Una bara coperta dal tricolore su un affusto di cannone: così,
con i funerali di Stato, si è conclusa nellagosto
2000 la lunga e avventurosa vita di Edgardo Sogno Rata del
Vallino, per alcuni eroe partigiano, per altri golpista «bianco»,
per tutti infaticabile e irrefrenabile combattente anticomunista.
Quei funerali, ad onta di chi nega lesistenza del «doppio
Stato», ne sono stati lepifania: la dimostrazione
plastica della sua esistenza, la sua improvvisa visualizzazione
tridimensionale. Lo Stato, in quel giorno estremo, ha simbolicamente
riconosciuto come propria la storia politica e militare di Sogno,
ha rivendicato infine le sue azioni compiute in vita, ha assunto
su di sé la sua carica eversiva. Cè uno Stato
che indaga (invano) sulleversore dellordine costituzionale;
e uno Stato che gli tributa gli onori concessi ai servitori più
fedeli: eccolo qui, visibile come mai prima, il doppio Stato.
A poco vale tentare di distinguere tra un Sogno comandante partigiano,
eroe della Resistenza, e un Sogno difensore dellordine atlantico
anche oltre e contro la Costituzione; a poco serve sostenere che
solo al primo quegli onori sono stati tributati. Non cè
un doppio Sogno: uno è il personaggio, una la sua storia,
una lispirazione di ogni sua battaglia - dalla giovanile
partecipazione alla guerra di Spagna a fianco dei fascisti, fino
agli ultimi ansiosi appelli prima della morte. Così i funerali
di Stato sono stati inevitabilmente, perfino al di là delle
intenzioni di chi li ha concessi, la solenne certificazione che
la storia di Sogno è tutta dentro questo Stato, che la
guerra sotterranea combattuta nei decenni scorsi, anche oltre
e contro la Costituzione, è «guerra di Stato».
Vi era un precedente: i funerali di Stato concessi a Randolfo
Pacciardi, il cui massimo merito istituzionale era quello
di essere stato sotterraneamente scelto per diventare il presidente
«forte» della «nuova Repubblica» progettata
da Sogno. Ma almeno Pacciardi era stato ministro, e a concedergli
quegli onori era stato il presidente Francesco Cossiga,
in un contesto internazionale ancora di scontro tra i blocchi.
Oggi a tributare il supremo omaggio a Sogno è invece il
capo di un governo di centrosinistra, e a oltre dieci anni dalla
caduta del Muro di Berlino. Così quei funerali hanno detto
perfino di più: il contesto violentemente polemico in cui
sono stati celebrati, le innumerevoli voci, anche sguaiate, provenienti
dalla politica, la massiccia e corriva copertura dei media hanno
dimostrato che la storia di Sogno non è storia passata,
che la sua guerra non è finita, che i fantasmi della sua
ossessione sono ancora tra noi. In un Paese normale, la morte
di un personaggio come Sogno allingresso del terzo millennio
sarebbe stata rapidamente archiviata, anche dagli osservatori
più benevoli, come la scomparsa dalla scena di un uomo
del passato, che aveva coltivato vecchie ossessioni e le aveva
mantenute vive ormai fuori dal loro contesto: un soldato giapponese
a cui nessuno aveva detto che la guerra era finita. E invece:
quanti elogi della sua «attualità». Quanti
sedicenti «liberali» a intesserne le lodi. Il problema,
allora, non è Sogno. Nel suo nome si è evidentemente
giocata una partita ancora aperta. Ripercorrere e comprendere
vita, opere, miracoli, trasfigurazione e morte di Edgardo Sogno
Rata del Vallino può servire dunque a capire qualcosa di
questa partita, dentro cui ancora siamo.