SENTENZA N. 9471 DEL 19
LUGLIO 2000
- I -
Società - di persone fisiche - società semplice - rapporti tra soci -
conferimenti - in genere - versamenti del socio alla società - natura
- diritto alla restituzione - configurabilità - condizioni -
interpretazione della reale intenzione dei soggetti del relativo
rapporto da parte del giudice di merito - necessità - attribuzione di
valore preminente alla qualificazione emergente dalla registrazione
contabile della relativa operazione - ammissibilità - condizioni.
Al fine di accertare se il versamento del socio alla società possa
ritenersi effettuato per un titolo che ne giustifichi la restituzione
al di fuori dell'ipotesi di liquidazione, occorre accertare quale sia
stata la reale intenzione dei soggetti (socio e società) tra i quali
il rapporto si è instaurato, verificando, secondo le regole
interpretative della volontà negoziale, se tra le parti sia intercorso
un rapporto di finanziamento inquadrabile nello schema del mutuo, o se
sia intervenuto un contratto atipico di conferimento di capitale
(inteso come capitale di rischio, in senso economico, e non come
capitale nominale, in senso giuridico); in tale attività ermeneutica
il giudice di merito può attribuire valore prevalente alla
classificazione contabile con cui l'operazione è stata registrata nei
libri della società, giacché la considerazione di una pluralità di
elementi ermeneuticamente rilevanti non esclude la selezione di essi
in base alla rispettiva valenza e quindi la collocazione di uno o
alcuni di essi in posizione di preminenza nell'iter formativo del
convincimento del giudice, con la conseguenza che deve ritenersi
corretta la prevalenza accordata al dato letterale emergente dalla
classificazione contabile, ove esso sia esente da lacune o ambiguità.
(Fattispecie relativa a società di persone).
- II -
Società - di persone fisiche - società semplice - rapporti tra soci -
conferimenti - in genere - versamento del socio in conto capitale -
acquisizione al patrimonio sociale - conseguenze - utilizzazione delle
relative somme - espressione della volontà sociale determinatasi nei
modi previsti dalla legge - necessità - determinazione degli
amministratori - sufficienza - esclusione.
Con il versamento in conto capitale, l'entità pecuniaria che ne forma
l'oggetto fuoriesce dal patrimonio del soggetto che vi provvede ed
entra a far parte del patrimonio della società (dotato di alterità
giuridica rispetto al patrimonio dei singoli soci) e può essere
utilizzato soltanto in conformità alla volontà sociale determinatasi
nei modi previsti dalla legge; ne consegue che per la distrazione di
somme costituenti oggetto di tale versamento nelle società di persone,
non è sufficiente una determinazione degli amministratori, giacché la
volontà riferibile a tale tipo di società è governata dal principio
della collegialità e, nell'ambito di questo, dal principio
dell'unanimità, con le sole eccezioni previste dalla legge.
SENTENZA N. 8956
DEL 5 LUGLIO 2000
Società - di capitali - società cooperative - controlli dell'autorità
governativa - gestione commissariale - poteri identici a quelli degli
amministratori, ai sensi degli articoli 2384 e 2516 cod. civ. -
conseguenze - limiti derivanti dallo statuto e pubblicati -
irrilevanza per i terzi in buona fede.
I poteri del commissario governativo di una società cooperativa a
responsabilità limitata sono disciplinati dagli articoli 2384 e 2516
cod. civ., e pertanto egli può compiere tutti gli atti che rientrano
nell'oggetto sociale, salvo le limitazioni che risultano dalla legge o
dall'atto costitutivo o dallo statuto, che però, anche se pubblicate,
non sono opponibili ai terzi, a meno che vi sia la prova che questi
ultimi abbiano intenzionalmente agito a danno della società.
SENTENZA N. 8036
DEL 13 GIUGNO 2000
Società - di capitali - società per azioni - organi sociali -
assemblea dei soci - deliberazioni - invalide - nullità - in genere -
sostituzione della delibera impugnata con altra - validità della
seconda delibera - conseguenze - declaratoria di nullità della prima
delibera - inammissibilità ex art. 2377 cod. civ. - condizioni e
limiti.
Il principio stabilito dall’art. 2377, ultimo comma cod. civ., secondo
il quale una deliberazione societaria invalida può essere sostituita
con altra, adottata in conformità della legge e dell’atto costitutivo
(e la cui efficacia prescinde dall’eventuale pendenza del procedimento
d’impugnazione della prima), trova applicazione tanto per i casi di
annullabilità quanto per quelli di nullità dell’atto, con la sola
eccezione delle ipotesi di nullità per impossibilità ed illiceità
dell’oggetto, autonomamente regolate dall’art. 2379 cod.civ.
SENTENZA N. 7972
DEL 12 GIUGNO 2000
Società - di persone fisiche - società in accomandita semplice -
scioglimento - liquidazione - in genere - rappresentanza della società
- persistenza nei liquidatori - estinzione della società - definizione
dei rapporti giuridici pendenti - necessità.
Alla cancellazione della società dal registro delle imprese ed ai
relativi adempimenti previsti dall’art. 2312 cod. civ. (cui rinvia
l’art. 2315 cod. civ. per le società in accomandita semplice) non
consegue anche la sua estinzione, che è determinata, invece, soltanto
dalla effettiva liquidazione dei rapporti giuridici pendenti che alla
stessa facevano capo, e dalla definizione di tutte le controversie
giudiziarie in corso con i terzi per ragioni di dare ed avere. Ne
consegue che una società costituita in giudizio non perde la
legittimazione processuale in conseguenza della sua sopravvenuta
cancellazione dal registro delle imprese, e che la rappresentanza
sostanziale e processuale della stessa permane, per i rapporti rimasti
in sospeso e non definiti, nei medesimi organi che la rappresentavano
prima della formale cancellazione.
SENTENZA N. 7180 DEL 30
MAGGIO 2000
- I –
Società - di capitali - società per azioni - organi sociali -
amministratori - rappresentanza della società - in genere -
limitazioni ai poteri di rappresentanza degli organi di società di
capitali - opponibilità al terzo contraente ex art. 2384 cod. civ. -
dolo di quest’ultimo - necessità - portata della previsione.
Ai fini dell’opponibilità al terzo contraente delle limitazioni dei
poteri di rappresentanza degli organi di società di capitali, il
requisito dell’avere "intenzionalmente agito a danno della società"
previsto dall’art. 2384 cod. civ. non solo non esclude, ma anzi
presuppone quello della conoscenza, nel terzo, del superamento, da
parte dell’amministratore, dei limiti posti ai suoi poteri di
rappresentanza.
- II -
Società - di capitali - società per azioni - organi sociali -
amministratori - rappresentanza della società - in genere – disciplina
ex art. 2384 cod. civ. - inopponibilità ai terzi di buona fede delle
limitazioni ai poteri di rappresentanza degli organi sociali - portata
della previsione - limitazioni derivanti da difetto, inefficacia o
invalidità di deliberazione di altro organo sociale - opponibilità -
esclusione.
Le limitazioni ai poteri di rappresentanza degli organi di società di
capitali risultanti dall’atto costitutivo o dallo statuto, anche se
pubblicati, non sono opponibili ai terzi di buona fede, senza
eccezione per quelle limitazioni derivanti da "conflitti interni",
ossia dal difetto, inefficacia invalidità della pregressa
deliberazione di altro organo a tanto preposto, quando il potere degli
amministratori sia subordinato all’avvenuto esercizio del potere
deliberativo da parte di detto organo.
SENTENZA N. 6013
DEL 10 MAGGIO 2000
Società - di capitali - società per azioni - organi sociali - in
genere - titolarità del potere di rappresentare la società in giudizio
- attribuzione, da parte dello statuto, al presidente e ai consiglieri
delegati - conseguenze - delibera del consiglio di amministrazione
attributiva del suddetto potere a persona diversa da quelle indicate
nello statuto - invalidità.
