Edgardo Sogno
Doppio Sogno o doppio Stato?

1. Funerali di Stato
2. Sogno antifascista?
3. Sogno eversore?
4. Sogno golpista «bianco»
5. Il biennio nero
6. Destabilizzare per stabilizzare
7. I volonterosi funzionari del doppio Stato
8. Revisionismo all’italiana
9. Bibliografia


5. Il biennio nero

In quegli anni cruciali, tra il 1970 e il ’74, in Italia dunque si muove un grande, composito, non privo di conflitti «partito del golpe». Il principe Junio Valerio Borghese prepara un colpo di Stato, sostenuto dai movimenti neonazisti italiani, Ordine Nuovo di Pino Rauti e Avanguardia Nazionale di Stefano Delle Chiaie, appositamente riuniti sotto la nuova sigla Fronte Nazionale. Per una cruciale «ora x» del 1973 erano pronti a scattare anche i congiurati, militari e civili, della Rosa dei Venti. E per l’agosto 1974 era programmato il «golpe bianco» di Sogno. Le stragi, in questo contesto, sono progettate come momenti di disordine, da addebitare ai «rossi», affinché il Paese reagisca chiedendo che venga ristabilito l’ordine. L’«ora x» non scatta, ma nel «biennio nero» ’73-’74 scattano molte azioni progettate e realizzate come preparatorie al golpe: 7 aprile 1973, attentato al treno Torino-Genova (fallito per l’imperizia dell’attentatore, l’ordinovista Nico Azzi, che si ferisce con l’innesco della sua bomba); 12 aprile 1973, manifestazione fascista a Milano con uccisione di un agente di polizia, colpito da una bomba a mano; 17 maggio 1973, strage alla questura di Milano, per mano del falso anarchico Gianfranco Bertoli (quattro morti, 46 feriti); 28 maggio 1974, strage di piazza della Loggia a Brescia (otto morti, 94 feriti); 4 agosto 1974, strage dell’Italicus (12 morti, 48 feriti). Brescia e Italicus fanno parte di un programma di quattro stragi, due delle quali, a Silvi Marina vicino a Pescara e a Vaiano in Toscana, sono fallite. Ma in tutta Italia sono centinaia gli attentati minori che vanno a segno. Intanto in Valtellina erano pronte le truppe armate di un altro partigiano bianco, Carlo Fumagalli. Pronta a Milano la «Maggioranza silenziosa» di Adamo Degli Occhi e Massimo De Carolis, il cui compito era dare sostegno di piazza all’attesa svolta istituzionale. Pronto anche il gruppo armato di Giancarlo Esposti, che stava forse preparando un clamoroso attentato a Roma quando, abbandonato da chi gli aveva promesso sostegno e copertura, viene abbattuto in un conflitto a fuoco al Pian del Rascino, il 30 maggio 1974. A tutta questa fittissima attività eversiva non erano estranei gli apparati istituzionali italiani e i centri informativi della Nato e degli Stati Uniti, che sapevano, tolleravano, vigilavano, ora spingevano, ora frenavano. Senza quella guida e quella tolleranza, il grande circo dell’eversione non serebbe durato più di qualche mese. Nel 1974, però, la svolta. Cambia il quadro internazionale, finisce (sotto i colpi dello scandalo Watergate) l’amministrazione Nixon negli Stati Uniti, cade il regime di Caetano in Portogallo e quello dei colonnelli in Grecia. In Italia, dentro gli apparati e nella politica, arriva alla resa dei conti lo scontro feroce tra un’ala più tradizionalmente filogolpista (a cui apparteneva, tra gli altri, il capo del Sid Vito Miceli) e un’ala più disposta a un cambiamento dei metodi della «guerra non ortodossa» (incarnata dal capo dell’Ufficio D del Sid Gianadelio Maletti e dal suo punto di riferimento politico, Giulio Andreotti). Durante questa durissima guerra intestina, nel 1974, anno cruciale, si aprono alcuni spiragli sulla verità: i magistrati di Milano Gerardo D’Ambrosio ed Emilio Alessandrini danno nuovo impulso alle indagini sulla strage di piazza Fontana, coinvolgendo direttamente anche l’informatore del Sid Guido Giannettini; un giovane giudice di Padova, Giovanni Tamburino, scopre il piano eversivo della Rosa dei Venti e fa arrestare addirittura il capo del Sid, Miceli; a Torino il giudice istruttore Luciano Violante apre un’inchiesta sul «golpe bianco» che farà finire in carcere Edgardo Sogno. Dura pochi mesi. Poi gli apparati e la politica tornano a garantire impunità per tutti, mentre la macchina giudiziaria disinnesca le tre indagini, strappate dalla Cassazione ai magistrati che le avevano avviate. Quella di Milano è spedita a Catanzaro, quelle di Padova e Torino a Roma, dove si bloccheranno per sempre.