SENTENZA N. 12575 DEL 22
SETTEMBRE 2000
- I -
Successioni mortis causa - disposizioni generali – accettazione
dell'eredità - diritto di accettazione - prescrizione - decorso del
termine - sospensione - per i chiamati ulteriori - individuazione -
criterio.
L'apertura della successione fa sorgere nei destinatari della vocatio
il diritto di accettare l'eredità, soggetto al termine di prescrizione
di dieci anni, salvo che si tratti di "chiamati ulteriori". Sono da
considerare tali soltanto coloro che subentrano in luogo dei
rinunzianti, secondo il meccanismo delle devoluzioni disciplinato
dagli artt. 522 e 523 cod. civ..
- II -
Successioni mortis causa - disposizioni generali – accettazione
dell'eredità - diritto di accettazione - prescrizione – accettazione
dell'eredità da parte del chiamato ab intestato - effetti - estensione
alla delazione testamentaria dovuta a successiva scoperta del
testamento - autonoma prescrizione del diritto ad accettare l'eredità
testamentaria - esclusione.
Il vigente ordinamento giuridico non prevede una distinta accettazione
della eredità a secondo del titolo della delazione (testamentaria o
legittima), ma un solo diritto di accettazione che ha per oggetto il
diritto alla eredità e non il titolo della delazione ereditaria.
Pertanto, l'accettazione della eredità da parte del chiamato ab
intestato, avendo per oggetto il diritto alla eredità e non il titolo
della delazione ereditaria, estende i suoi effetti anche alla
delazione testamentaria eventualmente dovuta alla successiva scoperta
di un testamento, in relazione alla quale non è conseguentemente
configurabile una autonoma prescrizione del diritto di accettazione.
SENTENZA N. 9648 DEL 24 LUGLIO 2000
Successioni mortis causa - disposizioni generali – accettazione
dell'eredità - con beneficio di inventario - modalità - in genere -
notaio - nomina da parte del giudice - natura dell'incarico -
ausiliario del giudice - eventuale designazione da parte dell'erede -
rilevanza ai fini della configurabilità di un concomitante incarico
professionale - esclusione.
Il notaio, nell'assolvimento dei compiti inerenti ad un'accettazione
di eredità con beneficio d'inventario, opera quale ausiliario del
giudice che lo ha nominato, sicché la sua eventuale designazione da
parte dell'erede accettante con beneficio si configura come semplice
indicazione e non come vero e proprio conferimento di incarico
professionale.
SENTENZA N. 9286
DEL 13 LUGLIO 2000
Successioni mortis causa - disposizioni generali – accettazione
dell'eredità - diritto di accettazione - trasmissione – successione
legittima - pluralità di designati a succedere in ordine successivo -
delazione simultanea a favore dei primi chiamati e dei chiamati
ulteriori - conseguenze - pendenza del termine di accettazione per i
primi chiamati - accettazione con efficacia subordinata dei chiamati
ulteriori - configurabilità.
In tema di successioni legittime, qualora sussista una pluralità di
designati a succedere in ordine successivo, si realizza una delazione
simultanea a favore dei primi chiamati e dei chiamati ulteriori, con
al conseguenza che questi ultimi, in pendenza del termine di
accettazione dell'eredità dei primi chiamati, sono abilitati ad
effettuare una accettazione, anche tacita, dell'eredità.
SENTENZA N. 8878
DEL 3 LUGLIO 2000
Successioni mortis causa - successione testamentaria - legato - in
genere (nozione, distinzioni) - rinuncia - legato di beni immobili -
forma scritta - necessità.
L'art.649 cod.civ. non prescrive alcuna forma particolare per la
rinuncia al legato. Tuttavia la libertà di forma deve intendersi
derogata in virtù del disposto dell'art. 1350 n. 5 cod. civ. qualora
il legato abbia ad oggetto beni immobili, giacché in tal caso la
rinuncia risolvendosi in un atto di dismissione della proprietà su
beni già acquisiti al patrimonio del rinunciante per i quali non è
richiesta l'accettazione, deve essere redatta espressamente per
iscritto, a pena di nullità, deducibile per la prima volta anche in
sede di Cassazione.
SENTENZA N. 7478
DEL 5 GIUGNO 2000
- I -
Successioni mortis causa - successione necessaria – reintegrazione
della quota di riserva dei legittimari - azione di riduzione (lesione
della quota di riserva) - effetti - in genere - reintegrazione della
quota di riserva per equivalente monetario - stima del bene ai fini
della determinazione dell’equivalente monetario - valore venale -
riferimento - al momento dell’apertura della successione -
rivalutazione della somma così determinata - necessità.