Qualora lo statuto di una società per azioni attribuisca il potere di
rappresentare la società in giudizio al presidente e ai consiglieri
delegati e non anche al consiglio di amministrazione deve considerarsi
invalida la delibera del consiglio di amministrazione attributiva del
suddetto potere a persona diversa dal presidente o da un consigliere
delegato, non essendo il consiglio titolare di tale potere.
SENTENZA N. 5190
DEL 19 APRILE 2000
Tributi erariali diretti - imposta sul reddito delle persone
giuridiche (I.R.P.E.G.) (tributi posteriori alla riforma del 1972) -
società di capitali ed equiparati - reddito imponibile - detrazioni -
altri componenti negativi - reintegrazione del capitale di una società
in caso di perdite - emissione di nuove azioni - sottoscrizione delle
nuove azioni - natura consensuale dell'operazione contrattuale -
conseguenze in tema di momento di perfezionamento del conferimento da
parte del singolo socio, e di sua rilevanza e di sua apprezzabilità ai
fini della sua valutazione come componente negativa del reddito.
Società - di capitali - società per azioni - costituzione - modi di
formazione del capitale - modificazioni dell'atto costitutivo -
contenuto delle modificazioni - aumento del capitale - nuove azioni -
in genere - reintegrazione del capitale in caso di perdite - emissione
di nuove azioni - sottoscrizione delle nuove azioni - natura
consensuale dell'operazione contrattuale - conseguenze in tema di
momento di perfezionamento del conferimento da parte del singolo
socio, e di sua rilevanza ai fini della sua valutazione come
componente negativa del reddito.
La reintegrazione del capitale di una società in caso di perdite,
postula nuovi conferimenti, che possono essere effettuati dai vecchi,
come da nuovi soci nel caso in cui i primi abbiano rinunciato
all'esercizio del diritto d'opzione o siano stati, per altro verso,
privati della possibilità di esercitare tale diritto. L'operazione -
che richiede il concorso della volontà della società (manifestata
attraverso la delibera di emissione delle nuove azioni) e dei soci
(espressa con la sottoscrizione delle azioni emesse) - si configura
come "contratto consensuale". Deve quindi ritenersi che essa si
perfezioni per effetto del consenso legittimamente manifestato dalle
parti, e che - conseguentemente - il versamento del prezzo di
emissione rilevi quale adempimento di un impegno contrattuale già
assunto, e non già quale elemento integrante della fattispecie
costitutiva. Il principio di "competenza" stabilito in generale
dall'art. 75 del D.P.R. n. 917/86, implica - d'altronde - che gli
elementi reddituali (attivi e passivi) derivanti da una determinata
operazione siano iscritti in bilancio, non già con riferimento alla
data del pagamento materiale del corrispettivo, ma nel momento in cui
l'operazione abbia manifestato i propri effetti (positivi o negativi)
sul patrimonio dell'impresa; momento che, in difetto di una contraria
indicazione legislativa, deve essere individuato, nel caso in specie,
in quello in cui il contratto può ritenersi concluso. Da ciò consegue
che, ai fini dell'imputazione in bilancio dei conferimenti diretti ad
integrare il capitale perduto di un'altra società, così come deve
prescindersi dalla data in cui essi siano stati materialmente
eseguiti, non può neppure aversi riguardo al momento in cui si sia
verificata la perdita, poiché quest'ultimo rappresenta il semplice
presupposto dei conferimenti, e rimane quindi estraneo alla
realizzazione della loro fattispecie costitutiva e al dispiegarsi dei
loro effetti.
SENTENZA N. 3708
DEL 28 MARZO 2000
Società - di capitali - società per azioni - costituzione - modi di
formazione del capitale - modificazioni dell'atto costitutivo -
contenuto delle modificazioni - deliberazioni - deposito ed iscrizione
- omologazione, iscrizione e pubblicazione di delibere assembleari -
decreto della corte d'appello sull'iscrizione della deliberazione -
impugnazione con ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. -
ammissibilità - esclusione - apprezzamenti del giudice circa la
validità della delibera - irrilevanza.
Avverso il decreto con il quale la Corte d'appello (in sede sia di
reclamo contro il decreto del tribunale, sia di richiesta diretta)
disponga in tema di iscrizione nel registro delle imprese di
deliberazione di società concernente modificazioni dell'atto
costitutivo (ovvero, risolva questioni di rito attinenti al relativo
procedimento, quale l'ammissibilità del reclamo) non è esperibile il
ricorso per cassazione a norma dell'art. 111 Cost., trattandosi di
intervento di volontaria giurisdizione, avente carattere meramente
ordinatorio, il quale s'esaurisce in atti di gestione di un pubblico
registro previo controllo circoscritto alla natura ed alla regolarità
formale della deliberazione, a tutela di interessi generali, senza
statuire su diritti dei soggetti da essa coinvolti, che restano
tutelabili con l'eventuale impugnazione della delibera medesima. Non
vale a conferire natura contenziosa a tale procedimento neppure la
circostanza che il giudice abbia espresso valutazioni ed apprezzamenti
negativi circa la validità della delibera; apprezzamenti, infatti, che
non possono tradursi in una pronuncia di nullità o di annullamento, ma
che rimangono nell'ambito di una valutazione meramente delibativa
circa la correttezza o meno della disposta iscrizione, prodromica alla
ritenuta inammissibilità della revoca.
SENTENZA N. 3312
DEL 21 MARZO 2000
- I –
Società - di capitali - società a responsabilità limitata – organi
sociali - amministrazione - in genere - nomina degli amministratori -
termine di durata della carica - limite triennale ex art. 2383 cod.
civ. sancito per le Spa - applicabilità - esclusione.
In tema di società a responsabilità limitata, il mancato richiamo, in
seno all'art. 2487 cod. civ., della norma di cui all'art. 2383,
secondo comma, stesso codice (che stabilisce, per le società per
azioni, un limite triennale alla durata in carica degli
amministratori) assume, del tutto inequivocamente, il significato che,
per tale tipo di società, il legislatore non ha inteso imporre un
termine di durata per la nomina degli amministratori, sicché tale
nomina può legittimamente venir compiuta per un periodo superiore al
triennio, ovvero a tempo indeterminato.
- II –
Società - di capitali - società a responsabilità limitata – organi
sociali - amministrazione - in genere - amministratore nominato a
tempo indeterminato - revoca ex art. 1725 cod. civ. - legittimità -
fondamento.
L'amministratore di una società a responsabilità limitata nominato a
tempo indeterminato può, del tutto legittimamente, esser revocato con
preavviso, ai sensi dell'art. 1725, secondo comma cod. civ., senza che
a ciò osti il disposto del terzo comma dell'art. 2383 stesso codice
(richiamato, ratione materiae, dal successivo art. 2487), riguardando
detta norma la (diversa) ipotesi di nomina dell'amministratore a tempo
determinato.
- III –
Società - di capitali - società per azioni - organi sociali -
assemblea dei soci - diritto di intervento - conflitto di interessi -
deliberazioni - annullamento - condizioni.
Ai fini dell'annullamento di una delibera assembleare di una società
di capitali per conflitto di interessi ex art. 2373 cod. civ., deve
ritenersi del tutto irrilevante la circostanza che la delibere stessa
consenta al socio il conseguimento (anche) di un suo personale
interesse se, nel contempo, non risulti pregiudicato l'interesse
sociale. Il socio, pertanto, può legittimamente avvalersi del proprio
diritto di voto per realizzare (anche) un fine personale, qualora,
attraverso il voto stesso, egli non sacrifichi, a proprio favore,
l'interesse sociale.
SENTENZA N. 3312
DEL 21 MARZO 2000
- I –
Società - di capitali - società a responsabilità limitata – organi
sociali - amministrazione - in genere - nomina degli amministratori -
termine di durata della carica - limite triennale ex art. 2383 cod.
civ. sancito per le Spa - applicabilità - esclusione.
