Stabilitasi negli anni Venti nel nord del Messico, questa comunità
religiosa vive nel rispetto della Bibbia, seguendo ritmi e canoni del passato: lavoro nei
campi e famiglia, senza l'elettricità, l'automobile e gli agi del mondo moderno.
L'orizzonte spazia sui vasti scenari del Chihuahua
del nord, lo Stato federato più grande del Messico che, dal 1921, ospita in un fazzoletto
del suo deserto una comunità di gente dalla carnagione chiara, spruzzata di lentiggini,
dai capelli quasi sempre biondi e gli occhi striati dell'azzurro del cielo.
Sono di origine europea, cristiani seguaci della dottrina di Menno Simons, un riformatore
olandese vissuto quattrocento anni fa. Riformava Lutero, riformava Calvino, riformava
Enrico VIII e anche il meno conosciuto Menno Simons. Oggi come nel Cinquecento i seguaci
del riformatore Menno vivono ancora seguendo i suoi dettami e prosperano, belli, sani e
sereni, integralmente immersi nella Bibbia.
I mennoniti non vivono "con la
Bibbia" bensì "nella Bibbia". Il predicatore olandese, infatti, aveva
impostato la sua riforma secondo i più rigorosi principi delle Sacre Scritture e la
terra, la madre terra, doveva essere il seno, l'unico, dal quale trarre sostentamento e
profitto e questo rapporto doveva comunque rispecchiare quello arcaico degli antichi
padri.
Vietato quindi ogni progresso, ogni forma di acculturazione. Austerità, invece, su tutti
i fronti, a cominciare dalla famiglia che deve essere indissolubilmente unita e numerosa.
Viene considerato peccato ogni forma di lusso, progresso, costrizione civile, incluso il
servizio militare. A causa del rigoroso divieto di imbracciare armi i Mennoniti sono stati
anche perseguitati e appena possibile hanno cercato di emigrare in quei Paesi dove
l'obiezione di coscienza non era considerata reato.
La prima accogliente "terra
promessa" fu lo sterminato Canada ma qui furono obbligati ad apprendere l'inglese,
così qualcuno pensò di andare oltre, verso sud, verso il Messico. Nel 1921 il presidente
messicano, il generale Álvaro Obregón, concesse ai Mennoniti del Canada una porzione di
territorio del Chihuahua del nord. I Mennoniti comprarono 92mila ettari di questo
territorio inospitale che negli anni hanno trasformato in campi di mais e frutteti.
"Dopo un viaggio in treno di quindici giorni - ricordano i vecchi - arrivammo qui in
un giorno di tempesta di vento. La sabbia s'infiltrava nei bagagli, nelle narici e non si
vedeva da qui a lì. Dopo le foreste, l'acqua e il freddo del Canada, questa terra color
bronzo ci sembrava irreale".
"Tuttavia - afferma Gustav Ridder, ministro del culto del campo 3 - l'importante è
poter coltivare la terra e allevare i figli nel timore di Dio, nella lingua dei nostri
padri, il plattdeutsch, dialetto germanico con inflessioni arcaiche, e conservare
autonomia e tradizioni. Quando si possiedono la terra necessaria, braccia solide per
lavorarla e la fede in Dio, altro non serve".
Così mentre i mestizos, i messicani
delle città vicine, s'affannano a emulare i gringos d'oltreconfine, questi bianchi
d'origine europea vivono in un autoisolamento dove il tempo è scandito dall'alternarsi
delle stagioni e dal susseguirsi dei raccolti. Sembra infatti che raccogliersi in seno
alla natura sia l'unico modo per proteggersi da contaminazioni che potrebbero minacciare
un'identità tutelata con fatica e sacrifici per quattro secoli. Anche per questo non è
facile entrare in contatto con i Mennoniti, soprattutto con le donne che sono molto schive
e si nascondono appena si cerca di fotografarle o di soffermare l'attenzione su di loro. |