In tema di reintegrazione della quota di legittima, l’accertamento
della lesione va effettuato procedendo alla formazione della massa dei
beni relitti ed alla determinazione del loro valore al momento
dell’apertura della successione; pertanto, nell’ipotesi in cui,
accertata la lesione, non sia possibile la materiale acquisizione del
bene necessario alla reintegrazione della quota del legittimario, è
con riferimento alla data dell’apertura della successione che va
determinato il valore di tale bene ai fini del soddisfacimento per
equivalente del diritto del legittimario, e il credito di quest’ultimo,
cristallizzato in termini monetari, va poi rivalutato, nell’ipotesi in
cui la liquidazione intervenga dopo un apprezzabile lasso di tempo, al
fine di conservare la corrispondenza del "tantundem pecuniario" al
valore economico reale del bene non acquisito al patrimonio del
creditore.
- II -
Successioni mortis causa - successione necessaria - reintegrazione
della quota di riserva dei legittimari - azione di riduzione (lesione
della quota di riserva) - effetti - in genere - reintegrazione della
quota di riserva per equivalente monetario con riconoscimento degli
interessi legali - diritto ai frutti - esclusione - fondamento.
Al legittimario cui venga restituito un immobile per reintegrare la
quota di legittima spetta, a norma dell’art. 561 cod. civ., anche il
diritto ai frutti quali accessori del bene, in relazione al suo
mancato godimento, mentre, nell’ipotesi in cui il bene non possa
essere restituito e la reintegrazione della quota di riserva avvenga
per equivalente monetario, con l’ulteriore riconoscimento degli
interessi legali sulla somma a tal fine determinata, nulla è dovuto
per i frutti, posto che gli interessi legali attribuiti rispondono
alla medesima finalità di risarcire il danno derivante dal mancato
godimento del bene (lucro cessante) e pertanto il cumulo tra frutti e
interessi comporterebbe la duplicazione del riconoscimento di una
medesima voce di danno.
SENTENZA N. 6691
DEL 23 MAGGIO 2000
Successioni mortis causa - successione necessaria - diritti riservati
ai legittimari - misura della quota di riserva - coniuge - diritto di
abitazione e di uso sui mobili - presupposti - casa adibita a
residenza familiare e relativi arredamenti in proprietà del de cuius e
di soggetti estranei alla successione - diritti di uso e di abitazione
- configurabilità - esclusione.
A norma dell’art. 540 cod. civ., il presupposto perché sorgano a
favore del coniuge superstite i diritti di abitazione della casa
adibita a residenza familiare e di uso dei mobili che la arredano è
che la suddetta casa e il relativo arredamento siano di proprietà del
de cuius o in comunione tra lui e il coniuge, con la conseguenza che
deve negarsi la configurabilità dei suddetti diritti nell’ipotesi in
cui la casa familiare sia in comunione tra il coniuge defunto ed un
terzo.
SENTENZA N. 5870
DEL 9 MAGGIO 2000
Successioni mortis causa - disposizioni generali - delazione
dell'eredità (chiamata all'eredità) - patti successori e donazioni
mortis causa (divieto) - pattuizione - art. 458 cod. civ. - violazione
- accertamento - criteri.
Ricorre un patto successorio istitutivo, nullo ai sensi dell'art. 458
cod. civ. nella convenzione avente ad oggetto la disposizione di beni
afferenti ad una successione non ancora aperta che costituisca
l'attuazione dell'intento delle parti, rispettivamente, di provvedere
in tutto o in parte alla propria successione e di acquistare un
diritto sui beni della futura proprietà a titolo di erede o legatario.
Tale accordo deve essere inteso a far sorgere un vero e proprio
vinculum iuris di cui la successiva disposizione testamentaria
costituisce l'adempimento. Conseguentemente deve essere esclusa la
sussistenza di un patto successorio quando tra le parti non sia
intervenuta alcuna convenzione e la persona della cui eredità trattasi
abbia solo manifestato verbalmente all'interessato o a terzi
l'intenzione di disporre dei suoi beni in un determinato modo, atteso
che tale promessa verbale non crea alcun vincolo giuridico e non è
quindi idonea a limitare la piena libertà del testatore che è oggetto
di tutela legislativa.