In tema di società a responsabilità limitata, il mancato richiamo, in
seno all'art. 2487 cod. civ., della norma di cui all'art. 2383,
secondo comma, stesso codice (che stabilisce, per le società per
azioni, un limite triennale alla durata in carica degli
amministratori) assume, del tutto inequivocamente, il significato che,
per tale tipo di società, il legislatore non ha inteso imporre un
termine di durata per la nomina degli amministratori, sicché tale
nomina può legittimamente venir compiuta per un periodo superiore al
triennio, ovvero a tempo indeterminato.
- II –
Società - di capitali - società a responsabilità limitata – organi
sociali - amministrazione - in genere - amministratore nominato a
tempo indeterminato - revoca ex art. 1725 cod. civ. - legittimità -
fondamento.
L'amministratore di una società a responsabilità limitata nominato a
tempo indeterminato può, del tutto legittimamente, esser revocato con
preavviso, ai sensi dell'art. 1725, secondo comma cod. civ., senza che
a ciò osti il disposto del terzo comma dell'art. 2383 stesso codice
(richiamato, ratione materiae, dal successivo art. 2487), riguardando
detta norma la (diversa) ipotesi di nomina dell'amministratore a tempo
determinato.
- III –
Società - di capitali - società per azioni - organi sociali -
assemblea dei soci - diritto di intervento - conflitto di interessi -
deliberazioni - annullamento - condizioni.
Ai fini dell'annullamento di una delibera assembleare di una società
di capitali per conflitto di interessi ex art. 2373 cod. civ., deve
ritenersi del tutto irrilevante la circostanza che la delibere stessa
consenta al socio il conseguimento (anche) di un suo personale
interesse se, nel contempo, non risulti pregiudicato l'interesse
sociale. Il socio, pertanto, può legittimamente avvalersi del proprio
diritto di voto per realizzare (anche) un fine personale, qualora,
attraverso il voto stesso, egli non sacrifichi, a proprio favore,
l'interesse sociale.
SENTENZA N. 2059
DEL 23 FEBBRAIO 2000
Società - di persone fisiche - società in accomandita semplice - quota
di partecipazione - trasferimento - oggetto - oggetto immediato -
quote della società - oggetto mediato - attività commerciale
esercitata - conseguenze - funzionalità dell'attività commerciale
ceduta - necessità - difetto di valida autorizzazione amministrativa
all'esercizio del commercio - mancata funzionalità dell'azienda -
configurabilità - conseguenze - inosservanza dell'obbligo di
adempimento secondo buona fede della prestazione da parte
dell'alienante - sussistenza - risarcimento danni ex art. 1218 cod.
Civ. - necessità - responsabilità del cedente ex art. 1497 cod. civ. -
configurabilità - esclusione.
In tema di cessione di quote di una società di persone (nella specie,
S.a.s.) il cui oggetto sociale risulti l'esercizio di un'attività
commerciale (nella specie, bar tabaccheria), allorché l'acquisto delle
quote sia chiaramente finalizzato, secondo correttezza e buona fede,
non all'acquisto di un generico status socii, bensì al conseguimento
della disponibilità dell'azienda al fine utilizzarla secondo la sua
destinazione economica onde trarne adeguato reddito, deve distinguersi
tra un oggetto "immediato" della compravendita, costituito dalle
partecipazioni sociali alienate, ed un oggetto "mediato", costituito
invece dal patrimonio sociale (e cioè dall'esercizio commerciale
funzionalmente destinato alla produzione di reddito). Ne consegue che
la funzionalità dell'azienda - che rappresenta il contenuto essenziale
del contratto - è esclusa dalla mancanza di una valida autorizzazione
amministrativa all'esercizio del commercio (requisito fondamentale del
negozio di cessione), mancanza che integra senz'altro gli estremi
dell'inosservanza, da parte del cedente, del principio di adempimento
del contratto secondo buona fede (nell'affermare il principio di
diritto che precede la S.C. ha ulteriormente precisato che il titolo
di responsabilità del cedente va individuato nel disposto dell'art.
1218 cod. civ., con conseguente obbligazione risarcitoria da inesatto
inadempimento, e non anche in quello di cui all'art. 1497 cod. civ. -
mancanza di qualità essenziali della cosa venduta -).
SENTENZA N. 27
DEL 21 FEBBRAIO 2000
Società - di capitali - società per azioni - bilancio - in genere -
diritto del socio di chiedere informazioni e chiarimenti - in sede di
assemblea di approvazione di bilancio - sussistenza - presupposti -
risposta - caratteri - sufficienza e adeguatezza - giudizio di fatto -
sindacabilità in cassazione - esclusione.
Società - di capitali - società per azioni - organi sociali -
assemblea dei soci - deliberazioni - in genere - diritto del socio di
chiedere informazioni e chiarimenti - in sede di assemblea di
approvazione di bilancio - sussistenza - presupposti - risposta -
caratteri - sufficienza e adeguatezza - giudizio di fatto -
sindacabilità in cassazione - esclusione.
- I -
In sede di assemblea i soci intervenuti hanno non solo il diritto di
esprimere la propria opinione sugli argomenti all'ordine del giorno ma
anche di richiedere informazioni e chiarimenti tanto sulle materie
oggetto di deliberazione quanto sull'andamento della gestione sociale,
e ciò vale anche in sede di assemblea di approvazione del bilancio, ai
sensi dell'art. 2423 cod. civ. (sia nel nuovo che nel vecchio testo)
dato il collegamento esistente tra principio di chiarezza e diritto
all'informazione; per essere legittimo l'esercizio di tale diritto
deve essere pertinente agli argomenti posti all'ordine del giorno e
non trovare ostacolo in oggettive esigenze di riservatezza in ordine a
notizie la cui diffusione può arrecare pregiudizio alla società;
quando la domanda sia pertinente e non attenga a notizie riservate
deve ricevere una risposta adeguata, concreta, idonea a dissipare
insufficienze e incertezze, il relativo accertamento costituendo
giudizio di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in
sede di legittimità se sorretto da idonea motivazione.
- II -
Società - di capitali - società per azioni - bilancio - in genere -
principi di chiarezza, veridicità e correttezza nella redazione del
bilancio - violazione - conseguenze - nullità della delibera di
approvazione del bilancio.
Il bilancio d'esercizio di una società di capitali, che violi i
precetti di chiarezza e precisione dettati dall'articolo 2423, comma
secondo cod. civ. (anche nel testo anteriore alle modificazioni
apportate dal D.Lgs. n. 127 del 9 aprile 1991), è illecito, ed è
quindi nulla la deliberazione assembleare con cui esso sia stato
approvato, non soltanto quando la violazione della normativa in
materia determini una divaricazione tra il risultato effettivo
dell'esercizio (o il dato destinato alla rappresentazione complessiva
del valore patrimoniale della società) e quello del quale il bilancio
dà invece contezza, ma anche in tutti i casi in cui dal bilancio
stesso e dai relativi allegati non sia possibile desumere l'intera
gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna
delle singole poste iscritte.
- III -
Società - Di capitali - Società per azioni - Bilancio - In genere -
Diritto del socio di chiedere informazioni e chiarimenti - In sede di
assemblea di approvazione di bilancio - Sussistenza - Presupposti -
Risposta - Caratteri - Sufficienza e adeguatezza - Giudizio di fatto -
Sindacabilità in cassazione - Esclusione.
Società - Di capitali - Società per azioni - Organi sociali -
Assemblea dei soci - Deliberazioni - In genere.
