Gli Huicholes, come sono oggi chiamati dai
messicani e come loro stessi si autodefiniscono quando utilizzano lo spagnolo, con una
degenarazione del nome originale Viràrika (Indovini), attualmente sono settemila e
risiedono in un territorio montagnesco di difficile accesso situato nel nord dello stato
di Jalisco, in Messico. Tale regione della grande
sierra madre occidentale è compresa nel bacino idro-geografico del fiume Chapalagana che
la attraversa da nord a sud formando una valle molto profonda. L'altitudine media degli
insediamenti varia dai 2000 ai 2700 metri s.l.m.[....] Grazie a questa particolare
condizione di isolamento geografico ed al carattere fiero ed irriducibile degli Huicholes,
che hanno sempre strenuamente difeso la loro identità culturale dalle sopraffazioni e
dalle lusinghe della civilizzazione, ci troviamo di fronte ad un anacronismo storico a dir
poco singolare.
A 500 anni dall'inizio della colonizzazione delle
Americhe ed alle soglie del XXI secolo gli artisti Huicholes mantengono viva ed attuale la
visione della millenaria tradizione delle grandi civiltà solari mesoamericane ed in
particolar modo di quella atzeca.
Gli Huicholes sono depositari di una cultura profonda nella conoscenza del corpo e delle
attività dei sensi nella quale l'uomo torna a trovare istantaneamente il suo io più
profondo e la comunicazione per stabilirsi non ha bisogno di parole e concetti. L'arte
tradizionale degli Huicholes è religiosa ed esoterica e si esprime di preferenza in
offerte agli dei; essa è in buona parte improntata a canoni geometrici, consistendo in un
gioco di variazioni rigorose di modelli archetipici, dove i motivi del fiore, del cervo,
del sole e del serpente sono scomposti e ricomposti: simmetrici, ripetuti, armonici,
delicati e preziosi come le caledoscopiche allucinazioni ritmiche del peyote. Disegni che curiosamente adornano i vestiti
degli uomini e non quelli delle donne e che si ritrovano nei braccialetti fatti di perline
così come nelle cinture di lana, nei disegni delle borse intessute a telaio ed in quelli
eseguiti con pigmento vegetale giallo sui volti dei partecipanti al magico pellegrinaggio
a Wirkùta.
L'antropologo americano Peter T. Furst, dell'università
di Los Angeles (California), entrò in contatto con l'artista-sciamano Ramòn Medina che,
come tutti i Huicholes, produceva quadri/offerte di filo applicato con cera ad una tavola
di legno al fine di propiziarsi le numerosissime divinità del pantheon huichol. Ràmon
Medina cantò la sua versione dei miti ancestrali nel corso di cerimonie rituali ed al
professor Furst venne l'idea di commisionargli una serie di opere - di formato più grande
di quello utilizzato per i manufatti tradizionali che descrivessero, mediante la tecnica
sopra menzionata, i miti cantati dall'artista-sciamano al fine di ottenere una collezione
da esporre nel museo della propria università. Da questa esperienza, tanto tesa ad un
fine strumentale e ibrido quanto ispirata e ricca di potenzialità fino ad allora
sconosciute, ha avuto origine l'arte contemporanea huichol, atta a tramandare il
ricchissimo patrimonio dei miti ancestrali con mezzi plastici e cromatici pregevolissimi.
Tali miti sono la base stessa della religione e più in generale della "visione del
mondo" huichol. |