La confidenzialità della poesia di Paola
Ravelli
(Tu, Venilia Editrice (PD) 1999, pp.48, L.8.000)
Avvincente,
semplice, chiara, profonda e immediata l’ultima silloge di Paola Ravelli:
"Tu". Si tratta di 26 poesie che evidenziano una grande
colloquialità. Il "tu", parola chiave dell’intero volumetto, si
contrappone ad un "io". Il "tu" è la controfigura con
cui l’"io" entra in rapporto o dialoga, anche quando la poesia
assume toni narrativi.
La
poesia della Ravelli è davvero una poesia vissuta sulla propria pelle. Se
in "Stato di grazia" "era descritta la progressiva presa di
coscienza che conduce una donna a osservare, interpretare e capire il
proprio mondo intimo in rapporto all’ambiente che la circonda, ora il
dialogo si fa duello, rivendicazione pur se pacata, confronto serrato con
l’altro e affermazione di sé (qualora indispensabile) contro
l’altro" scrive Stefano Valentini nella puntuale e calzante nota
introduttiva. "La misura dell’identificazione con la coppia
protagonista del canzoniere esprime, infatti, la capacità della parola
poetica di contenere la complessa e contraddittoria relazione che ne
costituisce l’oggetto" aggiunge Fabio Foti nella
"Prefazione".
Il
pessimismo o la negatività della vita emerge spesso in questo rapporto a
due. Ma non è una negatività drammatica, è invece un attaccamento alla
vita quotidiana piena di problemi e di situazioni che spingono ad una
scelta. La scelta però è possibile farla solo se solo se non manca la
libertà, condizione indispensabile nel rapporto a due. Ma l’intensità
del vivere intrecciato alla libertà può diventare anche solitudine, una
solitudine "a due", come quando si aspetta il sorgere
"dell’astro della sua presenza". L’attesa diventa allora una
lama che entra nel cuore, che produce sofferenza, ma che si conclude con
l’incontro sulla spiaggia, sulla strada, a casa, dove l’attesa si
dissolve come polvere di stelle. A fine lettura il lettore ha capito di
essersi trovato a suo agio, quasi in una rapporto confidenziale con
l’autrice. Chi scrive e riesce a raggiungere questo obiettivo ha toccato
il vertice dell’arte.
Angelo
Manitta
Giovanna Maria Muzzu:
la Sardegna tra sole e ricordi (Dal buio alla luce, edizioni Pomezia
- Notizie, 1997).
L’arte
è quella attività umana che nobilita la specie e la rende superiore agli
altri esseri viventi. L’arte è l’astrazione del pensiero, anzi - come
scrive Oscar Wilde - "è insieme superficie e simbolo. Quelli che vanno
sotto la superficie, lo fanno a loro rischio, quelli che leggono il simbolo,
lo fanno a loro rischio. In realtà l’arte rispecchia lo spettatore e non
la vita". Si può dedurre quindi, sempre con Oscar Wilde, che
"l’artista è il creatore delle cose belle. Rivelare l’arte e
nascondere l’artista è lo scopo dell’arte".
"Dal
buio alla luce", la silloge narrativa, quasi romanzo familiare, della
scrittrice sarda Giovanna Maria Muzzu, è un percorso umano ed artistico, ma
nello stesso tempo sociale e familiare. Protagonista del libro è la donna o
ancora meglio la bambina che rappresenta l’autrice stessa e si offre al
lettore con molta spontaneità attraverso una narrazione chiara e coerente e
un linguaggio limpido, moderno ed espressivo. "Dal buio alla luce"
è un passaggio quasi dalla tristezza alla gioia, dalla malinconia alla
felicità, dalla morte alla vita, dal bene al male, dall’incomprensibile
al comprensibile. Si tratta di un percorso modulare, espresso in quadri
delicati e leggeri, ma che alla fine dà una concezione chiara della vita e
soprattutto della Sardegna buona, della Sardegna che, isola solare come la
Sicilia, dai mille colori e dai mille ricordi, si riscatta e vuole
recuperare tradizioni e valori veri.
L’infanzia
e l’adolescenza, narrate e rivissute con delicatezza e grazia, diventano
allora punto essenziale dell’esperienza umana, anche se a volte il punto
di vista della scrittrice sembra non coincidere con quello della narratrice,
ma ciò offre una maggiore obiettività all’azione artistica. Infatti
l’autobiografismo non è esasperato, tanto che il lettore spesso è
costretto a porsi la domanda: "Dove finisce la realtà e comincia
l’invenzione?"
Il
passato nell’opera della Muzzu diventa premessa del presente, soprattutto
attraverso alcuni temi chiave come la malinconia, che rifugge comunque dal
pessimismo. L’autunno è una stagione triste e amara, ma l’autunno è
anche continuazione di vita, perché il chicco di grano, messo sotto terra a
marcire, prima o poi germoglia: è il germoglio solare di una nuova
esistenza. L’interiorità è espressa quindi nella continuazione del tempo
e nella mutevolezza delle sensazioni. L’opera della Muzzu si trasforma così
in un diario poetico ed intimo, e lascia scaturire da ogni parola ed
espressione una voglia di vivere e di andare avanti.
Angelo
Manitta ñ