In sede di assemblea i soci intervenuti hanno non solo il diritto di
esprimere la propria opinione sugli argomenti all'ordine del giorno ma
anche di richiedere informazioni e chiarimenti tanto sulle materie
oggetto di deliberazione quanto sull'andamento della gestione sociale,
e ciò vale anche in sede di assemblea di approvazione del bilancio, ai
sensi dell' articolo 2423 C.C. (sia nel nuovo che nel vecchio testo)
dato il collegamento esistente tra principio di chiarezza e diritto
all'informazione; per essere legittimo l'esercizio di tale diritto
deve essere pertinente agli argomenti posti all'ordine del giorno e
non trovare ostacolo in oggettive esigenze di riservatezza in ordine a
notizie la cui diffusione può arrecare pregiudizio alla società;
quando la domanda sia pertinente e non attenga a notizie riservate
deve ricevere una risposta adeguata, concreta, idonea a dissipare
insufficienze e incertezze, il relativo accertamento costituendo
giudizio di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in
sede di legittimità se sorretto da idonea motivazione.
- IV -
Società - Di capitali - Società per azioni - Bilancio - In genere -
Principi di chiarezza, veridicità e correttezza nella redazione del
bilancio - Violazione - Conseguenze - Nullità della delibera di
approvazione del bilancio.
Il bilancio d'esercizio di una società di capitali, che violi i
precetti di chiarezza e precisione dettati dall'articolo 2423, secondo
comma cod. civ. (anche nel testo anteriore alle modificazioni
apportate dal D.L.vo n. 127 del 9 aprile 1991), é illecito, ed é
quindi nulla la deliberazione assembleare con cui esso sia stato
approvato, non soltanto quando la violazione della normativa in
materia determini una divaricazione tra il risultato effettivo
dell'esercizio (o il dato destinato alla rappresentazione complessiva
del valore patrimoniale della società) e quello del quale il bilancio
dà invece contezza, ma anche in tutti i casi in cui dal bilancio
stesso e dai relativi allegati non sia possibile desumere l'intera
gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna
delle singole poste iscritte.
SENTENZA N. 1817
DEL 18 FEBBRAIO 2000
Società - di persone fisiche - società in nome collettivo - rapporti
con i terzi - rappresentanza della società - società esercente
attività imprenditoriale edilizia - vendita di immobile - atto di
disposizione o straordinaria amministrazione - configurabilità -
esclusione - limiti - fattispecie relativa a statuto sociale
prevedente la firma congiunta dei soci per l'acquisto e la vendita di
immobili.
Il principio secondo cui per una società esercente l'attività
imprenditoriale edilizia la vendita di un immobile deve considerarsi
rientrante nell'oggetto sociale (escludendosi che possa configurarsi
come atto di disposizione o di straordinaria amministrazione) vale
solo in difetto di una specifica disposizione statutaria che
espressamente esiga (come nella specie) la firma congiunta dei soci,
non solo, in linea generale, per gli atti di straordinaria
amministrazione, ma specificamente per l'acquisto e la vendita di
immobili.
Società - di persone fisiche - società in nome collettivo - rapporti
con i terzi - rappresentanza della società - potere di rappresentanza
degli amministratori - limiti - derivanti dall'oggetto sociale -
disciplina innovativa dettata per le società di capitali dagli artt.
2384 e 2384 bis cod. civ., ispirata a maggior tutela dell'affidamento
dei terzi - applicabilità in via analogica alle società di persone -
esclusione - effetti riflessi della nuova disciplina sull'intero
sistema - configurabilità.
In tema di limiti ai poteri degli amministratori delle società
derivanti dall'oggetto sociale, l'introduzione, in relazione alla
disciplina delle società di capitali, delle regole contenute negli
artt. 2384 e 2384 bis cod. civ. - che, a differenza di quanto dispone,
per le società di persone, l'art. 2298 cod. civ., escludono che le
predette limitazioni, pur se pubblicate, siano opponibili ai terzi,
salvo che si provi che questi abbiano agito intenzionalmente a danno
della società, e comunque che l'estraneità all'oggetto sociale degli
atti compiuti dagli amministratori in nome della società possa essere
opposta ai terzi in buona fede - non è suscettibile di applicazione
analogica nei confronti delle società di persone, regolate da
specifiche norme. Tuttavia, essa svolge un indubbio effetto di
"irraggiamento" sull'intero sistema, nel senso di imporre, anche in
relazione alle società da ultimo citate, in ossequio al principio
della tutela dell'affidamento dei terzi, una concezione più sfumata
dei limiti al potere di rappresentanza degli amministratori derivanti
dall'oggetto sociale, da intendere con molta larghezza. È dunque
necessario che il giudice di merito verifichi, caso per caso, tutti
gli aspetti della vicenda, allo scopo di accertare in concreto se il
comportamento tenuto da colui che agiva in nome e per conto della
società potesse avere o meno ingenerato nella controparte, considerate
le modalità di svolgimento del rapporto, il ragionevole convincimento
della sussistenza dei poteri di rappresentanza (nella specie, una
parte aveva stipulato con una s.n.c. esercente impresa edilizia un
preliminare di compravendita, sottoscritto da uno solo dei soci della
società stessa, benché lo statuto di quest'ultima prevedesse che per
l'acquisto o la vendita d'immobili era necessaria la firma congiunta
dei due soci. La sentenza di merito aveva affermato l'irrilevanza
della trasmissione del possesso dell'immobile ai fini di configurare,
in favore del promissario acquirente, l'affidamento incolpevole,
attesa la possibilità di controllo dei poteri rappresentativi per il
tramite degli strumenti legali di pubblicità; il giudice di merito
aveva, altresì, impedito alla parte di dimostrare come tutti i
contratti preliminari relativi ad altri appartamenti del medesimo
edificio erano stati stipulati con identiche modalità dallo stesso
socio, in nome e per conto della società, e come i medesimi contratti
avevano avuto regolare esecuzione con l'intervento al rogito di
trasferimento dell'altro socio, il quale non aveva sollevato alcuna
eccezione. Alla stregua dell'enunciato principio, la S.C. ha cassato
la sentenza, rilevando che tali ultime circostanze erano meritevoli di
approfondimento nel quadro della verifica del ragionevole affidamento
del promissario acquirente).
SENTENZA N. 1613
DEL 14 FEBBRAIO 2000
Società - di persone fisiche - società semplice - contratto sociale -
forma - conferimento di un immobile in società - rispetto delle forme
richieste dalla natura del bene - necessità.
Il conferimento di un immobile in società deve avvenire con il
rispetto delle forme richieste dalla natura del bene conferito, anche
se la legge non richiede alcuna forma per la costituzione del rapporto
sociale (nella specie, è stato escluso il conferimento in società di
fatto di un suolo acquistato da parte dei soci uti singuli).
SENTENZA N. 1325
DEL 7 FEBBRAIO 2000
Società - di capitali - società per azioni - organi sociali -
amministratori - rappresentanza della società - in genere - disciplina
ex art. 2384 cod. civ. - dissociazione tra potere di gestione e potere
di rappresentanza - opponibilità ai terzi di buona fede - esclusione -
fattispecie.
La regola di cui all'articolo 2384 cod. civ. - il quale (nel testo
modificato dall'articolo 5 del DPR n. 1127 del 1969 introdotto in
esecuzione della Direttiva CEE n. 151 del 1968 al fine di garantire ai
terzi la sicurezza in ordine alla validità degli atti posti in essere
dai rappresentanti delle società) prevede che le limitazioni dei
poteri di rappresentanza degli amministratori di società di capitali
risultanti dall'atto costitutivo o dallo statuto non sono opponibili
ai terzi di buona fede, anche se pubblicate trova applicazione anche
in riferimento alle ipotesi di dissociazione del potere di
rappresentanza dal potere di gestione (in applicazione dell'esposto
principio la S.C. ha confermato la decisione del giudice di merito
che, in una fattispecie in cui i poteri di ordinaria e straordinaria
amministrazione competevano al consiglio di amministrazione e la
rappresentanza legale al presidente, aveva ritenuto inopponibile ai
terzi di buona fede la mancanza dell'autorizzazione al presidente a
stipulare una transazione contenente una clausola compromissoria).
SENTENZA N. 1228
DEL 4 FEBBRAIO 2000
Società - tutela penale in materia di società e di consorzi -
disposizioni generali per le società soggette a registrazione.
