SENTENZA N. 10431 DELL’8
AGOSTO 2000
Lavoro - lavoro autonomo - contratto d'opera - professioni
intellettuali - responsabilità - in genere - responsabilità del
professionista - presupposti - obbligazione verso il cliente - di
risultato - esclusione - adempimento - valutazione - criteri -
diligenza professionale - diligenza ex art. 1176, secondo comma, cod.
civ. - nozione - soluzione di problemi tecnici di particolare
difficoltà - criteri ex art. 2236 cod. civ. - applicabilità.
Le obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale
sono, di regola, obbligazioni di mezzo e non di risultato, in quanto
il professionista assumendo l'incarico si impegna a prestare la
propria opera per raggiungere il risultato desiderato, ma non a
conseguirlo. Ne deriva che l'inadempimento del professionista (nella
specie: avvocato) non può essere desunto senz'altro dal mancato
raggiungimento del risultato utile avuto di mira dal cliente, ma deve
essere valutato alla stregua dei doveri inerenti lo svolgimento
dell'attività professionale ed in particolare al dovere di diligenza
il quale trova applicazione, in luogo del criterio tradizionale della
diligenza del buon padre di famiglia, il parametro della diligenza
professionale fissato dall'art. 1176, secondo comma, cod. civ., il
quale deve essere commisurato alla natura dell'attività esercitata,
sicché la diligenza che il professionista deve impiegare nello
svolgimento della sua attività è quella media, cioè la diligenza posta
nell'esercizio della propria attività dal professionista di
preparazione professionale e di attenzione medie, a meno che la
prestazione professionale da eseguire in concreto non involga la
soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, nel qual caso
la responsabilità del professionista è attenuta configurandosi,
secondo l'espresso disposto dell'art. 2236 cod. civ., solo nel caso di
dolo o colpa grave.
SENTENZA N. 9465
DEL 19 LUGLIO 2000
Obbligazioni in genere - obbligazioni pecuniarie - interessi - in
genere - ultralegali - determinazione convenzionale per relationem -
ammissibilità - limiti - fattispecie relativa a contratto bancario
facente riferimento alle condizioni usualmente praticate dalle aziende
di credito su piazza.
La validità della determinazione convenzionale solo per relationem del
saggio degli interessi ultralegali postula che le parti facciano
riferimento, espresso in forma scritta, a criteri prestabiliti e ad
elementi, anche estrinseci al documento negoziale purché
oggettivamente individuabili, che consentano la concerta
determinazione del tasso convenzionale. Pertanto, il rinvio, contenuto
in un contratto bancario alle condizioni usualmente praticate dalle
aziende di credito su piazza, può essere considerato sufficiente ove
esistano fonti vincolanti disciplinatrici del saggio in ambito
nazionale, ma non anche quando in tali accordi siano contemplate
diverse tipologie di tassi o, addirittura, essi non costituiscano più
un parametro centralizzato e vincolante: in quest'ultimo caso assume
rilevanza concreta il grado di unicità della fonte richiamata al fine
della verifica dell'idoneità di essa all'individuazione della
previsione alla quale le parti abbiano potuto effettivamente riferirsi
e, quindi, ad un'oggettiva determinazione del tasso di interesse o
quanto meno a una sicura determinabilità controllabile pur nell'ambito
di una variabilità dei tassi nel tempo.
SENTENZA N. 12507
DELL’11 NOVEMBRE 1999
Obbligazioni in genere - obbligazioni pecuniarie - interessi -
anatocismo - previsione convenzionale - condizioni di validità -
esistenza di uso normativo legittimante la previsione - necessità -
conseguenze - uso negoziale - sufficienza - esclusione - contratti
bancari - clausola di previsione della capitalizzazione trimestrale
degli interessi - nullità - sussistenza - anche se prevista in base
alle norme bancarie uniformi - fondamento - carattere di uso negoziale
delle stesse.
Contratti bancari - in genere - anatocismo - clausola di previsione
della capitalizzazione trimestrale degli interessi - nullità -
sussistenza - anche se prevista in base alle norme bancarie uniformi -
fondamento - carattere di uso negoziale delle stesse e non di uso
normativo - come richiesto dall'art. 1283 cod. Civ..
La clausola di un contratto bancario, che preveda la capitalizzazione
degli interessi trimestrali dovuti dal cliente, deve reputarsi nulla,
in quanto si basa su un uso negoziale (ex art. 1340 cod. civ.) e non
su un uso normativo (ex artt. 1 ed 8 delle preleggi al cod. civ.),
come esige l'art. 1283 cod. civ., laddove prevede che l'anatocismo
(salve le ipotesi della domanda giudiziale e della convenzione
successiva alla scadenza degli interessi) non possa ammettersi, "in
mancanza di usi contrari". L'inserimento della clausola nel contratto,
in conformità alle cosiddette norme bancarie uniformi, predisposte
dall'A.B.I., non esclude la suddetta nullità, poiché a tali norme deve
riconoscersi soltanto il carattere di usi negoziali non quello di usi
normativi.
SENTENZA N. 11629
DEL 15 OTTOBRE 1999
Obbligazioni in genere - Inadempimento - Responsabilità - Risarcimento
del danno - Danno risarcibile - Individuazione - Criteri - Nesso di
causalità - Limiti.
Risarcimento del danno - Causalità.
