoris e dall'infarto, è in buona parte dovuta alla presenza di una occlusione delle coronarie, cioè delle arterie che conducono il sangue al cuore garantendone un adeguato nutrimento. L'occlusione fa sì che il quantitativo di sangue apportato si riduce progressivamente divenendo, soprattutto sottosforzo, insufficiente alle necessità del cuore. L'occlusione delle coronarie è a sua volta conseguente al formarsi della placca aterosclerotica, cioè all'accumulo di materiale per lo più derivato dai grassi circolanti nel sangue a livello del lume vasale. I principali fattori predisponenti il "processo aterogenetico" cioè il formarsi della placca aterosclerotica sono rappresentati dalla presenza di elevati livelli di alcuni grassi nel sangue e dalla presenza di un "danno endoteliale" cioè di una lesione della parete dell'arteria a livello della quale si organizza la placca. Per tale motivo alcuni fattori sono stati riconosciuti come "fattori di rischio" per l'insorgenza della patologia ischemica coronarica, ed in particolare:

bulletgli alti livelli di colesterolo e di trigliceridi nel sangue;
bulletl'ipertensione (che concorre nel determinismo del danno endoteliale);
bulletil fumo di sigaretta (anch'esso causa di danno endoteliale);
bulletalcune malattie concomitanti quali ad esempio il diabete;

Analizziamo ora come la terapia ormonale sostitutiva in menopausa può agire sui diversi fattori di rischio e quindi sul rischio di insorgenza di malattie cardiovascolari.

Livelli di colesterolo e trigliceridi nel sangue.

Numerosi studi hanno evidenziato come l'assunzione di estrogeni ed in particolare alcuni tipi di estrogeni assunti per via orale, quali gli estrogeni coniugati orali (ECE) o l'estradiolo valerato comporti una significativa riduzione sia dei livelli di colesterolo totale che dei livelli di colesterolo LDL (il cosidetto colesterolo cattivo) con parallelo incremento dei livelli di colesterolo HDL (cioè del cosidetto colesterolo buono che agisce riducendo l'accumulo di grassi nella placca aterosclerotica). In particolare un importante studio (PEPI trial) condotto su 875 donne in postmenopausa ha evidenziato come nei soggetti che assumevano 0,625 mg al giorno di estrogeni coniugati equini si osservasse una riduzione dei livelli di colesterolo LDL dal 10 al 12 % rispetto ai valori basali nell'arco dei tre anni in cui lo studio è stato condotto. Analoghi studi hanno evidenziato riduzioni dei livelli di colesterolo LDL variabili dal 7,8% al 19% con l'assunzione di estrogeni coniugati equini a dosi comprese tra 0,625 mg/die e 1,25 mg/die, estradiolo valerato (1 mg/die), estradiolo (2 mg/die) o estradiolo e medrossiprogesterone acetato.

Parallelamente alla riduzione dei livelli di colesterolo LDL, l'assunzione di estrogeni per via orale, si è dimostrata efficace nel determinare un incremento dei livelli colesterolo HDL, cioè del colesterolo buono. Nel sopracitato PEPI trial il trattamento con estrogeni coniugati equini alla dose di 0,625 mg/die ha comportato un incremento dei valori di colesterolo HDL pari al 10-12% già nel primo anno di trattamento. Altri studi hanno invece evidenziato un incremento dei livelli di HDL pari tra il 16 ed il 18% a seguito dell'assuzione di ECE alla dose di 0,625-1,25 mg/die, e pari al 15% a seguito della assunzione di estradiolo micronizzato orale alla dose di 2 mg/die.