Garanzie prestate dalla società per debiti propri degli amministratori
- conseguenze sul piano civilistico - nullità del negozio per
violazione di norma imperativa - consapevolezza della violazione da
parte del destinatario della garanzia - irrilevanza - rilevabilità di
ufficio della nullità.
La violazione dell'art. 2624, primo comma, cod. civ. che sanziona
penalmente il comportamento degli amministratori che si fanno prestare
dalla società da essi stessi amministrata garanzie per debiti propri,
comporta, sul piano civilistico, la nullità del negozio, ai sensi
dell'art. 1418, primo comma, cod. civ., per violazione di norme
imperative. Tale nullità, che sussiste anche nel caso in cui il
destinatario dell'atto sia consapevole della violazione, in quanto il
divieto da essa sanzionato è posto nell'interesse generale e non in
funzione di tutela di particolari soggetti, è rilevabile dal giudice
ex officio a prescindere dalla circostanza che sia stata formulata una
specifica domanda o, nel caso di giudizio di impugnazione, che siano
stati proposti specifici motivi.
Fattispecie criminosa prevista dall'art. 2624 cod. civ. - elemento
oggettivo - concreta lesività del comportamento - necessità -
esclusione - fondamento - interesse formale al rispetto del dovere di
correttezza amministrativa - elemento soggettivo - dolo generico -
sufficienza - regime dell'atto compiuto in violazione del divieto
posto dalla norma suddetta - nullità.
L'art. 2624 cod. civ. , nel sanzionare penalmente gli amministratori
delegati, i direttori generali, i sindaci ed i liquidatori di società
che sotto qualsiasi forma, sia direttamente, sia per interposta
persona, contraggono prestiti con la società che amministrano o con
società controllante o controllata, ovvero si facciano prestare da una
delle dette società garanzie per i debiti propri, punisce la
violazione di un dovere di fedeltà attuato con abuso del potere
conferito, a prescindere dalla concreta lesività di tale violazione
per il capitale sociale, così dando vita ad un reato di pericolo
presunto, caratterizzato per il profilo oggettivo dalla tutela
dell'interesse formale al rispetto del dovere di correttezza
amministrativa, onde evitare anche il sospetto sul comportamento dei
soggetti investiti dei poteri sociali e sotto il profilo soggettivo
dal dolo generico, con esclusione della consapevolezza del danno o del
pericolo e della volontà specifica di arrecare l'uno o l'altro. L'atto
posto in essere in violazione di tale divieto ricade nella previsione
di nullità di cui all'art. 1418 cod. civ., senza che trovi
applicazione, in ragione del carattere specifico del conflitto che la
norma mira ad evitare, la più generale previsione di annullabilità
dell'atto posto in essere dal rappresentante in conflitto di interessi
con il rappresentato e senza alcuna possibilità di ratifica dell'atto
da parte della società, secondo lo schema dell'art. 1399 cod. civ.,
non potendo quest'ultima disporre del bene tutelato.
SENTENZA N. 804
DEL 25 GENNAIO 2000
Società - di capitali - in genere - società per azioni – autonomia
patrimoniale - effetti - patrimonio sociale - partecipazioni azionarie
in altre società - appartenenza alla società, distinta dai soci -
configurabilità - titolarità in capo al socio di maggioranza (nella
specie, anstalt appartenente ad una persona fisica) in quanto
intestatario della quasi totalità (nella specie, 95 per cento) del
capitale sociale - sussistenza - esclusione.
Gli istituti dell'autonomia patrimoniale e della distinta personalità
giuridica della società di capitali (nella specie, società per azioni)
rispetto ai soci comportano la esclusione della riferibilità a costoro
del patrimonio, (ivi compresi i titoli azionari di altre società),
intestato alla prima, anche nella ipotesi in cui uno dei soci, possa
essere considerato (eventualmente attraverso un'anstalt a lui facente
capo la quale risulti intestataria della quasi totalità del capitale
della società) il socio di larga maggioranza. Tali conclusioni si
impongono ancora a più forte ragione quando manchi la dimostrazione
della sussistenza di comportamenti suscettibili di essere qualificati
come abuso della personalità giuridica (configurabile con riguardo
alla natura fittizia o fraudolenta delle partecipazioni di minoranza,
e ravvisabile allorché alla forma societaria corrisponda una gestione
individuale, che rende ipotizzabili la responsabilità illimitata del
socio "tiranno" con il proprio patrimonio, nonché forme di
responsabilità civile e penale), manifestandosi in tale ipotesi la
esigenza di tutela delle partecipazioni di minoranza non fittizie o
fraudolente.
SENTENZA N. 796
DEL 25 GENNAIO 2000
Società - di capitali - società a responsabilità limitata - capitale
sociale - conferimenti - quota - trasferimento - acquisto o pegno
delle proprie quote - divieto ex art. 2483 cod. civ. di acquisto di
proprie quote - portata - vendita di quote del socio - ammissibilità -
fondamento.
In tema di società a responsabilità limitata, la disposizione
dell'art. 2483 cod. civ. - la quale fa divieto alla società, a
garanzia dell'integrità del capitale sociale, di acquistare proprie
quote - non osta a che essa possa vendere le quote del socio quali
beni altrui, ai sensi dell'art. 1478 cod. civ., ossia assumendo
l'obbligo di procurarne l'acquisto al compratore, dato che
l'automatismo e l'immediatezza del trasferimento al compratore stesso
di dette quote evita, nel momento in cui siano conseguite dalla
società, che questa divenga "partecipante di se stessa", con
pregiudizio della consistenza del capitale.
SENTENZA N. 13954
DEL 13 DICEMBRE 1999
Società - di persone fisiche - società irregolare e di fatto -
amministrazione - rappresentanza - atti posti in essere dal socio -
validità - condizioni - fattispecie.
Nelle società collettive di fatto o irregolari, affinché il vincolo
sociale ed i suoi effetti si proiettino nel mondo esterno, rispetto ai
terzi, non è necessaria la partecipazione personale di tutti i soci ad
ogni atto, presumendosi che ciascun socio abbia la rappresentanza e
l'amministrazione della società; a tal fine non è necessaria la
spendita del nome degli altri soci, essendo sufficiente l'indicazione
di agire nella qualità di socio o comunque un comportamento che renda
inequivoca la riferibilità del negozio alla società medesima (nella
specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto
valida la transazione avente ad oggetto la liquidazione della quota di
un socio defunto in favore degli eredi sottoscritta da un solo socio
in tale qualità).
SENTENZA N. 12615
DEL 15 NOVEMBRE 1999
Società - di capitali - in genere - consistenza economica dell'ente -
interesse del socio al suo potenziamento ed alla sua conservazione -
modi di attuazione - esclusivamente con strumenti interni -
individuazione - legittimazione ad impugnare la validità di atti
esterni - anche in caso di nullità - esclusione - inapplicabilità
dell'art. 1421 cod. civ.
Contratti in genere - invalidità - nullità del contratto - azione di
nullità - legittimazione - contratti stipulati da una società di
capitali - legittimazione del socio - configurabilità - esclusione.
Nelle società di capitali, che sono titolari di distinta personalità
giuridica e di un proprio patrimonio, l'interesse del socio al
potenziamento ed alla conservazione della consistenza economica
dell'ente è tutelabile esclusivamente con strumenti interni,
rappresentati dalla partecipazione alla vita sociale e dalla
possibilità di insorgere contro le deliberazioni o di far valere la
responsabilità degli organi sociali, mentre non implica la
legittimazione a denunciare in giudizio atti esterni ed in particolare
ad impugnare i negozi giuridici stipulati dalla società, la cui
validità, anche nelle ipotesi di nullità per illiceità dell'oggetto,
della causa o dei motivi, resta contestabile solo dalla società
stessa, senza che in contrario il socio possa invocare la norma
dell'art. 1421 cod. civ.
