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Fino agli anni 60 la mietitura era compiuta esclusivamente a mano. Il periodo approssimativamente indicato per l’inizio  dei lavori era il mese di luglio, quando la spiga (sa cabitza) era matura e il collo assumeva una colorazione cerastra (su tzugu ceratzu).

I culmi dovevano essere ancora un po’ freschi nelle parti nodose affinché si potessero formare dei legacci per i covoni e per evitare che la parte della cariosside si perdesse.

I scaraderisi (così erano chiamati gli operai che di volta in volta venivano reclutati per la messa) iniziavano la giornata di lavoro all’alba, quando le piante di grano erano meno aride e rese elastiche dalla rugiada. Anche per questo motivo nella maggior parte dei casi questi trascorrevano la notte di riposo negli stessi campi.

Le operazioni di raccolta dovevano essere svolte con sapienza e maestria, evitando le perdite di spighe lungo il terreno. Il bravo operaio era giudicato soprattutto in base a questa incombenza.

Prima d’iniziare il lavoro era necessario scegliere il punto dal quale cominciare per seguire poi un’unica direzione (sa tenta). Questa dipendeva soprattutto dalla inclinazione delle piante di grano che dovevano trovarsi nella direzione opposta a quella “de su scaraderi” affinché il taglio potesse avvenire senza che le ariste toccassero il viso dell’operaio. Questi si disponevano affiancati a una distanza di circa tre metri l’uno dall’altro.

Al termine della messa (accabbu de sa messi) i scaraderisi provvedevano a formare l’ultimo covone (maniga de agoa). Questo era formato dall’ultima “tenta” lasciata per ultimo perché giudicata la più pregiata qualitativamente ed esteticamente. Per questo di solito “sa maniga de agoa” che era formata da spighe ricciute nelle ariste, era collocata sulla nella forcella anteriore di un carro a buoi (furcidda di ananti) per fare bella mostra di sé all’ingresso in paese.  

I covoni venivano così trasportati all’aia (sa sxroba) situato a Senorbì in un luogo aperto a tutti i venti (importante era infatti la fase della ventilazione “sa bentuada”) e sparsi sul terreno (sa sterriada de sa maniga) seguendo un ordine circolare. Le spighe dovevano essere collocate internamente rispetto al mucchio, in modo che i chicchi calpestati che fuoriuscivano dalla spiga risultassero dentro la circonferenza. A questo punto le spighe erano pronte per essere trebbiate attraverso il calpestio degli animali.

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