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1.1 IL NUOVO SIGNIFICATO DELLA COMUNICAZIONE

 

Come già sottolineato nella pagina introduttiva, la cibernetica, la computerizzazione e l'informatica hanno letteralmente sconvolto l'intero paesaggio teorico che il secolo aveva lentamente costruito. La stessa coppia di parole comunicazione/informazione, che serviva a designare gli scambi di messaggi all'interno delle società, si rivela inutilizzabile per descrivere fenomeni culturali limitati. Sotto la voce "comunicazione" ormai si ritrova di tutto: lo scambio di messaggi genetici, la ricezione di segnali chimici e acustici, le interpretazioni non meccanicistiche della cibernetica e della teoria generale dei sistemi, l'analisi dei sistemi, certi aspetti della teoria degli automi e delle strutture nervose, gli approcci quantitativi della scienza dell'informazione, gli studi della retorica del cinema, del giornalismo, i vari campi delle pubbliche relazioni, della pubblicità, del marketing, le trasmissioni della vita inconscia . Il risultato è che dire comunicazione non significa più nulla. E non ci dobbiamo sorprendere, quindi, se Littlejohn, illustre teorico delle scienze sociali, nel suo Theories of Human Communication , abbia definito la comunicazione semplicemente come un processo in cui le persone scambiano dei simboli. Ma ciò che dobbiamo cogliere come elemento di svolta nel panorama teorico, tecnico e sociale di questo secolo è che tale processo di scambio di simboli avviene nel contesto di Internet con caratteristiche di mediazione completamente diverse rispetto al percorso tradizionale. L'avvento di Internet, conseguentemente alle innovazioni introdotte, ha alimentato un mito, vecchio di un secolo, che immancabilmente si affaccia sulla scena mondiale quando un nuovo mezzo di comunicazione fa la sua comparsa: il mito della comunicazione come agente di civiltà e di fratellanza; al quale si affianca quello della comunicazione come agente di democrazia. Nonostante ciò, la nostra società non sembra essere migliorata in questo ultimo secolo, così come il mito aveva lasciato sperare. In effetti, oggi, molti tendono a dimenticare la storia e basano le loro analisi su concetti effimeri. Gli stessi che verso la fine del 1860 portarono a consacrare la comunicazione come agente di civilizzazione . Come abbiamo anticipato prima, se il concetto d'informazione, con tutti i suoi equivoci e false illusioni, ha subito una profonda evoluzione, lo stesso si può dire relativamente all'accezione di Informazione. Nel suo significato fondamentale, quotidiano, la parola può voler dire dar forma a una materia, a un pensiero, a una percezione, a un'ideazione, a un insieme di dati. Ormai ha soprattutto un significato tecnologico, di scambio di quantità energetiche misurabili in bit, d'informazione metrica derivata dalla teoria di Shannon, oppure un significato qualitativo che si lega a quello quantitativo di Shannon ma poi si differenzia ponendosi all'origine del linguaggio dei calcolatori. Per informazione non s'intende, quindi, un mezzo di comunicazione, o qualsiasi comunicazione sociale. S'intende un "contenuto". Non s'intende la trasmissione di qualsiasi dato, funzione che svolge anche l'ufficio informazioni della stazione. S'intende una "cultura dell'attualità" di interesse pubblico, che può essere diffusa dai vari mezzi di comunicazione: orale, scritta, visiva. Pertanto non è il mezzo (medium) che qualifica questa categoria di comunicazioni. È la sua "natura". È il suo "contenuto". È il "valore" che essa contiene. Volendo fare un passo avanti, va poi evocato il sempre attuale "schema di Balle". Che cos'è l'informazione? Risposta: l'Informazione può significare: § un elemento particolare di conoscenza o di giudizio; § l'insieme delle istituzioni che, in una data società, presiedono alla diffusione collettiva delle notizie concernenti i suoi membri . Così, da ciò discende che non si può giudicare il valore contenuto nella categoria di comunicazioni che chiamiamo informazioni prescindendo dalle istituzioni che le diffondono. Ma tutto ciò non è sufficiente. Non si può ignorare che sull'intero panorama teorico passa la famosa "linea di demarcazione" di Jeremy Campbell. Ha scritto Campbell: " Dopo aver fino al Medioevo significato altre cose, la parola informazione ha avuto un significato semplice, familiare oppure giuridico-politico: quello di notizia o conoscenza dei fatti, a contenuto variabile, secondo la volontà collettiva o le organizzazioni sociali. Ma dopo il 1940, bisogna tener conto di una linea di demarcazione tecnologica. Infatti, con la grande inflazione mediatica, non è più possibile ragionare come prima dato che l'informazione può addirittura significare un principio universale che opera nel mondo". A dimostrazione di ciò il primo preoccupante, fenomeno, legato al verificarsi di tale metamorfosi, è la crescente commistione dell'informazione con altri prodotti della comunicazione, quando l'informazione diventa, specie in Tv, elemento di intrattenimento (INFOTAINMENT) e di spettacolo; ne consegue un impoverimento dell'informazione come mezzo di conoscenza e di arricchimento culturale, e quindi di crescita civile della società. La commistione informazione-spettacolo e anche la multimedialità alimentano la tendenza alla concentrazione dei grandi operatori dell'informatica, dell'editoria, della televisione e del cinema e quindi alla creazione di enormi imperi finanziari, che non possono essere insensibili alla gestione diretta o al controllo della produzione dell'informazione di base. Tutto questo a discapito di una corretta ed organica diffusione di informazioni. La stampa scritta e parlata ha rinnegato da qualche anno il suo istituzionale compito di mediazione. Sono molti, infatti, i giornalisti che rinunziano a mediare, cioè a porre in relazione realtà sociale e opinione pubblica; che non si sforzano di capire la società reale, ma creano una società virtuale. Sono molti i giornalisti che, forse per reagire alle tecnologie che li stanno trasformando in "operatori dell'informazione", o, come è stato detto paradossalmente in "costruttori di connessioni", vogliono essere non soltanto testimoni ma protagonisti, non osservatori della realtà ma facitori della realtà, non analisti e controllori del potere ma potere essi stessi, un potere che, per imporsi e qualificarsi, tende a delegittimare tutti gli altri poteri . Alla luce di questi schemi di interpretazione appare chiaro come contenuti, istituzioni, tecnologia ed imprenditoria formino una trama che non può essere semplificata, nella quale s'impone un valore fondamentale, il futuro del "sapere pubblico". Non è più vero che "il mezzo è il messaggio", poiché la globalizzazione delle comunicazioni comporta una omogeneizzazione dei messaggi e una omologazione dei mezzi. Il giornale somiglia sempre più alla televisione, la pubblicità modifica allo stesso modo il linguaggio scritto e il linguaggio parlato, le tematiche e i contenuti si uniformano per effetto di una competizione che annulla i confini tra un mezzo e l'altro, il marketing modifica la natura di ogni medium portando ad una sempre più evidente commistione delle pratiche sociali e comunicative.

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