SENTENZA N. 12347
DEL 6 NOVEMBRE 1999
Società - di capitali - società per azioni - costituzione - modi di
formazione del capitale - modificazioni dell'atto costitutivo -
contenuto delle modificazioni - riduzione del capitale - per perdite -
in genere - riduzione del capitale e contemporaneo aumento dello
stesso - pluralità di delibere ontologicamente e cronologicamente
distinte - configurabilità - conseguenze - profili di nullità
attinenti alla delibera di riduzione - effetti sulla delibera di
ricostituzione - sussistenza - conseguenze - nullità derivata della
delibera di ricostituzione - configurabilità - impugnazione congiunta
del le due delibere - rappresentazione di profili di invalidità
relativi a ciascuna di esse - carattere subordinato e non cumulativo -
conseguenze in tema di impugnazione.
L'assemblea di una società per azioni che, in presenza di una perdita
di oltre un terzo del capitale sociale, provvede, ex art. 2446 cod.
civ., alla riduzione ed al contemporaneo aumento del capitale stesso,
pone in essere due deliberazioni ontologicamente e cronologicamente
distinte ed autonome fra loro, pur se indiscutibilmente collegate
sotto il profilo della subordinazione, con la conseguente, astratta
configurabilità di ragioni di nullità attinenti, rispettivamente, alla
sola delibera di riduzione, ovvero alla sola delibera di
ricostituzione del capitale sociale. La prima delle due eventuali
dichiarazioni di nullità (quella, cioè, afferente alla riduzione del
capitale) riverbera, peraltro, necessariamente i suoi effetti su
quella di ricostituzione (attesone il relativo collegamento
funzionale), e, conseguentemente, la travolge, sotto il profilo della
nullità derivata, così che, qualora le due delibere vengano impugnate
congiuntamente, le doglianze di invalidità relative a ciascuna di esse
si trovano in rapporto di subordinazione e non di cumulo, e
l'accoglimento di quelle relative alla delibera di riduzione non può
che comportare ipso facto la declaratoria di nullità della delibera di
aumento, con assorbimento delle relative ragioni all'uopo esposte. Da
ciò consegue, ancora, che, ai fini dell'esame, da parte del giudice di
secondo grado, delle ragioni di nullità relative alla seconda delibera
(il cui esame era risultato ormai precluso per assorbimento in primo
grado), non ne occorre la riproposizione nelle forme dell'appello
incidentale, essendo sufficiente, all'uopo, un'istanza di riesame
formulata (come nella specie) nella comparsa di costituzione da parte
dell'appellato.
SENTENZA N. 12157
DEL 29 OTTOBRE 1999
Società - di capitali - società cooperative - in genere (nozione,
caratteri, distinzioni, tipi: a responsabilità limitata e non
limitata) - società cooperativa a responsabilità limitata - clausola
statutaria di previsione di obbligo dei soci di rimborsare annualmente
alla società spese ed oneri di funzionamento - validità - sussistenza
- fondamento.
Deve ritenersi legittima la clausola statutaria di una società
cooperativa a responsabilità limitata, che preveda l'obbligo dei soci
di rimborsare annualmente alla società tutte le spese e gli oneri per
il suo funzionamento, in modo che l'esercizio si chiuda senza utili e
senza perdite, dovendosi escludere che tale clausola incida sulla
tipologia societaria, trasformando la società in una società a
responsabilità illimitata, in quanto detta clausola non impegna i soci
per le obbligazioni sociali verso i terzi, ma riguarda i rapporti
interni alla società, ed, inoltre, è pienamente compatibile con la
realizzazione dell'oggetto sociale, afferendo ad una prestazione
accessoria ad essa funzionale.
SENTENZA N. 10937
DEL 2 OTTOBRE 1999
Professionisti - In genere - Società di capitali aventi ad oggetto
attività di progettazione e costruzione di opere civili - Disciplina
ex legge n. 17/8 1, D.L. n. 20179 e legge n. 183176 - Portata -
Contratti con società di capitali aventi ad oggetto attività riservate
esclusivamente ai professionisti iscritti all'albo - Nullità -
Sussistenza
Le disposizioni di cui agli art. 13 legge n. 183 del 1976, 1 D.L. n.
20 del 1979, convertito con modificazioni in legge n. 92 del 1979, e
11 legge n. 17 del 1981, che consentono la costituzione di società per
azioni aventi ad oggetto attività di progettazione di impianti
industriali esercitata in forma industriale mediante una complessa
organizzazione tecnica ed amministrativa, ovvero attività di studi e
di progettazioni che richiedono speciali competenze tecniche e
scientifiche, hanno parzialmente abrogato solo il divieto di cui
all'art. 2 legge n. 1815 del 1939, non anche le disposizioni
inderogabili in materia di professioni intellettuali che sanciscono la
responsabilità dei professionisti per i singoli atti che la legge ed i
regolamenti professionali riservano loro in via esclusiva e che essi
devono compiere personalmente o a mezzo di ausiliari da loro diretti;
deve pertanto ritenersi nullo per contrasto con le suddette
disposizioni inderogabili il contratto che, in materia di
progettazione e costruzione di opere civili, affidi ad una società di
capitali attività che, secondo il motivato accertamento del giudice di
merito, rientrino interamente nell'attività professionale tipica
dell'ingegnere e dell'architetto e non in una complessa prestazione di
servizi di tipo imprenditoriale i cui contenuti trascendano, sebbene
possano in parte comprenderli, quelli delle libere professioni
(Fattispecie relativa a contratto concluso anteriormente all'entrata
in vigore della legge n. 109 del 1984).
Lavoro - Lavoro autonomo - Contratto d'opera -Professioni
intellettuali - Esercizio - Mancata iscrizione all'albo - Attività
riservata a soggetti iscritti ad un albo o elenco - Esercizio da parte
di soggetto non iscritto - Compenso - Spettanza - Esclusione - Azione
generale di arricchimento Esperibilità - Esclusione - Prestazione
riferibile a società di capitali - Compenso - Spettanza - Esclusione -
Utilizzo da parte delle società di soggetti iscritti all'albo per
l'espletamento delle relative attività - Irrilevanza
A norma dell'art. 2231 c.c., quando l'esercizio di un'attività
professionale è condizionato all'iscrizione in un albo o elenco, la
prestazione eseguita da chi non è iscritto non gli dà azione per il
pagamento del compenso, onde, in tali ipotesi, non può ritenersi
esperibile neppure l'azione generale di arricchimento di cui all'art.
2041 c.c.; i suddetti principi devono ritenersi applicabili anche
quando la prestazione resa sia riferibile ad una società di capitali,
per essersi essa assunta contrattualmente tale impegno, a nulla
rilevando che la società si sia servita, per l'espletamento di detta
attività, di tecnici iscritti ai relativi albi.
SENTENZA N. 10869
DELL' 1 OTTOBRE 1999
Di capitali - Società per azioni - Organi sociali - Amministratori -
Responsabilità - In genere - Azione sociale - Rinuncia - Deliberazione
dell'assemblea dei soci - Necessità - Mancanza - Nullità rilevabile
d'ufficio - Equipollenti - Inammissibilità - Fattispecie
A norma dell'articolo 2393 c.c. compete esclusivamente all'assemblea
dei soci il potere di deliberare sia il promuovimento dell'azione
sociale di responsabilità sia la rinuncia all'esercizio di tale
azione, sia la transazione; pertanto, la rinuncia o la transazione
effettuata dal nuovo amministratore (o dal legale rappresentante della
società) senza la preventiva delibera assembleare è affetta non da
mera inefficacia, secondo la disciplina dell'atto posto in essere dal
rappresentante senza poteri, ovvero da mera annullabilità, in base
alle regole sul difetto di capacità a contrattare, ma da nullità
assoluta e insanabile, deducibile da chiunque vi abbia interesse e
rilevabile d'ufficio; la delibera assembleare costituisce modo formale
e inderogabile di espressione della volontà della società di cui non
sono ammessi equipollenti (nella specie la S.C. ha annullato la
decisione di merito secondo cui la sottoscrizione di un accordo da
parte di tutti i soci costituiva manifestazione della volontà,
equiparabile ad una delibera assembleare, di ratificare l'operato del
legale rappresentante).