SENTENZA N. 4329
DEL 6 APRILE 2000
Successioni mortis causa - successione necessaria - diritti riservati
ai legittimari - misura della quota di riserva - coniuge - diritto di
abitazione e di uso sui mobili - art. 540, comma secondo, cod. civ. -
interpretazione - comprensione dei diritti di uso e di abitazione
nella quota di riserva - esclusione - attribuzione aggiuntiva -
incremento quantitativo - configurabilità - natura dell'attribuzione -
legato ex lege - acquisto ipso iure - necessità del ricorso all'azione
di riduzione - esclusione - successione legittima - diversità di
regime.
In tema di successione necessaria, la disposizione di cui all'art.
540, comma secondo, cod. civ. determina un incremento quantitativo
della quota contemplata in favore del coniuge, in quanto i diritti di
abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso dei
mobili che la corredano (quindi, il loro valore capitale) si sommano
alla quota riservata al coniuge in proprietà(posto che la norma
stabilisce che i diritti di abitazione e di uso gravano, in primo
luogo, la disponibile, ciò significa che, come prima operazione si
deve calcolare la disponibile sul patrimonio relitto, ai sensi
dell'art. 556 cod. civ. e, per conseguenza, determinare la quota di
riserva. Calcolata poi la quota del coniuge nella successione
necessaria, in base a quanto stabiliscono gli artt. 540 comma primo,
542 e 543, comma primo, alla quota di riserva così ricavata si devono
aggiungere i diritti di abitazione e di uso in concreto, il cui valore
viene a gravare la disponibile. Se la disponibile non è sufficiente, i
diritti di abitazione e di uso gravano, anzitutto, sulla quota di
riserva del coniuge, che viene ad essere diminuita della misura
proporzionale a colmare l'incapienza della disponibile. Se neppure la
quota di riserva del coniuge risulta sufficiente, i diritti di
abitazione e di uso gravano sulla riserva dei figli o degli altri
legittimari). L'attribuzione dei diritti di abitazione e di uso
costituisce un legato ex lege in favore del coniuge, per cui questi
può invocarne l'acquisto ipso iure, ai sensi dell'art. 649, comma
primo, cod. civ., senza dover ricorrere all'azione di riduzione. Per
contro, non essendo ciò previsto da nessuna norma in tema di
successione legittima, non v'è ragione per ritenere che alla quota
intestata contemplata dagli artt. 581 e 582 cod. civ. si aggiungano i
diritti di abitazione e di uso.
SENTENZA N. 3235 DEL 18 MARZO 2000
- I –
Divisione - divisione ereditaria - operazioni divisionali – formazione
dello stato attivo dell'eredità - collazione ed imputazione - soggetti
- in genere - donazione in conto di legittima e, per l'eccedenza, in
conto disponibile - conseguenze - dispensa dalla collazione -
configurabilità - esclusione - fondamento.
La clausola con cui il donante stabilisca che l'attribuzione a titolo
gratuito deve ritenersi compiuta in conto di legittima e, per
l'eventuale eccedenza, in conto disponibile non implica dispensa dalla
collazione, se è vero che, a quest'ultima, sono sottoposti tutti i
beni donati, sia quelli della disponibile che della legittima: tale
imputazione del donante non interferisce, difatti, nei rapporti tra
coeredi, ma solo sul limite che la quota di legittima rappresenta per
il potere di disposizione del de cuius.
- II –
Divisione - divisione ereditaria - operazioni divisionali - formazione
dello stato attivo dell'eredità - collazione ed imputazione -
collazione d'immobili - imputazione - valore venale del bene all'atto
della divisione - irrilevanza - valore venale del bene all'atto
dell'apertura della successione - computo - necessità.
I beni che i coeredi non donatari possono prelevare dalla massa
ereditaria a seguito della collazione per imputazione effettuata dai
coeredi donatari devono essere stimati per il valore che avevano
all'epoca dell'apertura della successione e non già al momento della
divisione, perché detti prelevamenti, pur costituendo una delle fasi
in cui si attua la divisione, non si identificano con le operazioni
divisionali vere e proprie, avendo, al pari della collazione, il
prevalente scopo di assicurare la parità di trattamento fra coeredi
donatari e coeredi non donatari.
