20 aprile 1998, lunedì
Arriviamo verso le otto del mattino nel piccolo terminal terrestre
di primera che è di fronte a quello di segunda nella periferia sud della
città. Alloggiamo all'hotel Frate Bartolomé de las Casas in av. Insulgentes, che collega
i terminal terrestri allo zòcalo, a due quadre da questo; 150$ la doppia con le camere
che danno su un porticato che gira tutt'intorno ad un ampio e luminosissimo cortile
interno con vasca con pesciolini rossi e piante fiorite profumatissime soprattutto di
sera.
La città non è grande, in perfetto stile coloniale con case basse di un solo piano con
cortile interno e grossi finestroni con inferriate che si affacciano sulle stradine
acciottolate, tinteggiate con colori a dir poco stravaganti.
Due blindati, con militari armati fino ai denti e protetti da giubbotti antiproiettili,
fermi nello zòcalo ci fanno capire che il "clima" è leggermente cambiato. Di
fianco allo zòcalo c'è un'altra piazza su cui si affaccia la cattedrale dalla gialla
facciata neoclassica. San Cristòbal è una meta obbligata per chi è interessato al mondo
Maya; il gran numero di turisti stranieri è messo
ancor più in risalto dal fatto che la città è piccola. La massiccia presenza di
stranieri ha favorito la nascita di molti ristoranti dalla cucina non messicana tra cui
uno cinese ed alcune pizzerie italiane. Sono tantissimi anche i venditori ambulanti di
oggetti d'artigianato locale, tutti indios, soprattutto bambini che battono a tappeto le
vie, i negozi, i ristoranti proponendo i loro oggettini con insistenza. Tra gli oggetti
più gettonati ci sono due fantoccini con volto coperto da passamontagna da cui escono
solo gli occhi e con in mano un fucile; uno è in abito maschile e l'altro femminili e
rappresentano Marcos e la sua donna Ramona.
Gli indios che in città si occupano della vendita dell'artigianato locale sono quasi
tutti di Chamula, un pueblo distante da qui una decina di chilometri.
L'abbigliamento degli indios del Chapas cambia di
villaggio in villaggio ed è quindi un chiaro segno distintivo. Le donne di Chamula
indossano un gonnellone di lana, simile ad una coperta che l'avvolge dalla vita in giù,
tenuta ferma in vita da grossi spilloni da balia. Questi gonnelloni diventano di colore
nero quando la donna è sposata; questa particolarità ha sciolto un equivoco che si era
creato sin dai primi giorni di permanenza in Messico: la natalità nelle famiglie indie è
molto alta per cui si è abituati a vedere fratelli e sorelle più grandi portare, nel
modo tradizionale, in spalla fratelli e sorelle più piccoli in modo
da aiutare i genitori negli spostamenti. Il segno distintivo delle donne sposate dimostra
che i matrimoni tra gli indios avvengono in età quasi adolescenziale e che molte di
quelle "sorelle maggiori" non erano altro che giovani mamme con i loro piccoli.
Nella parte nord della città, vicino al mercato, c'è l'ex convento di Santo Domingo,
intorno al quale è stato creato un grosso mercato di prodotti artigianali, molto
colorato. La chiesa di Santo Domingo ha una bella facciata barocca che però necessita di
restauro mentre l'interno lascia perplessi con l'altare centrale spoglio, completamente
disadorno che stona con lo sfarzo barocco delle cappelle laterali in vistoso legno dorato
riccamente intarsiato. Mancano per strada i venditori di jugos ed ensalada de
frutas a cui ci eravamo ormai abituati; ci sono invece i venditori di pannocchie di
mais bolliti.
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