SENTENZA N. 10669
DEL 27 SETTEMBRE 1999
Di capitali - Società per azioni - Costituzione - Modi di formazione
del capitale - Delle azioni - Acquisto delle azioni - In genere -
Trasferimento di Azioni -Oggetto Immediato -Partecipazione Sociale -
Conseguenze in tema di contratto avente ad oggetto l'impegno a
trasferire azioni di società non ancora costituita - Applicazione
della sanzione di cui all'art. 2331, terzo comma c.c. prevista per il
caso di emissione e vendita di azioni prima della iscrizione della
società - Esclusione - Efficacia meramente obbligatoria di tale
contratto - Nullità dello stesso - Condizioni
La sanzione di nullità, prevista dall'art. 2331, terzo comma, c.c. ,
in relazione alla emissione ed alla vendita di azioni prima della
iscrizione della società, non colpisce il contratto, avente efficacia
meramente obbligatoria, con il quale una parte assume l' impegno al
futuro trasferimento di azioni di società non ancora iscritta nel
registro delle imprese. Ed infatti, il trasferimento di azioni ha per
oggetto la partecipazione sociale, e solo come oggetto mediato
l'attribuzione di valori o identità patrimoniali ovvero, nel caso di
costituzione di nuova società mediante scissione da società
preesistente, l'attribuzione alla società costituenda di determinati
cespiti patrimoniali. Ne consegue che il difetto di determinatezza o
determinabilità di tale attribuzione comporta nullità del contratto,
ad efficacia meramente obbligatoria, avente ad oggetto l'impegno a
trasferire azioni di una società per azioni non ancora costituita
soltanto nel caso in cui le parti abbiano espressamente convenuto un
preciso obbligo in tal senso, e il trasferimento delle azioni sia
condizionato all'attribuzione alla costituenda società di beni
determinati ovvero le due obbligazioni siano tra loro collegate.
SENTENZA N. 10602
DEL 25 SETTEMBRE 1999
Società - di capitali - società cooperative - organi sociali -
assemblea - deliberazioni - cooperativa edilizia - trasferimento di
alloggio cooperativo a favore di terzi - pretermissione di socio
prenotatario - nullità dell'atto - fondamento.
Lo scopo mutualistico di una società cooperativa è caratteristica
essenziale del suo atto costitutivo, ed anche presupposto
indefettibile per il godimento della speciale disciplina "di favore",
e dunque si traduce nell'indisponibilità, da parte dell'assemblea o
del consiglio di amministrazione, del diritto di ciascun socio di
partecipare ai programmati benefici dell'attività societaria. Detto
scopo, nel caso di una cooperativa edilizia, non tollera la cessione a
terzi degli alloggi edificati, ove la cessione medesima non sia mero
strumento per il conseguimento dei fini istituzionali ed il miglior
soddisfacimento delle posizioni costituite in capo al socio, ma
esprima una scelta contrapposta al fine mutualistico, con il
compimento di attività commerciale di tipo lucrativo e lesione di
quelle posizioni. Da ciò consegue che, nel caso di estraneità del
cessionario alla compagine sociale e dell'elusione dei diritti insorti
in favore del socio per effetto dell'operazione mutualistica e del
contratto di "prenotazione", la delibera di alienazione del bene
sociale è affetta da radicale nullità, per illiceità dell'oggetto, ai
sensi dell'art. 2379 cod. civ. reso applicabile dal rinvio di cui
all'art. 2516 cod. civ..
SENTENZA N. 10263
DEL 22 SETTEMBRE 1999
Società - di capitali - società a responsabilità limitata - capitale
sociale - conferimenti - quota - trasferimento - in genere - prima
dell'iscrizione della società pur costituita nel registro delle
imprese - disposizione del terzo comma dell'art. 2331 cod. civ. -
applicabilità analogica - sussistenza - fondamento.
La norma del terzo comma dell'art. 2331 cod. civ., che prevede la
nullità della emissione e della vendita delle azioni di società prima
dell'iscrizione della società nel registro delle imprese, è
applicabile anche alla vendita di quote di società a responsabilità
limitata effettuata anteriormente all'iscrizione di tale società - pur
già costituita - indetto registro, senza che a tale applicabilità sia
d'ostacolo il mancato richiamo del suddetto terzo comma dell'art. 2331
nell'ultimo comma dell'art. 2475 cod. civ., poiché esso si spiega solo
con la circostanza che in tale forma societaria il capitale è diviso
in quote e non in azioni, laddove, invece, la ragione giustificativa
della nullità - costituita dall'incompatibilità logica di un
trasferimento di capitale sociale prima che la società venga ad
esistenza con l'iscrizione e, quindi, dalla mancanza dell'oggetto
della cessione - ricorre analogamente, tenuto conto che essa è
direttamente consequenziale alle disposizioni del primo e del secondo
comma dell'art. 2331, le quali sono espressamente richiamate
dall'ultimo comma dell'art. 2475 e, rispettivamente prevedendo, che
solo con l'iscrizione la società acquisti la personalità giuridica e
che, in difetto, chi abbia agito in nome della società, assuma
responsabilità illimitata, escludono che prima dell'iscrizione, possa
configurarsi una forma societaria anche "irregolare". Tale
interpretazione, quanto ai contratti societari stipulati dopo la sua
entrata in vigore, trova, inoltre, conferma nell'ultimo comma
dell'art. 2479 cod. civ. (introdotto con l'art. 1, comma secondo,
legge n. 310 del 1993), il quale, imponendo l'iscrizione nel registro
delle imprese dei trasferimenti di quote di S.r.l., presuppone che la
società sia già venuta a giuridica esistenza con la preventiva
iscrizione, in tal modo ribadendo che anteriormente quel trasferimento
non è possibile.
SENTENZA N. 9691
DELL’11 SETTEMBRE 1999
Società - di capitali - in genere - procedimento di omologazione -
deliberazione di trasferimento della sede - competenza per territorio
- tribunale del capoluogo di provincia comprendente la sede al momento
della deliberazione - sussistenza - tribunale del capoluogo di
provincia comprendente la sede di trasferimento - esclusione.
Competenza civile - competenza per territorio - in genere - società -
di capitali - procedimento di omologazione - deliberazione di
trasferimento della sede - competenza per territorio - tribunale del
capoluogo di provincia comprendente la sede al momento della
deliberazione - sussistenza - tribunale del capoluogo di provincia
comprendente la sede di trasferimento - esclusione.
Il tribunale al quale deve essere chiesta l'omologazione della
deliberazione di trasferimento della sede sociale è quello sito nel
capoluogo della provincia ove la società ha sede al momento
dell'adozione della delibera di trasferimento della sede sociale e nel
quale trovasi l'ufficio del registro delle imprese, e non già quello
del capoluogo della provincia nel cui ambito la società trasferirà la
propria sede, essendo invece esso competente, in quanto sede a sua
volta dell'ufficio del registro delle imprese, per l'omologazione
degli atti societari successivi al trasferimento della sede stessa.
SENTENZA N. 9210
DEL 1° SETTEMBRE 1999
Società - di capitali - in genere - procedimento di omologazione degli
atti societari - competenza per territorio del tribunale del luogo
dell'ufficio del registro delle imprese competente a ricevere il
deposito dell'atto - sussistenza - anche a seguito della legge n. 580
del 1993.
Competenza civile - competenza per territorio - in genere -
procedimento di omologazione degli atti societari - competenza per
territorio del tribunale del luogo dell'ufficio del registro delle
imprese competente a ricevere il deposito dell'atto - sussistenza -
anche a seguito della legge n. 580 del 1993.