I dati finora riportati riguardano essenzialmente l'assunzione di estrogeni per via orale. Normalmente però, nella donna con utero, la terapia ormonale sostitutiva viene somministrata come associazione di estrogeni e progestinici (quest'ultimi necessari per proteggere l'utero dagli effetti indesiderati della stimolazione estrogenica). Il tipo di progestinico utilizzato sembra avere al riguardo un ruolo importante, infatti alcuni studi hanno evidenziato come l'aggiunta agli estrogeni di un progestinico quale il noretitrodone sia accompagna ad un annullamento degli effetti benefici sui livelli di colesterolo LDL riscontrati con la somministrazione di soli estrogeni; mentre la somministrazione di un progestinico quale il medrossiprogesterone acetato non sembrerebbe inficiare significativamente gli effetti benefici della sola somministrazione estrogenica.

Se andiamo invece a considerare gli effetti della somministrazione di estrogeni tramite vie diverse rispetto a quella orale, ed in particolare tramite la via transdermica (cerotto), la maggioranza degli studi hanno evidenziato come gli effetti benefici degli estrogeni sui livelli di colesterolo appaiono molto meno pronunciati e talora assenti. Ciò è dovuto al fatto che con l'assunzione per via transdermica gli estrogeni passano direttamente nel sangue saltando il primo passaggio attraverso il fegato, passaggio che ha invece obbligatoriamente luogo a seguito dell'assunzione per via orale. Dato che il colesterolo circolante è prodotto principalmente a livello del fegato ciò porta di conseguenza alla perdita di alcuni effetti che gli estrogeni determinano a livello epatico e che sono conseguenti proprio alla loro metabolizzazione legata alla assunzione orale degli stessi.

D'altra parte l'assunzione transdermica presenta alcuni vantaggi nelle pazienti con alti livelli di trigliceridi. Infatti mentre l'assunzione orale si accompagna ad un incremento dei livelli di trigliceridi, ciò non si verifica o si verifica in modo molto minore a seguito dell'assunzione transdermica. Uno studio condotto da Walsh e collaboratori ha infatti evidenziato come la somministrazione di estrogeni coniugati equini per via orale alla dose di 0,625 mg/die ed alla dose di 1,25 mg/die si associ ad un incremento dei valori di trigliceridi rispettivamente pari al 24 ed al 38%, mentre nessuna modificazione è stata rilevata a seguito della assunzione di estradiolo per via transdermica.

Questi dati relativi ai diversi effetti dei vari tipi di estrogeni e progestinici nonchè delle diverse vie di somministrazione sottolineano come una attenta analisi dei livelli di colesterolo e trigliceridi debba sempre essere effettuata per orientare la scelta del tipo di terapia ormonale sostitutiva nel singolo soggetto.

Oltre al colesterolo (totale, HDL, LDL) ed ai trigliceridi esiste un altro fattore lipidico di rilevante importanza nell'ambito dei fattori di rischio cardiovascolari rappresentato dalla Lp(a) (lipoproteina a piccola). Alti livelli di Lp(a) nel sangue si sono rilevati associati ad un incremento di incidenza di malattie cardiovascolare. L'assunzione di estrogeni per via orale si è anche in questo caso dimostrata efficace nel ridurre i livelli di Lp(a) in percentuali variabili dal 10 al 32% nei diversi studi. Anche in questo caso la terapia transdermica ha evidenziato una efficacia minore con livelli di riduzione intorno al 10%.

In conclusione possiamo rilevare come nei soggetti con alti livelli di colesterolo, soprattutto LDL, o con alti livelli di Lp(a) la terapia ormonale sostitutiva per via orale appaia indicata al fine di ridurre tali livelli e conseguentemente di ridurre l'incidenza di questi fattori di rischio cardiovascolare.

 

Effetti degli estrogeni sui vasi e sul flusso sanguigno

La vasocostrizione costiuisce un fattore favorente il formarsi delle placche aterosclerotiche in quanto determina fenomeni di turbolenza del flusso sanguigno. Numerosi studi hanno evidenziato come gli estrogeni agiscano direttamente sulla parete dei vasi con azione vasodilatante con miglioramento del flusso ematico e, alcuni di questi studi, hanno inoltre evidenziato come questo effetto positivo sia maggiormente pronunciato in pazienti con deficit circolatori preesistenti. Inoltre alcuni studi volti ad analizzare l'effetto della somministrazione estrogenica sulla viscosità del sangue hanno evidenziato come sia la somministrazione di estradiolo da solo alla dose di 1 mg/die che di estradiolo più medrossiprogesterone acetato (alla dose di 2,5 mg/die) comporti una riduzione della viscosità del sangue pari al 4%.

