16 aprile 1998, giovedė
Il nostro albergo, tranquillo di giorno, si anima di notte; sembra il
ritrovo dei malati d'insonnia e dei beoni della zona con canti, conversazioni ad alta voce
e televisori a tutto volume. Per le strade della cittā ogni tanto si vede, e soprattutto
si sente, un tizio con un grosso campanaccio che cammina a passo svelto agitando lo
"strumento" e facendo quindi un gran baccano. La prima volta si č pensato
subito che fosse un pazzo; la seconda volta la cosa ci ha lasciti alquanto perplessi
perché eravamo in un'altra cittā. Questa mattina abbiamo scoperto che il tizio con il
campanaccio ha il compito di avvisare gli abitanti della strada che di li a poco passerā
il camion della spazzatura; dopo il suo passaggio tutti portano in strada la loro basura.
Con un bus di seconda classe della Galeana raggiungiamo in un'ora Pātzcuaro,
18$. Il terminal č collegato al centro con bus urbani e collettivos, 2$. E' a 2175 mt sul
livello del mare contro i 1900 mt di Morelia, č una piccola cittā coloniale a tre
chilometri dal lago omonimo. In questa zona vivono i discendenti dei purépecha,
gli spagnoli li chiamarono taraschi; ebbero un
ruolo di primo piano nella storia del Messico prima della "conquista" ma di loro
se ne ignorano le origini. Il loro linguaggio non ha nessuna assonanza con quello degli
altri popoli messicani, assonanza trovata invece con il quechua peruviano?!?
La cittā si sviluppa intorno a due piazze distanti una quadra l'una dall'altra; le case
in stile coloniale sono tutte basse, solo piano terra con grossi finestroni can inferriate
lato strada. Le case hanno una colorazione omogenea, crema con zoccolo alto color magenta.
Questo la rende diversa dalle altre cittā, vecchie o moderne, dove sono sfruttati tutti i
colori dell'arcobaleno per tinteggiare le case.
In questo stato deve esserci una grossa produzione di ceci; si trovano come contorno in
quasi tutti i piatti e si vendono per strada come le noccioline. Siamo abituati a
cucinarli partendo dai ceci secchi, qui invece si usano soprattutto freschi, verdi, ed
addirittura per strada sono venduti ancora nel tipico baccello; un "cecio", un
baccello. 3$ un sacchetto da circa cento grammi.
In mezzo al lago ci sono degli isolotti; il pių gettonato č l'isla di Janitzio.
Dall'embarcadero partono dei barconi da quaranta persone circa che per 18$,
compreso il regreso, ti portano all'isola in quindici minuti. Anche questo lago
risente della siccitā tanto che i pontili sono stati allungati ed abbassati e degli
strani bulldozer anfibi lavorano incessantemente per garantire un minimo di pescaggio ai
barconi.
Durante la traversata si vedono al lavoro i famosi pescatori locali; pescano in gruppo,
ognuno nella sua piroga, ognuno con la sua rete a farfalla. Questa rete č un
"cuoppo" a forma ellittica di un metro per due. Circondano il branco dei pesci
ed immergono contemporaneamente le reti in acqua nel cerchio che hanno formato con le
piroghe e sempre insieme le ritirano su con l'eventuale pescado.
L'isola ha due anime. Il lato che guarda Pātzcuaro, dal molo al monumento che domina
l'isola dall'alto, č a vocazione turistica con stradine pulite vivacizzate da ristoranti
e negozi di souvenir; nel resto dell'isola il degrado la fa da padrona. Chi non vive di
turismo si arrangia con la pesca. Il pescato viene messo ad essiccare all'aperto; con il
sole a questa altitudine si ottiene un'ottima essiccazione del prodotto. Si pescano
soprattutto piccoli pesciolini che chiamano pescado blanco ed un pesce appiattito
con squame e grossa pinna dorsale che chiamano trucha ma che non ha niente a che
vedere con la trota. Vengono cucinati solo fritti, interi i piccoli anche a filetti
spinati i grandi; accompagnati da fagioli, riso, patate ed insalata, 125$ in quattro
comprese 5 birre.
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