Anche dopo l'entrata in vigore della legge n. 580 del 1993, il
procedimento di omologazione delle deliberazioni assembleari delle
società deve ritenersi attribuito alla competenza territoriale del
Tribunale del luogo ove ha sede l'Ufficio del Registro delle Imprese
presso il quale l'atto deve essere depositato ed iscritto, anche se
esso sia diverso dal Tribunale nel cui circondario è ubicata la sede
sociale, giacché alla nuova disciplina introdotta con l'art. 8 della
suddetta legge, laddove prevede l'istituzione di un ufficio del
registro delle imprese presso la camera di commercio di ciascun
capoluogo di provincia, deve riconoscersi - in assenza di alcuna
disposizione introduttiva di una distinzione tra giudice
dell'omologazione e giudice del registro - un valore meramente
ricognitivo della situazione precedente, nella quale l'individuazione
del giudice competente per l'omologazione non si fondava sui principi
generali desumibili dagli artt. 18, 19, 24 e 25 cod. proc. civ. o su
una specifica peculiarità del procedimento di omologazione, ma
derivava dall'interpretazione sistematica della normativa regolante in
via transitoria la materia in attesa dell'attuazione del registro
delle imprese e particolarmente: a) dell'art. 101 delle disp. att. del
cod. civ., nel quale la competenza territoriale del tribunale del
luogo della se de sociale non era espressione di un forum domicilii
(come sarebbe stato coerente con la natura di volontaria giurisdizione
del procedimento), ma discendeva soltanto dalla coincidenza, nel
regime transitorio, dell'ufficio del registro competente con la
cancelleria del tribunale destinatario dell'istanza di omologazione,
sempre sussistente per essere presente in ogni tribunale il registro
delle società; b) dell'art. 108 delle disp. di att. del cod. civ., il
quale, sino all'attuazione del registro delle imprese, prevedeva che
l'iscrizione dei contratti di consorzio si eseguisse nel registro
delle società presso la cancelleria del tribunale "nella cui
circoscrizione ha sede l'ufficio", così rivelando che il criterio di
competenza era collegato al luogo nel quale gli atti acquisivano
pubblicità.
SENTENZA N. 5915
DEL 15 GIUGNO 1999
Società di capitali - Società per azioni - Atti compiuti in nome della
società costituenda prima dell'iscrizione nel registro delle imprese -
Responsabilità solidale e illimitata nei confronti dei terzi di coloro
che hanno agito - Condizioni
Per il disposto dell'art. 2331 c.c., nel caso di società non ancora
iscritta nel registro delle imprese e quindi non ancora dotata di
personalità giuridica, la illimitata e solidale responsabilità verso i
terzi di coloro che hanno agito presuppone che si tratti di operazioni
compiute in nome della società stessa prima della sua iscrizione, onde
la norma non può trovare applicazione in caso di operazioni poste in
essere senza alcun riferimento alla costituenda società.
SENTENZA N. 5533
DEL 5 GIUGNO 1999
Società di capitali - Società a responsabilità limitata - Mancata
iscrizione nel registro delle imprese - Deliberazione di aumento del
capitale sociale e di rideterminazione delle quote sociali -
Inesistenza come tale - Validità come convenzione di modifica
dell'atto costitutivo - Configurabilità - Condizioni
La deliberazione assembleare di una s.r.l. con cui sia stato
approvato, anteriormente all'iscrizione della società nel registro
delle imprese, un aumento di capitale e una modificazione
dell'attribuzione delle quote ai soci, non essendo la società al
momento della sua adozione ancora venuta a giuridica esistenza (ex
art. 2331, primo comma. c.c., richiamato dall'art. 2475 c.c.), deve
considerarsi assolutamente inesistente come deliberazione, in quanto
emanata da un'assemblea ancora priva della possibilità giuridica di
deliberare. Tuttavia, qualora la manifestazione di volontà dei soci
sia stata plenaria ed unanime e si sia concretata mediante la
sottoscrizione dell'atto da parte di ciascuno, può essere apprezzata
come espressione di un patto, volto a modificare l'importo del
capitale sociale e la conseguente attribuzione delle quote ai soci e,
quindi, come una convenzione modificativa dell'atto costitutivo, a
condizione che risultino osservati i requisiti di sostanza e di forma
prescritti per tale atto (cioè l'atto pubblico), con la conseguenza
che la non ancora avvenuta iscrizione della società nel registro delle
imprese, così come non condiziona la validità della stipulazione
dell'atto costitutivo, che ad essa è necessariamente anteriore e
prodromica, non condiziona la validità di detta convenzione
modificativa, sia pure destinata ad assumere efficacia dopo
l'omologazione ed iscrizione della società.
Società di capitali - Società a responsabilità limitata - Cessione di
quota prima dell'iscrizione della società nel registro delle imprese -
Applicabilità analogica dell'art. 2331, terzo comma, c.c. -
Sussistenza - Ragioni - Effetto - Nullità della cessione
La disposizione del terzo comma dell'art. 2331 c.c. , che sancisce la
nullità dell'emissione e della vendita delle azioni prima
dell'iscrizione della società per azioni nel registro delle imprese,
deve reputarsi analogicamente applicabile alla fattispecie della
cessione delle quote di s.r.l., effettuata prima dell'iscrizione di
tale società nel registro delle imprese, stante la non configurabilità
sul piano logico del trasferimento di una partecipazione sociale prima
che la società sia venuta a giuridica esistenza e considerato che il
mancato richiamo all'art. 2331, terzo comma, c.c. da parte dell'art.
2475 c.c., trova spiegazione in ragioni di incompatibilità sul piano
letterale, dipendenti dalla suddívisione del capitale sociale della
s.r.l. in quote e non in azioni.
SENTENZA N. 4774 DEL 14 MAGGIO 1999
Società in accomandita semplice - Potere di rappresentanza degli
amministratori - Limiti - Derivanti dall'oggetto sociale - Disciplina
innovativa dettata per le società di capitali dagli artt. 2384 e
2384-bis c.c., ispirata a maggior tutela dell'affidamento dei terzi
-Applicabilità in via analogica alle società di persone - Esclusione -
Effetti riflessi della nuova disciplina sull'intero sistema -
Configurabilità
In tema di limiti ai poteri degli amministratori delle società
derivanti dall'oggetto sociale l'introduzione, in relazione alla
disciplina delle società di capitali, delle regole contenute negli
artt. 2384 e 2384- bis c.c. - che a differenza di quanto dispone, per
le società di persone, l'art. 2298 c.c., escludono che le predette
limitazioni, pur se pubblicate, siano opponibili ai terzi, salvo che
si provi che questi abbiano agito intenzionalmente a danno della
società, e comunque che l'estraneità all'ogggetto sociale degli atti
compiuti dagli amministratorì in nome della società possa essere
opposta ai terzi in buona fede - non è suscettibile di applicazione
analogica nei confronti delle società dipersone, regolate da
specifiche norme. Tuttavia, essa svolge un indubbio effetto di
"irraggiamento" sull'intero sistema, nel senso di imporre, anche in
relazione alle società da ultimo citate, in ossequio al principio
della tutela dell'affidamento dei terzi, una concezione più sfumata
dei limiti al potere di rappresentanza degli amministratori derivanti
dall'oggetto sociale, da intendere con molta larghezza. (Alla stregua
di tale principio, la S.C, ha ritenuto immune da vizi, sotto tale
profilo, la decisione con la quale la Corte di merito aveva valutato
come accessorio rispetto alla normale attività di una società
immobiliare, avente quale oggetto sociale tutte "le operazioni
giuridiche attinenti ai beni immobili, non escluse quelle di dazione
in garanzia reale degli immobili in patrimonio", l'atto di
ricognizione di debito altrui e di costituzione di ipoteca, a garanzia
dello stesso, su di un proprio immobile, in quanto diretto a
realizzare lo scopo dell'attività commerciale per la quale la società
stessa era stata costituita, non essendo stata la garanzia di cui si
trattava concessa a titolo gratuito, ma per interesse comune del
garante e del garantito). |