Effetti degli estrogeni sulla pressione arteriosa

Fino a non molti anni orsono la presenza di elevati valori di pressione arteriosa era considerata una controindicazione alla assunzione della terapia ormonale sostitutiva. Studi più recenti hanno confutato tale dato evidenziando invece come tale terapia possa invece avere effetti positivi sui valori pressori determinando una riduzione dei valori medi pressori. Non solo ulteriori indagini hanno evidenziato come questa riduzione dei valori pressori si ripercuota favorevolmente a livello cardiaco determinando una riduzione dello spessore della parete ventricolare, che in genere tende invece ad aumentare nei soggetti ipertesi in conseguenza del maggior sforzo a cui il cuore viene ad essere sottoposto in presenza di elevati valori pressori.

Effetti degli estrogeni sulla formazione della placca aterosclerotica

Come abbiato potuto finora osservare, la terapia ormonale sostitutiva sembra avere numerosi effetti positivi a livello dei fattori di rischio cardiovascolare determinando una riduzione dei livelli di colesterolo totale ed LDL, un incremento dei valori di colesterolo HDL, un'azione vasodilatante arteriosa con miglioramento del flusso ematico e riduzione dei valori pressori. Tutti questi fattori agiscono nella formazione della placca aterosclerotica appare ovvio attendersi come conseguenza delle modificazioni indotte dagli estrogeni una ridotta formazione di placche aterosclerotiche a seguito dell'assunzione di estrogeni. Al riguardo alcuni studi su modelli animali a cui è stata somministrata una dieta ad alto contenuto di grassi e quindi favorente il formarsi di placche aterosclerotiche hanno evidenziato come la somministrazione di 17-beta-estradiolo comporti una riduzione sia della severità delle lesioni aterosclerotiche che del contenuto in colesterolo delle lesioni stesse. Analoghi studi sempre su modelli animali hanno evidenziato come la somministrazione di 17-beta-estradiolo o di estrogeni coniugati equini comporti una riduzione dell'area della placca aterosclerotica pari rispettivamente al 50 ed al 72%.

Per quanto concerne i dati sull'uomo essi appaiono per ora insufficienti per trarre delle conclusioni. Uno studio condotto su 2268 donne con patologia coronarica indicherebbe una effettiva azione positiva della terapia estrogenica nel prevenire la progressione della malattia, mentre un altro studio condotto su 309 donne anch'esse affette da patologia cardiovascolare non avrebbe riscontrato alcun effetto della terapia con estrogeni coniugati equini nel ridurre la progressione della aterosclerosi coronarica.

Questi dati indicano come in linea di massima la terapia ormonale sostitutiva potrebbe avere un effetto positivo sulla progressione del processo aterogenetico, ma al momento appaiono numericamente insufficienti per giungere ad una conclusione.

Effetti della terapia ormonale in menopausa sui fattori di rischio cardiovascolare

bulletRiduzione dei livelli di colesterolo totale
bulletRiduzione dei livelli di colesterolo LDL
bulletIncremento dei livelli di colesterolo HDL
bulletMiglioramento del rapporto LDL/HDL
bulletRiduzione dei livelli di Lp(a)

Effetti sui livelli di grassi nel sangue

bulletEffetto vasodilatante
bulletRiduzione della viscosità ematica
bulletRiduzione dei valori pressori medi
bulletMiglioramento del flusso sanguigno

Effetti sul circolo sanguigno

Riduzione della progressione della placca aterosclerotica (dimostrata su modello animale)

Effetti della terapia ormonale sostitutiva sull'incidenza di patologia cardiovascolare

Da quanto finora detto numerosi dati indicano un effetto positivo della terapia ormonale su numerosi fattori di rischio per l'insorgenza di malattia cardiovascolare. Ma tutto ciò come si traduce in realtà sulla effettiva incidenza di tale patologia?

