In quegli anni cruciali, tra il 1970 e il 74, in Italia
dunque si muove un grande, composito, non privo di conflitti «partito
del golpe». Il principe Junio Valerio Borghese prepara
un colpo di Stato, sostenuto dai movimenti neonazisti italiani,
Ordine Nuovo di Pino Rauti e Avanguardia Nazionale di Stefano
Delle Chiaie, appositamente riuniti sotto la nuova sigla Fronte
Nazionale. Per una cruciale «ora x» del 1973 erano
pronti a scattare anche i congiurati, militari e civili, della
Rosa dei Venti. E per lagosto 1974 era programmato il «golpe
bianco» di Sogno. Le stragi, in questo contesto, sono progettate
come momenti di disordine, da addebitare ai «rossi»,
affinché il Paese reagisca chiedendo che venga ristabilito
lordine. L«ora x» non scatta, ma nel «biennio
nero» 73-74 scattano molte azioni progettate
e realizzate come preparatorie al golpe: 7 aprile 1973, attentato
al treno Torino-Genova (fallito per limperizia dellattentatore,
lordinovista Nico Azzi, che si ferisce con linnesco
della sua bomba); 12 aprile 1973, manifestazione fascista a Milano
con uccisione di un agente di polizia, colpito da una bomba a
mano; 17 maggio 1973, strage alla questura di Milano, per mano
del falso anarchico Gianfranco Bertoli (quattro morti,
46 feriti); 28 maggio 1974, strage di piazza della Loggia a Brescia
(otto morti, 94 feriti); 4 agosto 1974, strage dellItalicus
(12 morti, 48 feriti). Brescia e Italicus fanno parte di un programma
di quattro stragi, due delle quali, a Silvi Marina vicino a Pescara
e a Vaiano in Toscana, sono fallite. Ma in tutta Italia sono centinaia
gli attentati minori che vanno a segno. Intanto in Valtellina
erano pronte le truppe armate di un altro partigiano bianco, Carlo
Fumagalli. Pronta a Milano la «Maggioranza silenziosa»
di Adamo Degli Occhi e Massimo De Carolis, il cui compito
era dare sostegno di piazza allattesa svolta istituzionale.
Pronto anche il gruppo armato di Giancarlo Esposti, che
stava forse preparando un clamoroso attentato a Roma quando, abbandonato
da chi gli aveva promesso sostegno e copertura, viene abbattuto
in un conflitto a fuoco al Pian del Rascino, il 30 maggio 1974.
A tutta questa fittissima attività eversiva non erano estranei
gli apparati istituzionali italiani e i centri informativi della
Nato e degli Stati Uniti, che sapevano, tolleravano, vigilavano,
ora spingevano, ora frenavano. Senza quella guida e quella tolleranza,
il grande circo delleversione non serebbe durato più
di qualche mese. Nel 1974, però, la svolta. Cambia il quadro
internazionale, finisce (sotto i colpi dello scandalo Watergate)
lamministrazione Nixon negli Stati Uniti, cade il
regime di Caetano in Portogallo e quello dei colonnelli
in Grecia. In Italia, dentro gli apparati e nella politica, arriva
alla resa dei conti lo scontro feroce tra unala più
tradizionalmente filogolpista (a cui apparteneva, tra gli altri,
il capo del Sid Vito Miceli) e unala più disposta
a un cambiamento dei metodi della «guerra non ortodossa»
(incarnata dal capo dellUfficio D del Sid Gianadelio
Maletti e dal suo punto di riferimento politico, Giulio
Andreotti). Durante questa durissima guerra intestina, nel
1974, anno cruciale, si aprono alcuni spiragli sulla verità:
i magistrati di Milano Gerardo DAmbrosio ed Emilio
Alessandrini danno nuovo impulso alle indagini sulla strage
di piazza Fontana, coinvolgendo direttamente anche linformatore
del Sid Guido Giannettini; un giovane giudice di Padova,
Giovanni Tamburino, scopre il piano eversivo della Rosa
dei Venti e fa arrestare addirittura il capo del Sid, Miceli;
a Torino il giudice istruttore Luciano Violante apre uninchiesta
sul «golpe bianco» che farà finire in carcere
Edgardo Sogno. Dura pochi mesi. Poi gli apparati e la politica
tornano a garantire impunità per tutti, mentre la macchina
giudiziaria disinnesca le tre indagini, strappate dalla Cassazione
ai magistrati che le avevano avviate. Quella di Milano è
spedita a Catanzaro, quelle di Padova e Torino a Roma, dove si
bloccheranno per sempre.