Già nel 1987 dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità riportavano che
le malattie cardiovascolari costituivano la seconda causa di morte nelle donne
statunitensi di età compresa tra i 35 ed i 74 anni.
Una possibile correlazione tra menopausa e rischio di malattie
cardiovascolari (in particolare angina ed infarto) è stata inizialmente
avanzata sulla base di considerazioni di ordine epidemiologico. In base a tali
osservazioni si è visto come fino all'età della menopausa l'incidenza di
patologie cardiovascolari nella donna fosse nettamente inferiore rispetto
all'uomo mentre dopo la menopausa questa differenza tende progressivamente a
ridursi.
Numerosi studi hanno quindi evidenziato come gli estrogeni agiscano in età
fertile in senso protettivo nei confronti delle patologie cardiovascolari in
quanto:
Tutti questi fattori agiscono in senso antiaterogenetico cioè tendono a
contrastare l'insorgenza della aterosclerosi vascolare,ossia di quelle
formazioni (le placche aterosclerotiche) che localizzandosi sulla parete dei
vasi sanguigni (ad esempio nelle arterie coronarie che irrorano il cuore), le
occludono più o meno parzialmente riducendo il passaggio di sangue e portando
nei casi estremi all'ischemia ed all'infarto.
Numerosi studi hanno quindi cercato di valutare il beneficio della terapia
ormonale sostitutiva in menopausa nei confronti del rischio cardiovascolare ed
hanno evidenziato come tale terapia sia in grado di esercitare un effetto
positivo nella riduzione dei fattori di rischio cardiovascolare (miglioramento
dell'assetto lipidico e del flusso sanguigno).
Tenendo conto degli effetti positivi della terapia ormonale sostitutiva sui
fattori di rischio cardiovascolare appare evidente come una attenta
valutazione del proprio rischio di patologia cardiovascolare sulla base di
fattori noti (familiarità, fumo, attività sedentaria, obesità/sovrappeso,
ipertensione, analisi dell'assetto lipidico), costituisce una procedura
fondamentale al fine di ponderare l'eventualità di una terapia ormonale in
menopausa.
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