Numerosi studi osservazionali, condotti cioè valutando a posteriori l'incidenza di patologia cardiovascolare in soggetti che hanno fatto terapia ormonale rispetto a soggetti che non hanno mai assunto tale terapia, indicano una riduzione sia dell'incidenza di patologia cardiovascolare che della mortalità ad essa conseguente nei soggetti che hanno fatto uso di terapia ormonale sostitutiva. Uno di questi studi (Nurses' Health Study) condotto su 32000 donne in postmenopausa ha messo in evidenza come nei soggetti che facevano correntemente uso di estrogeni vi fosse un rischio relativo di incidenza di infarto miocardico pari a 0,30 (cioè una riduzione di tale rischio pari al 70%). Un ulteriore studio condotto su 41837 donne ha evidenziato un rischio relativo di morte per patologia cardiaca pari a 0.56 (cioè una riduzione del rischio pari al 44%) nelle donne che facevano uso di terapia ormonale sostitutiva (sia soli estrogeni che estrogeni + progestinici).

Nel complesso quindi questi studi osservazionali indicherebbero un reale effetto positivo della terapia ormonale sostitutiva sull'incidenza di malattia cardiovascolare e sulla mortalità ad essa correlata. Purtroppo questi studi, essendo stati condotti a posteriori, presentano delle lacune metodologiche per cui i dati che da essi emergono non assumono carattere di certezza. Solo gli studi "prospettici", cioè studi appositamente disegnati per la valutazione di uno specifico obiettivo possono fornire dati di maggior valore nel confermare la validità della terapia ormonale sostitutiva nella protezione del rischio cardiovascolare. Purtroppo al momento gli studi prospettici disponibili al riguardo sono piuttosto scarsi. Uno studio su larga scala (studio HERS) condotto su 2763 donne affette da patologia cardiovascolare ha messo in evidenza come non vi fosse una significativa differenza tra l'incidenza di nuovi eventi cardiovascolari tra i soggetti trattati con terapia ormonale sostitutiva ed i soggetti non trattati. Inoltre l'elaborazione dei dati emersi ha indicato come, mentre durante il primo anno di terapia vi fosse un lieve incremento di incidenza di nuovi eventi cardiovascolari nei soggetti trattati, tale incidenza appariva invece ridotta dopo 4-5 anni di terapia. In pratica ciò suggerisce che in donne che già presentano una patologia cardiovascolare non è indicato iniziare ex novo una terapia ormonale sostitutiva, mentre in donne che già la fanno da 4-5 anni è utile proseguirla. Per quanto riguarda invece dati sull'effetto della terapia ormonale sostitutiva in relazione all'incidenza di patologia cardiovascolare, sebbene gli studi retrospettivi precedentemente menzionati, indichino un effetto protettivo della stessa, al momento non vi sono dati sufficienti basati su studi prospettici.

Conclusioni

In conclusione dall'analisi dei dati al momento disponibili numerosi studi hanno ormai dimostrato come la terapia ormonale sostitutiva sia efficace nel ridurre numerosi fattori di rischio cardiovascolare, determinado un più favorevole assetto lipidico (riduzione dei livelli totali di colesterolo totale ed LDL, riduzione dei livelli di Lp(a) ed incremento dei livelli di HDL), migliorando il flusso sanguigno, riducendo la viscosità del sangue e riducendo i valori medi pressori.

Inoltre numerosi studi retrospettivi hanno evidenziato una effettiva efficacia della terapia ormonale sostitutiva nel ridurre l'incidenza di patologia cardiovascolare in donne sane. I pochi studi prospettici al momento disponibili hanno invece evidenziato come, in soggetti già affetti da patologia coronarica, non è indicato intraprendere ex-novo una terapia ormonale sostitutiva, la quale sembra associarsi ad una maggiore incidenza di nuovi episodi ischemici nel primo anno di terapia.

 

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