SENTENZA N. 13704 del 7
DICEMBRE 1999
Divisione - Divisione ereditaria - Operazioni divisionali - Retratto
successorio - In genere - Presupposti - Alienazione di quota
dell'eredità o di parte di essa - Necessità - Portata - Limiti -
Alienazione di un singolo bene - Idoneità - Condizioni
Il diritto di retratto riconosciuto ai coeredi dalla norma di cui
all'art. 732, comma primo, c.c. può attuarsi soltanto nel caso di
alienazione (onerosa) della quota ereditaria, o di parte di essa, e
non anche quando sia stato alienato un cespite determinato. Una tale
limitazione, tuttavia, non ostacola l'esercizio del diritto in
questione nel caso in cui gli elementi concreti che caratterizzano la
fattispecie evidenzino, comunque, l'intento dei contraenti di
sostituire nella comunione ereditaria il terzo estraneo al coerede
alienante, e di considerare pertanto, in vista di una tale finalità,
il bene, o i beni, oggetto della traslazione, in funzione
rappresentativa e come indice espressivo della quota o di parte di
essa; ciò in quanto anche la traslazione di un solo bene finisce per
individuare, nel caso in questione, la fattispecie presa in
considerazione dall'art. 732 cit.
SENTENZA N. 8832
DEL 23 AGOSTO 1999
Accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario - Da parte del
genitore esercente la potestà sul figlio minore chiamato all'eredità -
Redazione dell'inventario - Omissione sia da parte del genitore che
del minore entro un anno dal raggiungimento della maggiore età -
Conseguenze
Qualora il genitore esercente la potestà sul figlio minore chiamato
all'eredità faccia l'accettazione prescritta dall'art. 471 cod. civ.
da cui deriva l'acquisto da parte dei minore della qualità di erede (artt.
470 e 459 cod. civ.), ma non compia l'inventario necessario per poter
usufruire della limitazione della responsabilità e questo non sia
redatto neppure dal minore entro un anno dal raggiungimento della
maggiore età, l'eredità resta acquisita da quest'ultimo, che però è.considerato
erede puro e semplice (art. 489 cod. civ).
SENTENZA N. 8386
DEL 3 AGOSTO 1999
Testamento - Onere di mera manutenzione di cappella funeraria -
Disposizione a favore dell'anima - Esclusione
Poiché la cappella funeraria non è che un sepolcro, non può ritenersi
che la disposizione testamentaria con la quale si provvede alla sua
manutenzione, senza alcuna modalità integrativa relativa alla
celebrazione di riti di suffragio e di devozione, abbia fine di culto
o di religione e possa dunque essere considerata alla stregua di una
disposizione per l'anima.
SENTENZA N. 8284
DEL 30 LUGLIO 1999
Testamento - Prelegato e sublegato - Criterio distintivo
Nella successione testamentaria, il prelegato è il legato a favore di
un coerede ed a carico dell'eredità, mentre il sublegato si configura
quando onerato di esso è un legatario e onorato è un terzo o un erede.
SENTENZA N. 7689 DEL 19 LUGLIO 1999
Testamento - Dolo - Nozione -
In tema di impugnazione di una disposizione testamentaria che si
assuma effetto di dolo, per potersi configurare il dolo non è
sufficiente qualsiasi influenza di ordine psicologico esercitata sul
testatore mediante blandizie, richieste, suggerimenti, sollecitazioni
e simili, ma occorre la presenza di altri mezzi fraudolenti, i quali -
avuto riguardo all'età, allo stato di salute, alle condizioni di
spirito dello stesso testatore - siano idonei a trarlo in inganno,
suscitando in lui false rappresentazioni ed orientando la sua volontà
in un senso in cui non si sarebbe spontaneamente indirizzata.
SENTENZA N. 7075
DEL 7 LUGLIO 1999
Comunione ereditaria - Usucapione della quota degli altri coeredi -
Ammissibilità -Condizioni -
Il coerede può, prima della divisione, usucapire la quota degli altri
coeredi, senza che sia necessaria l'interversione del titolo del
possesso, attraverso l'estensione del possesso medesimo in termini di
esclusività, ma a tal fine non è sufficiente che gli altri
partecipanti si siano astenuti dall'uso della cosa, occorrendo altresì
che il coerede ne abbia goduto in modo inconciliabile con la
possibilità di godimento altrui e tale da evidenziare una inequivoca
volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus; tale
volontà non può desumersi dal fatto che il coerede abbia utilizzato e
amministrato il bene ereditario provvedendo al pagamento delle imposte
e alla manutenzione, ricorrendo la presunzione iuris tantum che egli
abbia agito nella qualità e che abbia anticipato le spese anche
relativamente alla quota degli altri coeredi.