In tema di risarcimento del danno, il rapporto tra comportamento ed
evento e tra questo e il danno muta a seconda che il danno sia un
elemento della fattispecie o un suo effetto e deve conseguentemente
distinguersi il nesso che deve sussistere tra comportamento ed evento
affinché possa configurarsi a monte una responsabilità - come avviene
in materia di illecito extracontrattuale - e il nesso che, collegando
l'evento al danno, consente l'imputazione delle singole conseguenze
dannose ed ha la funzione di delimitare a valle i confini della
responsabilità - come avviene in tema di responsabilità contrattuale,
ove il soggetto responsabile é di norma il contraente inadempiente e
la sua individuazione non pone un problema di nesso di causalità tra
comportamento ed evento dannoso - così mentre l'accertamento della
responsabilità é improntato alla ricerca del nesso di causalità,
quello dell'estensione della responsabilità si fonda su un giudizio in
termini ipotetici, coincidendo il danno risarcibile con la perdita e
il mancato guadagno conseguenza immediata e diretta
dell'inadempimento, delimitati in base al giudizio ipotetico sulla
differenza tra situazione dannosa e situazione quale sarebbe stata se
il fatto dannoso non si fosse verificato (sulla base di tali principi
la S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito che, pur
accertata la sussistenza di un inadempimento colpevole del debitore,
aveva negato il risarcimento sull'inesistenza del nesso eziologico tra
comportamento antigiuridico del debitore - nella specie tardiva
esecuzione di bonifico bancario su banca USA - e ripercussioni
patrimoniali negative - abbandono e perdita di un master e rientro in
Italia del beneficiario del bonifico).
SENTENZA N. 11629 DEL 15 OTTOBRE 1999
Obbligazioni in genere - Inadempimento - Responsabilità - Risarcimento
del danno - Danno risarcibile - Individuazione - Criteri - Nesso di
causalità - Limiti.
Risarcimento del danno - Causalità.
In tema di risarcimento del danno, il rapporto tra comportamento ed
evento e tra questo e il danno muta a seconda che il danno sia un
elemento della fattispecie o un suo effetto e deve conseguentemente
distinguersi il nesso che deve sussistere tra comportamento ed evento
affinché possa configurarsi a monte una responsabilità - come avviene
in materia di illecito extracontrattuale - e il nesso che, collegando
l'evento al danno, consente l'imputazione delle singole conseguenze
dannose ed ha la funzione di delimitare a valle i confini della
responsabilità - come avviene in tema di responsabilità contrattuale,
ove il soggetto responsabile é di norma il contraente inadempiente e
la sua individuazione non pone un problema di nesso di causalità tra
comportamento ed evento dannoso - così mentre l'accertamento della
responsabilità é improntato alla ricerca del nesso di causalità,
quello dell'estensione della responsabilità si fonda su un giudizio in
termini ipotetici, coincidendo il danno risarcibile con la perdita e
il mancato guadagno conseguenza immediata e diretta
dell'inadempimento, delimitati in base al giudizio ipotetico sulla
differenza tra situazione dannosa e situazione quale sarebbe stata se
il fatto dannoso non si fosse verificato (sulla base di tali principi
la S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito che, pur
accertata la sussistenza di un inadempimento colpevole del debitore,
aveva negato il risarcimento sull'inesistenza del nesso eziologico tra
comportamento antigiuridico del debitore - nella specie tardiva
esecuzione di bonifico bancario su banca USA - e ripercussioni
patrimoniali negative - abbandono e perdita di un master e rientro in
Italia del beneficiario del bonifico).
SENTENZA N. 10893
DEL 1° OTTOBRE 1999
Responsabilità patrimoniale - cause di prelazione - ipoteca -
liberazione dei beni delle ipoteche (purgazione) - pagamento del
debito - obblighi gravanti sul creditore soddisfatto - prestazione del
consenso alla cancellazione dell'iscrizione - sussistenza -
trasmissione del consenso così prestato al debitore - sussistenza
-richiesta di cancellazione a sua iniziativa - esclusione
A seguito del pagamento del debito a garanzia del quale sia stata in
precedenza iscritta ipoteca, il creditore soddisfatto è tenuto, ai
sensi dell'art. 1200 cod. civ., a prestare il proprio consenso, nelle
forme prescritte dalla legge (artt. 2882, comma secondo, 2821 e 2835
cod. civ.), alla cancellazione dell'iscrizione (dovendo, in caso
contrario, rispondere dei danni subiti dal proprietario del bene), e
deve altresì attivarsi, nei modi più adeguati alle circostanze,
affinché il consenso così prestato pervenga al debitore (onde questi
possa allegarlo all'istanza di cancellazione da rivolgere al
conservatore), ma non è anche obbligato a chiedere, di sua iniziativa,
detta cancellazione (gravando, per converso, tale onere su chiunque vi
abbia interesse e pertanto, in primo luogo, sul proprietario
dell'immobile assoggettato al vincolo reale).
SENTENZA N. 6893
DEL 3 LUGLIO 1999
Novazione - Configurabilità - Sostituzione dell'oggetto
dell'obbligazione originaria, ma persistenza di altri obblighi
precedentemente assunti -Conseguenze - Esclusione animus novandi -
Fattispecie
E' escluso "l'animus novandi", necessario per la configurabilità della
novazione, se le parti, nel sostituire l'oggetto dell'obbligo
precedente, richiamano tutti gli altri patti già stipulati, in tal
modo consentendo la coesistenza tra la nuova e l'originaria
obbligazione, come nel caso in cui un preliminare di cessione di
azienda tra una società in accomandita semplíce ed un terzo, stipulato
dal socio accomandatario nella qualità e in proprio, quale garante
degli obblighi della società, sia sostituito da un preliminare di
cessione di quote sociali dello stesso accomandatario al medesimo
promissario acquirente, perché il trasferimento di quote sociali non
implica il trasferimento del patrimonio sociale, di cui anche le
società di persone conservano l'autonomia, con conseguente separazione
dei rapporti sociali da quelli dei soci sia tra loro, sia con i terzi. |