Francisco Indalécio Madero
(San Pedro de las Colonias 1873-Città del Messico 1913)


MESSICO 1998

madero.jpg (39735 byte) Guidò il suo paese nella rivoluzione del 1910 e ne diventò il presidente (1911-13). Figlio di ricchi proprietari terrieri, fu educato in California e a Parigi; inizialmente progettò di applicare i principi di gestione scientifica alle haciendas della sua famiglia, ma venne presto attirato dalla politica. Divenne il portavoce del liberalismo messicano e delle riforme politiche e, come scrittore politico del settimanale "El Demócrata", criticò il regime del dittatore messicano Porfirio Díaz. Il libro di Madero, La sucesión presidencial de 1910 (La successione presidenziale del 1910, 1908) chiedeva un ritorno ai principi liberali della Costituzione messicana del 1857.
Si candidò alla presidenza contro Díaz nel 1910, ma perse le elezioni per chiara frode elettorale. Arrestato, fuggì in Texas attraversando la frontiera; da San Antonio si dichiarò presidente provvisorio il 7 ottobre 1910, e nel suo “Piano di San Louis Potosí” lanciò un appello alla rivoluzione per rovesciare Díaz. Con l’aiuto di Pancho Villa, Emiliano Zapata e Pascual Orozco, la rivoluzione trionfò nel maggio 1911 e pochi mesi dopo Madero, acclamato come “l’apostolo della democrazia”, fu eletto presidente.
Nonostante cercasse di promuovere la piena democrazia politica, le sue proposte non soddisfecero però un popolo affamato di cambiamenti sociali ed economici: assillato da complotti e da continui disordini nel corso della sua gestione, Madero fu rovesciato da un colpo militare capeggiato da Victoriano Huerta nel febbraio 1913; infine, il 22 febbraio gli spararono, uccidendolo mentre presumibilmente cercava di fuggire.
Fu in seguito venerato come un martire e un simbolo dell’opposizione democratica messicana alla dittatura.