SENTENZA N. 5920
DEL 15 GIUGNO 1999
Azione di petizione dell'eredità - Finalità - Riconoscimento della
qualità di erede - Portata - Conseguenza - Giudicato, fra le parti,
sul punto - Ritrovamento di un successivo testamento - Operatività tra
le parti - Presupposti
L'azione di petizione dell'eredità è intesa, innanzitutto, al
riconoscimento della qualità di erede, che, costituendo un prius
autonomo facente parte dei petitum dell'azione rispetto al diritto
all'acquisto dell'universalità dei beni del de cuius o di una quota di
essi, importa, come conseguenza, il formarsi, fra le parti, del
giudicato sul punto, sicché la riconosciuta qualità di erede non può
più essere rimessa in discussione da taluna di esse se non nei limiti
in cui sia possibile la revocazione della sentenza. Riconosciuto -
cioè - l'attore erede testamentario del de cuius, il ritrovamento di
un successivo testamento, in tanto può operare fra le parti, in quanto
il documento - evidentemente già esistente al momento del precedente
giudizio - sia stato trovato dopo la sentenza e non sia stato potuto
produrre per causa dì forza maggiore o per fatto dell'avversario, così
come richiede l'art. 395 n. 3 cod. proc. civ.
SENTENZA N. 5920
DEL 15 GIUGNO 1999
Azione di riduzione - Prescrizione Decorrenza Dalla data di
pubblicazione del testamento -
Il termine decennale di prescrizione dell'azione di riduzione delle
disposizioni testamentarie non può che decorrere dalla data di
pubblicazione del testamento e non da quella di apertura della
successione .
SENTENZA N. 5918
DEL 15 GIUGNO 1999
Testamento - Concorrenza tra successione testamentaria e successione
legittima - Ammissibilità - Condizioni - Attribuzione di un legato ad
un erede legittimo - Conseguenze - Carattere ostativo alla concorrenza
della successione legittima con quella testamentaria - Esclusione -
Il principio fissato dall'art. 457 cod. civ. (secondo cui, per la
parte dell'asse ereditario della quale il de cuius non abbia disposto
per testamento, si apre la successione legittima) trova applicazione
anche nel caso in cui ad un erede legittimo, con il testamento, sia
stato attribuito un legato.
SENTENZA N. 4756
DEL 13 MAGGIO 1999
Accettazione tacita dell'eredità - Denuncia di successione e pagamento
della relativa imposta Valore indiziario - Sussistenza -
La denuncia di successione ed il pagamento della relativa imposta non
importano accettazione tacita dell'eredità, trattandosi di adempimenti
di contenuto prevalentemente fiscale, diretti ad evitare
l'applicazione di sanzioni, che dì per sé non denotano in modo univoco
la volontà di accettare l'eredità e rientrano tra gli atti di natura
conservativa e di amministrazione temporanea che il chiamato a
succedere può compiere in base ai poteri conferitigli dall'art. 460
cod. civ. Peraltro, non è escluso che gli atti in questione
costituiscano elementi indiziari, come tali liberamente valutabili ai
fini indicati dal giudice del merito.
SENTENZA N. 4703 DEL 12 MAGGIO 1999
Retratto successorio - Negozio tra coerede ed acquirente per la
declaratoria di nullità o di originaria inefficacia del trasferimento
della quota ereditaria - Incidenza sul giudizio di riscatto -
Condizioni -
Il negozio con il quale il coerede, che abbia alienato la propria
quota ereditaria, ed il terzo acquirente della quota dichiarino la
nullità o l'originaria inefficacia del negozio tra loro intervenuto
può essere idoneo a reintegrare ex tunc e con effetti reali detto
coerede nella comunione ereditaria e, quindi, a determinare il
sopravvenuto difetto della condizione dell'azione di riscatto di
quella quota, che sia stata in precedenza esperita da altro coerede a
norma dell'art. 732 cod. civ., solo quando risulti che il negozio
medesimo abbia portata ricognitiva di una causa di nullità o di
originaria inefficacia dell'indicato contratto traslativo stabilito
tassativamente dalla legge, in quanto, in caso contrario, essa opera
esclusivamente tra le parti contraenti e non è opponibile a soggetti
diversi, quale il coerede che agisca in retratto successorio.
SENTENZA N. 4703
DEL 12 MAGGIO 1999
Retratto successorio - Effetti sulle successive alienazioni della
stessa quota -
L'utile esercizio del retratto successorio, comportando la
surrogazione legale del retrattante nella stessa posizione del
retrattato e con efficacia ex tunc, vale a dire dalla data della
conclusione del contratto, in modo che il primo sia considerato
diretto acquirente rispetto al coerede alienante, fa sì che tutte le
eventuali successive alienazioni della stessa quota perdono ipso iure
la loro efficacia, indipendentemente dalla trascrizione del primo atto
dispositivo della quota o dalla priorità dell'eventuale trascrizione
dei successivi atti di trasferimento. |